Summa Teologica - I-II |
In 2 Sent., d. 40, q. 1, a. 5; De Malo, q. 2, a. 5
Pare che non ci possa essere un atto specificamente indifferente.
1. Come scrive S. Agostino [ Enchir. 11 ], il male « è la privazione di un bene ».
Ora, la privazione e il possesso, al dire del Filosofo [ Praed. 8 ], sono due opposti senza termini intermedi.
Quindi non c'è un atto specificamente indifferente, che stia in mezzo tra il bene e il male.
2. Gli atti umani ricevono la specie dal fine o dall'oggetto, come si è visto [ a. 6, q. 1, a. 3 ].
Ma l'oggetto e il fine hanno sempre ragione di bene o di male.
Quindi l'atto umano è sempre, per la sua specie, o buono o cattivo.
E così nessun atto è specificamente indifferente.
3. Come si è spiegato [ a. 1 ], un atto viene detto buono se ha la debita perfezione in fatto di bontà, cattivo invece se manca di qualcosa.
Ma ogni atto necessariamente o possiede tutta la pienezza della sua bontà, o manca di qualcosa.
Quindi è necessario che ogni atto sia specificamente o buono o cattivo, e nessuno sia indifferente.
S. Agostino [ De serm. Dom. in monte 2,18.59 ] scrive che « ci sono dei fatti intermedi, che si possono compiere con animo buono o cattivo, e che è temerario giudicare ».
Quindi ci sono degli atti indifferenti nella loro specie.
Come si è già dimostrato [ aa. 2,5 ], ogni atto riceve la sua specie dall'oggetto; e l'atto umano, o morale, riceve la specie dall'oggetto in rapporto al principio degli atti umani, che è la ragione.
Se quindi l'oggetto di un atto implica qualcosa che è conforme all'ordine della ragione, l'atto sarà specificamente buono, come dare l'elemosina a un povero.
Se invece implica qualcosa che ripugna all'ordine della ragione, allora l'atto sarà specificamente cattivo, come l'atto di rubare, cioè il prendere la roba altrui.
Ora, può accadere che l'oggetto non includa nulla che abbia rapporto con l'ordine della ragione, come sollevare una pagliuzza da terra, andare in campagna e altre cose del genere; e tali atti sono specificamente indifferenti.
1. Esistono due tipi di privazione: la prima consiste in una privazione in atto; e questa non lascia nulla, ma toglie ogni cosa: come la cecità toglie completamente la vista, le tenebre la luce, la morte la vita.
E tra questa privazione e il suo contrario non ci può essere un termine intermedio nel soggetto interessato.
La seconda consiste invece in una privazione in divenire: come la malattia è privazione della salute non perché tutta la salute sia da essa eliminata, ma perché è come una via che conduce alla perdita totale della salute, che si verifica con la morte.
Quindi tale privazione, lasciando sempre qualcosa, non è senza termini intermedi in rapporto alla proprietà opposta.
Ora, il male è privazione del bene in questa maniera, come afferma Simplicio [ Comm. super Praed. 10 ]: poiché non toglie tutto il bene, ma lascia qualcosa.
Quindi ci può essere un termine intermedio fra il bene e il male.
2. L'oggetto e il fine sono sempre o buoni o cattivi, almeno fisicamente, ma non sempre implicano una bontà o una malizia morale, che si misura in rapporto alla ragione, come si è spiegato [ nel corpo ].
Ed è di questa che qui si tratta.
3. Non tutto ciò che si trova in un atto costituisce la sua specie.
Quindi, sebbene una cosa non possieda tutto quanto è richiesto per la pienezza della sua bontà, non per questo è specificamente cattiva, e neppure è buona: come l'uomo, secondo la sua specie, non è né virtuoso né vizioso.
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