La formazione dei Presbiteri nella Chiesa Italiana

Indice

Capitolo I - Natura e missione del ministero presbiterale nel contesto ecclesiale italiano

« Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore » ( Gv 10,11 )

8. L'icona evangelica del Buon Pastore

Nell'icona evangelica del Buon Pastore ( Cfr Gv 10,1-18 ) è Gesù stesso che, attuando l'annuncio dei profeti, ( Cfr Sal 23; Ez 34,11ss ) si presenta come l'inviato del Padre, "consacrato" dallo Spirito, ( Cfr Lc 4,18 ) per pascere le sue pecore e per fare di esse un solo gregge e un solo pastore. La sua esistenza è una quotidiana manifestazione di quell'amore che lo ha spinto, in obbedienza alla volontà del Padre, a offrire la vita per le pecore: egli le conosce e le ama, chiama ciascuna per nome ed esse lo seguono; si mette alla ricerca di quelle smarrite e disperse, ( Cfr Mt 18,12-14; Mt 9,35-36 ) invitando a fare festa quando le ritrova; ( Cfr Lc 15,6 ) le conduce tutte a pascoli erbosi e ad acque tranquille, nutrendole con la sua stessa vita.

Chi è chiamato al ministero presbiterale percepisce, come Pietro nel suo dialogo con il Risorto, che è un impegno d'amore pascere il gregge del Signore. ( Cfr Gv 21,15-17 )

Per questo, egli è sollecitato a fissare lo sguardo su Cristo « Pastore supremo », ( 1 Pt 5,4 ) per rispondere al suo amore con un amore altrettanto fedele e generoso che si traduca nel dono totale di sé al servizio della Chiesa e del mondo.

1. La centralità della carità pastorale

9. Centralità della comprensione pastorale del presbiterato in Italia

Il Concilio Vaticano II ha privilegiato la visione pastorale del ministero presbiterale, integrandovi la concezione cultuale e sacrale.

I presbiteri rappresentano Cristo Pastore e, come tali, trovano nella carità pastorale l'elemento unificante della loro identità teologica e della loro vita spirituale.25

Il Magistero successivo è ritornato spesso sulla nozione di carità pastorale e, in particolare, Giovanni Paolo II nella Pastores dabo vobis ne ha sviluppati i molteplici aspetti.26

Tale nozione è particolarmente congeniale alla tradizione ecclesiale italiana che, dalla riforma tridentina in poi, ne è stata profondamente segnata soprattutto a opera di grandi figure episcopali come Carlo Borromeo, Gregorio Barbarigo e Alfonso Maria de' Liguori, il cui stile ha caratterizzato generazioni di ministri ordinati.

Opportunamente quindi, gli Orientamenti e norme del 1980 offrivano un'interpretazione del presbiterato in chiave pastorale, modulando su questa nota di fondo i diversi elementi esegetici, teologici, pratici e spirituali attinenti il presbiterato.

Trascorsi venticinque anni da quel testo, pur avvertendo la necessità di aggiornarne i contenuti alla luce dei documenti successivi e soprattutto della Pastores dabo vobis, ribadiamo la centralità della comprensione pastorale del presbiterato in Italia.

10. La carità pastorale, base comune delle diverse forme di ministero

Ciò non significa che vi sia una sola forma di realizzazione del ministero sacerdotale:

ogni presbitero possiede doni naturali e soprannaturali che lo rendono unico;

ciascuna Chiesa locale presenta un volto peculiare e ricchezze proprie;

le variegate situazioni ecclesiali richiedono differenti forme di esercizio del ministero.

Per questo, provvidenzialmente, sono molte nella nostra nazione le modalità concrete di svolgimento del ministero:

chi mette in primo piano il compito dell'annuncio e chi quello della celebrazione,

chi spende le proprie energie nell'impegno di promozione umana e chi nell'accompagnamento spirituale,

chi si dedica a fondo all'educazione e chi all'elaborazione culturale;

molti presbiteri, poi, svolgono un ministero che comporta una pluralità di questi aspetti.

Tutte queste forme, però, trovano la loro sintesi nella carità pastorale e da questa prendono forza; essa è come la corrente sotterranea che alimenta le diverse fonti e ne assicura la freschezza.

11. I riferimenti fondamentali: Presbyterorum Ordinis e Pastores dabo vobis

Le ampie riflessioni sulla natura del presbiterato offerte dal decreto Presbyterorum Ordinis e dall'Esortazione Pastores dabo vobis costituiscono tuttora una base teologica e dottrinale solida e coerente alla quale rimandiamo, richiamando qui solo gli elementi che si possono ritenere fondamentali per orientare la formazione.

Emergono così dalla carità pastorale cinque aspetti essenziali della natura e della missione presbiterale:

la duplice relazione a Cristo Pastore e alla Chiesa,

l'armonia tra i diversi compiti affidati al presbitero,

l'unità tra la vita spirituale e il ministero,

il richiamo alla radicalità evangelica.

Dall'intreccio di questi aspetti si evincono alcuni tratti di quella che si potrebbe definire la figura del presbitero per le Chiese che sono in Italia, verso la quale intendiamo orientare la formazione seminaristica e permanente dei presbiteri.

2. Gli aspetti essenziali della natura e della missione presbiterale

a) La dimensione cristologica

12. Una chiamata e abilitazione che hanno origine da Cristo

La carità pastorale rimanda anzitutto a Cristo Pastore, inviato dal Padre nello Spirito, come origine, modello e soggetto del ministero presbiterale:27 la sorgente del presbiterato non si colloca infatti nelle qualità umane, morali, intellettuali, spirituali di un uomo né semplicemente in un riconoscimento ecclesiale, bensì in una chiamata e in un'abilitazione che hanno origine da Cristo.

In tale prospettiva, deve essere riaffermata la dottrina del carattere, come configurazione ontologica a Cristo Sacerdote, che abilita ad agire in persona di Cristo Capo e Pastore.28

L'energia per un efficace ministero proviene dalla fedeltà di Dio, sigillata dal dono spirituale che, attraverso il sacramento dell'Ordine, dimora nel presbitero in maniera permanente.

Si tratterà quindi in seguito di "ravvivare" il dono che è stato trasmesso per l'imposizione delle mani. ( Cfr 2 Tm 1,6 )

Questa prima dimensione del ministero, definita cristologica, fonda la dimensione ecclesiologica,30 in quanto è necessario che la Chiesa stessa sia convocata dal Cristo Risorto attorno alla Parola, ai sacramenti e alla carità.

Come segni viventi di Cristo Pastore, Capo e Sposo,31 i presbiteri sono abilitati dall'ordinazione a essere strumenti efficaci per l'edificazione ecclesiale, attraverso l'annuncio della Parola, la celebrazione dei sacramenti e il discernimento dei carismi per un loro esercizio nella carità.

Senza questi doni, che la Chiesa non può darsi da sola ma può solo accogliere dal suo Signore, essa perderebbe la propria identità.

I presbiteri si collocano perciò in un punto vitale e nevralgico per l'esistenza della Chiesa, essendo testimoni efficaci della priorità della grazia con la quale Cristo Risorto la edifica e vivifica nello Spirito.32

13. L'amore verso Gesù Pastore precede e determina il mandato verso il gregge

Per questo « la carità del sacerdote si riferisce primariamente a Gesù Cristo: solo se ama e serve Cristo Capo e Sposo, la carità diventa fonte, criterio, misura, impulso dell'amore e del servizio del sacerdote alla Chiesa, corpo e sposa di Cristo ».33

Il dialogo dell'amore tra Cristo e Pietro – « Mi ami tu? », « Tu sai che ti amo » ( Cfr Gv 21,15-17 ) – rimane il modello permanente della carità pastorale: la domanda sull'amore verso Gesù Pastore precede e determina il mandato verso il gregge; è pastorale, dunque, quella carità vissuta dal presbitero in primo luogo nei confronti del Buon Pastore.

Se il ministero presbiterale non originasse da questo amore, scadrebbe a prestazione di un funzionario, anziché essere il servizio di un pastore che offre la vita per il gregge.

Da ciò risulta che l'amore per Cristo costituisce la motivazione prioritaria della vocazione al presbiterato.

b) La dimensione ecclesiologica

14. La relazione con Cristo Pastore rimanda alle relazioni che il presbitero vive nella Chiesa

In secondo luogo la carità pastorale rimanda alle relazioni oggettive che il presbitero vive nella Chiesa.

Se il ministero e la vita spirituale del presbitero trovano in Cristo Pastore, Capo e Sposo, la loro fonte originaria e permanente, nella trama dei rapporti ecclesiali trovano il luogo concreto della loro crescita.

Sebbene subordinata a quella cristologica, la dimensione ecclesiologica è pure essenziale al presbiterato.

Riscoperta dal Vaticano II,35 essa è già implicitamente compresa nel fatto che il presbitero è « configurato a Gesù Cristo in quanto Capo e Pastore della Chies a »:36 sarebbero incompleti un pastore senza gregge e un capo senza corpo, come anche uno sposo senza sposa.

Il presbiterato è quindi per il ministero ecclesiale e non per una dignità personale.

La valenza pastorale della carità presbiterale, dunque, non si esaurisce nel costitutivo rapporto sacramentale, intimo e vivo con Cristo Pastore, ma si innerva nelle relazioni ecclesiali.

Perciò deve essere intesa anche nei termini oggettivi di un intreccio di relazioni all'interno del popolo di Dio, caratterizzate dalla fondamentale fraternità fra tutti i battezzati, ma specificata dalla diversità dei ruoli e dei compiti, nell'ottica della comunione gerarchica.37

15. Le relazioni con il Vescovo, con gli altri presbiteri e con i laici

I presbiteri sono chiamati così in primo luogo a vivere una relazione filiale e fraterna con il proprio Vescovo, del quale sono necessari collaboratori e consiglieri nel ministero.38

Un rapporto cordiale e schietto con il Vescovo non è dettato solamente da motivi di affinità psicologica, di opportunità pastorale o di strategia operativa; esso si radica nella configurazione sacramentale del ministero, trasmesso al presbitero attraverso l'imposizione delle mani e la preghiera consacratoria da parte del Vescovo stesso e come partecipazione subordinata alla pienezza del suo sacerdozio.

È il vincolo sacramentale a imprimere radicalmente nel presbiterato la necessità della relazione con il Vescovo.

In secondo luogo i presbiteri, uniti tra loro da « intima fraternità sacramentale »,39 sono chiamati a intessere relazioni fraterne con gli altri presbiteri, soprattutto con quelli che appartengono al medesimo presbiterio diocesano; questo, come corona del Vescovo, costituisce una fraternità sacramentale e non solamente operativa o affettiva.

L'ordinazione infatti rende il presbitero partecipe dell'unico ministero, del quale il Vescovo è rivestito in pienezza, e richiede perciò per sua stessa natura stima reciproca, comunione e spirito di corresponsabilità.

È auspicabile che queste dimensioni costitutive del ministero presbiterale giungano a esprimersi anche in forme concrete di vita in comune.40

La disponibilità a inserirsi costruttivamente nella vita del presbiterio diocesano non è una scelta discrezionale per il presbitero, ma un elemento intrinseco alla sua vocazione.

Lo spirito di fraternità deve essere vissuto anche con i diaconi e le persone consacrate.

In terzo luogo, ai presbiteri è richiesta una relazione paterna e fraterna con i laici a cui sono inviati, siano essi membra della Chiesa vigili o assopite, collaboratori stretti o battezzati ormai indifferenti.

I fedeli laici esercitano il loro sacerdozio comune41 non in virtù di deleghe da parte dei ministri ordinati, ma in forza dell'unica missione radicata nel battesimo.42

Per questo motivo teologico i presbiteri sono tenuti a valorizzare i laici, ad ascoltarli e a fare tesoro della loro esperienza di vita, considerandoli non semplici esecutori né meri collaboratori, ma veri e propri corresponsabili nella missione ecclesiale, in particolare nelle realtà secolari.

Il compito dei presbiteri è di presiedere alla comune responsabilità come saggi padri di famiglia.

16. Sintonia con le scelte pastorali della Chiesa particolare

La coltivazione di questa ricca trama di rapporti esige profonda sintonia con le scelte formative, operative e missionarie attuate dalla propria Chiesa particolare.

Se è veramente pastorale, la carità del presbitero non è mai privata; atteggiamenti anche generosi di dedizione possono essere depotenziati o vanificati da individualismi che inducono alla divisione.

Ciò non significa livellare i diversi stili che può assumere l'esercizio del ministero, bensì porre le diversità al servizio dell'edificazione comune.

Spetta infatti all'intera Chiesa particolare, nello stile sinodale del discernimento comunitario,43 sotto la guida del Vescovo in comunione con il Papa, individuare nella propria situazione le priorità pastorali secondo le quali modellare concretamente la comunione e la missione.

In questa opera, il presbitero offrirà il dono dell'annuncio, della celebrazione e della guida, inserendosi fedelmente e creativamente nelle scelte della Chiesa particolare che è chiamato a servire, secondo la spiritualità che la caratterizza.

17. La spiritualità del presbitero diocesano come via di santificazione

La figura del presbitero diocesano evidenzia in modo paradigmatico come l'appartenenza e dedicazione sponsale a una Chiesa particolare rappresentino davvero un valore spirituale.44

Definita dall'incardinazione in una Chiesa particolare45 e dalla dedicazione stabile alla sua edificazione attraverso la triplice diaconia della Parola, dei sacramenti e della carità, la spiritualità del presbitero diocesano è una vera e propria via di santificazione.

Elementi di altre spiritualità potranno arricchirla, ma non sostituirla: essa infatti – nella triplice relazione oggettiva con il Vescovo, il presbiterio e la comunità – rimane sempre il perno della sua identità spirituale.

I presbiteri appartenenti a istituti di vita consacrata e a società di vita apostolica, poi, sebbene non siano incardinati in una Chiesa particolare, in essa vivono e operano: se, da una parte, tale Chiesa riceve da loro il prezioso servizio della testimonianza e del ministero, essi, dall'altra, saranno attenti a inserire il carisma del loro istituto nel cammino di comunione e missione che essa compie, in modo che diventi stimolo e ricchezza per tutti.

c) L'armonia tra i diversi compiti presbiterali

18. La carità pastorale, principio interiore e dinamico delle molteplici attività presbiterali

La carità pastorale, in terzo luogo, « costituisce il principio interiore e dinamico capace di unificare le molteplici e diverse attività del sacerdote ».46

Il ventaglio degli impegni è così ampio e vario che esiste realmente il rischio della dispersione.

La proclamazione della Parola di Dio può assumere forme molteplici, come il primo annuncio, l'evangelizzazione e la catechesi, l'omelia e l'insegnamento, l'intervento nei dibattiti e la lectio divina.

L'attività liturgica impegna in prima persona il presbitero nella preparazione e celebrazione dei sacramenti e nella vita di preghiera della comunità cristiana.

Egli esercita la sua guida pastorale anche nel discernimento dei doni e della vocazione di ciascun battezzato, nell'accompagnamento spirituale delle persone che a lui si rivolgono, nel coordinamento della vita comunitaria, nell'impegno diretto e indiretto verso i bisognosi.

Rimane anche il responsabile ultimo di alcuni aspetti organizzativi e amministrativi.

Annuncio della Parola, celebrazione dei sacramenti e ministero della carità, come servizio all'unico dono di Cristo Risorto, sono interconnessi e si richiamano a vicenda.47

L'equilibrio fra i differenti aspetti del ministero si realizza proprio vivendo la carità pastorale, sia nella sua dimensione interiore di dedizione e generosità, sia nella dimensione oggettiva di inserimento nel cammino della Chiesa particolare, in comunione con il Vescovo, il presbiterio e i laici.

È la congiunzione di queste due istanze della carità pastorale, e non la sola personalità psicologica del presbitero, a determinare la forma concreta del suo ministero: vi sono situazioni e momenti che richiedono maggiori energie nel campo dell'annuncio, altri che portano a privilegiare la celebrazione e altri, infine, che esigono un impegno più grande nei settori dell'accompagnamento, del coordinamento e dell'intervento caritativo.

19. La celebrazione eucaristica, principale alimento della carità pastorale

Poiché l'Eucaristia è fonte e culmine della vita e attività della Chiesa, luogo di concentrazione della Parola e di impulso della carità e della missione, la presidenza della celebrazione eucaristica è, per il presbitero, fonte e culmine dell'intero suo ministero, momento nel quale egli esercita nella maniera più intensa il compito di ripresentare Cristo Sacerdote, agendo in persona di Cristo Capo e Pastore.48

La celebrazione eucaristica è quindi per il presbitero il principale alimento della carità pastorale.49

« È nell'Eucaristia, infatti, che viene ripresentato, ossia fatto di nuovo presente il sacrificio della croce, il dono totale di Cristo alla sua Chiesa, il dono del suo corpo dato e del suo sangue sparso, quale suprema testimonianza del suo essere Capo e Pastore, Servo e Sposo della Chiesa.

Proprio per questo, la carità pastorale del sacerdote non solo scaturisce dall'Eucaristia, ma trova nella celebrazione di questa la sua più alta realizzazione, così come dall'Eucaristia riceve la grazia e la responsabilità di connotare in senso "sacrificale" la sua intera esistenza ».50

20. La dimensione missionaria

Il ministero presbiterale è per sua natura missionario,51 poiché Chiesa e mondo, fede e incredulità, santità e peccato si incontrano nel cuore dell'uomo: il presbitero quindi sperimenta sempre, nel suo triplice ministero, culminante nel servizio eucaristico, l'intrecciarsi delle due prospettive.

Lo stile di vita dei presbiteri italiani, apprezzato anche da molti che si sentono lontani dalla Chiesa, è connotato dalla prossimità: essi sono vicini alla gente, nelle esperienze di gioia e dolore, nelle case, nei luoghi di educazione, di lavoro e di ritrovo, negli ospedali e nelle case di riposo per anziani, nelle caserme, nelle carceri, nelle comunità di accoglienza di poveri ed emarginati.

È dunque prima di tutto nel loro ministero ordinario di annuncio, celebrazione e guida, che essi vivono fondamentalmente la dimensione missionaria del ministero.

Tale dimensione si apre non solo a coloro che partecipano attivamente alla vita delle parrocchie, ma anche a quegli uomini e quelle donne che, pur avendo ricevuto il battesimo, non vivono legami di piena e stabile comunione con la Chiesa, ai cristiani appartenenti ad altre Chiese e comunità ecclesiali, ai credenti di altre religioni e a coloro che si professano atei.52

Resta inoltre validissimo e urgente il ministero dell'annuncio ad gentes, costituendo in certo senso il paradigma della missione della Chiesa nel mondo.

Per questo i presbiteri che si dedicano interamente a tale missione sono preziosi.

Anche per loro vale il legame con una Chiesa particolare: siano essi diocesani o religiosi, operano per far sorgere o rafforzare una concreta esperienza ecclesiale, specificamente caratterizzata: realtà di Chiesa con un volto, una tradizione, una storia, con situazioni e problemi che richiedono attenzione e rispetto.

In particolare, i presbiteri diocesani inviati ad gentes, quando rimangono incardinati nella loro Chiesa d'origine, esercitano il ministero non a nome proprio ma come espressione dell'attività pastorale della Chiesa che li ha inviati e alla quale appartengono, così che è l'intera comunità particolare a farsi carico, per mezzo loro, della missione presso una Chiesa sorella già costituita o in via di costituzione.

d) L'unità tra ministero e vita

21. La carità pastorale alimenta e fa crescere la vita interiore

La carità pastorale unifica il ministero e la vita spirituale dei presbiteri.53

L'attività pastorale non solo esprime ma anche alimenta e fa crescere la vita interiore.

La spiritualità presbiterale coniuga dunque i due poli della spiritualità cristiana, azione e contemplazione, nella forma della spiritualità pastorale, ossia di azione dello Spirito dentro a una storia di dedicazione al popolo di Dio nelle diverse espressioni che il ministero assume.

Si crea così una reciprocità fra la Parola assimilata e donata, i sacramenti ricevuti e celebrati, la carità accolta ed esercitata.54

La cura per l'unità interiore comporta quindi, per il presbitero, la ricerca di un'armonia proporzionata tra i due poli della santificazione, per non perdere da una parte, cadendo nell'attivismo, le motivazioni interiori dell'apostolato, e dall'altra, cadendo nell'intimismo, la pratica concreta della carità.

Il contatto quotidiano con le persone, con le loro gioie e i loro dolori, penetra la preghiera del presbitero, sino a farne il sommo atto della carità pastorale.

A sua volta, la preghiera del presbitero, intessuta di Parola di Dio e volti di persone, diviene alimento e sostegno del ministero, favorendo una dedicazione pastorale capace di rivolgersi ai fratelli con sguardo di misericordia e atteggiamento di accoglienza.

22. L'integrazione della dimensione affettiva

Questa profonda armonia costituisce la base per una buona integrazione della dimensione affettiva del presbitero con la sua intera personalità.

Quando è la dedizione pastorale a orientare, assorbire e purificare le capacità affettive del presbitero, esse diventano una grande ricchezza capace di mantenere vitale il ministero e di comunicare entusiasmo e atteggiamenti positivi.

La carità pastorale costituisce dunque per il presbitero il criterio essenziale sul quale misurare la qualità del suo vissuto e delle sue potenzialità affettive, in modo che egli, individuando e correggendo eventuali atteggiamenti ambigui, dia testimonianza di una vita realizzata anche affettivamente, capace di orientare le sue energie relazionali nell'offerta di sé.

e) La radicalità evangelica

23. La carità pastorale come maniera peculiare con cui il presbitero vive la radicalità evangelica

La carità pastorale, infine, costituisce per il presbitero la modalità peculiare di vivere la radicalità evangelica nell'obbedienza, nella povertà e nella castità nel celibato.

Tutti i discepoli di Cristo sono chiamati alla radicalità evangelica,55 ossia a vivere le loro relazioni secondo l'obbedienza, la povertà e la castità praticate da Gesù, cioè in atteggiamento di libertà interiore, di distacco dalle cose e di gestione ordinata degli affetti e della sessualità.

Proprio per aiutare tutti i battezzati a vivere la radicalità evangelica, nella Chiesa alcuni sono chiamati ad assumerla come elemento caratterizzante la propria vocazione, per darne testimonianza eloquente nelle loro scelte di vita.

Gesù ha mostrato agli uomini che è possibile vivere nella storia la novità della radicale appartenenza a Dio nella totale dedicazione al suo Regno.

Le vocazioni di speciale consacrazione testimoniano a tutti gli uomini la trascendenza del Regno: se è vero infatti che i valori autenticamente umani sono altrettante pietre nella costruzione del Regno di Dio a partire dalla storia, è altrettanto vero che nella sua pienezza il Regno trascende ogni realizzazione umana, anche la più elevata.

24. La spiritualità di consacrazione

Tra la spiritualità dei consigli evangelici propria dei consacrati e quella dei ministri ordinati vi sono profondi motivi di convenienza teologico-spirituale.

I presbiteri sono chiamati a una piena conformazione a Cristo, non solo in quanto sono posti nella Chiesa, ma anche in quanto si collocano di fronte a essa, agendo in persona di Cristo Capo, Sposo e Pastore; come tali, essi si impegnano a vivere la povertà, la castità e l'obbedienza nella maniera loro propria, quella della carità pastorale.56

Nel dedicarsi stabilmente alla Chiesa particolare, essi abbracciano Cristo obbediente al Padre, promettendo al Vescovo "filiale rispetto ed obbedienza", entrando con amore, umiltà e spirito costruttivo nelle relazioni all'interno del presbiterio e del popolo di Dio.57

Essi abbracciano Cristo povero che arricchisce molti, scegliendo uno stile di vita sobrio e distaccato dalle cose, utilizzando ciò di cui dispongono per il loro ministero e la loro missione e facendosi in tal modo più attenti ai poveri.58

Infine, essi abbracciano Cristo Sposo della Chiesa, vergine e casto, vivendo la chiamata alla castità nel celibato come dono di sé ampio, ricco e generoso, "con cuore indiviso" e aperto a tutti.59

Questa donazione, anche quando attraversa momenti faticosi, sperimenta la logica del "centuplo", promessa da Gesù già in questa vita: è dunque un'esistenza umanamente ricca e piena. ( Cfr Mc 10,29-30 )

Alcuni presbiteri, animati da una speciale vocazione, aderendo a un istituto secolare, assumono i consigli evangelici mediante specifici impegni senza rinunciare allo stato secolare.

Essi « attraverso la testimonianza della vita consacrata, soprattutto nel presbiterio, sono di aiuto ai confratelli con una peculiare carità apostolica e in mezzo al popolo di Dio realizzano la santificazione del mondo con il proprio ministero sacro ».61

25. Sequela e croce

I presbiteri terranno presente che l'imitazione e la sequela di Cristo obbediente, povero e casto, è tutt'altro che facile e va contro la mentalità mondana, dominata dagli idoli: la croce fa parte essenziale della sequela e non è da interpretare come un incidente di percorso o come indizio di un'errata valutazione vocazionale.

Appartiene alla spiritualità presbiterale l'integrazione degli insuccessi, dei fallimenti e delle delusioni nel proprio cammino, quali "spine nella carne" inseparabili dall'apostolato, prove che il Signore lascia sussistere perché la sua grazia si manifesti pienamente nella debolezza dei ministri. ( Cfr 2 Cor 12,7-10 )

Sono le "persecuzioni" che Gesù stesso ha realisticamente connesso alla sequela, inquadrandole però in una gioia che non ha pari: il centuplo quaggiù e la vita eterna. ( Cfr Mc 10,30 )

3. Gli elementi tipici della figura del presbitero in Italia

26. Una figura esigente

Abbiamo così fatto emergere le articolazioni della carità pastorale che hanno avuto maggior ricezione nel contesto italiano e che costituiscono il punto di riferimento per delineare la figura del presbitero nel nostro Paese.

Esse sono:

la passione per Cristo Pastore, nella cui persona il presbitero agisce e a cui primariamente dirige la sua capacità di amare;

la dedizione alla Chiesa, a partire dal suo volto concreto e diocesano, nella coltivazione di rapporti oblativi, paterni e cordiali con i laici, fraterni e disponibili nel presbiterio, filiali e collaborativi con il Vescovo;

la dimensione missionaria del triplice ministero di annuncio, celebrazione e guida pastorale, a partire dalla prossimità alle persone nella propria Chiesa particolare, fino ad arrivare alla disponibilità all'annuncio ad gentes;

un'integrazione profonda tra la vita interiore e l'apostolato, capace di dare pienezza anche affettiva alla vita e al ministero presbiterale;

una radicalità evangelica che, senza l'illusione di poter evitare fatiche e incomprensioni, sperimenti la verità della promessa di gioia riservata da Gesù a chi ne condivide il cammino e testimoni la possibilità di realizzarsi donandosi completamente alla Chiesa in nome di Cristo obbediente, povero e casto.

In questa prospettiva vanno valorizzati e favoriti alcuni elementi già presenti nella vita del presbitero delle nostre Chiese:

la caratteristica popolare del prete-parroco vicino alle famiglie, ai poveri e ai malati;

la passione educativa verso il mondo giovanile;

l'attenzione verso quella che oggi viene definita "pastorale integrata";

la sensibilità verso i problemi sociali;

l'interesse per la prospettiva culturale configurata nel "progetto culturale" della Chiesa italiana;

la valorizzazione della comunicazione interpersonale e sociale;

la realizzazione di forme diverse di fraternità presbiterale.

Ci sembrano queste le caratteristiche irrinunciabili del presbitero di cui ha bisogno la Chiesa italiana all'inizio del terzo millennio.

Siamo consapevoli che si tratta di una figura esigente e in contrasto con una mentalità diffusa che, talvolta, anche nelle comunità cristiane, si accontenta del minimo indispensabile.

Siamo tuttavia convinti che abbassare il livello ideale, se anche può momentaneamente risolvere alcuni problemi immediati, non costituisce un buon servizio alle nostre Chiese e alle esigenze dell'evangelizzazione.

Indice

25 Cfr PO, 14
26 Cfr Pastores dabo vobis, 21-23
27 Cfr ibidem, 23
28 Cfr PO, 2
30 Cfr in particolare Pastores dabo vobis, 16
31 Cfr ibidem, 21-22
32 Cfr ibidem, 15
33 Ibidem, 23
35 Cfr in particolare PO, 2, n. 7-9
36 Pastores dabo vobis, 21
37 Cfr ibidem, 28
38 Cfr PO, 7
39 Ibidem, 8
40 Cfr ibidem;
LG, 28;
CD, 28;
Pastores dabo vobis, 81;
Direttorio per il ministero, 29
41 Cfr LG, 10-13
42 Cfr AA, 2;
AG, 2, n. 5
43 Cfr C. E. I., Nota pastorale Con il dono della carità dentro la storia, 21
La Chiesa in Italia dopo il Convegno di Palermo ( 26.V.1996 );
Comunicare il Vangelo, 50
44 Cfr Pastores dabo vobis, 31
45 Cfr Direttorio per il ministero, 26
46 Pastores dabo vobis, 23
47 Cfr LG, 28;
PO, 4-6;
Pastores dabo vobis, 26;
cfr anche il documento della Congr. Clero, Il presbitero, maestro della Parola, ministro dei sacramenti e guida della comunità, in vista del terzo millennio ( 19.III.1999 )
48 Cfr LG, 28;
PO, 5;
Pastores dabo vobis, 26
49 Cfr PO, 13;
Pastores dabo vobis, 23;
Direttorio per il ministero, 48-49
50 Pastores dabo vobis, 23
51 Cfr PO, 10
52 Cfr Comunicare il Vangelo, 56
53 Cfr PO, 14
54 I presbiteri « sono ordinati alla perfezione della vita in forza delle stesse azioni che svolgono quotidianamente, come anche di tutto il loro ministero [ … ].
Ma la stessa santità dei presbiteri, a sua volta, contribuisce moltissimo al compimento efficace del loro ministero » ( PO, 12 ).
Per l'articolazione dettagliata del triplice munus in questa prospettiva, cfr Pastores dabo vobis, 26
55 Cfr ibidem, 27
56 Cfr ibidem
57 Cfr PO, 15;
Pastores dabo vobis, 28;
Direttorio per il ministero, 61-66
58 Cfr PO, 17;
Pastores dabo vobis, 30;
Direttorio per il ministero, 67
59 Cfr PO, 16;
Paolo VI, Sacerdotalis caelibatus ( 24.VI.1967 );
Pastores dabo vobis, 29;
Direttorio per il ministero, 57-60
61 CIC, can. 713, § 3