Summa Teologica - I-II |
I, q. 1, a. 1; II-II, q. 22, a. 1, ad 1; III, q. 60, a. 5, ad 3; In 3 Sent., d. 37, q. 1, a. 1;In Psalm. 18; In Gal., c. 3, lect. 7
Pare che non fosse necessaria l'esistenza di una legge divina [ positiva ].
1. La legge naturale, come si è detto [ a. 2 ], è una partecipazione umana della legge eterna.
Ma la legge eterna, come si è visto [ a. 1 ], è una legge divina.
Quindi non è necessario che, oltre alla legge naturale e alle leggi umane che ne derivano, vi sia anche un'altra legge divina.
2. Sta scritto [ Sir 15,14 ] che « Dio lasciò l'uomo in balìa del suo proprio volere ».
Ora, sopra [ q. 14, a. 1 ] si è visto che il consiglio è un atto della ragione.
Quindi l'uomo è stato affidato al governo della propria ragione.
Ma il dettame della ragione umana forma, come si è detto [ a. prec. ], la legge umana.
Non occorre quindi che l'uomo sia governato da una legge divina.
3. La natura umana è provvista meglio delle creature prive di ragione.
Ma queste creature non hanno una legge divina distinta dalla loro innata inclinazione naturale.
Molto meno quindi dovrà avere una legge divina la creatura razionale.
Davide [ Sal 119,33 ] chiede a Dio espressamente l'imposizione di una legge dicendo: « Signore, imponimi una legge sul sentiero dei tuoi comandi ».
Per l'orientamento della nostra vita era necessaria, oltre alla legge naturale e a quella umana, una legge divina [ positiva ].
E ciò per quattro motivi.
Primo, perché l'uomo mediante la legge viene guidato nei suoi atti in ordine al fine ultimo.
Ora, se egli fosse ordinato solo a un fine che non supera la capacità delle facoltà umane, non sarebbe necessario che avesse un orientamento di ordine razionale superiore alla legge naturale e alla legge umana positiva che ne consegue.
Essendo invece l'uomo ordinato al fine della beatitudine eterna, la quale sorpassa, come si è visto sopra [ q. 5, a. 5 ], le capacità naturali dell'uomo, era necessario che egli fosse diretto al suo fine, al disopra della legge naturale e umana, da una legge data espressamente da Dio.
Secondo, perché a proposito degli atti umani ci sono troppe diversità di valutazione, data l'incertezza dell'umano giudizio, specialmente riguardo ai fatti contingenti e particolari.
Affinché dunque l'uomo potesse sapere senza alcun dubbio quanto deve fare o evitare, era necessario che nei suoi atti fosse guidato da una legge rivelata da Dio, nella quale non ci può essere alcun errore.
Terzo, perché l'uomo si limita a legiferare su ciò che può giudicare.
Ora, l'uomo non può giudicare degli atti interni, che sono nascosti, ma solo di quelli esterni e visibili.
E tuttavia la perfezione della virtù richiede che l'uomo sia retto negli uni e negli altri.
Quindi la legge umana non poteva reprimere o comandare efficacemente gli atti interni, ma per questo era necessario l'intervento di una legge divina.
Quarto, come nota S. Agostino [ De lib. arb. 1,5.11 ], la legge umana non è capace di punire e di proibire tutte le azioni malvagie: poiché se volesse colpirle tutte verrebbero eliminati molti beni, e sarebbe compromesso il bene comune, che è necessario all'umano consorzio.
Perché dunque nessuna colpa rimanesse impunita era necessario l'intervento di una legge divina che proibisse tutti i peccati.
E questi quattro motivi sono accennati in una frase dei Salmi [ Sal 19,8 ]: « La legge del Signore è perfetta », cioè non ammette alcuna bruttura di peccato; « rinfranca l'anima », poiché regola non soltanto gli atti esterni, ma anche quelli interni; « la testimonianza del Signore è verace », per la certezza della verità e della rettitudine; « rende saggio il semplice », in quanto ordina l'uomo al fine soprannaturale e divino.
1. La legge eterna viene partecipata dalla legge naturale secondo la capacità della natura umana.
Ma l'uomo ha bisogno di essere guidato in maniera più alta all'ultimo fine soprannaturale.
E così si ha una legge divina positiva, mediante la quale la legge eterna viene partecipata in un grado più alto.
2. Il consiglio è una certa ricerca: per cui è necessario che muova da alcuni princìpi.
E per le ragione addotte [ nel corpo ] non basta basarsi sui princìpi posti in noi dalla natura, che sono i precetti della legge naturale, ma è necessario invece ricorrere ad altri princìpi, cioè ai precetti della legge divina.
3. Le creature irrazionali non sono ordinate a un fine superiore alle loro capacità naturali.
Perciò il paragone non regge.
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