La nostra missione |
Lo Sviluppo del tema
La missione della Chiesa di Torino ha come riferimento fondamentale per il suo cammino in questi primi anni del nuovo millennio la lettera pastorale “Costruire insieme” del nostro Arcivescovo.
Proviamo a vederne le linee fondamentali che si possono articolare in tre grossi punti: la trasmissione della fede, il discernimento e la lettura di fede della realtà, la presenza della Chiesa nel mondo.
In che cosa consiste
La trasmissione della fede nasce dalla consapevolezza di aver ricevuto un “dono grande, non un peso in più, un dono da vivere e accogliere nella gioia e nell'entusiasmo e non con mediocrità o indifferenza, un dono da non tenere per sé, quasi a garanzia e sicurezza personale, ma da testimoniare, annunciare e partecipare agli altri” ( Costruire insieme pp. 42-43 ).
Ne deriva che “la trasmissione della fede non può esaurirsi nell'enunciazione delle verità del Vangelo, ma deve avvenire anche tramite l'offerta di incisive esperienze di preghiera e la proposta di testimonianze credibili di vita” ( Costruire insieme p. 67 ).
C'è qui tutta l'importanza di una trasmissione della fede che nasca da un'”esperienza personale e comunitaria di Gesù, il nostro Salvatore” ( Costruire insieme p. 66 ).
Un'esperienza che trasformi la vita delle persone pienamente, a livello di mente, cuore, azioni.
Fin dagli inizi, i cristiani erano definiti ‘quelli della via’ ( At 9,2 ), cioè quelli che avevano abbracciato un nuovo modo di vivere.
Un “blocco” nella trasmissione della fede oggi?
L'esperienza pastorale ci dice che oggi c'è una situazione di crisi nella trasmissione della fede: “la rottura con la tradizione, con la conseguente crisi della trasmissione della fede soprattutto nelle famiglie, in tante istituzioni religiose, rende necessaria la creazione di nuovi canali di comunicazione del messaggio cristiano” ( Costruire insieme p. 46 ).
Pur essendo diverse le esperienze di ciascuno e delle nostre comunità cristiane, possiamo tentare di dire che la crisi della trasmissione della fede sorge, almeno in parte, da una tensione di fondo: da una parte si vuole trasmettere un patrimonio di sani principi (anche quando non c'è una pratica religiosa continuativa ) nel nome delle verità del Vangelo e della Chiesa, dall'altra si vuole sperimentare, ricevere proposte di itinerari, cogliere uno stile vissuto, capace di dialogo e di racconto della propria vita di fede in Cristo.
È una tensione che riguarda il rapporto giovani-adulti, ma anche le attese di “testimonianze credibili di vita” da parte di coloro che guardano ai cristiani “praticanti”.
È in gioco il passaggio “dall'eredità alla proposta, da una fede vissuta come obbligo all'appropriazione personale della fede” ( Lettera ai cattolici dei Vescovi francesi ).
È questo che ci si aspetta dai cristiani del futuro: “il cristiano di domani sarà un mistico, cioè uno che ha sperimentato qualcosa! Oppure non esisterà più”.
Citando questa affermazione di Karl Rahner, don Ardusso così commenta: “Intendeva dire che il cristiano del futuro sarebbe stato un ricercatore dell'esperienza di Dio, uno che avrebbe cercato di sperimentare dall'interno ciò che significa credere”.
Proprio questa rottura con la tradizione causa una prima conseguenza: il primo annuncio della fede va fatto a cominciare dai cristiani stessi.
I primi ad esser convertiti per diventare missionari siamo noi.
Il nostro Vescovo cita un'affermazione fatta al Sinodo dei vescovi europei: “un tempo si battezzavano i convertiti, ora bisogna convertire i battezzati” ( Costruire insieme p. 34 ).
Una seconda conseguenza: la fede in Gesù si caratterizza come esperienza gioiosamente vissuta e raccontata, pur attraverso i nostri limiti e le prove che la vita ci riserva.
Scrive il nostro Vescovo: “Il Piano Pastorale… vuole sollecitare le nostre comunità e tutti i fedeli a riscoprire il significato profondo di un'intensa vita spirituale radicata nella comunione con Cristo e condurre all'esperienza gioiosa del vivere con Lui, nella partecipazione alla sua opera di evangelizzazione rivolta a tutti” ( Costruire insieme p. 57 ).
Un'ultima conseguenza; siamo chiamati a saper stare in mezzo a un mondo che non è più cristiano senza impazienza, parlando di Gesù con la nostra vita e agendo per la giustizia.
Nella lettera viene detto che “infine, servendo la verità, la Chiesa avrà la forza di farsi interprete e garante delle esigenze vitali e delle giuste rivendicazioni dei più poveri e dei più deboli.
In un mondo sovente segnato dalla logica perversa del successo e della sete di guadagno, generatrice di egoismo, dobbiamo affermare il valore della giustizia, come vero fondamento del vivere sociale e testimoniare con il nostro stile di vita che solo l'amore può rendere più bella e più fraterna la comunità degli uomini” ( Costruire insieme p. 101 ).
Non c'è annuncio completo, se la Chiesa non “circonda d'affettuosa cura quanti sono afflitti dalla umana debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l'immagine del suo fondatore, povero e sofferente” ( Lumen gentium 8 ).
Abbiamo già sottolineato nel primo incontro come sia essenziale imparare a “discernere” ciò che nella complessità culturale e sociale odierna, è in sintonia con il Vangelo da ciò che lo esclude o lo emargina.
Senza alcuna pretesa di essere esaustivi, tentiamo di concretizzare tale discernimento presentando i seguenti tratti che contraddistinguono globalmente la nostra vita quotidiana con riferimento, sempre, alla lettera pastorale dell’Arcivescovo.
La realtà in cui viviamo è segnata da “varie forme di individualismo e soggettivismo che inducono a non preoccuparsi più di distinguere tra vero e falso, tra bene e male” ( Costruire insieme p. 46 ).
Entrano in gioco molti modelli di vita in contraddizione gli uni con gli altri.
Questo contesto può creare una sensazione di insicurezza e di ansietà: “Prendere atto del contesto storico nel quale deve svolgersi la missione della Chiesa potrebbe diventare causa di insicurezza e di ansietà, soprattutto da parte di chi è stato formato in un contesto di cristianità” ( Costruire insieme p. 48 ).
La stessa realtà pastorale viene a confermare sia la tendenza educativa attuale a dare la precedenza a ciò che piace e risponde a esigenze immediate sia l'orientamento a selezionare i dati della fede in base a preferenze personali ( come già ricordato, “si accetta ciò che privatamente si ritiene di poter assumere o credere come autentico” ).
Dobbiamo però stare attenti a non vedere tutto questo come un fatto solamente negativo.
Anche se non c'è più una situazione di cristianità, è pur vero che stanno nascendo nuove possibilità di evangelizzazione “La pastorale tradizionale ha oggi urgente bisogno di essere orientata in una prospettiva nuova, cioè missionaria.
Bisogna cambiare non solo e non tanto le svariate attività concrete, ma il nostro modo di essere e di pensare: è l'attenzione a ‘quelli di fuori’ che fa maturare ‘quelli di dentro’ ” ( Costruire insieme pp. 48-49 ).
Questa attenzione comporta l'urgenza “di uscire dagli schemi ormai largamente sperimentati e dai luoghi abituali dell'annuncio per portare il messaggio della salvezza negli ambienti di vita, accogliendo ed incontrando le persone che normalmente non frequentano la comunità o che da essa si sono allontanate” ( Costruire insieme p. 66 ).
Il mondo è cambiato, c'è una contrazione del numero di persone che fanno parte della Chiesa, ma ci sono anche persone che vogliono ricominciare un cammino.
Tutto questo comporta, a livello pastorale, una transizione che richiede pazienza e discernimento ma anche l'audacia creativa dello Spirito Santo.
“Tutti hanno bisogno del Vangelo e perciò siamo obbligati a cercare nuove vie per portare il Vangelo a tutti” ( RATZINGER, op.cit. ).
Abbiamo visto che il mondo sta cambiando in modo anche assai rapido e radicale …
La chiesa in dialogo con il mondo
Cambia anche qualche cosa per la Chiesa, la quale non ha più la forza e la presenza di una volta, ma lo Spirito Santo la sta rendendo più vicina al vangelo e la stimola “ad aprirsi al mondo intero, a dialogare con la città, con tutti i mondi vitali, per portare, nel rispetto delle diverse autonomie, il suo contributo all'edificazione di una società che rimetta al centro l'uomo e la sua autentica realizzazione, pienamente consapevole che “la gloria di Dio è l'uomo vivente!” ( Costruire insieme p. 56 ).
Un obiettivo prioritario di questo atteggiamento di dialogo è l'attenzione al dialogo interreligioso: “la crescente presenza nella nostra società di persone provenienti da diverse parti del mondo, portatori di culture e di fedi diverse, interpella le nostre comunità all'impegno di testimonianza di Cristo e al dovere della solidarietà e dell'accoglienza” ( Costruire insieme p. 75 ).
La fede in Cristo Risorto ci spinge a rendere più gioioso il nostro modo di incontrarci e di stare tra di noi.
Gli Atti degli Apostoli ci dicono che nelle prime comunità cristiane “ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa … lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo” ( At 2,46-47 ).
Si percepiva che la fede in Cristo risorto creava le premesse per un nuovo modo di rapportarsi, segnato dalla fraternità e dalla condivisione.
Nella lettera pastorale si insiste molto sullo stile di accoglienza e di ascolto: “in primo luogo si rende necessario far crescere nelle nostre comunità uno stile di accoglienza e di ascolto, uno stile di gratuità e la cura delle relazioni personali, indispensabili premesse per ogni autentica evangelizzazione.
Questo si deve ‘vedere’ in una comunità che crede davvero nel dovere dell'annuncio” ( Costruire insieme p. 71 ).
Lo stile di una comunità cristiana dovrebbe essere caratterizzato dal desiderio di imparare a lavorare insieme:
“Dobbiamo prendere coscienza che la missione evangelizzatrice della Chiesa comporta la decisione di maturare un nuovo stile di collaborazione tra le diverse componenti del Popolo di Dio: preti, religiose, diaconi, laici e aggregazioni laicali” ( Costruire insieme p. 71 ).
È una sfida da affrontare con tenacia perché arriviamo da una tradizione che richiede di “superare le ricorrenti tentazioni all'individualismo e al protagonismo” ( Costruire insieme p. 74 ).
Un luogo privilegiato per imparare a lavorare insieme è il gruppo: “La Chiesa nasce dal poco, da una persona, da un piccolo gruppo” ( Costruire insieme p. 23 ).
Comincia così la coscienza di essere Chiesa che si traduce “in una nuova capacità di pensare insieme, di confrontarsi di collaborare nel tentativo di valorizzare tutti i carismi e le risorse” ( Costruire insieme p. 74 ).
L’Arcivescovo prosegue con una richiesta esplicita:
“Chiedo perciò a tutti di guardare a questa proposta di Piano Pastorale non come a qualcosa che ci cade addosso, nostro malgrado, per complicare le già difficili problematiche pastorali che dobbiamo affrontare ogni giorno, bensì come un aiuto a concentrare il nostro impegno su alcune scelte prioritarie al fine di esperimentare nuovi orizzonti per in pastorale ordinaria.
Il Santo Padre, nella Lettera citata, ci avverte che non esistono formule magiche per affrontare le grandi sfide del nostro tempo:
“Non una formula ci salverà, ma una Persona, e la certezza che essa ci infonde: Io sono con voi! (NMI 29)” ( Costruire insieme p. 14 ).
Si pensa ad un incontro di gruppo ai componenti del quale si possono porre le seguenti o altre simili domande:
Riferendoci alla nostra esperienza possiamo constatare che siamo maturi per lavorare insieme o incontriamo ancora troppi ostacoli che non riusciamo a sormontare? Come mai?
Quali “luoghi” oggi privilegiare per comunicare la fede nella prospettiva della missione indicata dall’Arcivescovo?
Chi accosta le nostre comunità che impressione ne ricava?
In che modo operare per farle diventare più accoglienti e attente all’evangelizzazione dei poveri?
Le risposte, opportunamente sintetizzate, verranno condivise in assemblea al termine dei lavori di gruppo.
Sostanzialmente si può orientare la decisione operativa dei partecipanti attraverso le seguenti domande - le stesse di tutte le schede, che riportiamo per comodità d’uso -invitando ciascuno a rispondere personalmente:
Che cosa mi ha colpito in questa riflessione ossia che cosa mi porto via?
Che cosa dirò alla comunità su questo argomento?
Che cosa mi impegno a fare nelle comunità di appartenenza e nella mia vita quotidiana
Si propone di recitare insieme la preghiera della missione diocesana composta dall’Arcivescovo per l’occasione.