Summa Teologica - I-II |
II-II, q. 162, a. 2; a. 5, ad 1; In 2 Sent., d. 5, q. 1, a. 3; d. 42, q. 2, a. 1, ad 7; a. 3, ad 1; De Malo, q. 8, a. 1, ad 1, 16; In 2 Cor., c. 12, lect. 3; In 1 Tim., c. 6, lect. 2
Pare che la superbia non sia l'inizio di tutti i peccati.
1. La radice è come il principio dell'albero: per cui sembra la stessa cosa essere la radice ed essere l'inizio del peccato.
Ma sopra [ a. prec. ] si è concluso che la radice di ogni peccato è la cupidigia.
Perciò questa ne è anche l'inizio, e non già la superbia.
2. Sta scritto [ Sir 10,12 ]: « Principio della superbia umana è allontanarsi dal Signore ».
Ma l'apostasia è un peccato.
Esistendo quindi un peccato che è l'inizio della superbia, questa non è l'inizio di tutti i peccati.
3. L'inizio di tutti i peccati sembra essere ciò che li produce tutti.
Ora, ciò sembra essere l'amore di sé il quale, al dire di S. Agostino [ De civ. Dei 14,28 ], « produce la città di Babilonia ».
Quindi l'amore di sé, e non la superbia, è l'inizio di tutti i peccati.
Nella Scrittura [ Sir 10,13 Vg ] si legge: « Il principio di tutti i peccati è la superbia ».
Alcuni affermano che la superbia può essere intesa in tre modi.
Primo, in quanto sta a indicare il desiderio smodato della propria eccellenza.
E in questo senso è un peccato specifico.
- Secondo, in quanto implica un disprezzo attuale di Dio, manifestato dal non sottostare alla sua legge.
E in questo caso, essi dicono, si tratta del peccato in genere.
- Terzo, in quanto implica un'inclinazione a tale disprezzo, dovuto alla corruzione della natura.
E in questo senso essa sarebbe l'inizio di tutti i peccati.
E si distinguerebbe dalla cupidigia per il fatto che la cupidigia considera il peccato dal lato della conversione ai beni transitori, da cui il peccato viene come nutrito e alimentato, meritando così di essere chiamata radice, mentre la superbia considera il peccato dal lato dell'allontanamento da Dio, alla cui legge l'uomo si rifiuta di ubbidire: per cui verrebbe chiamata inizio, in quanto è dal lato dell'allontanamento che viene desunta la ragione di male.
Ora, sebbene tutto ciò sia vero, tuttavia non rispecchia il pensiero del Savio [ l. cit. nel s.c. ], al quale si deve l'affermazione: « Il principio di tutti i peccati è la superbia ».
È chiaro infatti che egli parla della superbia in quanto desiderio disordinato della propria eccellenza, come si rileva da quanto aggiunge: « Il Signore ha abbattuto i troni dei potenti ».
E di ciò si parla quasi in tutto il capitolo.
Perciò bisogna concludere che la superbia, anche come vizio specifico, è l'inizio di tutti i peccati.
Si deve infatti notare che negli atti volontari, quali sono appunto i peccati, si riscontrano due tipi di ordine: l'ordine dell'intenzione e quello dell'esecuzione.
Nel primo ha funzione di principio il fine, come spesso abbiamo detto nelle questioni precedenti [ cf. q. 1, a. 1, ad 1; q. 18, a. 7, ad 2; q. 20, a. 1, ad 2; q. 25, a. 2 ].
Ora, nell'acquisto di tutti i beni temporali l'uomo ha per fine la conquista di una certa perfezione ed eccellenza.
E così da questo lato si considera inizio di tutti i peccati la superbia, che è il desiderio della propria eccellenza.
Invece nell'ordine dell'esecuzione è primo ciò che offre la possibilità di soddisfare tutti i desideri peccaminosi e ha l'aspetto di radice, cioè la ricchezza.
Perciò da questo lato l'avarizia viene considerata la radice di tutti i mali, secondo le spiegazioni date [ a. prec. ].
1. È così risolta anche la prima obiezioni.
2. L'apostasia da Dio può essere detta inizio della superbia sotto l'aspetto dell'allontanamento: infatti dal non voler essere sottomessi a Dio segue la ricerca della propria eccellenza nelle cose temporali.
E così l'apostasia non viene considerata come un peccato specifico, ma piuttosto come una certa condizione generale di tutti i peccati, come è l'allontanamento dal bene eterno.
- Oppure possiamo rispondere che l'apostasia viene considerata l'inizio della superbia in quanto è la sua prima specie.
Infatti è proprio della superbia il rifiutare di sottomettersi a qualsiasi superiore, e specialmente a Dio: dal che segue poi che uno si esalti senza misura sopra se stesso, secondo le altre specie della superbia.
3. Uno ama se stesso volendo la propria eccellenza: infatti amarsi significa volere del bene a se stessi.
Perciò è la stessa cosa mettere come inizio di tutti i peccati la superbia o l'amore di sé.
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