Comunione e comunità |
35. - Lo Spirito Santo dona ai credenti la fede in Gesù, riunendoli in un solo corpo, rendendoli figli nel Figlio, capaci di invocare Dio con il nome di Padre. ( Cfr. Rm 8,15 )
Così la comunione trinitaria, con la missione del Figlio e dello Spirito, entra nella storia degli uomini e si fa presente nel mondo.
Questa presenza è realizzata dallo Spirito, mediante la fede, nel cuore e nella vita di uomini concreti, viventi quotidianamente nella storia.
Essi, con le parole e con le opere, sono chiamati a farsi segno e strumento di fronte a tutti del mistero che portano dentro.
Il mistero nascosto, allora, si rivela nei loro rapporti interpersonali, segnati dalla fede, dalla speranza e dalla carità.
La ricchezza e i beni di ciascuno sono messi a disposizione di tutti, nel dono reciproco che esalta la fraternità, per cui l'uno è necessario all'altro, ciò che uno possiede completa quello che all'altro manca e ciascuno partecipa alla crescita comunitaria che tutti coinvolge e di tutti valorizza l'apporto.92
36. - La comunione del Padre che ha « mandato » nel mondo il Figlio e anima con il suo Spirito la storia umana, si mostra così nella comunione degli uomini tra loro.
Essi formano la comunità cristiana, dando ai loro rapporti interpersonali basati sulla fede, sulla speranza e sulla carità, e tendenti all'edificazione dell'unico corpo del Signore, la foma di una aggregazione stabile di persone per la manifestazione storica, cioè visibile e rilevante nella sua continuità, della comunione.
La comunità, dunque, voluta dal Signore Gesù, ( Cfr. Mt 16,18; Mt 18,15-20 ) è nata dall'annuncio che egli è risorto ed è il Signore che ci libera, è comunione con Cristo e con i credenti e testimonia l'unità del popolo di Dio, in cui ogni battezzato vive la sua dimensione profetica, sacerdotale e regale.
Se per tale specifica connotazione sarebbe errato ridurre la Chiesa a semplice aggregazione umana o ad una realtà sociale qualsiasi, ciò non significa che nella comunità ecclesiale debbano venire negate le caratteristiche umane delle persone o dei gruppi umani che vi apportano il contributo specifico della loro cultura, della loro esperienza storica, delle attitudini loro proprie.
Anzi, se fa parte della missione della Chiesa riconoscere e promuovere dovunque la dignità dell'uomo, con tutta la ricchezza dei valori che ogni uomo porta con sé, la comunità cristiana deve saper offrire a chiunque desidera diventarne membro un posto che non cancelli, ma elevi, nella partecipazione alla comunione divina, tutto l'umano che ne compone la personalità.
37. - Nella ricerca di vivere con impegno il dono della comunione che lo Spirito ci comunilca, è per noi fondamentale il modello delle prime comunità cristiane ( Cfr. At 2,42-46; At 11,19-30; At 13,14; At 14,26-28 ) e l'esperienza vissuta di una comunione intensa, anche se non priva di tensioni e di difficoltà.95
In particolare, nella prima comunità di Gerusalemme i fedeli, consapevoli della profondità della loro comunione, erano perseveranti « nell'ascoltare l'insegnamento degli Apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere ». ( At 2,42 )
Frutto di questa unione fraterna era anche la libera condivisione dei beni materiali: nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune ». ( At 4,32; cfr. anche At 2,44 )
La comunione non restava un dono interiore, ma era vissuta in tutta l'ampiezza delle sue dimensioni, compresa quella visibile e storica dell'aiuto e sostegno vicendevole.
Una comunità così dedita e fedele alla comunione era convincente conferma alla predicazione apostolica, perché l'unione fraterna e la letizia rendevano credibile l'annuncio e ogni giorno il Signore aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati ». ( At 2,48 )
Esemplarmente, il libro degli Atti degli Apostoli ci « dà l'immagine di una Chiesa che, grazie all'insegnamento degli Apostoli, nasce e si nutre continuamente della parola del Signore, la celebra nel sacrificio eucaristico e ne dà testimonianza al mondo nel segno della carità »99
38. - Possono essere tante le forme in cui si presentano le comunità cristiane che l'annuncio del Vangelo fa germogliare sulla terra, avendo ciascuna caratteristiche proprie, dimensione e importanza diverse.
Ma ogni comunità cristiana è, a suo modo, un'attuazione del mistero di salvezza in un luogo e in un contesto umano determinato e vi rende presente, in una certa misura, la realtà della Chiesa universale.
Costituite ultimamente sul fondamento degli Apostoli, le comunità cristiane ascoltano, annunciano e celebrano la parola di Dio da cui sono illuminate e giudicate;
vivono ciò che annunciano nel memoriale dell'Eucaristia e nelle opere della fede, della speranza e della carità;
si muovono confortate dalla presenza attiva dello Spirito che suscita in esse carismi e ministeri, e così compiono la missione loro affidata da Cristo.
39. - Proprio perché costituite sul fondamento degli Apostoli, le comunità cristiane si esprimono e si raccolgono intorno alla persona e al ministero del Vescovo.
Il Concilio chiama tali comunità col nome di « Chiese locali » o « particolari », e afferma che in esse « è veramente presente e agisce la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica e apostolica ».100
È importante sottolineare, al riguardo, il rapporto tra Chiesa particolare e Chiesa universale.
La Chiesa particolare non nasce da una sorta di frammentazione della Chiesa universale, né questa si presenta come il risultato della somma delle Chiese particolari.
Tra le due realtà c'è invece una relazione costante, perché la Chiesa universale esiste e si manifesta nelle Chiese particolari.
Per questo il Concilio dice che le Chiese particolari « sono formate a immagine della Chiesa universale; è in esse e a partire da esse, che esiste la sola e unica Chiesa cattolica ».101
« Questa visione conciliare è di grande importanza perché mostra che è all'interno delle diocesi che il fedele è chiamato a vivere pienamente la sua appartenenza alla Chiesa unica e universale ».102
40. - Alcune suggestioni conciliari103 portano a collegare implicitamente la Chiesa locale alla chiesa apostolica di Gerusalemme, e alle altre varie comunità che si incontrano negli Atti degli Apostoli. ( Cfr. At 2,41-45 )
La Chiesa locale si caratterizza per il legame a un luogo definito: ( Cfr. At 11,26 ) è « adunanza », « assemblea », « comunità raccolta », ( At 15,30; At 13,1 ) « comunità di fratelli », ( Cfr. At 15,36 ) espressioni che evidenziano l'unità della comunità cristiana convocata in un determinato luogo. ( Cfr. 1 Ts, 2 Ts 1; 2 Cor 1; Rm 16,15 )
Essa gode della pienezza del ministero del Vescovo, e, poiché il Vescovo è principio visibile dell'unità della Chiesa particolare, « come il Romano Pontefice, quale successore di Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento sia dei Vescovi che della moltitudine dei fedeli »,109 la ,comunità cristiana formata attorno al Vescovo, deve raccogliersi a sua volta attorno al Papa.
Solo in questa connessione la Chiesa particolare è autentica comunità ecclesiale e porzione di tutto il popolo di Dio.
Il Vescovo, pertanto, come membro del collegio episcopale, che succede a quello degli Apostoli,110 condivide con gli altri Vescovi la responsabilità della missione di tutta la Chiesa sparsa nel mondo, e in questa responsabilità la Chiesa locale gli è congiunta.
« I Vescovi reggono le Chiese particolari loro affidate come vicari e rappresentanti di Cristo ».111
Intorno ad essi, come a servitori dell'unità nella carità, si stringono i membri del popolo di Dio, con vincoli di fede, di amore, di obbedienza attiva e responsabile, affinché l'unità della, fede e della carità diventi evidente ed esemplare anche nella concorde azione pastorale.
41. - I singoli cristiani e tutte le diverse comunità alle quali essi danno vita, devono essere aperti a questa dimensione più grande della comunione.
Aprirsi con spirito di partecipazione alla vita della diocesi significa acquistare il respiro cattolico e apostolico che è proprio della pienezza della Chiesa.112
Questo vale per tutti i membri della Chiesa, persone e comunità: nessuno è un'isola nella Chiesa, ma tutti sono parte dell'unico popolo di Dio che ha nella Chiesa locale la sua piena manifestazione.
Il compito del Vescovo, col suo presbitèrio e coi suoi diaconi, naturalmente, non è facile.
Egli deve vivere dal di dentro, accanto a tutte le componenti della sua Chiesa, la molteplice ricchezza di grazia che lo Spirito le dona, e favorire il dialogo, sì da far crescere la comunione nella sua Chiesa particolare.
E allo stesso tempo deve sentire all'unisono con gli altri Vescovi e con il Papa, sì da comunicare alla sua Chiesa la coscienza di appartenere a tutto il popolo di Dio e mantenerla nel circuito di vita e di attività !della Chiesa universale.
42. - La Chiesa locale, ossia la diocesi, nella quale si realizza in pienezza la realtà della « Chiesa », normalmente si articola in parrocchie.
« Poiché nella sua Chiesa il Vescovo non può presiedere personalmente sempre e ovunque l'intero suo gregge, deve costituire gruppi di fedeli, tra cui hanno un posto preminente le parrocchie organizzate localmente e poste sotto la guida di un pastore che fa le veci del Vescovo: esse infatti rappresentano in certo modo la Chiesa visibile stabilita su tutta la terra ».113
Ancora secondo il Concilio, la parrocchia è la « cellula » della diocesi,114 la famiglia di Dio, come fraternità animata nell'unità, o « come insieme di fratelli animati da un solo spirito »,115 capace di « fondere insieme tutte le differenze umane che vi si trovano e inserirle nell'universalità della Chiesa ».116
In essa, il credente può vivere di fatto la sua vita cristiana quotidiana.
In essa quotidianamente pervengono « i problemi di ciascuno e del mondo e le questioni spettanti la salvezza degli uomini, perché siano esaminati e risolti con il concorso di tutti ».117
Il sacerdote vi rende presente il Vescovo,118 e così la parrocchia rende presente in se stessa la Chiesa universale.119
A motivo della sua relazione alla Chiesa particolare, la parrocchia costituisce, di fatto ancora oggi, la prima e insostituibile forma di comunità ecclesiale, strutturata e integrata anche con esperienze articolate e aggregazioni intermedie, che ad essa devono naturalmente convergere o da essa non possono normalmente prescindere.
43. - « La parrocchia, organizzata localmente sotto la guida di un pastore che fa le veci del Vescovo »,120 è pertanto una comunità di fede, illuminata e sorretta dalla parola di Dio, investita del dovere dell'annuncio e di una catechesi che riveli « l'intero mistero di Cristo con tutta la pienezza delle sue implicazioni e dei suoi sviluppi »;121 è una comunità di preghiera, soprattutto nel giorno del Signore,122 per l'azione dei sacramenti che vi si celebrano e per l'Eucaristia, vertice dell'azione liturgica; ed è comunità d'amore, dove la realtà della comunione è vissuta nell'insieme dei gesti che, partendo dall'Eucaristia, traducono la fraternità dei discepoli del signore nel servizio, nell'aiuto reciproco, nella testimonianza.
La comunità parrocchiale riunisce i credenti senza chiedere nessun'altra condivisione che quella della fede e dell'unità cattolica.
La sua ambizione pastorale è quella di raccogliere nell'unità persone le più diverse tra loro per età, estrazione sociale, mentalità ed esperienza spirituale.
44. - Inserita di regola nella popolazione di un territorio, la parrocchia è la comunità cristiana che ne assume la responsabilità.
Ha il dovere di portare l'annuncio della fede a coloro che vi risiedono e sono lontani da essa, e deve farsi carico di tutti i problemi umani che accompagnano la vita di un popolo, per assicurare il contributo che la Chiesa può e deve portare.123
Cosi essa è dentro la società non solo luogo della comunione dei credenti, ma anche segno e strumento di comunione per tutti coloro che credono nei veri valori dell'uomo: simile alla fontana del villaggio, come amava dire papa Giovanni, a cui tutti ricorrono per la loro sete.
45. - Oggi il bisogno di una esperienza di vita comunitaria è da molti assai sentito, e accade che la parrocchia si articoli in vari gruppi o piccole comunità.
La condivisione della fede e di un serio impegno cristiano riunisce spesso alcune persone in gruppi omogenei, sia per affinità personali che per particolari carismi o specifici compiti di evangelizzazione o di promozione umana.
Cosi un pò dappertutto fioriscono nella Chiesa tante piccole comunità, a volte singole o collegate tra loro in associazioni o movimenti.
Paolo VI vi scorgeva « una speranza per la Chiesa universale », quando esse si nutrono della parola di Dio senza restare schiave delle ideologie, quando evitino la tentazione della contestazione sistematica e, bene inserite nella grande Chiesa, conservino una sincera comunione con i Pastori, senza considerarsi mai l'unica forma autentica di vita ecclesiale.124
46. - È necessario che le comunità diocesane e quelle parrocchiali si aprano all'accoglienza di queste nuove forme di vita ecclesiale, dando loro la possibilità di integrarsi nell'insieme.
Nello stesso tempo coloro che le formano devono sentire di appartenere al popolo di Dio ed essere consapevoli di doverlo servire con i propri particolari carismi.
Per far questo devono anche pensare che essi non incarnano in sé tutta la dimensione sacramentale né il carattere popolare e universale della Chiesa.
Neppure lontanamente queste nuove forme di aggregazione ecclesiale possono concepirsi e volersi in alternativa alla comunità parrocchiale o diocesana, ma piuttosto devono in ogni situazione e occasione avere a cuore di collaborare con esse, sempre disponibili ad adeguare i loro modi di vedere e i loro piani di azione alle visioni e ai piani pastorali delle comunità più grandi, nelle quali Dio le ha chiamate a vivere e a operare.
A questo proposito è bene che tutti - e principalmente gruppi, movimenti e associazioni - prendano in attenta considerazione la Nota pastorale sui criteri di ecclesialità » che riguarda una situazione tanto importante e attuale della nostra Chiesa.125
La « Nota » è stata desiderata e intesa come un vero servizio alla comunione delle nostre comunità, sia diocesane che nazionale, per comporre in armonia e far convergere al bene comune ecclesiale energie e carismi largamente diffusi e promettenti.
Studiarla, e verificarvi sui criteri enunciati la propria libertà cristiana di aggregarsi, di muoversi e di operare nella Chiesa, in un rapporto articolato coi Pastori secondo la varietà delle occorrenze, è segno concreto d'amore e di volontà di comunione; accoglierla è garanzia di maggiore e migliore fecondità spirituale, apostolica e pastorale per sé e per tutti.
47. - La comunità ecclesiale, nelle diverse forme in cui si realizza, è la manifestazione storica della comunione che è dono dello Spirito Santo.
Il Concilio Vaticano II ricorda che lo Spirito santifica il popolo di Dio, distribuendo doni e grazie speciali « con le quali rende ( i fedeli ) adatti e pronti ad assumersi varie opere ed uffici ».126
Richiama anche al fatto che questi doni, straordinari o semplici e largamente diffusi, devono essere accolti con gratitudine e consolazione.
48. - Nella costruzione del corpo del Signore, che è la Chiesa, e nella sottomissione al discernimento dell'Apostolo, i carismi evidenziano una doppia caratteristica: sono dati per un impulso alla solidale fraternità e rivelano l'esigenza di una chiara distinzione di compiti nel servizio alla comunità.
Così i carismi laicali si distribuiscono in una infinita varietà di grazie e di compiti al servizio dell'uomo nella famiglia, nel lavoro, nella società, con l'annuncio della fede e con l'assunzione di responsabilità ecclesiali e civili.
I carismi dei religiosi impegnano nella testimonianza dei valori della contemplazione, nel ministero pastorale, in varie opere di apostolato, in svariati servizi sociali, ma sempre con un particolare carattere di segno del Regno che verrà.
I carismi dei Vescovi, dei preti e dei diaconi consacrano in particolare maniera al ministero apostolico, nell'annuncio del Vangelo al mondo e nella sua predicazione alla Chiesa, nella cura pastorale della comunità e nel peculiare servizio sacerdotale del culto.
Così la Chiesa particolare, vivendo la carità dello scambievole dono e promuovendo in tutti la coscienza del servizio, cresce nella bellezza, e nella fecondità della sua unità.
In essa i fratelli si aprono al dono di sé e alla trasparenza della loro testimonianza.
Con la convergenza armonica di tutti i carismi, con la loro diversità e continua novità, la Chiesa può rispondere alle esigenze della sua missione di salvezza dell'uomo.
Indice |
92 | Cfr. J. A. Mohler, L'umanità della Chiesa, Roma, 1969, p. 293, « Né uno né ciascuno possono essere il tutto. Solo tutti costituiscono il tutto e solo l'amore di tutti un tutto » |
95 | Ad es., le difficoltà per le divisioni all'interno della comunità di Corinto ( cfr.
1 Cor 1,10-13 ), quelle nella comunità dei Tessalonicesi ( cfr. 2 Ts 3,6 ), la controversia che oppone Paolo a Pietro ( cfr. Gal 2,11 ), il dissenso e la separazione di Paolo da Barnaba ( cfr. At 15,36-41 ) |
99 | Giovanni Paolo II, Esort. Apost., Catechesi tradendae, n. 10 |
100 | Christus Dominus, n. 11 |
101 | Lumen gentium, n. 23 |
102 | Questa citazione e il contesto che la precede è di S.E. Mons. J. Hamer o. p., nella relazione al Convegno della C.E.I. sulle « Mutuae relationes » ( 27-30/4/1981 ) « Il ministero dei Vescovo, fondamento della comunione gerarchica nella Chiesa particolare » ( dattiloscritto pp. 39-40 ) |
103 | Cfr. Sacrosanctum Concilium, n. 6 |
109 | Lumen gentium, n. 23 |
110 | Cfr. Lumen gentium, n. 20 |
111 | Lumen gentium, n. 27 |
112 | Cfr. Apostolicam actuositatem, n. 10 |
113 | Sacrosanctum Concilium, n. 42 |
114 | Apostolicam actuositatern, n. 10 |
115 | Lurnen gentium, n. 28; cfr. anche Presbyterorum Ordinis, n. 6 |
116 | Apostolicam actuositatern, n. 10 |
117 | Ibid. |
118 | Cfr. Lurnen gentium n. 28 |
119 | Ibid., n. 22 |
120 | Sacrosanctum Concilium, n. 42 |
121 | C.E.I., Il rinnovamento della catechesi, n. 74 |
122 | Cfr. Ibid., n. 116 |
123 | 123 L'accenno al territorio esige di ricordare il comportamento che la comunità ecclesiale, parrocchiale o diocesana, e tutti i fedeli, devono trovare nei confronti dei nuovi e gravi problemi posti dal territorio. Questo aspetto dell'azione pastorale odierna, nel nostro Paese, fu preso in considerazione specialmente nel Convegno ecclesiale di Evangelizzazione e promozione umana, del 1976. Forse è utile riportare dal documento del Consiglio Permanente della C.E.I., del 1° maggio 1977, Presentazione degli Atti del Convegno ecclesiale « Evangelizzazione e promozione umana », n. 12, quanto segue: « Siano poi sempre presenti alle vostre comunità parrocchiali la vita e i problemi del quartiere e della circoscrizione, luoghi veramente invocati e legalmente provveduti per le decisioni della vita sociale e civile. L'operosa presenza cristiana in queste strutture sia segno della sensibilità umana con cui avvertiamo, quotidianamente, le necessità di tutti » |
124 | Cfr. Esort. Apost. Evangelii nuntiandi, n. 58 |
125 | Cfr. C.E.I., Criteri di ecclesialità |
126 | Lumen gentium, n. 12 |