Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri

Indice

II. Spiritualità sacerdotale

La spiritualità del sacerdote consiste principalmente nel profondo rapporto di amicizia con Cristo, poiché egli è chiamato ad « andare da Lui » ( Mc 3,13 ).

In questo senso, nella vita del sacerdote Gesù avrà sempre la preminenza su tutto.

Ogni sacerdote agisce in un contesto storico particolare, con le sue varie sfide ed esigenze.

Proprio per questo, la garanzia di fecondità del ministero si radica in una profonda vita interiore.

Se il sacerdote non conta sul primato della grazia, non potrà rispondere alle sfide dei tempi, e ogni piano pastorale, per quanto elaborato possa essere, sarebbe destinato al fallimento.

2.1 Contesto storico attuale

45. Saper interpretare i segni dei tempi

La vita e il ministero dei sacerdoti si sviluppano sempre nel contesto storico, di volta in volta carico di nuovi problemi e di inedite risorse, nel quale si trova a vivere la Chiesa pellegrina nel mondo.

Il sacerdozio non nasce dalla storia, ma dalla immutabile volontà del Signore.

Tuttavia esso si confronta con le circostanze storiche e - pur rimanendo sempre identico - si configura, nella concretezza delle scelte, anche attraverso una valutazione evangelica dei "segni dei tempi".

Per tale motivo, i presbiteri hanno il dovere di interpretare tali "segni" alla luce della fede e di sottoporli a prudente discernimento.

In ogni caso, non potranno ignorarli, soprattutto se si vuole orientare in modo efficace e pertinente la propria vita al fine di rendere fecondo il loro servizio e la loro testimonianza per il Regno di Dio.

Nell'attuale fase della vita della Chiesa, in un contesto sociale contrassegnato da un forte secolarismo, dopo che è stata riproposta a tutti una "misura alta" della vita cristiana ordinaria, quella della santità,185 i presbiteri sono chiamati a vivere con profondità il loro ministero come testimoni di speranza e trascendenza, tenuto conto delle sempre più numerose e delicate esigenze di ordine non solo pastorale, ma anche sociale e culturale, alle quali devono far fronte.186

Essi, pertanto, sono oggi impegnati nei diversi campi di apostolato che richiedono generosità e dedizione completa, preparazione intellettuale e, soprattutto, una vita spirituale matura e profonda, radicata nella carità pastorale, che è la loro specifica via alla santità e che costituisce anche un autentico servizio ai fedeli nel ministero pastorale.

In questo modo, se si sforzeranno per vivere pienamente la propria consacrazione - rimanendo uniti a Cristo e lasciandosi compenetrare dal suo Spirito -, nonostante i loro limiti, potranno realizzare il proprio ministero, aiutati dalla grazia, nella quale porranno la loro fiducia.

È ad essa che devono far ricorso, « sapendo di poter così tendere alla perfezione con la speranza di progredire sempre più nella santità ».187

46. L'esigenza della conversione per l'evangelizzazione

Da ciò deriva che il sacerdote è coinvolto, in maniera del tutto speciale, nell'impegno dell'intera Chiesa per l'evangelizzazione.

Partendo dalla fede in Gesù Cristo, Redentore dell'uomo, ha la certezza che in Lui vi sono « impenetrabili ricchezze » ( Ef 3,8 ), che nessuna cultura e nessuna epoca può esaurire, e alle quali possono attingere sempre gli uomini.188

É questa, pertanto, l'ora di un rinnovamento della nostra fede in Gesù Cristo, che è lo stesso « ieri e oggi e per sempre! » ( Eb 13,8 ).

Pertanto, « la chiamata alla nuova evangelizzazione è innanzitutto una chiamata alla conversione ».189

Al tempo stesso, essa è una chiamata a quella speranza, « che poggia sulle promesse di Dio, sulla fedeltà alla sua Parola, e che ha come certezza incrollabile la risurrezione di Cristo, la sua vittoria definitiva sul peccato e sulla morte, primo annuncio e radice di ogni evangelizzazione, fondamento di ogni promozione umana, principio di ogni autentica cultura cristiana ».190

In tale contesto, il sacerdote deve anzitutto ravvivare la sua fede, la sua speranza ed il suo amore sincero al Signore, in modo tale da poterlo offrire alla contemplazione dei fedeli e di tutti gli uomini come veramente è: una Persona viva, affascinante, che ci ama più di tutti perché ha dato la Sua vita per noi; « nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici » ( Gv 15,13 ).

Nello stesso tempo, il sacerdote dovrebbe agire mosso da uno spirito accogliente e gioioso, frutto della sua unione con Dio attraverso la preghiera e il sacrificio, che è un elemento essenziale della sua missione evangelizzatrice di farsi tutto a tutti ( cf. 1 Cor 9,19-23 ), in modo da guadagnarli a Cristo.

Allo stesso modo, consapevole della misericordia immeritata di Dio nella propria vita e nella vita dei suoi confratelli, deve coltivare le virtù dell'umiltà e della misericordia verso tutto il popolo di Dio, specialmente nei riguardi di quelle persone che si sentono estranee alla Chiesa.

Il sacerdote, conscio che ogni persona è, in diverso modo, alla ricerca di un amore capace di portarla oltre gli angusti confini della propria debolezza, del proprio egoismo e, sopratutto, della stessa morte, proclamerà che Gesù Cristo è la risposta a tutti questi aneliti.

Nella nuova evangelizzazione, il sacerdote è chiamato ad essere l'araldo della speranza,191 che scaturisce anche dalla consapevolezza che egli stesso per primo è stato toccato dal Signore: egli vive in sé la gioia della salvezza che Gesù gli ha offerto.

Si tratta di una speranza non solamente intellettuale, ma anche del cuore, perché il presbitero è stato toccato dall'amore di Cristo: « non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi » ( Gv 15,16 ).

47. La sfida delle sette e dei nuovi culti

Il proliferare delle sette e dei nuovi culti, nonché la loro diffusione anche fra i fedeli cattolici, costituisce una particolare sfida al ministero pastorale.

Alla base di un tale fenomeno ci sono motivazioni complesse.

In ogni caso, il ministero dei presbiteri viene sollecitato a rispondere con prontezza ed incisività alla ricerca del sacro ed in modo particolare dell'autentica spiritualità oggi emergente.

Di conseguenza, bisogna che il sacerdote sia uomo di Dio e maestro di preghiera.

Al tempo stesso, si impone la necessità di far sì che la comunità affidata alle sue cure pastorali sia realmente accogliente in modo che nessun appartenente ad essa possa sentirsi anonimo oppure oggetto di indifferenza.

Si tratta di una responsabilità che ricade certamente su ogni fedele ma, in modo del tutto particolare, sul presbitero, che è uomo di comunione.

Se egli saprà accogliere con stima e rispetto chiunque lo avvicini, apprezzandone la personalità, allora creerà uno stile di autentica carità che diventerà contagioso e si estenderà gradualmente all'intera comunità.

Per vincere la sfida delle sette e dei nuovi culti, è particolarmente importante - oltre al desiderio per la salvezza eterna dei fedeli, che batte nel cuore di ogni sacerdote - una catechesi matura e completa, la quale richiede uno speciale sforzo da parte del ministro di Dio affinché tutti i suoi fedeli conoscano realmente il significato della vocazione cristiana e della fede cattolica.

In questo senso, « la misura più semplice, ovvia ed urgente da prendere, quella che potrebbe anche risultare la più efficace, consiste nel trarre il meglio dalle ricchezze del patrimonio spirituale cristiano ».192

In modo particolare, i fedeli devono essere educati a conoscere bene il rapporto che intercorre tra la loro specifica vocazione in Cristo e l'appartenenza alla sua Chiesa, che devono imparare ad amare filialmente e tenacemente.

Tutto questo si realizzerà se il sacerdote, nella sua vita e nel suo ministero, eviterà tutto ciò che potrebbe provocare tiepidezza, freddezza o accettazione parziale della dottrina e delle norme della Chiesa.

Senza dubbio, per coloro che cercano risposte tra le molteplici proposte religiose, « il fascino del cristianesimo si farà sentire prima di tutto nella testimonianza dei membri della Chiesa, nella loro fiducia, calma, pazienza ed affetto, e nel loro concreto amore per il prossimo, tutti frutti della loro fede nutriti dall'autentica preghiera personale ».193

48. Luci e ombre dell'attività ministeriale

È motivo di grande conforto rilevare che, oggi, i presbiteri di tutte le età, e nella stragrande maggioranza svolgono con gioioso impegno, spesso frutto di silenzioso eroismo, il sacro ministero, lavorando fino al limite delle proprie forze senza vedere, alle volte, i frutti del loro lavoro.

Per questo loro impegno, essi costituiscono oggi un annuncio vivente di quella grazia divina che, elargita al momento dell'ordinazione, continua a donare forza sempre nuova per il lavoro ministeriale.

Assieme a queste luci, che illuminano la vita del sacerdote, non mancano ombre che tendono ad indebolirne la bellezza e a renderne meno efficace l'esercizio del ministero: « nel mondo d'oggi i compiti che gli uomini devono affrontare sono tanti e i problemi che li preoccupano - e che spesso richiedono una soluzione urgente - sono assai disparati; di conseguenza in molte occasioni essi si trovano in condizioni tali che è facile che si disperdano in tante cose diverse.

Anche i presbiteri, immersi ed agitati da un gran numero di impegni derivanti dalla loro missione, possono domandarsi con vera angoscia come fare ad armonizzare la vita interiore con le esigenze dell'azione esterna ».194

Il ministero pastorale è impresa affascinante ma ardua, sempre esposta all'incomprensione e all'emarginazione, e, soprattutto oggi, alla stanchezza, alla sfiducia, all'isolamento e, qualche volta, alla solitudine.

Per vincere le sfide che la mentalità secolaristica continuamente pone, il sacerdote avrà cura di riservare il primato assoluto alla vita spirituale, allo stare sempre con Cristo e a vivere con generosità la carità pastorale, intensificando la comunione con tutti e, in primo luogo, con gli altri presbiteri.

Come ricordava Benedetto XVI ai sacerdoti, « la relazione con Cristo, il colloquio personale con Cristo è una priorità pastorale fondamentale, è condizione per il nostro lavoro per gli altri!

E la preghiera non è una cosa marginale: è proprio "professione" del sacerdote pregare, anche come rappresentante della gente che non sa pregare o non trova il tempo di pregare ».195

2.2 Stare con Cristo nella preghiera

49. Primato della vita spirituale

Il sacerdote è stato, per così dire, concepito in quella lunga preghiera durante la quale il Signore Gesù ha parlato al Padre dei suoi Apostoli e, certamente, di tutti coloro che nel corso dei secoli sarebbero stati fatti partecipi della Sua stessa missione ( cf. Lc 6,12; Gv 17,15-20 ).196

La stessa orazione di Gesù nel Getsemani ( cf. Mt 26,36-44 ), tutta protesa verso il sacrificio sacerdotale del Golgota, manifesta in modo paradigmatico « come il nostro sacerdozio debba essere profondamente vincolato alla preghiera: radicato nella preghiera ».197

Nati da queste preghiere e chiamati a rinnovare in modo sacramentale ed incruento un Sacrificio che da esse è inseparabile, i presbiteri manterranno vivo il loro ministero con una vita spirituale, alla quale daranno l'assoluta preminenza, evitando di trascurarla a motivo delle diverse attività.

Proprio per poter svolgere fruttuosamente il ministero pastorale, il sacerdote ha bisogno di entrare in una particolare e profonda sintonia con Cristo Buon Pastore, il quale, solo, resta il protagonista principale di ogni azione pastorale: « Egli [ Cristo ] pertanto rimane sempre il principio e la fonte della unità di vita dei presbiteri.

Per raggiungerla, essi dovranno perciò unirsi a lui [ a Cristo ] nella scoperta della volontà del Padre e nel dono di sé per il gregge loro affidato.

Così, rappresentando il Buon Pastore, nell'esercizio stesso della carità pastorale troveranno il vincolo della perfezione sacerdotale che realizzerà l'unità nella loro vita e attività ».198

50. Mezzi per la vita spirituale

In effetti, tra le gravi contraddizioni della cultura relativista si evidenzia un'autentica disintegrazione della personalità causata dall'oscuramento della verità sull'uomo.

Il rischio del dualismo nella vita sacerdotale è sempre in agguato.

Tale vita spirituale dev'essere incarnata nell'esistenza di ogni presbitero attraverso la liturgia, la preghiera personale, lo stile di vita e la pratica delle virtù cristiane, che contribuiscono alla fecondità dell'azione ministeriale.

La stessa conformazione a Cristo esige dal sacerdote di coltivare un clima di amicizia con il Signore Gesù, facendo esperienza di un incontro personale con Lui, e di porsi al servizio della Chiesa, suo Corpo, che egli dimostrerà di amare proprio attraverso l'adempimento fedele e indefesso dei doveri del ministero pastorale.199

È necessario, pertanto, che nella vita di preghiera del presbitero non manchino mai

la celebrazione eucaristica quotidiana,200 con adeguata preparazione e successivo ringraziamento;

la confessione frequente201 e la direzione spirituale già praticata in seminario e spesso prima;202

la celebrazione integra e fervorosa della Liturgia delle Ore,203 alla quale è quotidianamente tenuto;204

l'esame della propria coscienza;205

l'orazione mentale propriamente detta;206

la lectio divina,207

i prolungati momenti di silenzio e di colloquio, soprattutto negli Esercizi e Ritiri Spirituali periodici;208

le preziose espressioni della devozione mariana, come il Rosario;209

la Via Crucis e gli altri pii esercizi;210

la fruttuosa lettura agiografica;211 ecc.

Senz'altro, il buon uso del tempo, per amore di Dio e della Chiesa, permetterà al sacerdote di mantenere più facilmente una solida vita di preghiera.

Di fatto, si consiglia che il presbitero, con l'aiuto del suo direttore spirituale, cerchi di attenersi con costanza a questo piano di vita che gli permetta di crescere interiormente in un contesto dove le molteplici esigenze della vita lo potrebbero indurre parecchie volte all'attivismo e a trascurare la dimensione spirituale.

Ogni anno, come segno di duraturo desiderio di fedeltà, durante la Messa crismale, i presbiteri rinnovino, davanti al Vescovo ed insieme con Lui, le promesse fatte nel momento dell'ordinazione.212

La cura della vita spirituale, che allontana il nemico della tiepidezza, deve essere sentita come un gioioso dovere da parte dello stesso sacerdote, ma anche come un diritto dei fedeli che cercano in lui, consciamente o inconsciamente, l'uomo di Dio, il consigliere, il mediatore di pace, l'amico fedele e prudente, la guida sicura a cui affidarsi nei momenti più duri della vita per trovare conforto e sicurezza.213

Benedetto XVI presenta nel suo Magistero un testo altamente significativo sulla lotta alla tiepidezza spirituale che devono condurre anche coloro che sono più vicini al Signore per ragioni di ministero: « Nessuno è così vicino al suo Signore come il servo che ha accesso alla dimensione più privata della sua vita.

In questo senso "servire" significa vicinanza, richiede familiarità.

Questa familiarità comporta anche un pericolo: quello che il sacro da noi continuamente incontrato divenga per noi abitudine.

Si spegne così il timore riverenziale.

Condizionati da tutte le abitudini, non percepiamo più il fatto grande, nuovo, sorprendente, che Egli stesso sia presente, ci parli, si doni a noi.

Contro questa assuefazione alla realtà straordinaria, contro l'indifferenza del cuore dobbiamo lottare senza tregua, riconoscendo sempre di nuovo la nostra insufficienza e la grazia che vi è nel fatto che Egli si consegni così nelle nostre mani ».214

51. Imitare Cristo che prega

A causa di numerosi impegni, provenienti in larga misura dall'attività pastorale, la vita dei presbiteri è esposta, oggi più che mai, ad una serie di sollecitazioni che potrebbero condurla verso un crescente attivismo, sottomettendola ad un ritmo, alle volte, frenetico e travolgente.

Contro tale tentazione, non bisogna dimenticare che la prima intenzione di Gesù fu quella di convocare intorno a sé degli Apostoli affinché « stessero con lui » ( Mc 3,14 ).

Lo stesso Figlio di Dio ha voluto anche lasciarci testimonianza della sua preghiera.

Con grande frequenza, infatti, i Vangeli ci presentano Cristo in preghiera:

nella rivelazione della sua missione da parte del Padre ( cf. Lc 3,21-22 ),

prima della chiamata degli Apostoli ( cf. Lc 6,12 ),

nel rendere grazie a Dio nella moltiplicazione dei pani ( cf. Mt 14,19; Mt 15,36; Mc 6,41; Mc 8,7; Lc 9,16; Gv 6,11 ),

nella Trasfigurazione sul monte ( cf. Lc 9,28-29 ),

quando risana il sordomuto ( cf. Mc 7,34 )

e riporta in vita Lazzaro ( cf. Gv 11,41ss ),

prima della confessione di Pietro ( cf. Lc 9,18 ),

quando insegna ai discepoli a pregare ( cf. Lc 11,1 ),

e quando questi ritornano dall'aver compiuto la loro missione ( cf. Mt 11,25ss; Lc 10,21ss ),

nel benedire i fanciulli ( cf. Mt 19,13 ),

nel pregare per Pietro ( cf. Lc 22,32 ), ecc.

Tutta la sua attività quotidiana derivava dalla preghiera.

Così egli si ritirava nel deserto o sul monte a pregare ( cf. Mc 1,35; Mc 6,46; Lc 5,16; Mt 4,1; Mt 14,23 ),

si alzava al mattino presto ( cf. Mc 1,35 )

o trascorreva tutta la notte in orazione con Dio ( cf. Mt 14,23.25; Mc 6,46.48; Lc 6,12 ).

Fino al termine della sua vita, nell'ultima Cena ( cf. Gv 17,1-26 ),

nell'agonia ( cf. Mt 26,36-44 par. )

e sulla Croce ( cf. Lc 23,34.46; Mt 27,46; Mc 15,34 ),

il Maestro divino dimostrò che la preghiera animava il suo ministero messianico e il suo esodo pasquale.

Risuscitato da morte, vive per sempre e prega per noi ( cf. Eb 7,25 ).215

Perciò, la priorità fondamentale del sacerdote è la sua personale relazione con Cristo attraverso l'abbondanza dei momenti di silenzio e di preghiera nei quali coltivare ed approfondire il proprio rapporto con la persona vivente del Signore Gesù.

Sull'esempio di san Giuseppe, il silenzio del sacerdote « non manifesta un vuoto interiore, ma, al contrario, la pienezza di fede che egli porta nel cuore, e che guida ogni suo pensiero ed ogni sua azione ».216

Un silenzio che, come quello del santo Patriarca, « custodisce la Parola di Dio, conosciuta attraverso le Sacre Scritture, confrontandola continuamente con gli avvenimenti della vita di Gesù; un silenzio intessuto di preghiera costante, preghiera di benedizione del Signore, di adorazione della sua santa volontà e di affidamento senza riserve alla sua provvidenza ».217

Nella comunione della santa Famiglia di Nazareth, il silenzio di Giuseppe si armonizzava con il raccoglimento di Maria, « realizzazione più perfetta » dell'obbedienza della fede,218 la quale « serbava e meditava nel suo cuore tutte le "grandi cose" fatte dall'Onnipotente ».219

In questo modo, i fedeli vedranno nel sacerdote un uomo appassionato di Cristo, che porta in sé il fuoco del Suo amore; un uomo che si sa chiamato dal Signore ed è pieno di amore per i suoi.

52. Imitare la Chiesa che prega

Per rimanere fedele all'impegno di « stare con Gesù », occorre che il presbitero sappia imitare la Chiesa che prega.

Nel dispensare la Parola di Dio, che lui stesso ha ricevuto con gioia, il sacerdote sia memore dell'esortazione rivoltagli dal Vescovo il giorno della sua ordinazione: « Per questo, facendo della Parola l'oggetto della tua continua riflessione, credi sempre quel che leggi, insegna quel che credi, realizza nella vita quel che insegni.

In questo modo, mentre con la dottrina darai nutrimento al Popolo di Dio e con la buona testimonianza della vita gli sarai di conforto e sostegno, diventerai costruttore del tempio di Dio, che è la Chiesa ».

Similmente riguardo alla celebrazione dei sacramenti e, in particolare dell'Eucaristia: « Sii dunque consapevole di quel che fai, imita ciò che compi e poiché celebri il mistero della morte e della risurrezione del Signore, porta la morte di Cristo nel tuo corpo e cammina nella sua novità di vita ».

E, infine, riguardo alla guida pastorale del Popolo di Dio, perché lo conduca fino al Padre: « Per questo non cessare mai di tenere lo sguardo rivolto a Cristo, Pastore buono, che è venuto non per essere servito, ma per servire, e per cercare e salvare quelli che si sono perduti ».220

53. Preghiera come comunione

Forte dello speciale legame con il Signore, il presbitero saprà affrontare i momenti in cui potrebbe sentirsi solo in mezzo agli uomini, rinnovando con forza il suo stare con Cristo nell'Eucaristia, luogo reale della presenza del suo Signore.

Come Gesù, che mentre era solo stava continuamente con il Padre ( cf. Lc 3,21; Mc 1,35 ), anche il presbitero deve essere l'uomo che, nel raccoglimento, nel silenzio e nella solitudine, trova la comunione con Dio,221 per cui potrà dire con S. Ambrogio: « Io non sono mai così poco solo come quando sembro di essere solo ».222

Accanto al Signore, il presbitero troverà la forza e gli strumenti per riavvicinare gli uomini a Dio, per accendere la loro fede, per suscitare impegno e condivisione.

2.3 Carità pastorale

54. Manifestazione della carità di Cristo

La carità pastorale, intimamente connessa all'Eucaristia, costituisce il principio interiore e dinamico capace di unificare le molteplici e diverse attività pastorali del presbitero e di portare gli uomini alla vita della Grazia.

L'attività ministeriale deve essere una manifestazione della carità di Cristo, di cui il presbitero saprà esprimere atteggiamenti e comportamenti, fino alla donazione totale di sé a favore del gregge che gli è stato affidato.223

Sarà particolarmente vicino ai sofferenti, ai piccoli, ai bambini, alle persone in difficoltà, agli emarginati e ai poveri, portando a tutti l'amore e la misericordia del Buon Pastore.

Assimilare la carità pastorale di Cristo, in modo da farla diventare forma della propria vita, è una meta che richiede al sacerdote un'intensa vita eucaristica, così come impegni e sacrifici continui, giacché tale carità non si improvvisa, non conosce soste né può considerarsi raggiunta una volta per sempre.

Il ministro di Cristo si sentirà obbligato a vivere e a testimoniare questa realtà sempre e dovunque, anche quando, in ragione dell'età, fosse stato sollevato dagli incarichi pastorali.

55. Oltre il funzionalismo

La carità pastorale corre, oggi soprattutto, il pericolo di essere svuotata del suo significato dal cosiddetto funzionalismo.

Non è raro, infatti, percepire, anche in alcuni sacerdoti, l'influsso di una mentalità che tende erroneamente a ridurre il sacerdozio ministeriale ai soli aspetti funzionali.

"Fare" il prete, svolgere singoli servizi e garantire alcune prestazioni d'opera sarebbe il tutto dell'esistenza sacerdotale.

Ma il sacerdote non esercita soltanto un "lavoro", dopodiché rimarrebbe libero per se stesso: tale concezione riduttiva dell'identità e del ministero del sacerdote rischia di spingerlo verso un vuoto, che viene spesso riempito da forme di vita non consone al proprio ministero.

Il sacerdote, che sa di essere ministro di Cristo e della Chiesa, che opera come appassionato di Cristo con tutte le forze della sua vita al servizio di Dio e degli uomini, troverà nella preghiera, nello studio e nella lettura spirituale la forza necessaria per vincere anche questo pericolo.224

2.4 L'obbedienza

56. Fondamento dell'obbedienza

L'obbedienza è una virtù di primaria importanza ed è strettamente unita alla carità.

Come insegna il Servo di Dio Paolo VI, nella « carità pastorale » si può superare « il rapporto di obbedienza giuridica, affinché la stessa obbedienza sia più volenterosa, leale e sicura ».225

Lo stesso sacrificio di Gesù sulla Croce acquistò significato salvifico a causa della sua obbedienza e della sua fedeltà alla volontà del Padre.

Egli fu « obbediente fino alla morte e a una morte di croce » ( Fil 2,8 ).

La Lettera agli Ebrei sottolinea anche che Gesù « imparò l'obbedienza da ciò che patì » ( Eb 5,8 ).

Si può dire, allora, che l'obbedienza al Padre è nel cuore stesso del Sacerdozio di Cristo.

Come per Cristo, anche per il presbitero, l'obbedienza esprime la totale e lieta disponibilità a compiere la volontà di Dio.

Per questo il sacerdote riconosce che tale Volontà si palesa anche attraverso le indicazioni dei legittimi Superiori.

La disponibilità verso questi ultimi va intesa come vera attuazione della libertà personale, conseguenza di una scelta maturata costantemente al cospetto di Dio nella preghiera.

La virtù dell'obbedienza, intrinsecamente richiesta dal sacramento e dalla struttura gerarchica della Chiesa, è esplicitamente promessa dal chierico, prima nel rito di ordinazione diaconale e poi in quello di ordinazione presbiterale.

Con essa il presbitero rafforza la sua volontà di comunione, entrando, così, nella dinamica dell'obbedienza di Cristo fattosi Servo obbediente fino alla morte di Croce ( cf. Fil 2,7-8 ).226

Nella cultura contemporanea viene sottolineata l'importanza della soggettività e dell'autonomia della singola persona, come intrinseche alla sua dignità.

Questa realtà, in se stessa positiva, se assolutizzata e rivendicata al di fuori del suo giusto contesto, assume una valenza negativa.227

Ciò può manifestarsi anche nell'ambito ecclesiale e nella stessa vita del sacerdote qualora le attività che egli svolge a favore della comunità venissero ridotte ad un fatto puramente soggettivo.

In realtà il presbitero è, per la natura stessa del suo ministero, a servizio di Cristo e della Chiesa.

Egli, pertanto, si renderà disponibile ad accogliere quanto gli è giustamente indicato dai Superiori e, in modo particolare, se non è legittimamente impedito, deve accettare ed adempiere fedelmente l'incarico che gli è affidato dal suo Ordinario.228

Il Decreto Presbyterorum Ordinis descrive i fondamenti dell'obbedienza dei sacerdoti a partire dall'opera divina alla quale sono chiamati, mostrando poi la cornice di questa obbedienza:

il mistero della Chiesa: « il ministero sacerdotale, dato che è il ministero della Chiesa stessa, non può essere realizzato se non nella comunione gerarchica di tutto il corpo »;229

la fraternità cristiana: « la carità pastorale esige pertanto che i presbiteri, lavorando in questa comunione, con l'obbedienza facciano dono della propria volontà nel servizio di Dio e dei fratelli, ricevendo e mettendo in pratica con spirito di fede le prescrizioni e i consigli del Sommo Pontefice, del loro Vescovo e degli altri superiori, e dando volentieri tutto di sé in ogni incarico che venga loro affidato, anche se umile e povero.

Perché con questo atteggiamento custodiscono e rafforzano la necessaria unità con i fratelli nel ministero, specialmente con quelli che il Signore ha costituito reggitori visibili della sua Chiesa, e lavorano per la edificazione del corpo di Cristo, il quale cresce "per ogni articolazione di servizio" ».230

57. Obbedienza gerarchica

Il presbitero è tenuto ad un « obbligo speciale di rispetto e obbedienza » nei confronti del Sommo Pontefice e del proprio Ordinario.231

In virtù dell'appartenenza ad un determinato presbiterio, egli è addetto al servizio di una Chiesa particolare, il cui principio e fondamento di unità è il Vescovo,232 che ha su di essa tutta la potestà ordinaria, propria e immediata, necessaria per l'esercizio del suo ufficio pastorale.233

La subordinazione gerarchica, richiesta dal sacramento dell'Ordine, trova la sua attuazione ecclesiologico-strutturale in riferimento al proprio Vescovo e al Romano Pontefice, il quale detiene il primato ( principatus ) della potestà ordinaria su tutte le Chiese particolari.234

L'obbligo dell'adesione al Magistero in materia di fede e di morale è intrinsecamente legato a tutte le funzioni che il sacerdote deve svolgere nella Chiesa.235

Il dissenso in questo campo è da considerarsi grave, in quanto produce scandalo e disorientamento tra i fedeli.

L'appello alla disobbedienza, specie al Magistero definitivo della Chiesa, non è una via per rinnovare la Chiesa.236

La sua inesauribile vivacità soltanto può scaturire dal seguire il Maestro, obbediente fino alla croce, alla cui missione si collabora « con la gioia della fede, la radicalità dell'obbedienza, la dinamica della speranza e la forza dell'amore ».237

Nessuno più del presbitero è consapevole del fatto che la Chiesa ha bisogno di norme che servono a proteggere adeguatamente i doni dello Spirito Santo affidati alla Chiesa; poiché, infatti, la sua struttura gerarchica ed organica è visibile, l'esercizio delle funzioni a lei divinamente affidate, specialmente quella della guida e della celebrazione dei sacramenti, deve essere adeguatamente organizzato.238

In quanto ministro di Cristo e della sua Chiesa, il presbitero si assume generosamente l'impegno di osservare fedelmente tutte e singole le norme, evitando quelle forme di adesione parziale, secondo criteri soggettivi, che creano divisione e si ribaltano, con notevole danno pastorale, anche sui fedeli laici e sulla pubblica opinione.

Infatti « le leggi canoniche, per loro stessa natura, esigono l'osservanza » e richiedono « che quanto viene comandato dal capo venga osservato nelle membra ».239

Ubbidendo all'autorità costituita, il sacerdote, fra l'altro, favorirà la mutua carità all'interno del presbiterio e quell'unità che ha il suo fondamento nella verità.

58. Autorità esercitata con carità

Affinché l'osservanza dell'obbedienza sia facilitata e possa alimentare la comunione ecclesiale, quanti sono costituiti in autorità - gli Ordinari, i Superiori religiosi, i Moderatori di Società di vita apostolica -, oltre ad offrire il necessario e costante esempio personale, devono esercitare con carità il proprio carisma istituzionale, sia prevenendo, sia richiedendo, nei modi e nei tempi dovuti, l'adesione ad ogni disposizione nell'ambito magisteriale e disciplinare.240

Tale adesione è fonte di libertà, in quanto non impedisce, ma stimola la matura spontaneità del presbitero, che saprà assumere un atteggiamento pastorale sereno ed equilibrato, creando l'armonia nella quale la genialità personale si fonde in una superiore unità.

59. Rispetto delle norme liturgiche

Tra i vari aspetti del problema, oggi maggiormente avvertiti, merita di essere posto in evidenza quello del convinto amore e rispetto delle norme liturgiche.

La liturgia è l'esercizio del sacerdozio di Gesù Cristo,241 « il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù ».242

Essa costituisce un ambito in cui il sacerdote deve avere particolare consapevolezza di essere ministro, cioè servo, e di dover ubbidire fedelmente alla Chiesa.

« Regolare la sacra liturgia compete unicamente all'autorità della Chiesa, che risiede nella Sede Apostolica e, a norma del diritto, nel Vescovo ».243

Egli, pertanto, in tale materia, non aggiungerà, toglierà o muterà alcunché di sua iniziativa.244

Questo vale in particolar modo per la celebrazione dei sacramenti, che sono per eccellenza atti di Cristo e della Chiesa e che il sacerdote amministra in persona di Cristo Capo e a nome della Chiesa per il bene dei fedeli.245

Questi hanno un vero diritto a partecipare alle celebrazioni liturgiche così come le vuole la Chiesa e non secondo i gusti personali del singolo ministro e neppure secondo particolarismi rituali non approvati, espressioni di singoli gruppi che tendono a chiudersi all'universalità del Popolo di Dio.

60. Unità nei piani pastorali

È necessario che i sacerdoti, nell'esercizio del loro ministero, non solo partecipino responsabilmente alla definizione dei piani pastorali che il Vescovo - con la collaborazione del consiglio presbiterale246 - determina, ma anche armonizzino con essi le realizzazioni pratiche nella propria comunità.

La sapiente creatività e lo spirito di iniziativa propri della maturità dei presbiteri, non solo non verranno mortificati, ma potranno essere adeguatamente valorizzati a tutto vantaggio della fecondità pastorale.

Intraprendere strade separate in questo campo può significare infatti indebolimento della stessa opera di evangelizzazione.

61. Importanza e obbligatorietà dell'abito ecclesiastico

In una società secolarizzata e tendenzialmente materialista, dove anche i segni esterni delle realtà sacre e soprannaturali tendono a scomparire, è particolarmente sentita la necessità che il presbitero - uomo di Dio, dispensatore dei suoi misteri - sia riconoscibile agli occhi della comunità, anche per l'abito che porta, come segno inequivocabile della sua dedizione e della sua identità di detentore di un ministero pubblico.247

Il presbitero dev'essere riconoscibile anzitutto per il suo comportamento, ma anche per il suo vestire in modo da rendere immediatamente percepibile ad ogni fedele, anzi ad ogni uomo,248 la sua identità e la sua appartenenza a Dio e alla Chiesa.

L'abito ecclesiastico è il segno esteriore di una realtà interiore: « infatti, il sacerdote non appartiene più a se stesso, ma, per il sigillo sacramentale ricevuto ( cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1563, n. 1582 ), è "proprietà" di Dio.

Questo suo "essere di un Altro" deve diventare riconoscibile da tutti, attraverso una limpida testimonianza.

[ … ] Nel modo di pensare, di parlare, di giudicare i fatti del mondo, di servire ed amare, di relazionarsi con le persone, anche nell'abito, il sacerdote deve trarre forza profetica dalla sua appartenenza sacramentale ».249

Per questa ragione, il sacerdote, come il diacono transeunte, deve:250

a) portare o l'abito talare o « un abito ecclesiastico decoroso, secondo le norme emanate dalla Conferenza Episcopale e secondo le legittime consuetudini locali »;251

quando non è quello talare, deve essere diverso dalla maniera di vestire dei laici e conforme alla dignità e alla sacralità del ministero;

la foggia e il colore debbono essere stabiliti dalla Conferenza dei Vescovi;

b) per la loro incoerenza con lo spirito di tale disciplina, le prassi contrarie non contengono la razionalità necessaria affinché possano diventare legittime consuetudini252 e devono essere assolutamente rimosse dalla competente autorità.253

Fatte salve situazioni specifiche, il non uso dell'abito ecclesiastico può manifestare un debole senso della propria identità di pastore interamente dedicato al servizio della Chiesa.254

Inoltre, la veste talare - anche nella forma, nel colore e nella dignità - è specialmente opportuna perché distingue chiaramente i sacerdoti dai laici e fa capire meglio il carattere sacro del loro ministero, ricordando allo stesso presbitero che è sempre e in ogni momento sacerdote, ordinato per servire, per insegnare, per guidare e per santificare le anime, principalmente attraverso la celebrazione dei sacramenti e la predicazione della Parola di Dio.

Indossare l'abito clericale funge inoltre da salvaguardia della povertà e della castità.

2.5 Predicazione della Parola

62. Fedeltà alla Parola

Cristo ha affidato agli Apostoli e alla Chiesa la missione di predicare la Buona Novella a tutti gli uomini.

Trasmettere la fede è preparare un popolo per il Signore, svelare, annunziare ed approfondire la vocazione cristiana, cioè, la chiamata che Dio rivolge ad ogni uomo nel manifestargli il mistero della salvezza e, al contempo, il posto che egli deve occupare in riferimento a tale mistero, come figlio di adozione nel Figlio.255

Questo duplice aspetto si evidenzia sinteticamente nel Simbolo della Fede, una delle espressioni più autorevoli di quella fede con cui la Chiesa ha sempre risposto all'appello di Dio.256

Si pongono allora al ministero presbiterale due esigenze.

Vi è, in primo luogo, il carattere missionario della trasmissione della fede.

Il ministero della Parola non può essere astratto o lontano dalla vita della gente; al contrario, esso deve far diretto riferimento al senso della vita dell'uomo, di ogni uomo, e, quindi, dovrà entrare nelle questioni più vive che si pongono alla coscienza umana.

D'altra parte vi è un'esigenza di autenticità e di conformità con la fede della Chiesa, custode della verità su Dio e sull'uomo.

Ciò deve essere fatto con senso di estrema responsabilità, nella consapevolezza che si tratta di una questione della massima importanza in quanto è in gioco la vita dell'uomo ed il senso della sua esistenza.

Per un fruttuoso ministero della Parola, tenendo presente tale contesto, il presbitero darà il primato alla testimonianza della vita, che fa scoprire la potenza dell'amore di Dio e rende persuasiva la sua parola.

Inoltre, non trascurerà la predicazione esplicita del mistero di Cristo ai credenti, ai non cristiani e ai non credenti; la catechesi, che è l'esposizione ordinata e organica della dottrina della Chiesa; l'applicazione della verità rivelata alla soluzione dei casi concreti.257

La consapevolezza dell'assoluta necessità di « rimanere » fedeli ed ancorati alla Parola di Dio e alla Tradizione per essere veramente discepoli di Cristo e conoscere la verità ( cf. Gv 8,31-32 ) ha sempre accompagnato la storia della spiritualità sacerdotale ed è stata autorevolmente ribadita anche dal Concilio Ecumenico Vaticano II.258

Per questo, risulta di grande utilità « l'antica pratica della lectio divina, o "lettura spirituale" della Sacra Scrittura.

Essa consiste nel rimanere a lungo sopra un testo biblico, leggendolo e rileggendolo, quasi "ruminandolo" come dicono i Padri, e spremendone, per così dire, tutto il "succo", perché nutra la meditazione e la contemplazione e giunga ad irrigare come linfa la vita concreta ».259

Soprattutto per la società contemporanea, contrassegnata in molti Paesi da un materialismo teorico e pratico, dal soggettivismo e dal relativismo culturale, è necessario che il Vangelo sia presentato come « potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede » ( Rm 1,16 ).

I presbiteri, ricordando che « la fede viene dall'ascolto e l'ascolto riguarda la parola di Cristo » ( Rm 10,17 ), impegneranno tutte le loro energie per corrispondere a questa missione che è primaria nel loro ministero.

Essi, infatti, sono non soltanto i testimoni, ma anche gli annunciatori e i trasmettitori della fede.260

Tale ministero - svolto nella comunione gerarchica - li abilita ad esprimere con autorità la fede cattolica e a dare testimonianza della fede in nome della Chiesa.

Il Popolo di Dio, in effetti, « viene adunato innanzitutto per mezzo della Parola del Dio vivente, che tutti hanno il diritto di cercare sulle labbra dei sacerdoti ».261

Per essere autentica, la Parola deve essere trasmessa senza doppiezza e senza alcuna falsificazione, ma manifestando con franchezza la verità davanti a Dio ( cf. 2 Cor 4,2 ).

Il presbitero eviterà con responsabile maturità di contraffare, ridurre, distorcere o diluire i contenuti del messaggio divino.

Suo compito, infatti, « non è di insegnare una propria sapienza, bensì di insegnare la Parola di Dio e di invitare tutti insistentemente alla conversione e alla santità ».262

« Conseguentemente, le sue parole, le sue scelte e i suoi atteggiamenti devono essere sempre più una trasparenza, un annuncio ed una testimonianza del Vangelo; "solo 'rimanendo' nella Parola, il sacerdote diventerà perfetto discepolo del Signore, conoscerà la verità e sarà veramente libero" ».263

La predicazione, pertanto, non può ridursi alla comunicazione di pensieri propri, alla manifestazione dell'esperienza personale, a semplici spiegazioni di carattere psicologico,264 sociologico o filantropico; neppure può indulgere eccessivamente al fascino della retorica, così spesso presente nella comunicazione di massa.

Si tratta di annunciare una Parola di cui non si può disporre, in quanto è stata data alla Chiesa, affinché la custodisca, la scruti e fedelmente la trasmetta.265

In ogni modo, è necessario che il sacerdote prepari adeguatamente la sua predicazione attraverso la preghiera, lo studio serio e attualizzato e l'impegno per applicarla concretamente alle condizioni dei destinatari.

In modo particolare, come ha ricordato Benedetto XVI, « si ritiene opportuno che, partendo dal lezionario triennale, siano sapientemente proposte ai fedeli omelie tematiche che, lungo l'anno liturgico, trattino i grandi temi della fede cristiana, attingendo a quanto proposto autorevolmente dal Magistero nei quattro 'pilastri' del Catechismo della Chiesa Cattolica e nel recente Compendio: la professione della fede, la celebrazione del mistero cristiano, la vita in Cristo, la preghiera cristiana ».266

Così, le omelie, le catechesi, ecc., potranno essere di vero aiuto ai fedeli per il miglioramento della loro vita di rapporto con Dio e con gli altri.

63. Parola e vita

La coscienza della propria missione di annunciatore del Vangelo, come strumento di Cristo e dello Spirito Santo, dovrà sempre più concretizzarsi pastoralmente in modo che il presbitero possa vivificare, alla luce della Parola di Dio, le diverse situazioni e i diversi ambienti nei quali svolge il suo ministero.

Per essere efficace e credibile è perciò importante che il presbitero – nella prospettiva della fede e del suo ministero – conosca, con costruttivo senso critico, le ideologie, il linguaggio, gli intrecci culturali, le tipologie diffuse attraverso i mezzi di comunicazione che, in larga parte, condizionano le mentalità.

Stimolato dall'Apostolo che esclamava: « guai a me se non annuncio il Vangelo! » ( 1 Cor 9,16 ), egli saprà utilizzare tutti quei mezzi di trasmissione che le scienze e la tecnologia moderna gli offrono.

Certamente non tutto dipende da tali mezzi o dalle capacità umane, giacché la grazia divina può raggiungere il suo effetto indipendentemente dall'opera degli uomini; ma, nel piano di Dio, la predicazione della Parola è, normalmente, il canale privilegiato per la trasmissione della fede e per la missione evangelizzatrice.

Per i tanti che oggi sono fuori o lontani dall'annuncio di Cristo, il presbitero sentirà come particolarmente urgente ed attuale il drammatico interrogativo: « Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto?

Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare?

Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? » ( Rm 10,14 ).

Per rispondere a tali interrogativi, egli si sentirà personalmente impegnato a coltivare in maniera particolare la Sacra Scrittura con lo studio di una sana esegesi, soprattutto patristica, e con la meditazione fatta secondo i diversi metodi comprovati dalla tradizione spirituale della Chiesa, in modo da ottenerne una comprensione animata dall'amore.267

È particolarmente importante insegnare a coltivare questo rapporto personale con la Parola di Dio già negli anni di seminario, dove gli aspiranti al sacerdozio sono chiamati a studiare le Scritture per rendersi più « consapevoli del mistero della rivelazione divina ed alimentare un atteggiamento di risposta orante al Signore che parla.

Dall'altra parte, anche un'autentica vita di preghiera non potrà che far crescere nell'anima del candidato il desiderio di conoscere sempre di più il Dio che si è rivelato nella sua Parola come amore infinito ».268

64. Il presbitero sentirà il dovere di riservare particolare attenzione alla preparazione, sia remota che prossima, dell'omelia liturgica, ai suoi contenuti, facendo eco ai testi liturgici, soprattutto al Vangelo, all'equilibrio tra parte espositiva e applicativa, alla pedagogia e alla tecnica del porgere, fino alla buona dizione, rispettosa della dignità dell'atto e dei destinatari.269

In particolare, « si devono evitare omelie generiche ed astratte, che occultino la semplicità della Parola di Dio, come pure inutili divagazioni che rischiano di attirare l'attenzione sul predicatore piuttosto che al cuore del messaggio evangelico.

Deve risultare chiaro ai fedeli che ciò che sta a cuore al predicatore è mostrare Cristo, che deve essere al centro di ogni omelia ».270

65. Parola e catechesi

Oggi, quando in molti ambienti si diffonde un analfabetismo religioso dove gli elementi fondamentali della fede sono sempre meno noti, la catechesi si rileva come parte fondamentale della missione evangelizzatrice della Chiesa, essendo strumento privilegiato dell'insegnamento e della maturazione della fede.271

Il presbitero, in quanto collaboratore e per mandato del Vescovo, ha la responsabilità di animare, coordinare e dirigere l'attività catechistica della comunità che gli è affidata.

È importante che egli sappia integrare tale attività in un progetto organico di evangelizzazione garantendo, innanzitutto, la comunione della catechesi della propria comunità con la persona del Vescovo, con la Chiesa particolare e con la Chiesa universale.272

In particolare, egli saprà suscitare la giusta ed opportuna responsabilità e collaborazione nei riguardi della catechesi, sia dei membri degli Istituti di Vita consacrata e delle Società di vita apostolica, sia dei fedeli laici,273 adeguatamente preparati, mostrando ad essi il riconoscimento e la stima per il compito catechistico.

Singolare premura egli porrà nella cura della formazione iniziale e permanente dei catechisti, delle associazioni e dei movimenti.

Nella misura del possibile, il sacerdote dovrà essere il catechista dei catechisti, formando con questi una vera comunità di discepoli del Signore che serva come punto di riferimento per i catechizzandi.

Così insegnerà loro che il servizio al ministero dell'insegnamento deve misurarsi sulla Parola di Gesù Cristo e non su teorie ed opinioni private: è « la fede della Chiesa della quale siamo servitori ».274

Maestro275 ed educatore della fede,276 il presbitero farà sì che la catechesi sia parte privilegiata nella educazione cristiana in famiglia, nell'insegnamento religioso, nella formazione dei movimenti apostolici, ecc., e che essa sia rivolta a tutte le categorie dei fedeli: fanciulli e giovani, adolescenti, adulti, anziani.

Egli, inoltre, saprà trasmettere l'insegnamento catechistico facendo uso di tutti quegli aiuti, sussidi didattici e strumenti di comunicazione che possano essere efficaci affinché i fedeli, in modo adatto alla loro indole, capacità, età e alle condizioni pratiche di vita, siano in grado di apprendere più pienamente la dottrina cristiana e di tradurla in pratica nel modo più conveniente.277

A tale scopo, il presbitero avrà come principale punto di riferimento, il Catechismo della Chiesa Cattolica ed il suo Compendio.

Tali testi, infatti, costituiscono norma sicura ed autentica dell'insegnamento della Chiesa278 e perciò se ne deve incoraggiare la lettura e lo studio.

Devono essere sempre il punto d'appoggio sicuro ed insostituibile per l'insegnamento dei « contenuti fondamentali della fede che trovano nel Catechismo della Chiesa Cattolica la loro sintesi sistematica e organica ».279

Come ha ricordato il Santo Padre Benedetto XVI, nel Catechismo « infatti, emerge la ricchezza di insegnamento che la Chiesa ha accolto, custodito ed offerto nei suoi duemila anni di storia.

Dalla Sacra Scrittura ai Padri della Chiesa, dai Maestri di teologia ai Santi che hanno attraversato i secoli, il Catechismo offre una memoria permanente dei tanti modi in cui la Chiesa ha meditato sulla fede e prodotto progresso nella dottrina per dare certezza ai credenti nella loro vita di fede ».280

2.6 Il sacramento dell'Eucaristia

66. Il Mistero eucaristico

Se il servizio della Parola è elemento fondamentale del ministero presbiterale, il cuore e il centro vitale di esso è costituito, senza dubbio, dall'Eucaristia, che è, soprattutto, la presenza reale nel tempo dell'unico ed eterno sacrificio di Cristo.281

Memoriale sacramentale della morte e risurrezione di Cristo, ripresentazione reale ed efficace dell'unico Sacrificio redentore, fonte e culmine della vita cristiana e di tutta l'evangelizzazione,282 l'Eucaristia è principio, mezzo e fine del ministero sacerdotale, giacché « tutti i ministeri ecclesiastici e le opere d'apostolato sono strettamente uniti alla sacra Eucaristia e ad essa sono ordinati ».283

Consacrato per perpetuare il santo Sacrificio, il presbitero manifesta così, nel modo più evidente, la sua identità.284

Esiste, infatti, un'intima connessione tra la centralità dell'Eucaristia, la carità pastorale e l'unità di vita del presbitero,285 il quale trova in essa le indicazioni decisive per l'itinerario di santità al quale è specificamente chiamato.

Se il presbitero presta a Cristo, Sommo ed Eterno Sacerdote, l'intelligenza, la volontà, la voce e le mani perché, mediante il proprio ministero, possa offrire al Padre il sacrificio sacramentale della redenzione, dovrà fare proprie le disposizioni del Maestro e, come Lui, vivere quale dono per i propri fratelli.

Egli dovrà perciò imparare ad unirsi intimamente all'offerta, deponendo sull'altare del sacrificio l'intera vita come segno manifestativo dell'amore gratuito e preveniente di Dio.

67. Celebrare bene l'Eucaristia

Il sacerdote è chiamato a celebrare il Santo Sacrificio eucaristico, a meditare costantemente su ciò che esso significa e a trasformare la sua vita in una Eucaristia, il che si manifesta nell'amore al sacrificio quotidiano, soprattutto nell'adempimento dei propri doveri di stato.

L'amore alla croce conduce il sacerdote a diventare se stesso un'offerta gradevole al Padre per mezzo di Cristo ( cf. Rm 12,1 ).

Amare la croce in una società edonistica è uno scandalo, però da una prospettiva di fede, essa è fonte di vita interiore.

Il sacerdote deve predicare il valore redentore della croce con il suo stile di vita.

È necessario richiamare il valore insostituibile che per il sacerdote ha la celebrazione quotidiana della Santa Messa – "fonte e apice"286 della vita sacerdotale –, anche quando non vi fosse concorso di alcun fedele.287

Al riguardo, insegna Benedetto XVI: « Insieme con i Padri del Sinodo, raccomando ai sacerdoti "la celebrazione quotidiana della Santa Messa, anche quando non ci fosse partecipazione di fedeli".

Tale raccomandazione si accorda innanzitutto con il valore oggettivamente infinito di ogni celebrazione eucaristica; e trae poi motivo dalla sua singolare efficacia spirituale, perché, se vissuta con attenzione e fede, la santa Messa è formativa nel senso più profondo del termine, in quanto promuove la conformazione a Cristo e rinsalda il sacerdote nella sua vocazione ».288

Egli la vivrà come il momento centrale della giornata e del ministero quotidiano, frutto di sincero desiderio e occasione di incontro profondo ed efficace con Cristo.

Nell'Eucaristia, il sacerdote impara a donarsi ogni giorno, non solo nei momenti di grande difficoltà, ma pure nelle piccole contrarietà quotidiane.

Questo apprendimento si riflette nell'amore per prepararsi alla celebrazione del Santo Sacrificio, per viverlo con pietà, senza fretta, avendo cura delle norme liturgiche e delle rubriche, affinché i fedeli percepiscano in questo modo un'autentica catechesi.289

In una civiltà sempre più sensibile alla comunicazione mediante i segni e le immagini, il sacerdote darà adeguata attenzione a tutto ciò che può esaltare il decoro e la sacralità della celebrazione eucaristica.

È importante che, in tale celebrazione, si pongano in giusto risalto

la proprietà e la pulizia del luogo, l'architettura dell'altare e del tabernacolo,290

la nobiltà dei vasi sacri, dei paramenti,291

del canto,292

della musica,293

il sacro silenzio,294

l'uso dell'incenso nelle celebrazioni più solenni, ecc.,

ripetendo quel gesto amorevole di Maria verso il Signore quando « prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell'aroma di quel profumo » ( Gv 12,3 ).

Tutti questi sono elementi che possono contribuire ad una migliore partecipazione al Sacrificio eucaristico.

Infatti, la scarsa attenzione agli aspetti simbolici della liturgia e, ancor di più, la trascuratezza e la fretta, la superficialità e il disordine, ne svuotano il significato e ne indeboliscono la funzione di incremento della fede.295

Chi celebra male manifesta la debolezza della sua fede e non educa gli altri alla fede.

Celebrare bene, invece, costituisce una prima importante catechesi sul Santo Sacrificio.

In modo speciale, nella celebrazione eucaristica, le norme liturgiche devono essere osservate con generosa fedeltà.

« Esse sono un'espressione concreta dell'autentica ecclesialità dell'Eucaristia; questo è il loro senso più profondo.

La liturgia non è mai proprietà privata di qualcuno, né del celebrante né della comunità nella quale si celebrano i Misteri.

[ … ] Anche nei nostri tempi, l'obbedienza alle norme liturgiche dovrebbe essere riscoperta e valorizzata come riflesso e testimonianza della Chiesa una ed universale, resa presente in ogni celebrazione dell'Eucaristia.

Il sacerdote che celebra fedelmente la Messa secondo le norme liturgiche e la comunità che a queste si conforma dimostrano, in un modo silenzioso ma eloquente, il loro amore per la Chiesa ».296

Il sacerdote, allora, pur mettendo a servizio della celebrazione eucaristica tutti i suoi talenti per renderla viva nella partecipazione dei fedeli, deve attenersi al rito stabilito nei libri liturgici approvati dalla competente autorità, senza aggiungere, togliere o mutare alcunché.297

Così il suo celebrare diventa realmente un celebrare della e con la Chiesa: non fa un "qualcosa di suo", ma è con la Chiesa in colloquio con Dio.

Ciò favorisce anche un'adeguata partecipazione attiva dei fedeli alla sacra liturgia: « L'ars celebrandi è la migliore condizione per l'actuosa participatio.

L'ars celebrandi scaturisce dall'obbedienza fedele alle norme liturgiche nella loro completezza, poiché è proprio questo modo di celebrare ad assicurare da duemila anni la vita di fede di tutti i credenti, i quali sono chiamati a vivere la celebrazione in quanto popolo di Dio, sacerdozio regale, nazione santa ( cf. 1 Pt 2,4-5.9 ) ».298

Gli Ordinari, i Superiori degli Istituti di vita consacrata e i Moderatori delle società di vita apostolica hanno il grave dovere, oltre che di precedere nell'esempio, di vigilare affinché le norme liturgiche riguardanti la celebrazione dell'Eucaristia vengano fedelmente osservate sempre da tutti e in tutti i luoghi.

I sacerdoti che celebrano o anche concelebrano sono tenuti ad indossare le vesti sacre prescritte dalle norme liturgiche.299

68. Adorazione eucaristica

La centralità dell'Eucaristia dovrà apparire non solo dalla degna e sentita celebrazione del Sacrificio, ma altresì dalla frequente adorazione del Sacramento dell'Altare, in modo che il presbitero appaia modello del gregge anche nell'attenzione devota e nell'assidua meditazione fatta alla presenza del Signore nel Tabernacolo.

È auspicabile che i presbiteri incaricati della guida di comunità dedichino larghi spazi all'adorazione comunitaria – per esempio, tutti i giovedì, i giorni di preghiera per le vocazioni, ecc. – e riservino al Santissimo Sacramento dell'Altare, anche fuori della Santa Messa, attenzioni ed onori superiori a qualsiasi altro rito e gesto.

« La fede e l'amore per l'Eucaristia non possono permettere che la presenza di Cristo nel Tabernacolo rimanga solitaria ».300

Spinti dall'esempio di fede dei pastori, i fedeli cercheranno occasioni lungo la settimana per recarsi in chiesa ad adorare nostro Signore, presente nel Tabernacolo.

Momento privilegiato dell'adorazione eucaristica può essere la celebrazione della Liturgia delle Ore, la quale costituisce un prolungamento, durante la giornata, del sacrificio di lode e di ringraziamento che ha nella Santa Messa il centro e la fonte sacramentale.

La Liturgia delle Ore, nella quale il sacerdote, unito a Cristo, è voce della Chiesa per il mondo intero, sarà celebrata, anche comunitariamente, in modo da essere « interprete e veicolo della voce universale che canta la gloria di Dio e chiede la salvezza dell'uomo ».301

Esemplare solennità a tale celebrazione sarà riservata dai Capitoli canonicali.

Si dovrà sempre cercare che la celebrazione comunitaria o quella individuale siano eseguite con amore e desiderio di riparazione, senza cadere in un puro « dovere » da effettuarsi meccanicamente come semplice ed affrettata lettura senza la necessaria attenzione al senso del testo.

69. Intenzioni di Messe

« L'Eucaristia è un sacrificio perché ripresenta ( rende presente ) il sacrificio della croce, perché ne è il memoriale e perché ne applica il frutto ».302

Ogni celebrazione eucaristica attualizza il sacrificio unico, perfetto e definitivo di Cristo che ha salvato il mondo sulla Croce una volta per tutte.

L'Eucaristia è prima di tutto celebrata alla gloria di Dio e in rendimento di grazia per la salvezza dell'umanità.

Secondo un'antichissima tradizione, i fedeli chiedono al sacerdote di celebrare la santa Messa affinché « venga anche offerta in riparazione dei peccati dei vivi e dei defunti, e al fine di ottenere da Dio benefici spirituali o temporali ».303

« È vivamente raccomandato ai sacerdoti di celebrare la Messa per le intenzioni dei fedeli ».304

Al fine di partecipare a modo loro al sacrificio del Signore, con il dono non solo di loro stessi ma anche di una parte di quanto possiedono, i fedeli associano un'offerta, solitamente pecuniaria, all'intenzione per la quale desiderano che una santa Messa sia applicata.

Non si tratta in alcun modo di una rimunerazione, il Sacrificio Eucaristico essendo assolutamente gratuito.

« Spinti dal loro senso religioso ed ecclesiale, i fedeli vogliano unire, per una più attiva partecipazione alla celebrazione eucaristica, un loro personale concorso, contribuendo così alle necessità della Chiesa e particolarmente al sostentamento dei suoi ministri ».305

L'offerta per la celebrazione di sante Messe è da considerarsi « una forma eccellente » di elemosina.306

Tale uso è « non solo approvato, ma anche incoraggiato dalla Chiesa che lo considera come una specie di segno di unione del battezzato con Cristo, nonché del fedele con il sacerdote, il quale proprio in suo favore svolge il suo ministero ».307

I sacerdoti devono quindi incoraggiarlo con una catechesi adatta, spiegandone ai fedeli il senso spirituale e la fecondità.

Avranno loro stessi cura di celebrare l'Eucaristia con la viva consapevolezza che, in Cristo e con Cristo, sono intercessori davanti a Dio, non solo per applicare in modo generale il Sacrificio della Croce alla salvezza dell'umanità ma anche per presentare alla benevolenza divina l'intenzione particolare affidatagli.

Costituisce per loro uno dei modi eccellenti per partecipare attivamente alla celebrazione del memoriale del Signore.

I sacerdoti devono essere anche convinti che, « poiché la materia tocca direttamente l'augusto sacramento, ogni anche minima parvenza di lucro o di simonia causerebbe scandalo ».308

Per ciò la Chiesa ha emanato regole precise al riguardo309 e punisce con una giusta pena « chi trae illegittimamente profitto dall'elemosina della Messa ».310

Ogni sacerdote che accetta l'impegno di celebrare una Santa Messa secondo le intenzioni dell'offerente, deve farvi fronte, per un obbligo di giustizia, applicando tante Messe quanto sono le intenzioni.311

Non è lecito al sacerdote chiedere una somma maggiore di quella determinata con decreto dall'autorità legittima o, se esso non esistesse, corrispondente alla consuetudine vigente nella diocesi.

Gli è tuttavia consentito accettare un'offerta minore di quella stabilita e anche maggiore, se è elargita spontaneamente.312

« Qualsiasi sacerdote deve segnare accuratamente le Messe da celebrare ricevute e quelle che ha applicato ».313

Il parroco come pure il rettore di una chiesa devono annotarle in un registro speciale.314

Si può accettare solo le offerte di Messe, che possono essere soddisfatte entro l'anno.315

« I sacerdoti che ricevono offerte per intenzioni particolari di sante Messe in grande numero [ … ], invece di respingerle, frustrando la pia volontà degli offerenti e distogliendoli dal buon proposito, devono trasmetterle ad altri sacerdoti ( cf. C.I.C. can. 955 ) oppure al proprio Ordinario ( cf. C.I.C. can. 956 ) ».316

« Nel caso in cui gli offerenti, previamente ed esplicitamente avvertiti, consentano liberamente che le loro offerte siano cumulate con altre in un'unica offerta, si può soddisfarvi con una sola santa Messa, celebrata secondo un'unica intenzione « collettiva ».

In questo caso è necessario che sia pubblicamente indicato il giorno, il luogo e l'orario in cui tale santa Messa sarà celebrata, non più di due volte per settimana ».317

Tale eccezione alla vigente legge canonica, qualora si allargasse eccessivamente, verrebbe a costituire un abuso riprovevole.318

Se il sacerdote celebra più volte nello stesso giorno, trattiene per sé l'offerta di una sola Messa e versa le altre per gli scopi determinati dall'Ordinario.319

Ogni parroco « ha l'obbligo di applicare la Messa per il popolo affidatogli nelle singole domeniche e feste di precetto ».320

2.7 Il Sacramento della Penitenza

70. Ministro della Riconciliazione

Dono del Risorto agli Apostoli è lo Spirito Santo per la remissione dei peccati: « Ricevete lo Spirito Santo.

A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati » ( Gv 20,22 ).

Cristo ha affidato l'opera sacramentale di Riconciliazione dell'uomo con Dio esclusivamente ai suoi Apostoli e a coloro che succedono loro nella stessa missione.

I sacerdoti, allora, per volontà di Cristo, sono gli unici ministri del sacramento della Riconciliazione.321

Come Cristo, sono inviati a chiamare i peccatori alla conversione e a riportarli al Padre, mediante il giudizio di misericordia.

La Riconciliazione sacramentale ristabilisce l'amicizia con Dio Padre e con tutti i suoi figli nella sua famiglia che è la Chiesa, la quale, pertanto, ringiovanisce e viene edificata in tutte le sue dimensioni: universale, diocesana, parrocchiale.322

Nonostante la triste constatazione della perdita del senso del peccato, che è largamente presente nelle culture del nostro tempo, il sacerdote deve praticare, con gioia e dedizione, il ministero della formazione delle coscienze, del perdono e della pace.

Occorre, pertanto, che egli sappia identificarsi, in un certo senso, con questo sacramento e, assumendo l'atteggiamento di Cristo, sappia chinarsi con misericordia, come buon samaritano, sull'umanità ferita, facendo trasparire la novità cristiana della dimensione medicinale della penitenza, che è in vista della guarigione e del perdono.323

71. Dedizione al ministero della Riconciliazione

Sia a motivo del suo ufficio,324 sia anche a motivo dell'ordinazione sacramentale, il presbitero dovrà dedicare tempo, anche con giorni, ore stabilite ed energie all'ascolto delle confessioni dei fedeli,325 i quali, come dimostra l'esperienza, si recano volentieri a ricevere questo sacramento laddove sanno e vedono che vi sono sacerdoti disponibili.

Inoltre, non si trascuri la possibilità di facilitare ai singoli fedeli il ricorso al sacramento della Riconciliazione e Penitenza anche durante la celebrazione della Santa Messa.326

Ciò vale ovunque ma, soprattutto, per le chiese cattedrali, per le chiese delle zone maggiormente frequentate, i centri spirituali e i santuari, dove è possibile una fraterna e responsabile collaborazione con i sacerdoti religiosi e con quelli anziani.327

Non possiamo dimenticare che « la fedele e generosa disponibilità dei sacerdoti all'ascolto delle confessioni, sull'esempio dei grandi Santi della storia, da san Giovanni Maria Vianney a san Giovanni Bosco, da san Josemaría Escrivá a san Pio da Pietrelcina, da san Giuseppe Cafasso a san Leopoldo Mandić, indica a tutti noi come il confessionale possa essere un reale "luogo" di santificazione ».328

Ogni sacerdote si atterrà alla normativa ecclesiale che difende e promuove il valore della confessione individuale, integra accusa dei peccati nel colloquio diretto con il confessore.329

« La confessione individuale e integra e l'assoluzione costituiscono l'unico modo ordinario con cui il fedele, consapevole di peccato grave, è riconciliato con Dio e con la Chiesa », e perciò, « tutti coloro cui è demandata in forza dell'ufficio la cura delle anime, sono tenuti all'obbligo di provvedere che siano ascoltate le confessioni dei fedeli a loro affidati ».330

Senz'altro, le assoluzioni sacramentali impartite in forma collettiva, senza che siano osservate le norme stabilite, sono da considerare come gravi abusi.331

Sulla sede per le confessioni, le norme vengono stabilite dalla Conferenza Episcopale, « garantendo tuttavia che si trovino sempre in un luogo visibile i confessionali, provvisti di una grata fissa tra il penitente e il confessore, cosicché i fedeli che lo desiderano possano liberamente servirsene ».332

Il confessore avrà modo di illuminare la coscienza del penitente con una parola che, per quanto breve, sia appropriata alla sua situazione concreta, in modo da favorire un rinnovato orientamento personale verso la conversione ed incidere profondamente sul suo cammino spirituale, anche attraverso l'imposizione di un'opportuna soddisfazione.333

Così la confessione potrà essere vissuta anche come momento di direzione spirituale.

In ogni caso, il presbitero saprà mantenere la celebrazione della Riconciliazione a livello sacramentale, stimolando il dolore dei peccati, la fiducia nella grazia, ecc. e, allo stesso tempo, superando il pericolo di ridurla ad una attività puramente psicologica o semplicemente formalistica.

Ciò si manifesterà, fra l'altro, nel vivere fedelmente la disciplina vigente anche circa il luogo e la sede per le confessioni, che non devono riceversi « fuori del confessionale, se non per giusta causa ».334

72. Necessità di confessarsi

Come ogni fedele, anche il presbitero ha necessità di confessare i propri peccati e le proprie debolezze.

Egli è il primo a sapere che la pratica di questo sacramento lo rafforza nella fede e nella carità verso Dio e i fratelli.

Per trovarsi nelle migliori condizioni di mostrare con efficacia la bellezza della Penitenza, è essenziale che il ministro del sacramento offra una testimonianza personale precedendo gli altri fedeli nel fare l'esperienza del perdono.

Ciò costituisce anche la prima condizione per la rivalutazione pastorale del sacramento della Riconciliazione: nella confessione frequente, il presbitero impara a comprendere gli altri, e − seguendo l'esempio dei Santi − viene spinto a « rimetterlo al centro delle [ … ] preoccupazioni pastorali ».335

In questo senso, è buona cosa che i fedeli sappiano e vedano che anche i loro sacerdoti si confessano con regolarità.336

« Tutta l'esistenza sacerdotale subisce un inesorabile scadimento, se viene a mancarle, per negligenza o per qualsiasi altro motivo, il ricorso, periodico e ispirato da autentica fede e devozione, al sacramento della Penitenza.

In un prete che non si confessasse più o si confessasse male, il suo essere prete e il suo fare il prete ne risentirebbero molto presto, e se ne accorgerebbe anche la Comunità, di cui egli è pastore ».337

73. Direzione spirituale per sé e per gli altri

Parallelamente al sacramento della Riconciliazione, il presbitero non mancherà di esercitare il ministero della direzione spirituale.338

La riscoperta e la diffusione di questa pratica, anche in momenti diversi dall'amministrazione della Penitenza, è un grande beneficio per la Chiesa nel tempo presente.339

L'atteggiamento generoso e attivo dei presbiteri nel praticarla costituisce anche un'occasione importante per individuare e sostenere le vocazioni al sacerdozio e alle varie forme di vita consacrata.

Per contribuire al miglioramento della loro spiritualità è necessario che i presbiteri pratichino essi stessi la direzione spirituale perché « con l'aiuto dell'accompagnamento o consiglio spirituale [ … ] è più facile discernere l'azione dello Spirito Santo nella vita di ognuno ».340

Ponendo nelle mani di un saggio confratello – strumento dello Spirito Santo – la formazione della loro anima, matureranno la consapevolezza, fin dai primi passi del ministero, dell'importanza di non camminare da soli per le vie della vita spirituale e dell'impegno pastorale.

Nel far uso di questo efficace mezzo di formazione, tanto sperimentato nella Chiesa, i presbiteri avranno piena libertà nella scelta della persona che li possa guidare.

2.8 Liturgia delle Ore

74. Un modo fondamentale per il sacerdote di stare dinanzi al Signore è la Liturgia delle Ore: in essa preghiamo da uomini bisognosi del dialogo con Dio, dando voce e supplendo anche a tutti coloro che forse non sanno, non vogliono o non trovano il tempo per pregare.

Il Concilio Ecumenico Vaticano II ricorda che i fedeli « che compiono questa preghiera, adempiono da una parte l'obbligo proprio della Chiesa e dall'altra partecipano al sommo onore della Sposa di Cristo perché, celebrando le lodi di Dio, stanno dinanzi al suo trono a nome della Madre Chiesa ».341

Questa preghiera è « la voce della sposa che parla allo sposo, anzi è la preghiera che Cristo, unito al suo corpo, eleva al Padre ».342

In questo senso, il sacerdote prolunga e attualizza la preghiera di Cristo Sacerdote.

75. L'obbligo quotidiano di pregare il Breviario ( la Liturgia delle Ore ), è anche uno degli impegni solenni presi nell'ordinazione diaconale in modo pubblico, che non si può tralasciare senza grave causa.

È un obbligo d'amore, che va curato in ogni circostanza, tempi di vacanza inclusi.

Il sacerdote ha « l'obbligo di assolvere ogni giorno a tutte le Ore »,343 cioè, le Lodi ed i Vespri, come anche l'Ufficio delle Letture, almeno una delle parti dell'Ora media, e la Compieta.

76. Affinché i sacerdoti possano approfondire il significato della Liturgia delle Ore, si « richiede non soltanto di far concordare la voce con il cuore che prega, ma anche "di procurarsi una più ricca istruzione liturgica e biblica, specialmente riguardo ai Salmi" ».344

Così occorre interiorizzare la Parola divina, essere attenti a che cosa il Signore "mi" dice con questa Parola, ascoltare poi il commento dei Padri della Chiesa o anche del Concilio Ecumenico Vaticano II, approfondire la vita dei Santi ed anche i discorsi dei Papi, nella seconda Lettura dell'Ufficio delle Letture, e pregare con questa grande invocazione che sono i Salmi, con i quali siamo inseriti nella preghiera della Chiesa.

« Nella misura in cui noi abbiamo interiorizzato questa struttura, compreso questa struttura, assimilato le parole della Liturgia, possiamo entrare in questa interiore consonanza e così non solo parlare con Dio come persone singole ma entrare nel "noi" della Chiesa che prega.

E così trasformare anche il nostro "io" entrando nel "noi" della Chiesa, arricchendo, allargando questo "io", pregando con la Chiesa, con le parole della Chiesa, essendo realmente in colloquio con Dio ».345

Più che recitare il Breviario, si tratta di favorire un atteggiamento di ascolto, di fare anche « esperienza del silenzio ».346

Infatti, la Parola può essere pronunciata e udita solamente nel silenzio.

Ma allo stesso tempo il sacerdote sa che il nostro tempo non favorisce il raccoglimento.

Tante volte si ha l'impressione che ci sia quasi timore a staccarsi, anche per un momento, dagli strumenti di comunicazione di massa.347

Per questo il sacerdote deve riscoprire il senso del raccoglimento e della quiete interiore « per accogliere nel cuore la piena risonanza della voce dello Spirito Santo, e per unire più strettamente la preghiera personale con la Parola di Dio e con la voce pubblica della Chiesa »;348 deve sempre più interiorizzare la propria natura di intercessore.349

Con l'Eucarestia, alla quale è "ordinato", il sacerdote diventa l'intercessore qualificato per trattare con Dio con grande semplicità di cuore ( simpliciter ) le questioni dei suoi fratelli uomini.

Il Papa Giovanni Paolo II lo ricordava nel suo discorso per il 30° anniversario della Presbyterorum Ordinis: « L'identità sacerdotale è una questione di fedeltà a Cristo e al popolo di Dio al quale siamo mandati.

La coscienza sacerdotale non si limita a qualcosa di personale.

È una realtà continuamente esaminata e sentita dagli uomini, poiché il sacerdote è "preso" tra gli uomini e stabilito per intervenire nelle loro relazioni con Dio.

[ … ] Siccome il sacerdote è un mediatore tra Dio e gli uomini, numerose persone si rivolgono a lui chiedendo le sue preghiere.

La preghiera, in un certo senso, "crea" il sacerdote, specialmente come pastore.

Al contempo ogni sacerdote "crea se stesso" grazie alla preghiera.

Penso alla meravigliosa preghiera del Breviario, Officium Divinum, nella quale tutta la Chiesa, per bocca dei suoi ministri, prega con Cristo ».350

2.9 Guida della comunità

77. Sacerdote per la comunità

Il sacerdote è chiamato a misurarsi con le esigenze tipiche di un altro aspetto del suo ministero, oltre a quelli esaminati.

Si tratta della cura per la vita della comunità che gli è affidata e che si esprime soprattutto nella testimonianza della carità.

Pastore della comunità – a immagine di Cristo, Buon Pastore, che offre la sua vita tutta intera per la Chiesa –, il sacerdote esiste e vive per essa; per essa prega, studia, lavora e si sacrifica; per essa è disposto a dare la vita, amandola come Cristo, riversando su di essa tutto il suo amore e la sua stima,351 prodigandosi con tutte le forze e senza limiti di tempo per renderla, a immagine della Chiesa Sposa di Cristo, sempre più bella e degna della compiacenza del Padre e dell'amore dello Spirito Santo.

Questa dimensione sponsale della vita del presbitero come pastore, farà sì che egli guiderà la sua comunità servendo con dedizione tutti e ciascuno dei suoi membri, illuminando le loro coscienze con la luce della verità rivelata, custodendo autorevolmente l'autenticità evangelica della vita cristiana, correggendo gli errori, perdonando, sanando le ferite, consolando le afflizioni, promuovendo la fraternità.352

Questo insieme di attenzioni, oltre a garantire una testimonianza di carità sempre più trasparente ed efficace, manifesterà anche la profonda comunione che deve realizzarsi tra il presbitero e la sua comunità, come prolungamento ed attualizzazione della comunione con Dio, con Cristo e con la Chiesa.353

A imitazione di Gesù, il sacerdote non è chiamato ad essere servito, ma a servire ( cf. Mt 20,28 ).

Costantemente deve essere messo in guardia contro la tentazione di abusare, in vista di un guadagno personale, del grande rispetto e deferenza che i fedeli mostrano verso il sacerdozio e la Chiesa.

78. Sentire con la Chiesa

Per essere buona guida del suo Popolo, il presbitero sarà anche attento a conoscere i segni dei tempi: da quelli che riguardano la Chiesa universale e il suo cammino nella storia degli uomini, a quelli più vicini alla situazione concreta della singola comunità.

Questo discernimento richiede il costante e corretto aggiornamento nello studio delle Scienze sacre con riferimento ai diversi problemi teologici e pastorali e con l'esercizio di una sapiente riflessione sui dati sociali, culturali e scientifici che connotano il nostro tempo.

Nello svolgimento del loro ministero, i presbiteri sapranno tradurre questa esigenza in una costante e sincera attitudine a sentire con la Chiesa, cosicché lavoreranno sempre nel vincolo della comunione con il Papa, con i Vescovi, con gli altri confratelli nel sacerdozio, con i diaconi, con gli altri fedeli consacrati per la professione dei consigli evangelici e con tutti i fedeli.

I presbiteri mostrino fervente amore verso la Chiesa, che è la madre della nostra esistenza cristiana, e vivano la gioia dell'appartenenza ecclesiale come una testimonianza preziosa per l'intero popolo di Dio.

Essi, inoltre, non mancheranno di richiedere, nelle forme legittime e tenendo conto delle capacità di ciascuno, la cooperazione dei fedeli consacrati e dei fedeli laici nell'esercizio della loro attività.

2.10 Il celibato sacerdotale

79. Ferma volontà della Chiesa

Convinta delle profonde motivazioni teologiche e pastorali che sostengono il rapporto tra celibato e sacerdozio, e illuminata dalla testimonianza che ne conferma anche oggi la validità spirituale ed evangelica in tante esistenze sacerdotali, la Chiesa ha ribadito nel Concilio Ecumenico Vaticano II, e ripetutamente nel successivo Magistero Pont., la « ferma volontà di mantenere la legge che esige il celibato liberamente scelto e perpetuo per i candidati all'ordinazione sacerdotale nel rito latino ».354

Il celibato, infatti, è un dono gioioso che la Chiesa ha ricevuto e vuole custodire, convinta che esso è un bene per se stessa e per il mondo.

80. Motivazione teologico-spirituale del celibato

Come ogni valore evangelico, anche il celibato deve essere vissuto quale dono della misericordia divina, novità liberante, particolare testimonianza di radicalismo nella sequela di Cristo e segno della realtà escatologica: « il celibato è un'anticipazione resa possibile dalla grazia del Signore che ci "tira" a sé verso il mondo della risurrezione; ci invita sempre di nuovo a trascendere noi stessi, questo presente, verso il vero presente del futuro, che diventa presente oggi ».355

« Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali è stato concesso.

Infatti, vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il Regno dei cieli.

Chi può capire, capisca » ( Mt 19,10-12 ).356

Il celibato si rivela come una corrispondenza nell'amore di una persona che lasciando « il padre e la madre, segue Gesù Buon Pastore, in una comunione apostolica, a servizio del Popolo di Dio ».357

Per vivere con amore e generosità il dono ricevuto, è particolarmente importante che il sacerdote comprenda fin dalla formazione seminaristica la dimensione teologica e la motivazione spirituale della disciplina ecclesiastica sul celibato.358

Questo, quale dono e carisma particolare di Dio, richiede l'osservanza della continenza perfetta e perpetua per il Regno dei cieli, perché i ministri sacri possano aderire più facilmente a Cristo con cuore indiviso e dedicarsi più liberamente al servizio di Dio e degli uomini:359 « il celibato, elevando integralmente l'uomo, contribuisce effettivamente alla sua perfezione ».360

La disciplina ecclesiastica manifesta, prima ancora che la volontà del soggetto espressa dalla sua disponibilità, la volontà della Chiesa, e trova la sua ultima ragione nel legame stretto che il celibato ha con l'ordinazione sacra, che configura il sacerdote a Gesù Cristo, Capo e Sposo della Chiesa.361

La Lettera agli Efesini pone in stretto rapporto l'oblazione sacerdotale di Cristo ( cf. Ef 5,25 ) con la santificazione della Chiesa ( cf. Ef 5,26 ), amata con amore sponsale.

Inserito sacramentalmente in questo sacerdozio d'amore esclusivo di Cristo per la Chiesa, sua Sposa fedele, il presbitero esprime con il suo impegno celibatario tale amore, che diventa anche sorgente feconda di efficacia pastorale.

Il celibato, pertanto, non è un influsso che dall'esterno ricade sul ministero sacerdotale, né può essere considerato semplicemente un'istituzione imposta per legge, anche perché chi riceve il sacramento dell'Ordine vi si impegna con piena coscienza e libertà,362 dopo una preparazione pluriennale, una profonda riflessione e l'assidua preghiera.

Giunto alla ferma convinzione che Cristo gli concede questo dono per il bene della Chiesa e per il servizio degli altri, il sacerdote lo assume per tutta la vita, rafforzando questa sua volontà nella promessa già fatta durante il rito dell'ordinazione diaconale.363

Per queste ragioni, la legge ecclesiastica, da una parte conferma il carisma del celibato, mostrando come esso sia in intima connessione col ministero sacro nella sua duplice dimensione di relazione a Cristo e alla Chiesa; dall'altra tutela la libertà di colui che lo assume.364

Il presbitero, allora, consacrato a Cristo con un nuovo ed eccelso titolo,365 deve essere ben conscio che ha ricevuto un dono da Dio che, a sua volta, sancito da un preciso vincolo giuridico, genera l'obbligo morale dell'osservanza.

Tale vincolo, assunto liberamente, ha carattere teologale e morale, prima che giuridico, ed è segno di quella realtà sponsale che si attua nell'ordinazione sacramentale.

Attraverso il dono del celibato, il presbitero acquista anche quella paternità spirituale, ma reale, che ha dimensione universale e si concretizza, in modo particolare, nei confronti della comunità che gli è affidata.366

« Sono essi figli del suo spirito, uomini affidati dal Buon Pastore alla sua sollecitudine.

Questi uomini sono molti, più numerosi di quanti ne possa abbracciare una semplice famiglia umana.

[ … ] Il cuore del sacerdote, per essere disponibile a tale servizio, a tale sollecitudine e amore, deve essere libero.

Il celibato è segno di una libertà, che è per il servizio.

In virtù di questo segno il sacerdozio gerarchico, ossia "ministeriale", è – secondo la tradizione della nostra Chiesa – più strettamente "ordinato" al sacerdozio comune dei fedeli ».367

81. Esempio di Gesù

Il celibato allora, è dono di sé « in » e « con » Cristo alla sua Chiesa ed esprime il servizio del sacerdote alla Chiesa « in » e « con » il Signore.368

L'esempio è il Signore stesso, il quale, andando contro quella che si può considerare la cultura dominante del suo tempo, ha scelto liberamente di vivere celibe.

Alla sua sequela i discepoli hanno lasciato « tutto » per compiere la missione loro affidata ( Lc 18,28-30 ).

Per tale motivo la Chiesa, fin dai tempi apostolici, ha voluto conservare il dono della continenza perpetua dei chierici e si è orientata a scegliere i candidati all'Ordine sacro tra i celibi ( cf. 2 Ts 2,15; 1 Cor 7,5; 1 Cor 9,5; 1 Tm 3,2.12; 1 Tm 5,9; Tt 1,6.8).369

Il celibato è un dono che si riceve dalla misericordia divina,370 come scelta di libertà e accoglienza grata di una particolare vocazione di amore per Dio e per gli uomini.

Esso non deve essere compreso e vissuto come fosse semplicemente un effetto collaterale del presbiterato.

82. Difficoltà e obiezioni

Nell'attuale clima culturale, condizionato spesso da una visione dell'uomo carente di valori e, soprattutto, incapace di dare un senso pieno, positivo e liberante alla sessualità umana, si ripresenta spesso la domanda sull'importanza e sul significato del celibato sacerdotale o, quanto meno, sull'opportunità di affermare il suo stretto legame e la sua profonda sintonia con il sacerdozio ministeriale.

« In un certo senso, può sorprendere questa critica permanente contro il celibato, in un tempo nel quale diventa sempre più di moda non sposarsi.

Ma questo non-sposarsi è una cosa totalmente, fondamentalmente diversa dal celibato, perché il non-sposarsi è basato sulla volontà di vivere solo per se stessi, di non accettare alcun vincolo definitivo, di avere la vita in ogni momento in una piena autonomia, decidere in ogni momento come fare, cosa prendere dalla vita; e quindi un "no" al vincolo, un "no" alla definitività, un avere la vita solo per se stessi.

Mentre il celibato è proprio il contrario: è un "si" definitivo, è un lasciarsi prendere in mano da Dio, darsi nelle mani del Signore, nel suo "io", e quindi è un atto di fedeltà e di fiducia, un atto che suppone anche la fedeltà del matrimonio; è proprio il contrario di questo "no", di questa autonomia che non vuole obbligarsi, che non vuole entrare in un vincolo ».371

Il presbitero non annuncia se stesso, « ma dentro e attraverso la propria umanità ogni sacerdote deve essere ben consapevole di portare un Altro, Dio stesso, al mondo.

Dio è la sola ricchezza che, in definitiva, gli uomini desiderano trovare in un sacerdote ».372

Il modello sacerdotale è quello di essere testimone dell'Assoluto: il fatto che in molti ambienti il celibato sia oggi poco compreso o poco apprezzato, non deve portare ad ipotizzare scenari differenti, ma richiede di riscoprire in modo nuovo questo dono dell'amore di Dio per gli uomini.

Infatti, il celibato sacerdotale è anche ammirato ed amato da molte persone, non cristiane.

Non si può dimenticare che il celibato è vivificato dalla pratica della virtù della castità, che può essere vissuta solo attraverso la coltivazione della purezza con maturità soprannaturale e umana,373 in quanto essenziale al fine di sviluppare il talento della vocazione.

Non è possibile amare Cristo e gli altri con un cuore impuro.

La virtù della purezza rende capaci di vivere l'indicazione dell'Apostolo: « Glorificate dunque Dio nel vostro corpo! » ( 1 Cor 6,20 ).

D'altro canto, quando manca questa virtù, tutte le altre dimensioni vengono lese.

Se è vero che nel contesto attuale sono varie le difficoltà per vivere la santa purezza, è tanto più vero che il Signore elargisce con abbondanza la sua grazia e offre i mezzi necessari per praticare, con gioia e letizia, questa virtù.

È chiaro che, per garantire e custodire questo dono in un clima di sereno equilibrio e di spirituale progresso, devono essere praticate tutte quelle misure che allontanano il sacerdote da possibili difficoltà.374

È necessario, pertanto, che i presbiteri si comportino con la dovuta prudenza nei rapporti con le persone la cui familiarità può mettere in pericolo la fedeltà al dono oppure suscitare lo scandalo dei fedeli.375

Nei casi particolari si deve sottostare al giudizio del Vescovo, che ha l'obbligo di impartire norme precise in materia.376

Come è logico, il sacerdote deve astenersi da ogni condotta ambigua e non dimenticare il prioritario dovere che ha di testimoniare l'amore redentore di Cristo.

Sfortunatamente, riguardo a questa materia, alcune situazioni che purtroppo si sono verificate hanno prodotto un grande danno alla Chiesa e alla sua credibilità, sebbene si siano date molte più situazioni del genere nel mondo.

L'attuale contesto richiede anche da parte dei presbiteri una sensibilità e prudenza ancora maggiori riguardo alle relazioni con bambini e protetti.377

In particolare, si devono evitare situazioni che potrebbero dar luogo a mormorazioni ( p. es., lasciare entrare bambini da soli nella casa parrocchiale o portare in macchina minori di età ).

Per quanto riguarda la confessione, sarebbe opportuno che di solito i minori si confessino nel confessionale durante i tempi in cui la chiesa è aperta al pubblico o che, altrimenti, se per qualche ragione fosse necessario agire diversamente, siano rispettate le corrispondenti norme di prudenza.

I sacerdoti, poi, non trascurino di seguire quelle regole ascetiche garantite dall'esperienza della Chiesa e ancor più richieste dalle circostanze odierne.

Evitino pertanto prudentemente di frequentare luoghi, assistere a spettacoli, praticare letture o frequentare siti internet che costituiscono un'insidia all'osservanza della castità celibataria378 o perfino occasione e causa di gravi peccati contro la morale cristiana.

Nel fare uso, come agenti o come fruitori, dei mezzi di comunicazione sociale, osservino la necessaria discrezione ed evitino tutto quanto possa nuocere alla loro vocazione.

Per custodire con amore il dono ricevuto, in un clima di esasperato permissivismo sessuale, i sacerdoti facciano ricorso a tutti quei mezzi naturali e soprannaturali di cui è ricca la tradizione della Chiesa.

Da una parte, l'amicizia sacerdotale, la cura di relazioni buone con le persone, l'ascesi e il dominio di sé, la mortificazione; è anche utile incentivare una cultura della bellezza, nei vari campi della vita, che aiuti la lotta nei confronti di tutto ciò che è degradante e nocivo, nutrire certa passione per il proprio ministero apostolico, accettare serenamente una certa solitudine, una sapiente e proficua gestione del tempo libero perché non diventi un tempo vuoto.

Parimenti, sono essenziali la comunione con Cristo, una forte pietà eucaristica, la confessione frequente, la direzione spirituale, gli esercizi e i ritiri spirituali, uno spirito di accettazione delle croci della vita quotidiana, la fiducia e l'amore alla Chiesa, la filiale devozione alla Beata Vergine Maria e la considerazione degli esempi dei sacerdoti santi di tutti i tempi.379

Difficoltà ed obiezioni hanno sempre accompagnato, lungo i secoli, la scelta della Chiesa Latina e di alcune Chiese Orientali di conferire il sacerdozio ministeriale solo a quegli uomini che hanno ricevuto da Dio il dono della castità nel celibato.

La disciplina delle altre Chiese Orientali, che ammettono il sacerdozio uxorato, non è contrapposta a quella della Chiesa Latina.

Infatti, le stesse Chiese Orientali esigono comunque il celibato dai Vescovi.

Inoltre, non consentono il matrimonio dei sacerdoti e non permettono successive nozze a quelli rimasti vedovi.

Si tratta sempre e soltanto dell'ordinazione di uomini già sposati.

Le obiezioni che alcuni ancor oggi presentano contro il celibato sacerdotale si fondano spesso su argomenti pretestuosi, come, per esempio, le accuse ad esso rivolte di riflettere uno spiritualismo disincarnato o di comportare diffidenza o disprezzo verso la sessualità; altre volte prendono le mosse dalla considerazione di casi tristi e dolorosi, ma pur sempre particolari, che si tende a generalizzare.

Si dimentica, invece, la testimonianza offerta dalla stragrande maggioranza dei sacerdoti, che vivono il proprio celibato con libertà interiore, con ricche motivazioni evangeliche, con fecondità spirituale, in un orizzonte di fedeltà convinta e gioiosa alla propria vocazione e missione, per non parlare di tanti laici che assumono felicemente un fecondo celibato apostolico.

2.11 Spirito sacerdotale di povertà

83. Povertà come disponibilità

La povertà di Gesù ha uno scopo salvifico.

Cristo, da ricco che era, si è fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà ( cf. 2 Cor 8,9 ).

La Lettera ai Filippesi mostra il rapporto tra la spoliazione di sé e lo spirito di servizio che deve animare il ministero pastorale.

Dice, infatti, san Paolo che Gesù non considerò « un privilegio l'essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo » ( Fil 2,6-7 ).

In verità, difficilmente il sacerdote si renderà vero servo e ministro dei suoi fratelli, se sarà preoccupato delle sue comodità e di un eccessivo benessere.

Attraverso la condizione di povero, Cristo manifesta che tutto ha ricevuto fin dall'eternità dal Padre e tutto a Lui restituisce fino all'offerta totale della Sua vita.

L'esempio di Cristo povero deve portare il presbitero a conformarsi a Lui, nella libertà interiore rispetto a tutti i beni e le ricchezze del mondo.380

Il Signore ci insegna che il vero bene è Dio e che la vera ricchezza è guadagnare la vita eterna: « Infatti quale vantaggio c'è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita?

Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita? » ( Mc 8,36-37 ).

Ogni sacerdote è chiamato a vivere la virtù della povertà che consiste essenzialmente nel consegnare il cuore a Cristo, quale vero tesoro, e non alle risorse materiali.

Il sacerdote, la cui parte di eredità è il Signore ( cf. Nm 18,20 ),381 sa che la sua missione, come quella della Chiesa, si svolge in mezzo al mondo e che i beni creati sono necessari per lo sviluppo personale dell'uomo.

Egli però userà tali beni con senso di responsabilità, moderazione, retta intenzione e distacco, proprio di chi ha il suo tesoro nei cieli e sa che tutto deve essere usato per l'edificazione del Regno di Dio ( cf. Lc 10,7; Mt 10,9-10; 1 Cor 9,14; Gal 6,6 ).382

Pertanto, si asterrà da quelle attività lucrative che non sono consone al suo ministero.383

Inoltre, il presbitero deve evitare di offrire motivi perfino alla più lieve insinuazione riguardo al fatto che egli possa concepire il proprio ministero anche un'opportunità per ricavare benefici, favorire i suoi o cercare posizioni privilegiate.

Egli, piuttosto, deve stare in mezzo agli uomini per servire gli altri senza misura, seguendo l'esempio di Cristo, il Buon Pastore ( cf. Gv 10,10 ).

Ricordando, inoltre, che il dono che ha ricevuto è gratuito, sia disposto a dare gratuitamente ( cf. Mt 10,8; At 8,18-25 )384 e ad impiegare per il bene della Chiesa e per opere di carità quanto riceve in occasione dell'esercizio del suo ufficio, dopo aver provveduto al proprio onesto sostentamento e all'adempimento di tutti i doveri del proprio stato.385

Il presbitero, infine, pur non assumendo la povertà con una promessa pubblica, è tenuto a condurre una vita semplice e ad astenersi da quanto può avere sapore di vanità,386 abbracciando così la povertà volontaria per seguire più da vicino Cristo.387

In tutto ( abitazione, mezzi di trasporto, vacanze, ecc. ) il presbitero elimini ogni tipo di ricercatezza e di lusso.388

In questo senso, il sacerdote deve combattere ogni giorno per non cadere nel consumismo e nella mollezza di vita, che oggi pervadono la società in molte parti del mondo.

Un serio esame di coscienza lo aiuterà a verificare come sia il suo tenore di vita, la sua disponibilità a prendersi cura dei fedeli e a compiere i propri doveri; a domandarsi se i mezzi di cui si serve rispondono ad una vera necessità o se invece egli stia cercando la comodità rifuggendo dal sacrificio.

Proprio nella coerenza tra quello che dice e quello che fa, specialmente in riferimento alla povertà, in buona parte si gioca la credibilità e l'efficacia apostolica del sacerdote.

Amico dei più poveri, egli riserverà a questi le più delicate attenzioni della sua carità pastorale, con una opzione preferenziale per tutte le povertà vecchie e nuove, tragicamente presenti nel mondo, ricordando sempre che la prima miseria da cui deve essere liberato l'uomo è il peccato, radice ultima di ogni male.

2.12 Devozione a Maria

84. Imitare le virtù della Madre

Esiste una « relazione essenziale tra la Madre di Gesù e il sacerdozio dei ministri del Figlio », derivante da quella che c'è tra la divina maternità di Maria e il sacerdozio di Cristo.389

In tale relazione è radicata la spiritualità mariana di ogni presbitero.

La spiritualità sacerdotale non può dirsi completa se non prende seriamente in considerazione il testamento di Cristo crocifisso, che volle consegnare la Madre al discepolo prediletto e, tramite lui, a tutti i sacerdoti chiamati a continuare la sua opera di redenzione.

Come a Giovanni ai piedi della Croce, così ad ogni presbitero è affidata, in modo speciale, Maria come Madre ( cf. Gv 19,26-27 ).

I sacerdoti, che sono tra i discepoli più amati da Gesù crocifisso e risorto, devono accogliere Maria come loro Madre nella propria vita, facendola oggetto di continua attenzione e preghiera.

La sempre Vergine diventa allora la Madre che li conduce a Cristo, che fa loro amare autenticamente la Chiesa, che intercede per essi e che li guida verso il Regno dei cieli.

85. Ogni presbitero sa che Maria, perché Madre, è anche la più eminente formatrice del suo sacerdozio, giacché è Lei che sa modellare il suo cuore sacerdotale, proteggerlo dai pericoli, dalle stanchezze, dagli scoraggiamenti e vegliare, con materna sollecitudine, affinché egli possa crescere in sapienza e grazia, davanti a Dio e agli uomini ( cf. Lc 2,40 ).

Ma non si è figli devoti se non si sanno imitare le virtù della Madre.

A Maria, quindi, il presbitero guarderà per essere ministro umile, obbediente, casto e per testimoniare la carità nella donazione totale al Signore e alla Chiesa.390

86. L'Eucaristia e Maria

In ogni celebrazione eucaristica, noi riascoltiamo quell'« Ecco tuo figlio! » detto dal Figlio a sua Madre, mentre Egli stesso ripete a noi: « Ecco tua Madre! » ( Gv 19,26-27 ).

Vivere l'Eucaristia implica anche ricevere continuamente questo dono: « Maria è donna "eucaristica" con l'intera sua vita.

La Chiesa, guardando a Maria come a suo modello, è chiamata ad imitarla anche nel suo rapporto con questo Mistero Santissimo.

[ … ] Maria è presente, con la Chiesa e come Madre della Chiesa, in ciascuna delle nostre celebrazioni eucaristiche.

Se Chiesa ed Eucaristia sono un binomio inscindibile, altrettanto occorre dire del binomio Maria ed Eucaristia ».391

In questo modo, l'incontro con Gesù nel Sacrificio dell'Altare comporta inevitabilmente l'incontro con Maria, sua Madre.

In realtà, « per la propria identificazione e conformazione sacramentale a Gesù, Figlio di Dio e Figlio di Maria, ogni sacerdote può e deve sentirsi veramente figlio prediletto di questa altissima ed umilissima Madre ».392

Capolavoro del Sacrificio sacerdotale di Cristo, la sempre Vergine Madre di Dio rappresenta la Chiesa nel modo più puro, « senza macchia né ruga », tutta « santa e immacolata » ( Ef 5,27 ).

Questa contemplazione della beata Vergine, – a cui si affianca anche San Giuseppe, maestro di vita interiore –, pone dinanzi al presbitero l'ideale a cui tendere nel ministero della propria comunità, affinché pure questa sia « Chiesa tutta gloriosa » ( Ef 5,27 ) mediante il dono sacerdotale della propria vita.

Indice

185 Cf. Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo millennio ineunte ( 6 gennaio 2001 );
Benedetto XVI, Udienza generale ( 13 aprile 2011 )
186 Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 5
187 Giovanni Paolo II, Udienza generale ( 26 maggio 1993 )
188 Cf. Giovanni Paolo II, Discorso inaugurale alla IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano ( Santo Domingo, 12-28 ottobre 1992 )
189 Ibid., 1
190 Ibid., 25
191 Cf. ibid.
192 Pont. Consiglio per il Dialogo Interreligioso, Documento Gesù Cristo portatore dell'acqua viva.
Una riflessione cristiana sulla "New Age", § 6.2 ( 3 febbraio 2003 )
193 Ibid.
194 Decr. Presbyterorum Ordinis, 14
195 Benedetto XVI, Veglia in occasione della Conclusione dell'Anno sacerdotale ( 10 giugno 2010 )
196 Cf. Benedetto XVI, Omelia nella Santa Messa del Crisma ( 9 aprile 2009 )
197 Giovanni Paolo II, Lettera ai Sacerdoti per il Giovedì Santo ( 13 aprile 1987 )
198 Decr. Presbyterorum Ordinis, 14
199 Cf. C.I.C., can. 276, § 2, 1°
200 Cf. Decr. Presbyterorum Ordinis, 5; n. 18;
Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 23; n. 26; n. 38; n. 46; n. 48;
C.I.C., can. 246, § 1; can. 276, § 2, 2°
201 Cf. Decr. Presbyterorum Ordinis, 5; n. 18;
C.I.C., can. 246, § 4; can. 276, § 2, 5°;
Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 26; n. 48
202 Cf. Decr. Presbyterorum Ordinis, 18;
C.I.C., can. 239;
Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 40; n. 50; n. 81
203 Cf. Decr. Presbyterorum Ordinis, 18;
C.I.C., can. 246, § 2; can. 276, § 2, 3°;
Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 26; n. 72;
Congr. per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Risposte Celebratio integra a questioni circa l'obbligatorietà della recita della Liturgia delle Ore ( 15 novembre 2000 ), in Notitiae 37 (2001), 190-194
204 Cf. C.I.C. can., 1174, § 1
205 Decr. Presbyterorum Ordinis, 18;
Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 26; nn. 37-38; n. 47; n. 51; n. 53; n. 72
206 Cf. C.I.C., can. 276, § 2, 5°
207 Cf. Decr. Presbyterorum Ordinis, 4; n. 13; n. 18;
Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 26; n. 47; n. 53; n. 70; n. 72
208 Cf. Decr. Presbyterorum Ordinis, 18;
C.I.C., can. 276, § 2, 4°;
Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 80
209 Cf. Decr. Presbyterorum Ordinis 18;
C.I.C., can. 246, § 3; can. 276, § 2, 5°;
Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 36; n. 38; n. 45; n. 82
210 Cf. Decr. Presbyterorum Ordinis, 18;
Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 26; nn. 37-38; n. 47; n. 51; n. 53; n. 72
211 Cf. Decr. Presbyterorum Ordinis, 18
212 Cf. Giovanni Paolo II, Lettera ai Sacerdoti per il Giovedì Santo 1979, 1 ( 9 aprile 1979 );
Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 80
213 Cf. Possidio, Vita Sancti Aurelii Augustini, 31: PL 32, 63-66
214 Benedetto XVI, Omelia nella Santa Messa del Crisma ( 20 marzo 2008 )
215 Cf. Institutio Generalis Liturgiae Horarum, 34;
Catechismo della Chiesa Cattolica, 2598-2606
216 Benedetto XVI, Angelus ( 18 dicembre 2005 )
217 Ibid.
218 Catechismo della Chiesa Cattolica, 144
219 Ibid., 2599;
cf. Lc 2,19.51
220 Pontificale Romanum, De ordinatione Episcopi, Presbyterorum et Diaconorum, II, 151, l.c., 87-88
221 Cf. Decr. Presbyterorum Ordinis, 18;
Sinodo dei Vescovi, Documento sul sacerdozio ministeriale Ultimis temporibus, II, I, 3 ( 30 novembre 1971 );
Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 46-47;
Udienza generale, 3 ( 2 giugno 1993 )
222 « Numquam enim minus solus sum, quam cum solus esse videor »: Epist. 33, 1 ( Maur. 49 ): CSEL 82, 229
223 Cf. Decr. Presbyterorum Ordinis, 14;
Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 23
224 Cf. C.I.C., can. 279, § 1
225 Paolo VI, Lett. enc. Sacerdotalis caelibatus, 93 ( 24 giugno 1967 )
226 Cf. Ibid., 15;
Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 27
227 Cf. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Veritatis splendor, 31 ( 6 agosto 1993 ); n. 32; n. 106
228 Cf. C.I.C., can. 274, §2
229 Decr. Presbyterorum Ordinis, 15
230 Ibid.
231 Cf. C.I.C., can. 273
232 Cf. Cost. dogm. Lumen gentium, 23
233 Cf. ibid., 27;
C.I.C., can. 381, § 1
234 Cf. Decr. Christus Dominus, 2;
Cost. dogm. Lumen gentium, 22;
C.I.C., can. 333, § 1
235 Cf. sulla Professio fidei, C.I.C, can. 833
e Congr. per la Dottrina della Fede, Formula da usarsi per la professione di fede e il giuramento di fedeltà nell'assumere un ufficio da esercitarsi a nome della Chiesa con Nota dottrinale illustrativa della formula conclusiva della Professio fidei ( 29 giugno 1998 )
236 Cf. Benedetto XVI, Omelia nella Santa Messa del Crisma ( 5 aprile 2012 )
237 Ibid.
238 Cf. Giovanni Paolo II, Cost. ap. Sacrae disciplinae leges ( 25 gennaio 1983 );
Discorso ai partecipanti al Symposium internationale
« Ius in vita et in missione Ecclesiae » ( 23 aprile 1993 )
239 Cf. Giovanni Paolo II, Cost. ap. Sacrae disciplinae leges ( 25 gennaio 1983 )
240 Cf. C.I.C., can. 392; can. 619
241 Cf. Cost. Sacrosanctum Concilium, 7
242 Ibid., 10
243 C.I.C., can. 838
244 Cf. Cost. Sacrosanctum Concilium, 22
245 Cf. C.I.C., can. 846, § 1
246 Cf. Sacra Congr. per il Clero, Lettera circolare Omnes Christifideles, 9 ( 25 gennaio 1973 )
247 Giovanni Paolo II, Lettera al Card. Vicario di Roma ( 8 settembre 1982 )
248 Cf. Paolo VI, Allocuzioni al clero ( 17 febbraio 1969; 17 febbraio 1972; 10 febbraio 1978 )
Giovanni Paolo II, Lettera ai Sacerdoti in occasione del Giovedì Santo 1979, 7 ( 9 aprile 1979 );
Allocuzioni al clero ( 9 novembre 1978; 19 aprile 1979 )
249 Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti al Convegno Teologico promosso dalla Congr. per il Clero ( 12 marzo 2010 )
250 Cf. Pont. Consiglio per i Testi Legislativi, Chiarimenti circa il valore vincolante dell'art. 66 del Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri ( 31 gennaio 1994 )
251 C.I.C., can. 284
252 Cf. Ibid., can. 24, § 2
253 Cf. Paolo VI, Motu Proprio Ecclesiae Sanctae, I, 25, § 2;
Sacra Congr. per i Vescovi, Lettera circolare a tutti i rappresentanti pontifici Per venire incontro ( 27 gennaio 1976 ): EV 5, 1162-1163;
Sacra Congr. per l'Educazione cattolica, Lettera circolare The document
( 6 gennaio 1980 )
254 Cf. Paolo VI, Udienza generale ( 17 settembre 1969 );
Allocuzione al clero ( 1 marzo 1973 )
255 Cf. Cost. dogm. Dei Verbum, 5;
Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 12, n. 142
256 Cf. ibid., 150-152, n. 185-187
257 Cf. Giovanni Paolo II, Udienza generale, 6 ( 21 aprile 1993 )
258 Cf. Cost. dogm. Dei Verbum, 25
259 Benedetto XVI, Angelus ( 6 novembre 2005 )
260 Cf. C.I.C., can. 757; can. 762; can. 776
261 Decr. Presbyterorum Ordinis, 4
262 Ibid.; cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 26
263 Benedetto XVI, Esort. ap. postsinodale Verbum Domini, 80 ( 30 settembre 2010 )
264 Cf. Giovanni Paolo II, Udienza generale ( 12 maggio 1993 )
265 Cf. Cost. dogm. Dei Verbum, 10;
Giovanni Paolo II, Udienza generale ( 12 maggio 1993 )
266 Benedetto XVI, Esort. ap. postsinodale Sacramentum caritatis, 46 ( 22 febbraio 2007 )
267 Cf. S. Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, I, q. 43, a. 5
268 Benedetto XVI, Esort. ap. postsinodale Verbum Domini, 82 ( 30 settembre 2010 )
269 Cf. C.I.C., can. 769
270 Benedetto XVI, Esort. ap. postsinodale Verbum Domini, 59 ( 30 settembre 2010 )
271 Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae, 18 ( 16 ottobre 1979 )
272 Cf. C.I.C., can. 768
273 Cf. C.I.C., can. 528, §1 e can. 776
274 Benedetto XVI, Omelia nella Santa Messa del Crisma ( 5 aprile 2012 )
275 Cf. Decr. Presbyterorum Ordinis, 9
276 Cf. ibid., 6
277 Cf. C.I.C., can. 779
278 Cf. Giovanni Paolo II, Cost. ap. Fidei Depositum ( 11 ottobre 1992 )
279 Benedetto XVI, Lett. ap. in forma di motu proprio Porta fidei, 11 ( 11 ottobre 2011 )
280 Ibid.
281 Cf. Giovanni Paolo II, Udienza generale, 3 ( 12 maggio 1993 )
282 Cf. Decr. Presbyterorum Ordinis, 5;
Benedetto XVI, Esort. ap. postsinodale Sacramentum caritatis, 78 ( 22 febbraio 2007 ); nn. 84-88
283 Ibid.
284 « Sacerdos habet duos actus: unum principalem, supra corpus Christi verum; et alium secundarium, supra corpus Christi mysticum.
Secundus autem actus dependet a primo, sed non convertitur » ( San Tommaso, Summa theologiae, Suppl., q. 36, a. 2, ad 1 )
285 Cf. Decr. Presbyterorum Ordinis, 5; n. 13;
S. Giustino, Apologia I, 67: PG 6, 429-432;
S. Agostino, In Iohannis Evangelium Tractatus, 26, nn. 13-15;
Benedetto XVI, Esort. ap. postsinodale Sacramentum caritatis, 80 ( 22 febbraio 2007 );
Congr. per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istruzione Redemptionis Sacramentum su alcune cose che si devono osservare ed evitare circa la Santissima Eucaristia, 110 ( 23 aprile 2004 ): AAS 96 (2004), 581
286 Cost. dogm. Lumen gentium, 11;
cf. anche, Decr. Presbyterorum Ordinis, 18
287 Cf. C.I.C., can. 904
288 Benedetto XVI, Esort. ap. postsinodale Sacramentum caritatis, 80 ( 22 febbraio 2007 )
289 Cf. ibid., 64
290 Cf. Cost. Sacrosanctum Concilium, 128;
Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ecclesia de Eucharistia, 49-50 ( 17 aprile 2003 );
Benedetto XVI, Esort. ap. postsinodale Sacramentum caritatis, 80 ( 22 febbraio 2007 )
291 Cf. Cost. Sacrosanctum Concilium, 122-124;
Congr. per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istruzione Redemptionis Sacramentum, 121-128 ( 23 aprile 2004 )
292 Cf. Cost. Sacrosanctum Concilium, 112, n. 114, n. 116;
Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ecclesia de Eucharistia, 49 ( 17 aprile 2003 );
Benedetto XVI, Esort. ap. postsinodale Sacramentum caritatis, 42 ( 22 febbraio 2007 )
293 Cf. Cost. Sacrosanctum Concilium, 120
294 Cf. ibid., 30;
Benedetto XVI, Esort. ap. postsinodale Sacramentum caritatis, 55 ( 22 febbraio 2007 )
295 Cf. C.I.C., can. 899, § 3
296 Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ecclesia de Eucharistia, 52 ( 17 aprile 2003 );
Cf. Congr. per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istruzione Redemptionis Sacramentum ( 23 aprile 2004 ): l.c., 549-601
297 Cf. Cost. Sacrosanctum Concilium, 22;
C.I.C., can. 846, § 1;
Benedetto XVI, Esort. ap. postsinodale Sacramentum caritatis, 40 ( 22 febbraio 2007 )
298 Benedetto XVI, Esort. ap. postsinodale Sacramentum caritatis, 38 ( 22 febbraio 2007 )
299 Cf. C.I.C., can. 929;
Institutio Generalis Missalis Romani, 81 ( 2002 ); n. 298;
Sacra Congr. per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istruzione Liturgicae instaurationes, 8 ( 5 settembre 1970 ): AAS 62 (1970), 701;
Istruzione Redemptionis Sacramentum, 121-128 ( 23 aprile 2004 )
300 Giovanni Paolo II, Udienza generale, 6 ( 9 giugno 1993 );
cf. Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 48;
Catechismo della Chiesa Cattolica, 1418;
Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ecclesia de Eucharistia, 25 ( 17 aprile 2003 );
Congr. per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istruzione Redemptionis Sacramentum, 134 ( 23 aprile 2004 );
Benedetto XVI, Esort. ap. postsinodale Sacramentum caritatis, 67-68 ( 22 febbraio 2007 )
301 Giovanni Paolo II, Udienza generale, 5 ( 2 giugno 1993 );
cf. Cost. Sacrosanctum Concilium, 99-100
302 Catechismo della Chiesa Cattolica, 1366
303 Ibid., 1414;
cf. C.I.C., can. 901
304 Cf. C.I.C., can. 945, § 2
305 Paolo VI, Motu Proprio Firma in Traditione ( 13 giugno 1974 )
306 Congr. per il Clero, Decreto Mos iugiter, art. 7 ( 22 febbraio 1991 )
307 Paolo VI, Motu Proprio Firma in Traditione ( 13 giugno 1974 )
308 Congr. per il Clero, Decreto Mos iugiter ( 22 febbraio 1991 )
309 Cf. C.I.C., cann. 945-958
310 Ibid., can. 1385
311 Cf. ibid., cann. 948-949; can. 199, 5°
312 Cf. C.I.C., can. 952
313 Ibid., can. 955, 4
314 Cf. ibid., can. 958, § 1
315 Cf. ibid., can. 953
316 Congr. per il Clero, Decreto Mos iugiter, art. 5, § 1 ( 22 febbraio 1991 )
317 Ibid., art. 2, §§ 12
318 Cf. ibid., art. 2, § 3
319 Cf. C.I.C., can. 951
320 Ibid., can. 534, § 1
321 Cf. Conc. Ecum. Trident., sess. VI, De Iustificatione, c. 14;
sess. XIV, De Poenitentia, c. 1, c. 2, c. 5-7, can. 10;
sess. XXIII, De Ordine, c. 1;
Decr. Presbyterorum Ordinis, 2, n. 5;
C.I.C., can. 965
322 Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1443-1445
323 Cf. C.I.C., can. 966, § 1; can. 978, § 1; can. 981;
Giovanni Paolo II, Discorso alla Penitenzieria Apostolica ( 27 marzo 1993 )
324 Cf. C.I.C., can. 986
325 Cf. Giovanni Paolo II, Lett. ap. motu proprio Misericordia Dei, 1-2 ( 7 aprile 2002 )
326 « Gli Ordinari del luogo, nonché i parroci e i rettori di chiese e santuari, devono verificare periodicamente che di fatto esistano le massime facilitazioni possibili per le confessioni dei fedeli.
In particolare, si raccomanda la presenza visibile dei confessori nei luoghi di culto durante gli orari previsti, l'adeguamento di questi orari alla situazione reale dei penitenti, e la speciale disponibilità per confessare prima delle Messe e anche, per venire incontro alla necessità dei fedeli, durante la celebrazione delle SS. Messe, se sono disponibili altri sacerdoti »: Giovanni Paolo II, Lett. ap. Misericordia Dei, 2 ( 7 aprile 2002 )
327 Cf.Congr. per il Clero, Lettera circolare ai Rettori dei Santuari ( 15 agosto 2011 ): "L'Osservatore Romano", 12 agosto 2011, 7
328 Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti al Corso promosso dalla Penitenzieria Apostolica ( 25 marzo 2011 )
329 Cf. C.I.C., can. 960;
Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis, 20;
Lett. ap. Misericordia Dei, 3 ( 7 aprile 2002 )
330 Giovanni Paolo II, Lett. ap. Misericordia Dei, 1 ( 7 aprile 2002 )
331 Si riserva l'uso della confessione e della assoluzione comunitaria ai soli casi straordinari e con le condizioni richieste, contemplati dalle disposizioni vigenti: cf. C.I.C., cann. 961-963;
Paolo VI, Allocuzione ( 20 marzo 1978 ): AAS 70 (1978), 328-332;
Giovanni Paolo II, Allocuzione ( 30 gennaio 1981 );
Esort. ap. postsinodale Reconciliatio et paenitentia, 33 ( 2 dicembre 1984 );
Lett. ap. Misericordia Dei, 45 ( 7 aprile 2002 )
332 C.I.C., can. 964, §2.
Inoltre, il ministro del sacramento, per giusta causa ed escluso il caso di necessità, può legittimamente decidere, anche se il penitente eventualmente chieda diversamente, che la confessione sacramentale sia ricevuta in un confessionale provvisto di grata fissa ( Cf. Pont. Consiglio per i Testi Legislativi, Responsio ad propositum dubium: de loco excipiendi sacramentales confessiones: AAS 90 [1998], 711 )
333 Cf. C.I.C. can. 978, § 1; can. 981
334 Ibid., can. 964;
cf. Giovanni Paolo II, Lett. ap. Misericordia Dei, 9 ( 7 aprile 2002 )
335 Benedetto XVI, Lettera per l'indizione dell'anno sacerdotale in occasione del 150º anniversario del "Dies natalis" di Giovanni Maria Vianney, 16 giugno 2009
336 Cf. C.I.C., can. 276, § 2, 5°;
Decr. Presbyterorum Ordinis, 18
337 Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Reconciliatio et paenitentia, 31 ( 2 dicembre 1984 );
Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 26
338 Cf. Benedetto XVI, Messaggio al Card. James Francis Stafford, Penitenziere Maggiore, e ai partecipanti alla XX edizione del Corso per il Foro interno, promosso dalla Penitenzieria Apostolica ( 12 marzo 2009 );
Congr. per il Clero, Il sacerdote ministro della Misericordia Divina.
Sussidio per Confessori e Direttori spirituali, 64-134 ( 9 marzo 2011 ): l.c., 28-53
339 Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Reconciliatio et paenitentia, 32 ( 2 dicembre 1984 )
340 Congr. per il Clero, Il sacerdote ministro della Misericordia Divina.
Sussidio per Confessori e Direttori spirituali, 98 ( 9 marzo 2011 ): l.c., 39;
cf. ibid. 110-111: l.c., 42-43
341 Cost. Sacrosanctum Concilium, 85
342 Ibid., 84
343 Benedetto XVI, Esort. ap. postsinodale Verbum Domini, 62 ( 30 settembre 2010 );
cf. Institutio Generalis Liturgiae Horarum, 29;
C.I.C., can. 276, §3; can. 1174, §1
344 Catechismo della Chiesa Cattolica, 1176,
citando Cost. Sacrosanctum Concilium, 90
345 Benedetto XVI, Incontro con i sacerdoti della Diocesi di Albano, Castel Gandolfo ( 31 agosto 2006 )
346 Giovanni Paolo II, Lett. ap. Spiritus et Sponsa, 13
347 Cf. Benedetto XVI, Esort. ap. postsinodale Verbum Domini, 66
348 Institutio Generalis Liturgiae Horarum, 202
349 Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2634-2636
350 Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al Simposio Internazionale
in occasione del XXX anniversario della promulgazione del Decreto conciliare Presbyterorum Ordinis, n. 5, 27 ottobre 1995
351 Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 22-23;
cf. Lett. ap. Mulieris dignitatem, 26 ( 15 agosto 1988 )
352 Cf. Decr. Presbyterorum Ordinis, 6;
C.I.C., can. 529, § 1
353 S. Giovanni Crisostomo, De sacerdotio, III, 6: « La nascita spirituale delle anime è privilegio dei sacerdoti: essi le fanno nascere alla vita della grazia per mezzo del battesimo;
per mezzo loro noi ci rivestiamo di Cristo, siamo consepolti con il Figlio di Dio e diventiamo membra di quel beato corpo ( cf. Rm 6,1; Gal 3,27 ).
Quindi noi dobbiamo non solamente rispettarli più che principi e re, ma venerarli più dei nostri genitori.
Questi infatti ci hanno generati dal sangue e dalla volontà della carne ( cf. Gv 1,13 );
quelli invece ci fanno nascere figli di Dio; essi sono gli strumenti della nostra beata rigenerazione, della nostra libertà e della nostra adozione nell'ordine della grazia »
354 Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 29;
cf. Decr. Presbyterorum Ordinis, 16;
Paolo VI, Lett. enc. Sacerdotalis caelibatus, 14 ( 24 giugno 1967 );
C.I.C., can. 277, § 1
355 Benedetto XVI, Veglia in occasione della Conclusione dell'Anno sacerdotale ( 10 giugno 2010 )
356 Cf. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Veritatis splendor, 22 ( 6 agosto 1993 )
357 Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 29
358 Cf. Decr. Optatam totius, 10;
C.I.C., can. 247, § 1;
Sacra Congr. per l'educazione cattolica, Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis, 48 ( 19 marzo 1985 );
Orientamenti educativi per la formazione al celibato sacerdotale, 16 ( 11 aprile 1974 )
359 Cf. Decr. Presbyterorum Ordinis, 16;
Giovanni Paolo II, Lettera ai Sacerdoti per il Giovedì Santo 1979, 8 ( 9 aprile 1979 );
Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 29;
C.I.C., can. 277, § 1
360 Paolo VI, Lett. enc. Sacerdotalis caelibatus, 55 ( 24 giugno 1967 )
361 Cf. Decr. Presbyterorum Ordinis, 16;
Paolo VI, Lett. enc. Sacerdotalis caelibatus, 14 ( 24 giugno 1967 )
362 Cf. Decr. Presbyterorum Ordinis, 16;
C.I.C., can. 1036; can. 1037
363 Cf. Pontificale Romanum, De ordinatione Episcopi, Presbyterorum et Diaconorum, III, 228, l.c., 134;
Giovanni Paolo II, Lettera ai Sacerdoti per il Giovedì Santo 1979, 9 ( 9 aprile 1979 )
364 Cf. Sinodo dei Vescovi, Documento sul sacerdozio ministeriale Ultimis temporibus, II, I, 4 ( 30 novembre 1971 ): l.c., 916-917
365 Cf. Decr. Presbyterorum Ordinis, 16
366 Cf. ibid.
367 Giovanni Paolo II, Lettera ai Sacerdoti per il Giovedì Santo 1979, 8 ( 9 aprile 1979 )
368 Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 29
369 Per l'interpretazione di questi testi, cf. Conc. di Elvira ( a. 305 ), can. 27; can. 33: Bruns Herm., Canones Apostolorum et Conciliorum saec. IVVI II, 56;
Conc. di Neocesarea ( a. 314 ), can. 1: Pont. Commissio ad redigendum CIC Orientalis, IX, I/2, 7482;
Conc. Ecum. Niceno I, can. 3 ( a. 325 );
Conc. di Cartagine ( a. 390 ): Concilia Africae a. 345-525, CCL 149, 13. 133ss;
Sinodo Romano ( a. 386 ): Conc. Oecum. Decr., 58 63;
Conc. Trullano II, cann. 3, 6, 12, 13, 26, 30, 48 ( a. 691 ): Pont. Commissio ad redigendum CIC Orientalis, IX, I/1, 125-186;
Siricio, decretale Directa ( a. 386 ): PL 13, 1131-1147;
Innocenzo I, Lett. Dominus inter ( a. 405 ): Bruns cit. 274-277;
S. Leone Magno, Lett. a Rusticus ( a. 456 ): PL 54, 1191;
Eusebio di Cesarea, Demonstratio Evangelica, 1, 9: PG, 22, 82;
Epifanio di Salamina, Panarion: PG 41, 868. 1024;
Expositio Fidei, PG 42, 823 ss
370 Cf. S. Congr. per l'Educazione cattolica,
Orientamenti educativi per la formazione al celibato sacerdotale, 16 ( 11 aprile 1974 )
371 Benedetto XVI, Veglia in occasione della Conclusione dell'Anno sacerdotale ( 10 giugno 2010 )
372 Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti alla plenaria della Congr. del Clero ( 16 marzo 2009 )
373 Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 29; n. 50;
Congr. per l'educazione Cattolica, Istruzione In continuità sui criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al Seminario e agli Ordini sacri ( 4 novembre 2005 );
Orientamenti educativi per la formazione al celibato sacerdotale ( 11 aprile 1974 )
374 Cf. S. Giovanni Crisostomo, De Sacerdotio, VI, 2: « L'anima del sacerdote deve essere più pura dei raggi del sole, affinché lo Spirito Santo non lo abbandoni e affinché possa dire: « Vivo non già io, ma vive in me Cristo » ( Gal 2,20 ).
Se gli anacoreti del deserto, lontani dalla città e dai pubblici ritrovi e da ogni strepito proprio di quei luoghi, godendo pienamente il porto e la bonaccia, non s'inducono a confidare nella sicurezza di quella loro vita, ma aggiungono infinite altre attenzioni, munendosi da ogni parte e studiandosi di fare o dire ogni cosa con grande diligenza, per potersi presentare al cospetto di Dio con fiducia e intatta purezza, per quanto è possibile alle umane facoltà; qual forza e violenza ti pare che sarà necessaria al sacerdote, per sottrarre l'anima sua ad ogni macchia e serbarne intatta la spirituale bellezza?
A lui occorre certamente purezza maggiore che ai monaci.
E tuttavia, proprio lui, che ne ha maggior bisogno, è esposto a maggiori occasioni inevitabili, nelle quali può essere contaminato, se con assidua sobrietà e vigilanza non renda l'anima sua inaccessibile a quelle insidie »
375 Cf. C.I.C., can. 277, § 2
376 Cf. ibid., can. 277, § 3
377 Cf. Giovanni Paolo II, Litterae apostolicae Motu Proprio datae Sacramentorum sanctitatis tutela quibus Normae de gravioribus delictis Congregationi pro Doctrina Fidei reservatis promulgantur ( 30 aprile 2001 ) ( modificate da Benedetto XVI il 21 maggio 2010: AAS 102 [2010] 419-430 )
378 Cf. Decr. Presbyterorum Ordinis, 16
379 Cf. Paolo VI, Lett. enc. Sacerdotalis caelibatus, 79-81 ( 24 giugno 1967 );
Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 29
380 Cf. Decr. Presbyterorum Ordinis, 17; nn. 20-21
381 Cf.. Benedetto XVI, Discorso alla Curia Romana ( 22 dicembre 2006)
382 Cf. Decr. Presbyterorum Ordinis, 17;
Giovanni Paolo II, Udienza generale, 3 ( 21 luglio 1993 )
383 Cf. C.I.C., can. 286; can. 1392
384 Cf. Decr. Presbyterorum Ordinis, 17
385 Cf. ibid.; C.I.C., can. 282; can 222, § 2; can. 529, § 1
386 Cf. C.I.C., can. 282, § 1
387 Cf. Decr. Presbyterorum Ordinis, 17
388 Cf. ibid., 17
389 Cf. Giovanni Paolo II, Udienza generale ( 30 giugno 1993 )
390 Cf. Decr. Presbyterorum Ordinis, 18
391 Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ecclesia de Eucharistia ( 17 aprile 2003 )
392 Benedetto XVI, Udienza generale ( 12 agosto 2009 )