Summa Teologica - III |
In 4 Sent., d. 1, q. 1, a. 5, sol. 1, ad 2; d. 8, expos.; d. 13, expos.; d. 15, q. 4, a. 3, sol. 1; In 1 Tim., c. 2, lect. 1
Pare che le formule verbali relative alla celebrazione di questo sacramento non siano adatte.
1. Questo sacramento, come osserva S. Ambrogio [ De sacram. 4,4 ], viene consacrato con le parole di Cristo.
Quindi in esso non devono proferirsi altre parole all'infuori di quelle di Cristo.
2. Le parole e le azioni di Cristo noi le conosciamo dal Vangelo.
Ora, alcune espressioni pronunciate nella celebrazione di questo sacramento non si trovano nei Vangeli.
Infatti non vi si legge che Cristo consacrando questo sacramento abbia alzato gli occhi al cielo; e così pure nei Vangeli è detto: « Prendete e mangiate [ comedite ] », ma non c'è « tutti »; invece nella celebrazione di questo sacramento si legge: « Alzando gli occhi al cielo », e successivamente: « Prendete e mangiatene [ manducate ] tutti ».
Quindi tali parole non si addicono alla celebrazione di questo sacramento.
3. Tutti gli altri sacramenti sono destinati anch'essi alla salvezza di tutti i fedeli.
Ma nella celebrazione degli altri sacramenti non si fa una preghiera comune per la salvezza di tutti i fedeli vivi e defunti.
Quindi non è giusto che la si faccia in questo sacramento.
4. Il battesimo è in modo speciale il « sacramento della fede ».
Quindi ciò che riguarda l'istruzione della fede, ossia l'insegnamento degli Apostoli e del Vangelo, va impartito in preparazione al battesimo piuttosto che durante la celebrazione dell'Eucaristia.
5. La devozione dei fedeli è richiesta in ogni sacramento.
Essa quindi non deve essere stimolata più in questo che negli altri sacramenti con le lodi divine e con le esortazioni, dicendo p. es.: « In alto i nostri cuori ».
6. Il ministro di questo sacramento è il sacerdote, come si è spiegato [ q. 82, a. 1 ].
Quindi ciò che viene detto nella celebrazione di questo sacramento dovrebbe essere proferito tutto dal sacerdote, e non in parte dai ministri e in parte dal coro.
7. Questo sacramento viene compiuto con efficacia infallibile dalla virtù divina.
Perciò è inutile che il sacerdote ne chieda il compimento con quelle parole: « Santifica, o Dio, questa offerta », ecc.
8. Il sacrificio della nuova legge è molto superiore a quelli degli antichi Patriarchi.
Quindi non è ragionevole che il sacerdote chieda che questo sacrificio sia accetto come il sacrificio di Abele, di Abramo e di Melchisedec.
9. Il corpo di Cristo, come non diviene presente in questo sacramento mediante una mutazione di luogo, secondo le spiegazioni date [ q. 75, a. 2 ], così neppure cessa di essere presente.
Perciò non ha senso quella preghiera del sacerdote: « Fa' che questa offerta per le mani del tuo angelo santo sia portata sull'altare del cielo ».
Si legge nel Decreto [ di Graz. 3,1,47 ]: « Giacomo, fratello del Signore secondo la carne, e Basilio, vescovo di Cesarea, redassero la celebrazione della messa ».
La loro autorità quindi prova l'opportunità di ciascuna formula verbale usata in questo sacramento.
Nell'Eucaristia si compendia tutto il mistero della nostra salvezza: perciò essa viene celebrata con più solennità degli altri sacramenti.
E poiché sta scritto [ Qo 4,17 ]: « Bada ai tuoi passi, quando ti rechi alla casa di Dio », e [ Sir 18,23 Vg ]: « Prima della preghiera disponi la tua anima », così nella celebrazione di questo mistero si premette innanzi tutto una preparazione che disponga a compiere degnamente gli atti successivi.
La prima parte di tale preparazione è la lode divina che si ha nell'introito, secondo le parole del Salmo [ Sal 50,23 ]: « Chi offre il sacrificio di lode, questi mi onora, e questa è la via per cui gli mostrerò la salvezza di Dio ».
E il più delle volte il brano viene preso dai Salmi, o almeno viene cantato intercalato da un Salmo, poiché come osserva Dionigi [ De eccl. hier. 3, cc. 4,5 ] « i Salmi comprendono sotto forma di lode tutto ciò che è contenuto nella Sacra Scrittura ».
- La seconda parte rammenta la miseria della vita presente, mentre si invoca la misericordia divina dicendo tre volte « Kyrie eleison » per la persona del Padre, tre volte « Christe eleison » per la persona del Figlio, e ancora tre volte « Kyrie eleison » per la persona dello Spirito Santo: e ciò contro la triplice miseria dell'ignoranza, della colpa e della pena; oppure per significare che tutte le Persone sono immanenti l'una nell'altra.
- La terza parte ricorda la gloria celeste, alla quale siamo destinati dopo l'attuale miseria, con le parole: « Gloria a Dio nell'alto dei cieli », ecc.
E tale canto viene fatto nelle festività in cui si commemora tale gloria celeste, mentre viene omesso negli uffici penitenziali che commemorano le nostre miserie.
- La quarta parte contiene l'orazione che il sacerdote fa per il popolo, affinché i fedeli siano degni di così grandi misteri.
In secondo luogo, sempre a scopo preparatorio, segue l'istruzione del popolo fedele, essendo questo sacramento « il mistero della fede », come si disse sopra [ q. 78, a. 3, ad 5 ].
E tale istruzione viene fatta inizialmente con l'insegnamento dei Profeti e degli Apostoli, che viene letto in chiesa dai lettori e dai suddiaconi.
Dopo questa lettura viene cantato dal coro il graduale, che sta a significare il progresso nella virtù, e l'alleluia, che significa l'esultanza spirituale; oppure negli uffizi penitenziali si canta il tratto, che esprime il gemito spirituale.
Sono infatti questi i frutti che deve produrre nel popolo l'insegnamento suddetto.
In modo perfetto però il popolo viene istruito mediante l'insegnamento di Cristo contenuto nel Vangelo, che viene letto dai ministri più alti, cioè dai diaconi.
Dopo la lettura del Vangelo, dato che noi crediamo a Cristo come alla verità divina, secondo le parole [ Gv 8,46 ]: « Se io dico la verità, perché non mi credete? », si canta il Simbolo della fede, con il quale il popolo mostra l'assenso della sua fede alla dottrina di Cristo.
E tale simbolo viene cantato nelle feste alle quali esso in qualche modo si richiama, cioè nelle feste di Cristo, della Beata Vergine e degli Apostoli, che fondarono la nostra fede, e in feste simili.
Preparato e istruito così il popolo, si passa alla celebrazione del mistero.
Esso viene offerto come sacrificio e viene consacrato e consumato come sacramento: infatti prima c'è l'oblazione, poi la consacrazione della materia oblata e infine la sua consumazione.
Nell'oblazione ci sono due momenti: la lode da parte del popolo nel canto dell'offertorio, per indicare la gioia degli offerenti, e l'orazione da parte del sacerdote che prega perché l'oblazione del popolo sia accetta a Dio.
Questi infatti furono i sentimenti espressi da Davide [ 1 Cr 29,17 ]: « Con semplicità di cuore ti ho offerto tutte queste cose, e ho visto il tuo popolo qui radunato offrirti i suoi doni con grande letizia », e poco dopo [ 1 Cr 28,18 ]: « Signore Dio, custodisci questo sentimento per sempre nell'intimo del cuore del tuo popolo ».
In relazione poi alla consacrazione, che avviene per virtù soprannaturale, innanzitutto viene eccitato il popolo alla devozione con il prefazio, per cui lo si invita ad « avere il cuore in alto rivolto al Signore ».
Quindi al termine del prefazio il popolo loda devotamente sia la divinità di Cristo dicendo con gli angeli: « Santo, Santo, Santo », sia la sua umanità dicendo con i fanciulli: « Benedetto colui che viene [ nel nome del Signore ] ».
- Poi il sacerdote in segreto ricorda innanzitutto coloro per i quali viene offerto questo sacrificio, cioè la Chiesa universale, « coloro che sono costituiti in autorità » [ 1 Tm 2,2 ], e in modo speciale le persone « che offrono o per le quali viene offerto il sacrificio ».
- Poi commemora i santi, dei quali implora il patrocinio sulle persone già ricordate sopra dicendo: « In comunione con tutta la Chiesa ricordiamo », ecc.
Finalmente conclude la sua preghiera con le parole: « Accetta questa oblazione », ecc., chiedendo che essa sia salutare per coloro per i quali viene offerta.
Il sacerdote passa quindi alla consacrazione stessa.
E chiede prima di tutto che la consacrazione raggiunga il suo effetto, dicendo: « Santifica, o Dio, questa offerta », ecc.
- Secondo, compie la consacrazione con le parole del Salvatore: « La vigilia della sua passione », ecc.
- Terzo, scusa la sua presunzione, dichiarando di avere obbedito al precetto di Cristo: « Celebrando il memoriale », ecc.
- Quarto, supplica che il sacrificio compiuto sia accetto a Dio: « Volgi sulla nostra offerta il tuo sguardo sereno e benigno », ecc.
Quinto, invoca gli effetti di questo sacrificio e sacramento: prima per quelli stessi che lo ricevono, dicendo: « Ti supplichiamo, Dio onnipotente », ecc., poi per i morti che non lo possono più ricevere: « Ricordati, o Signore », ecc., e infine per gli stessi sacerdoti offerenti: « Anche a noi tuoi ministri, peccatori », ecc.
Si passa così alla consumazione del sacramento.
E innanzi tutto si dispone il popolo alla comunione.
Primo, con la preghiera comune di tutto il popolo, che è la Preghiera del Signore, in cui chiediamo che « ci venga dato il nostro pane quotidiano », e anche con una preghiera privata che il sacerdote recita da solo per il popolo, dicendo: « Liberaci, o Signore », ecc.
- Secondo, si dispone il popolo mediante la pace, che viene data invocando l'Agnello di Dio: l'Eucaristia è infatti il sacramento dell'unità e della pace, come si è visto sopra [ q. 67, a. 2; q. 73, a. 3, ad 3; a. 4; q. 79, a. 1 ].
Invece nelle messe dei defunti, nelle quali il sacrificio non viene offerto per la pace presente, ma per il riposo dei morti, la pace viene omessa.
Segue poi la consumazione del sacramento: e qui il sacerdote comunica prima se stesso e poi gli altri, poiché, come dice Dionigi [ De eccl. hier. 3,14 ], chi dà agli altri i beni divini ne deve prima essere lui stesso partecipe.
Da ultimo tutta la celebrazione della messa termina con il ringraziamento: il popolo esulta per aver ricevuto il mistero, come indica il canto dopo la comunione, e il sacerdote celebrante rende grazie mediante l'orazione; come anche Cristo, dopo aver celebrato la Cena con i discepoli, « cantò l'inno », come riferisce il Vangelo [ Mt 26,30 ].
1. La consacrazione si compie con le sole parole di Cristo.
Ma fu necessario aggiungere altre parole per preparare il popolo alla comunione, come si è spiegato [ nel corpo ].
2. Come nota S. Giovanni [ Gv 21,25 ], molte sono le cose fatte e dette da Cristo che gli Evangelisti non hanno riferito.
E tra queste l'avere il Signore nella Cena alzato gli occhi al cielo: cosa che la Chiesa ricevette dalla tradizione apostolica.
Pare logico del resto che se egli alzò gli occhi al Padre nella risurrezione di Lazzaro [ Gv 11,41 ] e nella preghiera che fece per i suoi discepoli [ Gv 17,1 ], molto più lo abbia fatto nell'istituire questo sacramento, trattandosi di una cosa più importante.
Dire poi manducate al posto di comedite non cambia il senso, e la scelta della locuzione non ha importanza: dato specialmente che quelle parole non fanno parte della forma, come si è detto sopra [ q. 78, a. 1, ad 2,4 ].
L'aggiunta infine del termine tutti è implicita nelle parole evangeliche, anche se non è espressa, poiché Cristo [ Gv 6,53 ] aveva detto: « Se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo non avrete in voi la vita ».
3. L'Eucaristia è il sacramento della perfetta unità della Chiesa.
Quindi particolarmente in questo sacramento, più che negli altri, si deve rammentare tutto ciò che si riferisce alla salvezza della Chiesa intera.
4. Esistono due tipi di istruzione.
La prima è quella che viene data ai principianti, cioè ai catecumeni.
E tale istruzione è impartita in occasione del battesimo.
La seconda è l'istruzione che viene data al popolo fedele, che prende parte al mistero eucaristico.
E questa viene fatta nella celebrazione stessa del sacramento.
- Tuttavia da questa non si escludono i catecumeni e gli infedeli, per cui si legge nel Decreto [ di Graz. 3,1,67 ]: « Il vescovo non proibisca a nessuno l'ingresso in chiesa e l'ascolto della parola di Dio, sia che si tratti di un pagano, di un eretico o di un giudeo, fino a tutta la messa dei catecumeni », in cui appunto si ha l'istruzione nella fede.
5. In questo sacramento si richiede una devozione maggiore che negli altri sacramenti, essendo qui presente Cristo nella sua integrità.
E anche più estesa, poiché in questo sacramento è necessaria la devozione di tutto il popolo per il quale si offre il sacrificio, e non soltanto quella di coloro che ricevono il sacramento, come negli altri sacramenti.
Per questo, come dice S. Cipriano [ De orat. dom. 31 ], « il sacerdote con il prefazio prepara l'animo dei fratelli dicendo: "In alto i nostri cuori", affinché con la risposta: "Sono rivolti al Signore" il popolo ricordi di non dover pensare ad altro che a Dio ».
6. In questo sacramento, come si è notato sopra [ ad 3 ], si toccano delle realtà che interessano la Chiesa intera.
Perciò alcune preghiere vengono dette dal coro: e sono quelle che riguardano il popolo.
E di queste alcune sono dette interamente dal coro: cioè quelle che si ispirano a tutto il popolo.
- Altre invece sono continuate dal popolo dopo l'intonazione del sacerdote che rappresenta Dio: per indicare che tali verità vennero al popolo dalla rivelazione divina, come la fede e la gloria celeste.
Per questo è il sacerdote che inizia il Credo e il Gloria.
- Altre infine sono dette dai ministri, come la dottrina del nuovo e dell'antico Testamento: per indicare che questa dottrina fu annunziata ai popoli per mezzo di ministri mandati da Dio.
Altre preghiere poi le dice il sacerdote da solo, quelle cioè che si riferiscono all'ufficio proprio del sacerdote di « offrire doni e sacrifici per i peccati », come dice l'Apostolo [ Eb 5,1 ].
Di esse però alcune le dice a voce alta: cioè quelle che riguardano insieme il sacerdote e il popolo, come le orazioni comuni.
- Altre parti invece riguardano il sacerdote soltanto: come l'oblazione e la consacrazione.
Quindi le formule che si riferiscono a questi riti vengono recitate dal sacerdote a voce bassa.
- Tuttavia in ambedue i casi il sacerdote richiama l'attenzione del popolo dicendo: « Il Signore sia con voi », e ne attende il consenso espresso con l'Amen.
Per questo alle parti dette in segreto egli premette: « Il Signore sia con voi », e alla fine dice: « Per tutti i secoli dei secoli ».
- Oppure si può pensare che certe cose sono dette segretamente dal sacerdote per ricordare che durante la passione i discepoli professarono la loro fede in Cristo soltanto di nascosto.
7. L'efficacia delle parole sacramentali può essere impedita dall'intenzione del sacerdote.
- E d'altra parte non è inutile chiedere a Dio ciò che egli compirà con assoluta certezza: come Cristo [ Gv 17,1.5 ] chiese la propria glorificazione.
In ogni modo nella preghiera in esame il sacerdote non chiede che la consacrazione si compia, ma che essa sia fruttuosa per noi: chiede infatti espressamente « che diventi per noi il corpo e il sangue ».
E lo stesso significato hanno le parole antecedenti: « Degnati di rendere questa oblazione "benedetta" », cioè, secondo S. Agostino [ Pascasio, De corp. et sang. Dom. 12 ], « tale da meritarci la benedizione » della grazia; « "ascritta", così che possiamo essere grazie ad essa scritti in cielo; "ratificata", così che possiamo essere considerati quali membra di Cristo; "ragionevole", così da essere per essa liberati dalla sensualità carnale, "accettevole", così che possiamo riuscire graditi all'unigenito Figlio di Dio, noi che siamo spiacevoli a noi stessi ».
8. Sebbene questo sacramento sia preferibile per se stesso a tutti gli antichi sacrifici, nondimeno i sacrifici degli antichi furono accettissimi a Dio per la devozione di chi li offriva.
Perciò il sacerdote chiede che questo sacrificio sia accetto a Dio in ragione della devozione degli offerenti così come gli furono accetti quelli.
9. Il sacerdote non chiede che siano portate in cielo le specie sacramentali, né il corpo vero di Cristo, il quale non cessa mai di esservi, ma chiede ciò per il corpo mistico, simboleggiato da questo sacramento: ossia che l'angelo assistente ai divini misteri offra a Dio le preghiere del sacerdote e del popolo, secondo le parole dell'Apocalisse [ Ap 8,4 ]: « Dalla mano dell'angelo il fumo degli aromi salì davanti a Dio insieme con le preghiere dei santi ».
- « Altare del cielo » viene poi qui denominata o la stessa Chiesa trionfante, nella quale chiediamo di essere trasferiti, oppure Dio stesso, di cui imploriamo la partecipazione: di questo altare sta infatti scritto nell'Esodo [ Es 20,26 ]: « Non salirai sul mio altare per mezzo di gradini », ossia: « Non ammetterai gradi nella Trinità » [ Glossa interlin. ].
Oppure per angelo qui si intende Cristo medesimo, che è « l'Angelo del gran consiglio », il quale congiunge il suo corpo mistico a Dio Padre e alla Chiesa trionfante.
E per questo il sacrificio eucaristico prende anche il nome di messa.
Poiché per mezzo di un angelo il sacerdote manda preghiere a Dio, come il popolo le manda per mezzo del sacerdote.
Oppure perché Cristo è l'ostia a noi mandata [ missa ].
Per cui alla fine della messa il diacono nei giorni festivi licenzia il popolo dicendo: « Andate, la messa è finita », ossia è stata trasmessa a Dio l'ostia mediante l'angelo, perché sia accetta a Dio.
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