La Trinità |
14.20 Questi ragionamenti malgrado la loro brevità mirano a mostrare anche a quelli di ingegno più tardo, sotto gli occhi e alle orecchie dei quali questi scritti giungeranno, quanto lo spirito ami se stesso perfino nella sua debolezza e nel suo errore, quando ama colpevolmente e cerca i beni che gli sono inferiori.
Ora esso non potrebbe amare se stesso, se si ignorasse totalmente; cioè, se non si ricordasse di sé, né si comprendesse.
Ché questa immagine di Dio presente in esso ha un così gran potere che è capace di unirsi a Colui di cui è immagine.
Il suo posto nella gerarchia delle nature, non in quella dei luoghi, è tale che al di sopra di esso non c'è che Dio.
Finalmente, quando sarà perfettamente unito a lui, esso non sarà che un solo spirito con lui; lo attesta l'Apostolo dicendo: Colui che si unisce al Signore è un solo spirito con lui; ( 1 Cor 6,17 ) lo spirito si eleva fino alla partecipazione della natura, della verità, della beatitudine di Dio, senza che tuttavia Dio si accresca nella sua natura, verità e beatitudine.
In quella divina natura, quando le sarà unito per la sua beatitudine, lo spirito vivrà come qualcosa d'immutabile, e tutto ciò che vedrà, lo vedrà stabilito nell'immutabilità.
Allora, come gli promette la divina Scrittura, il suo desiderio sarà ricolmo di beni, ( Sal 103,5 ) di beni immutabili, la Trinità stessa, il suo Dio di cui esso è l'immagine.
E perché questa immagine non possa giammai essere contaminata, essa sarà nel segreto del volto di Dio, ( Sal 31,21 ) ricolmata da lui di tanta abbondanza, che il peccato non avrà per essa più alcun fascino.
Ma in questa vita, quando lo spirito vede se stesso, non vede qualcosa di immutabile.
Cosa che esso non pone certamente in dubbio, perché è miserabile e desidera essere beato; e non ha speranza di poterlo divenire, se non perché è mutevole.
Se esso non fosse mutevole infatti, come, beato, non potrebbe diventare misero, così, misero, non potrebbe diventare beato.
E che cosa, sotto un Signore onnipotente e buono, avrebbe potuto renderlo misero, se non il suo peccato e la giustizia del suo Signore?
E che cosa lo renderà beato, se non il suo merito ed il premio del suo Signore?
Ma anche il suo merito è una grazia di Colui il cui premio costituisce la sua beatitudine.34
Perché esso non può darsi la giustizia, che non ha perché l'ha perduta.
Questa giustizia l'uomo l'ha ricevuta, all'atto della creazione, ma per il peccato l'ha perduta totalmente.
Riceve dunque la giustizia, grazie alla quale poter meritare di ricevere la beatitudine.
Per questo si sente rivolgere, con piena ragione, dall'Apostolo, queste parole, quando incomincia ad inorgoglirsi di questo bene come se gli fosse proprio: Che hai tu infatti che non abbia ricevuto, che te ne glorii come se non l'avessi ricevuto? ( 1 Cor 4,7 )
Quando conserva vivo il ricordo del suo Signore, dopo aver ricevuto lo spirito di lui, si rende perfettamente conto, perché ne è istruito interiormente, che non si può risollevare se non per un'azione gratuita di Dio, che non è potuto cadere se non per un proprio difetto volontario.
Non si ricorda assolutamente più della sua beatitudine: essa esisteva e non esiste più, e lo spirito se ne è totalmente dimenticato, perciò non si può più fargliela ricordare.
Ma esso crede in essa, perché le Scritture del suo Dio, degne di fede e scritte dai suoi Profeti, gli narrano della felicità del Paradiso e gli espongono, secondo la tradizione storica, e il primo bene dell'uomo e il suo primo peccato.
Ma si ricorda del Signore Dio suo. ( Dt 8,14 )
Egli esiste sempre: non esistette una volta ed ora non esiste, né ora esiste, ma prima non esistette; ma, come mai cesserà di esistere, così non ci fu momento in cui non esisteva.
Ed è dovunque tutto intero.35
È per questo che in lui lo spirito vive, si muove ed esiste, ( At 17,28 ) e perciò si può ricordare di lui.
Non che se ne ricordi, perché lo avrebbe conosciuto in Adamo, o in un luogo qualunque, prima della vita in questo corpo, o quando fu creato per essere unito a questo corpo; esso non ricorda nulla di questo, tutto ciò è stato cancellato dalla dimenticanza.
Ma si può far ricordare allo spirito il Signore, perché si volga a lui, ( Sal 22,28 ) come verso quella luce che lo toccava in qualche modo, anche quando si allontanava da lui.
Da questo deriva infatti che perfino gli iniqui pensano all'eternità e riprendono giustamente, lodano giustamente molte cose, nella condotta degli uomini.36
A quali regole si riferiscono essi per pronunciare questi giudizi, se non a quelle in cui vedono come ognuno debba vivere, sebbene essi non vivano così?
Dove le vedono? Non nella loro natura, perché certamente è con lo spirito che si vedono queste cose e perché è evidente che i loro spiriti sono mutevoli, mentre queste regole appaiono immutabili a chiunque abbia potuto vedere in esse una norma di vita; nemmeno in un modo di essere del loro spirito, perché queste sono regole di giustizia, mentre è evidente che i loro spiriti non sono giusti.
Dove sono dunque iscritte queste regole, in cui riconosce ciò che è giusto anche lo spirito che non è giusto, in cui vede che bisogna avere ciò che esso non ha?
Dove sono dunque iscritte, se non nel libro di quella luce che si chiama verità?
Di qui dunque è dettata ogni legge giusta e si trasferisce nel cuore dell'uomo che opera la giustizia, non emigrando in lui, ma quasi imprimendosi in lui, come l'immagine passa dall'anello nella cera, ma senza abbandonare l'anello.37
Invece quello che non opera, e che tuttavia vede che cosa si debba operare, è lui che si allontana da quella luce, ma tuttavia ne è toccato.
Quanto a colui che non vede nemmeno come si debba vivere, è più scusabile nel suo peccato, perché non trasgredisce una legge sconosciuta; ma il fulgore della verità ovunque presente tocca talvolta anche lui, quando, avvertito di essa, confessa il suo peccato.38
Coloro che, invitati a ricordarsene, si convertono al Signore, sono da lui riformati da quella difformità per cui le passioni mondane li conformavano a questo mondo, udendo la parola dell'Apostolo che dice: Non conformatevi a questo mondo, ma riformatevi rinnovando il vostro spirito, ( Rm 12,2 ) cosicché quella immagine incomincia ad essere riformata da Colui che l'ha formata.
Infatti non può riformarsi essa stessa, come ha potuto deformarsi: dice infatti l'Apostolo in un altro passo: Rinnovatevi nello spirito della vostra anima e rivestitevi dell'uomo nuovo, che è stato creato ad immagine di Dio, nella vera giustizia e santità. ( Ef 4,23-24 )
Ciò che qui dice creato secondo Dio, è ciò che un altro passo delle Scritture dice creato ad immagine di Dio. ( Gen 1,27; Gen 5,1; Gen 9,6 )
Ma peccando ha perso la vera giustizia e santità; perciò questa immagine è divenuta deforme e sbiadita; la recupera ( nella sua integrità ) quando è rinnovato e riformato.
Quanto all'espressione: Lo spirito della vostra anima intellettiva, ( Ef 4,23 ) l'Apostolo non ha voluto con essa significare due realtà differenti, come se l'anima intellettiva sia una cosa, e lo spirito dell'anima intellettiva un'altra, ma egli parla così perché ogni anima intellettiva ( mens ) è spirito ( spiritus ), ma ogni spirito non è anima intellettiva.39
Anche Dio è spirito ( Gv 4,24 ) ( spiritus ) che non può rinnovarsi perché non può nemmeno invecchiare.
Si parla anche di spirito ( spiritus ) nell'uomo per designare non più l'anima intellettiva ( mens ), ma quella parte dell'anima a cui appartengono le immagini dei corpi.
È di questo spirito che si tratta, quando l'Apostolo dice nella Lettera ai Corinti: Se infatti io prego con la lingua, il mio spirito prega, ma la mia anima intellettiva non ne ricava alcun frutto. ( 1 Cor 14,14 )
Egli allude al caso in cui non si comprende ciò che si dice, perché non si può nemmeno dir nulla, se l'immagine delle parole materiali, nella rappresentazione dello spirito ( spiritus ), non precedesse il suono della voce.
Si chiama spirito ( spiritus ) anche il principio vitale ( anima ) dell'uomo; per questo si legge nel Vangelo: E chinato il capo, rese lo spirito. ( Gv 19,30 )
In questo passo si allude alla morte del corpo, quando la vita ( anima ) lascia il corpo.
Si parla anche di spirito ( spiritus ) delle bestie come lo mostra assai chiaramente l'Ecclesiaste di Salomone, dove è scritto: Chi sa se lo spirito degli uomini sale in alto e quello delle bestie scende sotto terra? ( Qo 3,21 )
Anche il Genesi ne parla, quando dice che il diluvio fece perire ogni carne che aveva in sé lo spirito della vita. ( Gen 7,22 )
Infine si chiama spirito ( spiritus ) anche il vento, cosa evidentemente corporea; per questo si legge nei Salmi: Fuoco, grandine, neve, ghiaccio, spirito delle tempeste. ( Sal 148,8 )
Dunque, poiché la parola spiritus è usata in tanti sensi, l'Apostolo ha voluto chiamare spirito dell'anima intellettiva ( mens ) quello spirito che è anima intellettiva ( mens ).
Lo stesso Apostolo dice alla medesima maniera: Con la spogliazione del corpo di carne. ( Col 2,11 )
Ma non vuole certamente designare due realtà, come se una cosa fosse la carne, altra cosa il corpo di carne, ma poiché la parola "corpo" si applica a molte cose, nessuna delle quali è carne ( molti sono infatti i corpi celesti e terrestri che non sono carne ), l'Apostolo chiama corpo di carne il corpo che è carne.
Allo stesso modo chiama spirito dell'anima intellettiva lo spirito che è anima intellettiva.
In un altro passo, più esplicitamente ancora, parla dell'immagine, facendo la stessa raccomandazione con altre parole: Spogliandovi dell'uomo vecchio e delle sue azioni, rivestitevi dell'uomo nuovo che si rinnova nella conoscenza di Dio, secondo l'immagine di Colui che l'ha creato. ( Col 3,9 )
Nel testo precedente si legge: Rivestitevi dell'uomo nuovo che fu creato secondo Dio, ( Ef 4,24 ) ed in questo: Rivestitevi dell'uomo nuovo che si rinnova secondo l'immagine di Colui che l'ha creato. ( Col 3,9 )
Là è detto: Secondo Dio, qui: secondo l'immagine di Colui che l'ha creato.
E mentre prima scriveva: nella vera giustizia e santità, ora scrive: nella conoscenza di Dio.
Dunque questo rinnovamento e questa riformazione dello spirito si verificano secondo Dio, o secondo l'immagine di Dio.
Ma è detto: secondo Dio perché non si ritenga che si verifichi secondo un'altra creatura, ed è detto: secondo l'immagine di Dio per far comprendere che questo rinnovamento si attua là dove si trova l'immagine di Dio, cioè nello spirito.
Allo stesso modo che diciamo morto secondo il corpo, non secondo lo spirito ( spiritus ), l'uomo che è fedele e giusto quando abbandona il corpo.
Che vogliamo significare infatti quando diciamo che è morto secondo il corpo, se non che è morto con il corpo o nel corpo, non con l'anima o nell'anima?
O ancora diciamo: "È bello secondo il corpo", o: "È forte secondo il corpo e non secondo l'anima ( anima )"; queste espressioni hanno altro senso che questo: "È bello e forte nel corpo, non nell'anima"?
Innumerevoli sono le espressioni di questo genere.
Non intendiamo dunque l'espressione: secondo l'immagine di Colui che l'ha creato ( Col 3,9 ) come se l'immagine secondo la quale si attua questo rinnovamento fosse diversa da quella con la quale si rinnova.
Certo, il rinnovamento di cui ora si parla, non si compie istantaneamente con la conversione stessa, come il rinnovamento del Battesimo si compie istantaneamente con la remissione di tutti i peccati, ( Mc 1,4; Lc 3,3; At 2,38 ) senza che rimanga da rimettere la più piccola colpa.
Ma come una cosa è non avere più la febbre, altra cosa ristabilirsi dalla debolezza causata dalla febbre; ancora, come una cosa è estrarre il dardo conficcato nel corpo, altra cosa poi guarire con un'altra cura la ferita procurata dal dardo; così la prima cura consiste nel rimuovere la causa della malattia, ciò che avviene con il perdono di tutti i peccati, la seconda nel curare la malattia stessa, ciò che avviene a poco a poco progredendo nel rinnovamento di questa immagine.
Questi due momenti sono indicati nel Salmo in cui si legge: Egli perdona tutte le tue iniquità, ciò che si attua nel Battesimo; poi il Salmo continua: Egli guarisce tutte le tue malattie, ( Sal 103,3 ) ciò che si attua con i progressi quotidiani, quando si rinnova questa immagine.
Di questo rinnovamento parla assai chiaramente l'Apostolo quando dice: Quantunque il nostro uomo esteriore vada deperendo, quello interiore però si rinnova di giorno in giorno. ( 2 Cor 4,16 )
Ora si rinnova nella conoscenza di Dio, ( Col 3,10 ) cioè nella vera giustizia e santità, ( Ef 4,24 ) secondo i termini usati dall'Apostolo nelle testimonianze che ho riportato un po' più sopra.
Dunque colui che di giorno in giorno si rinnova progredendo nella conoscenza di Dio e nella vera giustizia e santità trasporta il suo amore dalle cose temporali alle cose eterne, dalle cose sensibili alle intelligibili, dalle carnali alle spirituali; e si dedica con cura a separarsi dalle cose temporali, frenando ed indebolendo la passione, e ad unirsi con la carità a quelle eterne.
Non gli è possibile però questo che nella misura in cui riceve l'aiuto di Dio.
È Dio che l'ha detto: Senza di me non potete far nulla. ( Gv 15,5 )
Chiunque l'ultimo giorno di questa vita sorprenda in tale progresso e accrescimento, e nella fede nel Mediatore, questi sarà accolto dai santi Angeli per essere condotto a Dio che ha onorato e per ricevere da lui la sua perfezione; alla fine dei tempi gli sarà dato un corpo incorruttibile per non essere destinato alla sofferenza, ma alla gloria.
In questa immagine sarà perfetta la somiglianza di Dio, ( Gen 5,1; Gc 3,9 ) quando sarà perfetta la visione di Dio.
Di questa visione l'apostolo Paolo dice: Ora vediamo per mezzo di uno specchio in enigma, ma allora a faccia a faccia. ( 1 Cor 13,12 )
Egli dice pure: Noi che, a faccia velata, rispecchiamo la gloria del Signore, siamo trasformati nella stessa immagine, salendo di gloria in gloria, in conformità all'operazione del Signore che è spirito. ( 2 Cor 3,18 )
È questo che si realizza in coloro che progrediscono di giorno in giorno nel bene.
L'apostolo Giovanni, da parte sua, dice: O miei diletti, ora noi siamo figli di Dio, e ancora non è stato mostrato quello che saremo.
Sappiamo che quando ciò sarà manifestato saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è. ( 1 Gv 3,2 )
Da questo testo appare che in questa immagine di Dio si realizzerà la piena rassomiglianza di lui, quando essa possederà la piena visione di lui.
Quantunque questa affermazione dell'apostolo Giovanni si possa intendere anche dell'immortalità del corpo. ( 1 Gv 3,2 )
Anche in essa noi saremo simili a Dio, ma soltanto al Figlio, perché egli è l'unico nella Trinità che ha assunto un corpo che, morto, ha risuscitato ed ha condotto al Cielo.
Perché si dice pure che questa è immagine del Figlio di Dio, immagine secondo la quale come lui avremo un corpo immortale, resi conformi sotto questo aspetto non alla immagine del Padre o dello Spirito Santo, ma soltanto del Figlio, perché di lui solo leggiamo e ce lo conferma una fede pienamente ortodossa: Il Verbo si è fatto carne. ( Gv 1,4 )
Ecco perché l'Apostolo dice: Coloro infatti che preconobbe li ha pure predestinati conformi all'immagine del suo Figlio, affinché egli sia il primogenito fra molti fratelli. ( Rm 8,29 )
Primogenito, certamente, tra i morti, ( Col 1,18 ) secondo lo stesso Apostolo, per quella morte per cui è stata sotterrata la sua carne come un seme nell'ignominia, ed è risuscitata nella gloria.
Secondo questa immagine del Figlio, al quale per l'immortalità noi ci conformeremo nel corpo, compiamo anche ciò che similmente dice lo stesso Apostolo: Come abbiamo portato l'immagine dell'uomo terrestre, così rivestiremo pure l'immagine di quello celeste; ( 1 Cor 15,49 ) parole scritte perché teniamo con una fede sincera ed una speranza ferma e sicura che, noi, dopo essere stati mortali secondo Adamo, saremo immortali secondo Cristo.
Così infatti noi possiamo portare ora questa immagine, non ancora nella visione, ma nella fede; non ancora nella realtà, ma nella speranza.
È della risurrezione del corpo che parlava l'Apostolo, quando diceva queste parole. ( 1 Cor 15,45ss )
Ma per quanto riguarda l'immagine della quale è stato detto: Facciamo l'uomo ad immagine e somiglianza nostra, ( Gen 1,26 ) dato che il testo non dice: "a mia immagine", né "a tua immagine", crediamo che l'uomo è stato fatto ad immagine della Trinità e, per quanto ci è stato possibile, abbiamo cercato di comprendere ciò attraverso la nostra indagine.
Di conseguenza è piuttosto in questo senso che bisogna ugualmente comprendere l'espressione dell'Apostolo: Saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è. ( 1 Gv 3,2 )
Perché queste parole concernono colui del quale egli aveva detto: Siamo figli di Dio. ( 1 Gv 3,2 )
L'immortalità della carne troverà anch'essa la sua perfezione nell'istante della risurrezione di cui l'apostolo Paolo dice: In un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba, anche i morti risorgeranno incorruttibili, e noi saremo trasformati. ( 1 Cor 15,52 )
Perché in questo istante, in un batter d'occhio, prima del giudizio, risorgerà nella forza, nell'incorruttibilità, nella gloria ( 1 Cor 15,42-44 ) come corpo spirituale il corpo animale che ora è seminato nell'infermità, nella corruzione, nell'ignominia.
Invece l'immagine che, non esteriormente, ma interiormente, nello spirito dell'anima intellettiva, con la conoscenza di Dio, ( Col 3,10 ) si rinnova di giorno in giorno, ( 2 Cor 4,16 ) essa troverà la sua perfezione nella visione, che allora, dopo il giudizio, sarà a faccia a faccia, ( 2 Cor 4,16 ) mentre ora progredisce per mezzo di uno specchio ed in enigma. ( 1 Cor 13,12 )
È a riguardo di questa perfezione che bisogna intendere questa affermazione: Saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è. ( 1 Gv 3,2 )
Questo dono ci sarà dato, quando ci sarà detto: Venite, benedetti del Padre mio, prendete possesso del Regno che è stato preparato per voi. ( Mt 25,34 )
Allora sarà cacciato l'empio perché non veda la sublimità del Signore, quando quelli che sono a sinistra andranno nel supplizio eterno, mentre quelli che stanno a destra andranno nella vita eterna. ( Is 26,10; Mt 25,46 )
Ora, come dice la verità, la vita eterna è questa: che conoscano te, solo vero Dio e colui che hai mandato, Gesù Cristo. ( Gv 17,3 )
È questa sapienza contemplativa che, a mio parere, le Scritture chiamano propriamente sapienza, distinguendola dalla scienza; sapienza dell'uomo certamente, ma che egli non possiede, a meno che non la riceva da Colui che, per partecipazione, può rendere veramente sapiente lo spirito razionale e intelligente.
È di essa che Cicerone fa l'elogio alla fine del dialogo "Ortensio": Noi che giorno e notte meditiamo queste cose ed aguzziamo la nostra intelligenza, che è la punta viva dello spirito e che stiamo attenti a non lasciarla ottundersi, cioè noi che viviamo da filosofi, abbiamo una grande speranza: o ciò che pensiamo e gustiamo spiritualmente è mortale e caduco, ed allora, compiuti i doveri umani, la morte ci sarà dolce e ci estingueremo senza rimpianto, e sarà come il riposo della vita; o se, come hanno pensato gli antichi filosofi e fra essi i più grandi e di gran lunga più illustri, abbiamo un'anima eterna e divina, allora dobbiamo ritenere che quanto più un uomo avrà agito senza distogliersi dalla sua via, cioè in conformità alla ragione ed al desiderio di sapere e quanto meno si sarà mescolato e avrà preso parte ai vizi e agli errori degli uomini, tanto più l'ascesa e il ritorno al cielo gli saranno facili.40
Poi riprendendo e completando il suo ragionamento aggiunge: Per questo, per por fine a questa discussione, se vogliamo estinguerci tranquillamente, dopo esserci dedicati durante la nostra vita a queste discipline, o se vogliamo passare senza alcun intervallo di tempo da questa dimora in un'altra infinitamente migliore, dobbiamo dedicare a questi studi tutti i nostri sforzi e tutta la nostra attenzione.41
Mi meraviglio che un uomo di tanto ingegno a degli uomini dediti alla filosofia, che li rende beati con la contemplazione della verità, prometta, una volta compiuti i loro doveri umani, una morte dolce, se ciò che pensiamo e gustiamo spiritualmente è mortale e caduco, come se morisse e si estinguesse qualcosa che non amiamo, anzi ciò che odiavamo di tutto cuore al punto di vederlo scomparire con gioia.
In verità ciò non lo aveva appreso dai filosofi, che esalta con grandi elogi, ma è un'opinione in cui si avverte l'ispirazione della Nuova Accademia, da cui apprese a dubitare anche delle cose più evidenti.
Dai filosofi invece, che egli stesso riconosce come i più grandi e di gran lunga più illustri, aveva appreso che le anime sono immortali.42
Certo non è male che con questi incoraggiamenti le anime immortali vengano esortate a farsi trovare nella loro via, quando verrà il termine di questa vita, cioè a vivere in conformità alla ragione e al desiderio di ricerca, e a mescolarsi e invischiarsi il meno possibile ai vizi e agli errori degli uomini, affinché sia loro più facile il ritorno a Dio.
Ma questa via che consiste nell'amore e nella ricerca della verità non basta agli infelici, cioè a tutti i mortali che hanno solo la ragione, senza la fede del Mediatore.
È ciò che nei libri precedenti di quest'opera, soprattutto nel quarto e nel tredicesimo, mi sono sforzato di mostrare, per quanto ho potuto.
Indice |
34 | Agostino, De spir. et litt. 24, 39; Rm 3,23.24 |
35 | Sopra 5,1,2; Sopra 13,19,24 |
36 | Agostino, De spir. et litt. 27, 48; Enarr. in Ps. 58, 1; Serm. D.ni in monte 2, 1, 1; Cicerone, De rep. 4, fragm. 10, 12; De fin. bon. mal. 5, 22, 61 |
37 | Sopra 11,2,3 |
38 | Agostino, De spir. et litt. 27, 48; Enarr. in Ps. 58, 1; Girolamo, In Hiez. 9, 29; Rm 2,1-29; Rm 4,5; Rm 5,13; 1 Tm 1,13; Gc 2,11; Lv 4,2-28; Nm 15,22-29 |
39 | Agostino, De Gen. ad litt. 12, 7 |
40 | Cicerone, Hort., fragm. 97 |
41 | Ibid. |
42 | Platone, Tim. 42-43; Phaed. 24; Rep. 611 ab |