Evangelizzazione e ministeri

Indice

Parte II - I ministeri nella Chiesa di Cristo oggi

49. Il ministero della Chiesa ripropone sacramentalmente il ministero di Cristo ( "Quod Redemptoris nostri perspicuum fuit in sacramenta transivit": S. Leone M., Serm. 74,2 ).

Di tale ministero ecclesiale, quale lo ritroviamo nella Chiesa primitiva, espresso e distribuito in tante forme, essenziali le une e accessorie le altre, vediamo ora l'attuazione varia, sacramentale e non sacramentale, che ne fa oggi la Chiesa, nella concorde varietà dei suoi servizi, uffici e prestazioni.

I. I ministeri ordinati

50. Nella Chiesa incontriamo anzitutto i ministeri ordinati, ossia i ministeri che derivano dal sacramento dell'Ordine.

Sono stati tramandati dagli apostoli e dai loro successori, e costituiscono la gerarchia ecclesiastica.

Per questo vengono detti anche ministeri gerarchici.

Essi, prima ancora che per coloro che li ricevono, sono, come sacramenti "voluti da Dio" ( cf. Conc. Trid., De Sacr. Ordinis, cap. 2 e can. 6; cf. anche LG 28 ), una grazia immensa per la vita e la missione di tutta la Chiesa.

Il ministero del vescovo

51. Principale fra essi e loro sorgente è il ministero del vescovo.

Il recente concilio ne ha vigorosamente sottolineato e sviluppato alcuni aspetti, che qui brevemente richiamiamo.

52. Anzitutto, la pastoralità.

Il vescovo è pastore.

"Mandato dal Padre di famiglia a governare la sua famiglia, tenga innanzi agli occhi l'immagine del buon pastore che è venuto non per essere servito, ma per servire, e dare la sua vita per le pecore …

Dovendo render conto a Dio delle anime ( cf. Eb 13,17 ), con la preghiera, la predicazione, e ogni opera di carità abbia cura di loro, e anche di quelli che non sono ancora nell'unico gregge …" ( LG 27 ).

"Con ogni forma di cura e servizio episcopale, esercitino un perfetto ufficio di carità pastorale, non temano di dare la propria vita per le pecorelle e, fattisi modello del gregge ( cf. 1 Pt 5,3 ), promuovano anche con l'esempio la Chiesa a una santità ogni giorno più grande" ( LG 41; cf. CD 11, n.16 ).

53. Poi, la sacramentalità.

L'ordinazione episcopale è un sacramento che comunica la grazia e imprime il carattere.

Questo dato può sembrare oggi evidente e pacifico, ma è stato il Vaticano II a confermarlo, ponendo fine a incertezze teologiche: "Per compiere così grandi uffici, gli apostoli sono stati rivestiti da Cristo con una speciale effusione dello Spirito Santo disceso su di loro, ed essi stessi con l'imposizione delle mani diedero questo dono ai loro collaboratori, dono che è stato trasmesso fino a noi nella consacrazione episcopale.

Insegna quindi il santo concilio che con la consacrazione episcopale viene conferita la pienezza del sacramento dell'ordine …

Dalla tradizione infatti … consta chiaramente che dall'imposizione delle mani e dalle parole della consacrazione la grazia dello Spirito Santo è così conferita, e così è impresso il carattere …" ( LG 21 ).

54. Quale sia la grazia propria del vescovo emerge dalla formula dell'ordinazione, che prega così: "Effondi sopra questo eletto quella potenza che viene da te, lo Spirito Santo ( Spiritum principalem ), che hai dato al tuo amato figlio Gesù Cristo; egli lo ha donato ai santi apostoli, che hanno fondato la Chiesa in ogni luogo come tuo santuario, a gloria e lode del tuo santo nome" ( Pontificale romanum, De ordinatione episcopi ).

La grazia del servizio episcopale, attraverso l'effusione dello Spirito invocata nell'ordinazione e sacramentalmente operata, ripropone dunque la centralità del servizio umile e potente del Cristo capo.

In questa luce, di imitazione dell'umile servizio di Cristo, il vescovo viene costituito "in potenza e autorità" perché serva la Chiesa, edificandola e presiedendola.

La grazia propria del vescovo non è perciò d'essere la sintesi dei ministeri, come si poteva pensare in passato, ma è il ministero della sintesi, dell'armonizzazione e della generazione di tutti i ministeri volti all'edificazione della comunità.

Per questa grazia il vescovo, in forza del dono ricevuto, diventa efficace segno, e "principio visibile e fondamentale di unità per la Chiesa particolare a lui affidata" ( LG 23 ).

La Chiesa infatti non si raduna "per virtù di carne e sangue" ma perché suscitata dall'umile servizio dell'Agnello, visibilizzato dal vescovo.

Egli presiede alla comunità "in luogo di Dio" ( ed è questa la caratteristica episcopale del sacerdozio ordinato ) perché ripropone la presenza di Cristo ( LG 20; cf. LG 21; SC 7 ), fondamento su cui riposa tutto il corpo ecclesiale e a cui converge il dono dello Spirito.

La rappresentanza piena di Cristo nella comunione ecclesiale lo fa agire "in sua persona" ( LG 21 ) e lo fa essere, in conformità a Cristo del quale "è vicario e legato" ( LG 27 ), capo perché servo della Chiesa.

55. Infine, la collegialità.

È ancora il concilio a ripresentarla e a volerne una riattivazione più fortemente e concretamente affermata: "Come san Pietro e gli altri apostoli costituiscono, per volontà del Signore, un unico collegio apostolico, in pari modo il romano pontefice, successore di Pietro, e i vescovi, successori degli apostoli, sono uniti fra loro …" ( LG 22 ).

Tutte le conseguenze dell'applicazione di questa "istituzione e precetto di Cristo" ( LG 23 ), tanto nelle sue strutture costitutive e canoniche, quanto nel suo spirito o nell'"affetto collegiale" ( LG 23 ), che ne deriva, sono per ora imprevedibili, ma già si intravedono ricche e incalcolabili fecondità per l'avvenire della Chiesa.

56. Il collegio dei vescovi è responsabile di tutta la Chiesa e della sua missione.

"Tutti i vescovi devono promuovere e difendere l'unità della Chiesa e la disciplina comune a tutta la Chiesa, istruire i fedeli all'amore di tutto il corpo mistico di Cristo, specialmente delle membra povere, sofferenti e di quelle che sono perseguitate a causa della giustizia, e, infine, promuovere ogni attività comune alla Chiesa …

La cura di annunciare in ogni parte della terra il Vangelo appartiene al corpo dei pastori, ai quali tutti in comune Cristo diede il mandato, imponendo un comune dovere …" ( LG 23 ).

I vescovi devono essere "uniti fra di loro" ( LG 22 ); ma uniti col Papa, il quale è stato "investito, per volontà di Cristo, del ministero preminente di insegnare la verità rivelata" ( EN 67 ), e dell'ancora più esteso ministero di essere, "quale successore di Pietro, il perpetuo e visibile principio dell'unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli" ( LG 23 ).

57. È necessario che il popolo di Dio sia adeguatamente evangelizzato circa il ministero del romano pontefice, del collegio episcopale e del vescovo nella Chiesa locale perché siano ritenuti, quali sono, grazia e fonte per la vita della Chiesa e sia accolto come si conviene il loro esercizio magisteriale e pastorale ( cf. LG 25; CD 12-13 ); perché la comunione ecclesiale sia ricercata sempre nella reale e coerente convergenza verso questi ministeri affinché "tutte le cose siano d'accordo nella verità" ( s. Ignazio, Ad Eph. 5,1 ); e perché la preghiera e la collaborazione delle Chiese sostengano quei fratelli investiti dallo Spirito Santo di un ministero tanto arduo.

L'affetto e il generoso sostegno verso questi ministeri e verso quanti li esercitano, per grazia e mandato ricevuti, sono atteggiamenti spirituali che fanno entrare i fedeli nel mistero diaconale della Chiesa e nel suo svelarsi più pienamente conforme al suo Signore.

Il ministero del presbitero

58. Strettamente congiunto al ministero del vescovo, in virtù del sacramento dell'ordine, è il ministero del presbitero: anche il presbitero infatti rende presente il Cristo, nel cui nome e con la cui autorità agisce, in comunione con il vescovo ( cf. LG 21 ).

Questo ministero è il più conosciuto dai fedeli, in mezzo ai quali, quotidianamente, il presbitero vive: "Vivono … in mezzo agli altri uomini, come fratelli tra fratelli" ( PO 3 ), portano tutto il peso del giorno e del calore ( cf. Mt 20,12; AG 27 ), molti "in un servizio spesso umile e nascosto".

Sono meritevoli di tanta riconoscenza: "La loro lode risuona nella Chiesa di Dio" ( LG 41 ).

Il ministero dei presbiteri è comunione e collaborazione "saggia" ( LG 28 ) e "necessaria" ( PO 7 ) al ministero del vescovo, che essi rappresentano e rendono presente nella comunità da loro riunita come fraternità e famiglia di Dio attorno alla parola e all'eucaristia.

Lavano le miserie dei peccati col ministero della riconciliazione ( cf. 2 Cor 5,18-21; LG 28 ), recano sollievo ai malati con l'olio benedetto ( cf. Gc 5,15; LG 28 ), preparano i morenti all'incontro con Dio.

Anch'essi, a somiglianza dei vescovi e insieme con i propri vescovi, costituiscono un corpo, il presbiterio.

Vivono in comunione e collaborazione tra loro, e formano, con dei loro delegati, il "consiglio presbiterale" ( PO 7 ), che affianca il vescovo "nel governo della diocesi" e "nell'esame dei problemi riguardanti le necessità del lavoro pastorale …" ( PO 7 ).

I frutti di questa comunione, come quelli della collegialità episcopale, non potranno non essere grandi su ogni piano, sia spirituale che pastorale.

I presbiteri, infine, sono ancora, come il vescovo e con il vescovo, pastori.

L'educazione nei seminari tende appunto, secondo le direttive della Chiesa, a "formare veri pastori di anime", preparando "all'ufficio di pastore, per essere in grado di rappresentare in mezzo agli uomini Cristo, il quale non venne per essere servito, ma per servire e dare la sua vita a redenzione di molti ( Mc 10,45; cf. Gv 13,12-17 ); così essi potranno guadagnare molti, facendosi servi di tutti ( 1 Cor 9,19 )" ( OT 4 ).

I vincoli che legano i presbiteri al vescovo e tra loro esigono rapporti vicendevoli improntati alla soavità delle confidenze di Gesù nell'ultima cena.

Esse vengono ancora cantate durante il rito dell'ordinazione presbiterale ( cf. Pontificale romanum, De ordinatione presbyteri ): "Voi siete miei amici .. non vi chiamo più servi … ma vi ho chiamati amici" ( Gv 15,14-15 ).

59. Anche questo grande ministero del presbitero ha bisogno di nuova evangelizzazione e di forte impulso all'interno del popolo di Dio.

Dinanzi a un disegno tutto ministeriale della Chiesa, comune e condivisa dev'essere la preoccupazione che non manchino i ministri nella Chiesa e, tra questi, in primo luogo quelli che sono stati voluti dal Signore come nodi sacramentali della sua presenza tra noi.

E anzi, tanto più crescono nella Chiesa le sensibilità ministeriali e le corrispondenti concrete disponibilità di servizio, quanto più si diffondono e si fortificano la stima e la promozione del sacerdozio ministeriale, come sacramento generatore di quelle sensibilità.

Il ministero del diacono

60. Questo ministero, importantissimo nella Chiesa antica, è stato ripristinato dal concilio Vaticano II, nella sua forma permanente, e in questa forma può essere conferito, secondo direttive precise della Santa Sede e della nostra Conferenza ( cf. SDO; AP; ReDP; Norme e direttive per la scelta e la formazione dei Candidati al ministero diaconale, 1972 ), tanto a celibi quanto a coniugati.

Più che una novità, il diaconato permanente si presenta come la risposta felicemente concreta alle esigenze di restituire, a chi ne ha la vocazione, compiti che con l'andar dei tempi erano stati assorbiti dai presbiteri o dai laici.

Ma, prima ancora, col ripristino del diaconato permanente, la Chiesa ha la consapevolezza di accogliere un dono dello Spirito e di immettere così nel vivo tessuto del corpo ecclesiale energie cariche di una grazia peculiare e sacramentale, capaci perciò di maggiore fecondità pastorale.

Il diaconato concorre così a costituire la Chiesa e a darne un'immagine più completa e più rispondente al disegno di Cristo, e più in grado, per interna e spirituale potenza, di adeguarsi a una società che ha bisogno di fermentazione evangelica e caritativa, nei piccoli gruppi, nei quartieri e nei caseggiati.

Le esperienze finora attuate in alcune diocesi sono esemplarmente promettenti e in via di felice sviluppo.

61. Le esortazioni del vescovo, previe all'ordinazione, puntualizzano il ruolo di questo ministero.

Dice il vescovo ai fedeli:" Fortificato dal dono dello Spirito Santo, egli sarà di aiuto al vescovo e al suo presbiterio; nel ministero della parola, dell'altare e della carità, dimostrandosi servo di tutti.

Diventato ministro dell'altare, annuncerà il Vangelo, preparerà ciò che è necessario per il sacrificio, distribuirà ai fedeli il corpo e il sangue del Signore, inoltre, secondo il mandato del vescovo, avrà il compito di esortare e istruire nella dottrina di Cristo i fedeli e quelli che tali non sono ancora, guidare la preghiera, amministrare solennemente il battesimo, assistere e benedire il matrimonio, portare il viatico ai moribondi, presiedere al rito dei funerali.

Il diacono … unito più strettamente all'altare, eserciterà il ministero della carità, in nome del vescovo e del parroco".

Soggiunge poi il vescovo al candidato: "Sarai diacono, cioè ministro di Gesù Cristo, che in mezzo ai suoi discepoli si è comportato come colui che serve.

Fà con impegno la volontà di Dio, e servi con letizia, nella carità, il Signore e gli uomini" ( Pontificale romanum, De ordinatione diaconi ).

II. I ministeri istituiti

62. Attorno ai ministeri ordinati, la vita e l'insegnamento della Chiesa ( cf. DS 1772-1776; LG 41 ) hanno sempre visto e ammesso l'esistenza di altri ministeri, appunto i ministeri non ordinati, che, varianti secondo le epoche e le necessità, abbracciano quelli istituiti e quelli di fatto.

Pertanto bisognerà tenere presenti, con maggiore proprietà e attenzione, questi diversi riferimenti e significati del medesimo termine di "ministero".

Soffermandoci ora sui ministeri "istituiti", si deve anzitutto dire che essi non nascono dal sacramento dell'ordine, ma sono appunto istituiti dalla Chiesa sulla base dell'attitudine che i fedeli hanno, in forza del battesimo, a farsi carico di speciali compiti e mansioni nella comunità.

Costituiscono anch'essi una grazia, ossia un dono che lo Spirito Santo concede per il bene della Chiesa; e comportano pure, per quanti li assumono, una grazia, non sacramentale, ma invocata e meritata dall'intercessione e dalla benedizione della Chiesa.

63. I ministeri attualmente istituiti dopo il concilio, sono finora due: il lettorato e l'accolitato ( MQ; MnC ).

Hanno riferimento al libro e all'altare, ossia all'amministrazione della parola di Dio e del sacramento del corpo e del sangue di Cristo e di conseguenza della carità: i divini tesori custoditi dalla Chiesa e di cui la Chiesa è debitrice all'umanità.

Questi ministeri istituiti esistevano prima come tappe spirituali dell'itinerario verso i ministeri ordinati; ora godono di una loro autonomia e stabilità, anche se riceverli ed esercitarli è obbligatorio per i candidati ai ministeri dell'ordine sacro.

Il ministero del lettore

64. Sua funzione è quella di "proclamare la parola di Dio nell'assemblea liturgica, studiarsi di educare nella fede i fanciulli e gli adulti, prepararli a ricevere degnamente i sacramenti, annunciare il messaggio della salvezza agli uomini che lo ignorano ancora" ( Rito per il conferimento del ministero del lettorato ).

Il vescovo, nella celebrazione in cui conferisce questo ministero, consegna al lettore il libro della sacra Scrittura: "Ricevi il libro della sacra Scrittura, e trasmetti fedelmente la parola di Dio, perché prenda forza e vigore nel cuore degli uomini" ( ivi ).

È un ministero, come si vede, da attribuirsi soprattutto a quanti vogliono impegnarsi, oltre che nelle celebrazioni liturgiche, nell'organizzazione dell'attività evangelizzatrice e catechistica, rendendo così autentico e coerente il loro servizio liturgico.

E non è chi non veda quanto possa essere utile e fecondo per la vita delle nostre comunità.

Il ministero dell'accolito

65. Suo compito è di seguire e "aiutare i presbiteri e i diaconi nello svolgimento del loro ufficio; come ministro straordinario, distribuire ai fedeli, anche malati, la santa comunione; e amare il popolo di Dio che è il corpo mistico di Cristo, specialmente i deboli e gli infermi" ( Rito per il conferimento del ministero dell'accolitato ).

All'accolito, nel rito del conferimento del ministero, il vescovo consegna il pane e il vino da consacrare, il calice e la patena, a indicare il suo ruolo e il suo ministero nella celebrazione dell'eucaristia.

Anche questo è un ministero che può essere proficuamente affidato a quanti amano occuparsi della promozione della vita liturgica in una comunità, pur se l'ambito della sua azione abbraccia, con l'esercizio della carità, un'area molto più vasta.

Egualmente in questo caso è facile prevedere il bene che ne può venire per le necessità pastorali delle nostre Chiese.

Il servizio straordinario della distribuzione dell'eucaristia

66. Affine al ministero dell'accolitato, questo servizio se ne differenzia per il campo più ristretto e per le circostanze eccezionali in cui può essere svolto.

È un incarico straordinario, non permanente, concesso in relazione a particolari e vere necessità di situazioni, di tempi e di persone.

Ministro straordinario della comunione eucaristica può essere tanto l'uomo quanto la donna.

Riceve la facoltà di "comunicarsi direttamente, distribuire la comunione ai fedeli, portarla ai malati e agli anziani, recarla come viatico ai moribondi" ( Sacra Congregazione per la disciplina dei sacramenti, istruzione Immensae caritatis circa la comunione sacramentale, 29.1.1973 ).

La possibilità di questo servizio è un gesto di squisita bontà nella Chiesa, "perché non restino privi della luce e del conforto di questo sacramento i fedeli che desiderano partecipare al banchetto eucaristico" ( Immensae caritatis ) e ai frutti del sacrificio di Cristo.

Il profitto spirituale e pastorale, che proviene da questa comprensiva dispensazione della Chiesa, è anch'esso considerevole, sia per i singoli fedeli e sia per i gruppi delle case religiose, degli ospedali, degli istituti e simili: un profitto che si riflette naturalmente e si riversa su tutta la comunità.

III. Questioni circa i ministeri

67. I ministeri istituiti, quelli già istituiti dalla Santa Sede e quelli che in seguito saranno dalla stessa istituiti su proposta delle conferenze episcopali per le esigenze delle comunità ecclesiali, non esauriscono la ricchezza ministriale che può fiorire attorno ai ministeri ordinati a sostegno e sviluppo della ministerialità della Chiesa.

I ministeri istituiti di cui parliamo si caratterizzano per il rito liturgico del loro conferimento, che tuttavia non ne limita l'esercizio alla sfera strettamente liturgica.

Il rito liturgico, d'altra parte, non è l'unico modo di approvazione e di investitura dei ministeri.

Accanto al rito, ed equivalente nella sostanza, può esservi il riconoscimento canonico, oppure il tacito ed effettivo consenso dell'autorità ecclesiastica.

In quest'ultimo caso si hanno i cosiddetti ministeri di fatto, quei ministeri cioè che senza titoli ufficiali compiono, nella prassi pastorale, consistenti e costanti servizi pubblici alla Chiesa.

Il pensiero corre spontaneamente ad alcune categorie di fedeli, che si trovano nelle condizioni indicate per l'esplicazione di ministeri di fatto.

Uno degli esempi più evidenti è quello dei catechisti, che è tra i più fiorenti in non poche Chiese locali.

Le difficoltà e la problematicità sorgono invece per altre categorie di fedeli, per altre condizioni di situazioni e di lavoro, e per il genere stesso di alcuni servizi che si rendono alla comunità.

Prima di passare in rassegna queste categorie, e di prenderne in considerazione almeno le principali, pare opportuno chiarire cosa sia un ministero non ordinato e di quali elementi risulti.

Le osservazioni seguenti si atterranno ai dati più comuni e sicuri dei documenti ecclesiali e dei risultati teologici.

Nozione di ministero non ordinato

68. La nozione di ministero non ordinato è desumibile dagli elementi che concorrono alla sua composizione.

Essi possono così configurarsi:

a) Soprannaturalità di origine.

Anzitutto, il ministero è originariamente determinato da un dono di Dio.

Il ministero non ordinato nasce cioè da una vocazione che è dono e grazia dello Spirito Santo, il quale chiama qualcuno ad offrire la propria fatica ( cf. Fil 4,3; Rm 16,6.12 ) per la Chiesa.

Lo ricorda il concilio, quando, trattando di tutti i ministeri, ordinati e non ordinati, dice che sono "suscitati nell'ambito stesso della Chiesa da una vocazione divina" ( AG 15).

b) Ecclesialità di fine e di contenuto.

Il ministero è un servizio prettamente ecclesiale nella sua essenza e nella sua destinazione.

Aiuta il ministero ordinato nelle sue funzioni ( MQ ) e contribuisce così, per la sua parte, alla formazione della comunità cristiana nel lavoro della sua incessante fondazione, crescita e missione ( cf. AG 15; EN 73 ).

c) Stabilità di prestazione.

Il ministero non è un servizio temporaneo e transeunte, che chiunque, per richiesta o per generosità, potrebbe in una data circostanza offrire.

Il ministero esige una certa stabilità, almeno l'impegno di qualche anno, se non la donazione di tutta la vita.

d) Pubblicità di riconoscimento.

Il ministero, che sorge dal seno della comunità e vive per il bene della comunità, deve avere l'approvazione della comunità e, nella comunità, da chi deve esercitare il servizio dell'autorità.

I modi di questo pubblico riconoscimento sono molteplici, come è già stato notato; e tuttavia il riconoscimento che manifesti all'intera comunità la qualità del servizio è indispensabile.

69. È certo, infine, che ogni tipo di ministero, oltre i requisiti suddetti, vuole attitudine e competenza specifica, da verificarsi caso per caso.

Ma a noi importa, in questo momento, aver delineato la fisionomia del ministero non ordinato, perché riteniamo che anche questa consapevolezza di essere strumenti della ministerialità della Chiesa sia evangelizzata ed educata più compiutamente.

Per questa via si farà rifiorire in tutti un senso di appartenenza gioioso e responsabile alla Chiesa, che riporti a lei, e perciò a Cristo, ogni dono e ogni servizio dato alla crescita del regno di Dio.

Questa medesima consapevolezza deve illuminare la comprensione delle questioni che ora presentiamo e deve favorirne la soluzione, che resta affidata alla comune responsabilità, alla concreta sperimentazione e al finale discernimento dei pastori.

Ministeri e religiosi

70. La questione che riguarda il rapporto tra ministeri e religiosi esige alcune preliminari puntualizzazioni.

C'è da osservare, anzitutto, che la vita religiosa, caratterizzata dalla professione dei consigli evangelici, è primariamente uno stato di vita, e non un'attività o un servizio o uno specifico ministero.

Come stato di vita, ha una funzione necessaria e insostituibile nella Chiesa: quella di essere, perché dono dello Spirito, segno e richiamo alla "vita nuova ed eterna" e alla "risurrezione futura"; e alla "forma di vita, che il Figlio di Dio abbracciò, quando venne nel mondo per fare la volontà del Padre …", alla "trascendenza del regno di Dio sopra tutte le cose terrestri e alle sue esigenze supreme" ( LG 44 ).

E tuttavia, "siccome i consigli evangelici, per mezzo della carità alla quale conducono, congiungono in modo speciale i loro seguaci alla Chiesa e al suo mistero, la vita spirituale dei religiosi deve pur essere consacrata al bene di tutta la Chiesa.

Di qui deriva il dovere di lavorare, secondo la forza e il genere della propria vocazione, sia con la preghiera, sia anche con l'opera attiva, a radicare e consolidare negli animi il regno di Cristo …" ( LG 44 ).

L'esortazione apostolica sull'evangelizzazione sintetizza mirabilmente tutto questo.

I religiosi "con la stessa natura del loro essere si collocano nel dinamismo della Chiesa, assetata dell'assoluto di Dio, chiamata alla santità.

Di questa santità essi sono testimoni.

Incarnano la Chiesa in quanto desiderosa di abbandonarsi al radicalismo delle beatitudini.

Con la loro vita sono il segno della totale disponibilità verso Dio, verso la Chiesa, verso i fratelli" ( EN 69 ).

71. Sullo sfondo di queste premesse, si comprende come siano sorti e sorgano ordini, congregazioni e istituti, non solo per la professione dei consigli evangelici ma anche per l'esplicazione di autentici ministeri quali la predicazione, l'assistenza ai pellegrini, agli infermi e agli orfani, la liberazione degli schiavi, l'educazione della gioventù, l'apostolato dei mass-media ecc.; e si comprende ancora come singoli religiosi possano essere investiti, per il bene comune, dell'esercizio di ministeri istituiti, e possano svolgere ministeri di fatto.

Ministeri e laici

72. Anche a proposito della questione del rapporto dei laici coi ministeri sono necessarie delle precisazioni.

Bisogna, anzitutto, ridimensionare la diffusa mentalità che inclina ad attribuire ai laici soltanto compiti nel mondo e, perciò, bisogna considerare il "ruolo" specifico del laicato più organicamente innestato nella realtà di una Chiesa che è tutta al servizio del Signore.

Secondo la dottrina del concilio, sia nella costituzione sulla Chiesa e sia nel decreto sull'apostolato dei laici, tutti i fedeli sono chiamati, in forza del battesimo, a partecipare all'unica e globale missione della Chiesa ( cf. LG 33-38; AA 3 ).

E tuttavia, uno dei modi tipicamente laicali di parteciparvi è collegato "alla vocazione specifica dei laici posti in mezzo al mondo e alla guida dei più svariati compiti temporali".

"Il loro compito primario e immediato non è l'istituzione e lo sviluppo della comunità ecclesiale - specifico dei pastori - ma è la messa in atto di tutte le possibilità cristiane ed evangeliche nascoste, ma già presenti e operanti nelle realtà del mondo.

Il campo proprio della loro attività evangelizzatrice è il mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale, dell'economia; così pure della cultura, delle scienze e delle arti, della vita internazionale, degli strumenti della comunicazione sociale; e anche in altre realtà particolarmente aperte all'evangelizzazione, quali l'amore, la famiglia, l'educazione dei bambini e degli adolescenti, il lavoro professionale, la sofferenza" ( EN 70 ).

73. Qui si apre senza dubbio un orizzonte assai vasto per i ministeri dell'animazione cristiana dell'ordine temporale, e della promozione umana, le quali, come tali, fanno parte della missione della Chiesa.

Tutto ciò che entra infatti nell'ordine dell'evangelizzazione, potrebbe essere oggetto di ministero ecclesiale.

Se pertanto "ci saranno laici penetrati di spirito evangelico, responsabili di queste realtà ed esplicitamente impegnati in esse, competenti nel promuoverle e consapevoli di dover sviluppare tutta la loro capacità cristiana spesso tenuta nascosta e soffocata" ( EN 70 ), a noi pare che alla presenza cristiana nel mondo, e alle sue concrete future progettazioni, venga offerta una svariata e provvidenziale gamma di autentici ministeri laicali ( cf. GE 8 ).

Ministeri e famiglie

74. C'è la questione della famiglia nel suo rapporto con i ministeri.

Della famiglia trattò abbondantemente l'assemblea generale della CEI nel 1975.

Nel documento che ne è scaturito, si accenna, forse per la prima volta, al "ministero dei coniugi".

"In forza del sacramento, gli sposi sono consacrati per essere ministri di santificazione nelle famiglie e di edificazione della Chiesa …

I coniugi compiono il loro ministero e impegnano il loro carisma, nella preparazione specifica dei fidanzati al sacramento del matrimonio … nella catechesi familiare e parrocchiale, nella promozione delle vocazioni specialmente di quelle di speciale consacrazione …" ( EvSM 104-106 ).

Il Papa si è così recentemente espresso: si "deve far spazio … alle coppie e … aiutare le comunità parrocchiali e diocesane a riconoscerne il ruolo di protagoniste della pastorale che a loro viene dalla grazia del sacramento.

In una società che emargina sempre più la famiglia e, praticamente, tende a vanificarne la consistenza e i compiti nelle realtà civili e nell'educazione dei figli … ci si deve impegnare a promuovere il ministero dei coniugi anzitutto nei confronti della crescita della fede dei figli; nei confronti poi della evangelizzazione delle coppie e delle famiglie deboli nella fede, con le quali essi hanno quotidianamente contatti di vicinato, di lavoro, di situazioni spesso totalmente chiuse ad altre presenze ecclesiali; nei confronti infine dei fidanzati, che si preparano al matrimonio" ( Paolo VI, Discorso all'assemblea generale dell'ACI, 25.4.1977 ).

Ministeri e donne

75. C'è poi il problema, oggi molto avvertito e tuttavia irto di difficoltà non lievi, della configurazione ministeriale delle donne.

Circa i ministeri ordinati e i ministeri finora istituiti, vanno tenuti presenti gli orientamenti dottrinali ( II ) e le norme disciplinari ( MQ ), emanati dalla Chiesa in questi ultimi anni.

Anche in questo campo, la ricerca è aperta e i ministeri di fatto aprono vaste aree di esercizio all'impegno ministeriale delle donne.

In questa linea ci sembra importante che giunga a maturazione, nella preghiera e nella meditazione come pure nella concreta sperimentazione, una più vasta e corretta consapevolezza ministeriale, rispettosa della misteriosa saggezza evangelica ed ecclesiale.

76. Non dunque per eludere il problema ma per favorire tale maturazione, preferiamo invitare a scoprire nella sacra Scrittura, soprattutto nel Nuovo Testamento, quante e quali possibilità siano riservate alle donne nell'edificazione del corpo di Cristo: possibilità corrispondenti alla grandezza delle loro aspirazioni, e all'effettiva capacità del loro generoso donarsi.

Sarebbe bello riandare ai tempi apostolici e rievocare tanti nomi di donne, affioranti dalle Lettere e dagli Atti degli apostoli; e sarebbe interessante ricordare pure gli specifici ministeri che si intravedono da esse sostenuti ( cf. Lc 2,36; Rm 16,1ss; 1 Tm 5,3ss; At 9,36-41; At 21,9 ).

Più significativo sarebbe risalire ai giorni di Gesù e della sua predicazione.

Lo troviamo accompagnato, lui e i discepoli, da un gruppo di donne ( cf. Lc 8,1-3; Lc 23,55-56 ).

Vi è Maria di Magdala, che lo unge e profuma, vivo e morto; lo ricerca sepolto; lo incontra risorto, e da lui è mandata a recare il messaggio pasquale: "Gesù le dice: Maria!

Essa allora voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: Rabbunì, che significa: Maestro!

Gesù le disse: Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma và dai miei fratelli e dì loro: io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro.

Maria di Magdala andò subito ad annunciare ai discepoli: Ho visto il Signore e anche ciò che le aveva detto" ( Gv 20,16-18 ).

Ma bellissimo e fecondo è sostare sull'"ora" di Gesù, e fissare lo sguardo su Maria santissima, e contemplarne il ministero di Vergine Madre, di collaboratrice e corredentrice, nell'amore e nel dolore, per la gioia di tutti ( cf. Gv 2,1-11 ).

Ministero unico, e tuttavia partecipabile, nella misura con la quale si aderisce alla volontà di Dio: "Giunsero sua madre e i suoi fratelli … e gli dissero … Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano.

Ma egli rispose loro: Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?

Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: Ecco mia madre e i miei fratelli!

Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre" ( Mc 3,31-35 ).

Al di là e al di sopra di ogni ministero, c'è dunque un realissimo modo di sublimare, mediante la carità, tutta la vita.

77. Alla presenza della donna nella Chiesa, ai vari servizi che essa di fatto già rende sia per l'annuncio della Parola e per la catechesi e sia per la cristiana formazione e per le molteplici attività caritative e sociali, dovremo in futuro riservare un'attenzione maggiore.

Non tanto per "consentire" alle nuove situazioni, nella misura in cui la "promozione della donna" è ritenuta un "segno dei tempi", ma piuttosto per recuperare esperienze di vita ecclesiale che, già utili alla Chiesa in altre stagioni, si riveleranno preziose per la Chiesa di oggi.

A tal fine occorre una revisione di mentalità, per accogliere tutti i suggerimenti che emergono, oltre che dall'esperienza, dalla vita di una Chiesa che è mistero e comunione.

Ministeri e movimenti apostolici

78. Nel contesto di singolari forme di ministerialità torna a porsi, sotto un profilo diverso da quello già accennato, la questione dei ministeri laicali, secondo autorevoli e significative indicazioni pontificie e conciliari, che configurano uno specifico ministero esercitato da laici.

Se infatti la vocazione specifica dei laici è la loro presenza attiva nelle realtà temporali, "non bisogna tuttavia trascurare o dimenticare l'altra dimensione: i laici possono anche sentirsi chiamati o essere chiamati a collaborare con i loro pastori nel servizio della comunità ecclesiale, per la crescita e la vitalità della medesima, esercitando ministeri diversissimi, secondo la grazia e i carismi che il Signore vorrà loro dispensare" ( EN 73 ).

"Tali ministeri, nuovi in apparenza, ma molto legati ad esperienze vissute dalla Chiesa nel corso della sua esistenza, - per esempio quelli di catechista, di animatori della preghiera e del canto, di cristiani dedicati al servizio della parola di Dio o all'assistenza dei fratelli bisognosi, quelli infine dei capi di piccole comunità, dei responsabili di movimenti apostolici, o di altri movimenti - sono preziosi per la plantatio, la vita, la crescita della Chiesa e per una capacità di irradiazione intorno a se stessa e verso coloro che sono lontani" ( EN 73 ).

79. Tra questi ministeri, e in aggiunta all'esemplificazione citata, crediamo di dover segnalare l'Azione cattolica, già dal concilio vista come una forma ministeriale ( cf. AG 15 ).

Il nostro Papa, poi, in più di un'occasione ( cf. Discorsi all'ACI del 22.9.1973 e del 25.4.1977 ), ha voluto ribadirne l'idea, rilevando che l'Azione cattolica, "in quanto collaborazione dei laici all'apostolato gerarchico della Chiesa, ha un posto non storicamente contingente, ma teologicamente motivato nella struttura ecclesiale …", perché "chiamata a realizzare una singolare forma di ministerialità laicale, volta alla plantatio Ecclesiae e allo sviluppo della comunità cristiana in stretta unione con i ministeri ordinati" ( Discorso all'assemblea generale dell'ACI del 25.4.1977 ).

80. Noi sentiamo e vediamo l'Azione cattolica - con il concilio ( LG 33 ) - nella scia "di quegli uomini e donne che aiutavano l'apostolo Paolo nell'evangelizzazione, faticando molto per il Signore".

Così nelle lettere di san Paolo: "Esorto Evodia ed esorto anche Sintiche ad andare d'accordo nel Signore.

E prego te pure, mio fedele collaboratore, di aiutarle, perché hanno combattuto per il Vangelo insieme con me, con Clemente e con gli altri miei collaboratori, i cui nomi sono nel libro della vita" ( Fil 4,3 ).

"Salutate Prisca e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù … salutare anche la comunità che si riunisce nella loro casa.

Salutate Maria, che ha faticato molto per voi … Salutate Andronico e Giunia … sono degli apostoli insigni …" ( Rm 16,3ss ).

81. Questa qualifica di "singolare forma di ministerialità laicale" giunge a definire l'Azione cattolica dopo decenni di studi e di benefica presenza apostolica, che hanno non poco contribuito a sviluppare la teologia del laicato e le forme molteplici della sua partecipazione alla missione della Chiesa.

È tempo, perciò, che sacerdoti e laici armonizzino le loro vedute circa l'Azione cattolica a queste prospettive, del resto già decisamente presenti nella dottrina del concilio ( cf. AG 15; LG 33; AA 20 ).

Notevole impulso verrà all'impegno apostolico nella misura in cui saranno superati pregiudizi e disattenzioni e saranno accolte queste indicazioni che il servizio ecclesiale e la voce dello Spirito suggeriscono.

Come, d'altra parte, una più efficace adesione a queste prospettive gioverà alla stessa Azione cattolica per realizzare il ministero che la qualifica al servizio della Chiesa, secondo le condizioni indicate dalla Evangelii nuntiandi ( cf. EN 73 ).

82. Ma non pensiamo, in questo momento, soltanto all'Azione cattolica.

La prospettiva ministeriale può e deve egualmente valere anche per altre associazioni e movimenti, che con grande merito si dedicano ad altre e diverse necessità pastorali e, suscitando feconde disponibilità apostoliche, le pongono con fattivo amore a servizio della Chiesa.

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