Ezechiele |
Gli oracoli del libro di Ezechiele si possono catalogare in tre grandi gruppi:
oracoli di giudizio e condanna per Giuda;
oracoli di giudizio e condanna per le nazioni;
oracoli che contengono promesse di salvezza.
Il punto di svolta, che permette di passare dagli oracoli minacciosi di castigo a quelli che prospettano un intervento salvifico di Dio, è la caduta di Gerusalemme.
Essa segna, da una parte, la fine delle false certezze in cui gli Ebrei si erano rifugiati, dall'altra, il pericolo che il popolo, vinto e sfiduciato, abbracci gli dèi del vincitore babilonese.
Il profeta spiega allora che la distruzione di Gerusalemme è avvenuta proprio perché la gloria del Signore l'ha abbandonata, a causa dei peccati del popolo e dei capi.
Dio, però, rimane fedele alla sua promessa ed è pronto a ricominciare.
In questo contesto di speranza e fiducia si inserisce il c. 34 ( riecheggiato da Gv 10 ) dove Dio si impegna a dare al suo popolo un nuovo pastore ( cioè un nuovo re, contrapposto ai cattivi pastori-re precedenti, che hanno condotto il popolo alla rovina ) e a stabilire un'alleanza di pace con Israele.
L'ultima parte del libro presenta il tempio rinnovato, centro della vita del popolo fedele al Signore.
Visioni introduttive ( 1,1-3,27 )
Oracoli contro Giuda e Gerusalemme ( 4,1-24,27 )
Oracoli contro le nazioni ( 25,1-32,32 )
Oracoli di consolazione e salvezza ( 33,1-39,29 )
Visione del nuovo tempio e della nuova terra ( 40,1-48,35 ).
La prima caratteristica che si evidenzia nella lettura di Ezechiele è lo spazio dato alle visioni, spesso grandiose e piene di immagini allusive.
In esse compaiono tratti che saranno ripresi in un periodo successivo dagli scritti di tipo apocalittico.
Numerosi e importanti sono i gesti simbolici, azioni spesso "strane" per il senso comune, che esprimono efficacemente la parola di Dio e la rendono presente.
Attenzione è data anche ad aspetti legati al culto e alle norme che regolano le celebrazioni religiose, in specie alla distinzione fra sacro e profano, puro e impuro.
La parte finale del libro propone una visione del popolo, di Gerusalemme e del tempio dominata dalla preoccupazione di evitare qualsiasi contaminazione o profanazione della santità di Dio.
Alcuni passi del libro di Ezechiele si avvicinano ai testi sacerdotali del Pentateuco.
Ezechiele era un sacerdote di Gerusalemme.
Andò in Babilonia tra coloro che furono deportati nel 597, dopo la prima conquista della città di Gerusalemme da parte di Nabucodònosor.
Secondo le date presenti nel testo, la sua attività va collocata tra il 593 e il 571 ( 1,1; 29,17 ).
Nel libro sono a volte riconoscibili aggiunte e rielaborazioni, operate presumibilmente da discepoli del profeta.
Destinatari dell'opera di Ezechiele sono stati gli Ebrei in esilio a Babilonia, cominciando da quelli che vi erano giunti già nel 597, con la prima deportazione di Nabucodònosor.
A costoro, e in qualche modo anche a quelli che erano rimasti a Gerusalemme, Ezechiele annuncia l'impossibilità di una rivincita e di un ritorno in patria in tempi brevi.
Egli concorda in questo con Geremia, che si oppone a una falsa speranza, sfociata nel tentativo di ribellione di Sedecìa, causa della distruzione di Gerusalemme e di Giuda.
Nella seconda parte del suo ministero, gli interlocutori di Ezechiele sono gli esuli ormai sfiduciati e in crisi di fede: la distruzione di Gerusalemme sembrava infatti mettere in discussione la fedeltà e le promesse di Dio.
Il terzo grande profeta scrittore, Ezechiele ( = Dio è forte o Dio fortifica ), visse nel periodo più tormentato del valico tra l'antico e il rinnovato Israele.
Nel 605 a. C., con la vittoria di Charchemish, Nabucodonosor ( 605-562 ) divenne il padrone incontrastato del medio Oriente, dal Nilo all'Eufrate ( 2 Re 24,7 ).
Anche Joakim, re di Giuda, gli fu soggetto e tributario; ma, dopo circa tre anni, superbo e follemente fiducioso nell'Egitto, si ribellò.
Nel 598 Nabucodonosor assediò Gerusalemme, Joakim morì, forse ucciso, e il figlio e successore Joachin, dopo tre mesi di regno, si arrese.
Il vincitore deportò in Babilonia ( 597 a. C. ) il re, la corte, 7000 Giudei della classe dirigente e sacerdotale, 1000 operai specializzati e un numero imprecisato di altre persone ( 2 Re 24,16 ).
Mattania, zio di Jechonia, fu posto sul trono di Giuda, con il nome di Sedecia.
I deportati, fra i quali si trovava il sacerdote Ezechiele ( 1,1-3; 24,1 ecc. ), vennero sistemati per lo più lungo il Nar-Kabari tra Babilonia e Nippur, in colonie agricole ( Tell-Ahih = colle delle spighe: Ez 3,15 ); servivano così alle gigantesche realizzazioni di quello che fu ilperiodo più splendido della risorta Babilonia.
I Giudei godevano di larga autonomia: nelle loro comunità gli anziani avevano la rappresentanza e la direzione ( Ez 8,1; 14,1; 20,1 ); potevano migliorare le proprie condizioni e divenir proprietari ( Ger 29 ); Ezechiele possedeva una casa ( Ez 3,24s; 8,1 ).
Gli animi però erano eccitati.
Gli esuli sognavano una rivincita sul grandioso impero babilonese, più per convinzioni religiose che per la fiducia sull'Egitto, che in Giudea ebbe sempre fautori numerosi.
Secondo gli antichi Semiti ogni comunità ha il proprio Dio, che le è indissolubilmente legato; solo da essa infatti egli riceve un culto che lo delizia con il profumo dell'incenso e l'abbondanza delle vittime.
Egli deve difendere la comunità che lo onora, deve salvarne l'indipendenza; fuori del territorio di essa, egli non ha influenza alcuna.
I Giudei, entrati nel giuoco delle forze politiche, praticando un sincretismo idolatrico e trasgredendo i precetti morali, concepivano ormai l'alleanza del Sinai alla stregua dei rapporti cultuali degli altri Semiti.
Jahve li deve difendere come suoi cultori, senza badare ai loro peccati, perché se vuoi salvare se stesso deve salvare Gerusalemme; egli è il Dio d'Israele e solo nel tempio riceve omaggi ( Ger 7,4.8.10; Mi 3,11 ).
Il castigo poteva essere temporaneo; ma sicura era la rivincita di Jahve.
La deportazione del 597 veniva vista sotto tale aspetto.
Si aspettava contro Nabucodonosor ciò che era avvenuto a Sennacherib ( Is 37,36ss ).
Falsi profeti e sacerdoti venali alimentavano queste illusioni in patria ( Ger 23,9-40 ) e tra gli esuli ( Ger 29,21-32; Ez 13 ).
Questi aspettavano che si realizzassero a loro vantaggio le profezie mirabili di Is 40-66 sul ritorno da Babilonia.
In patria, i nuovi dirigenti scelti dai Caldei ripresero pertanto con maggiore accanimento e testardaggine la politica di insofferenza e sorda ribellione contro Babilonia che portò alla rivolta del 588, all'assedio di Gerusalemme ( Ez 21,23-27 ), durato circa 18 mesi e interrotto soltanto per respingere gli Egiziani che movevano in aiuto della città ( Ez 30,21ss ).
Gerusalemme fu espugnata ( 586 ), saccheggiata e incendiata.
Sedecia, dopo un tentativo di fuga ( Ez 12,10-14 ), fu preso, accecato e deportato, insieme con i superstiti.
È facile comprendere la rovina morale che tale evento poteva provocare negli esuli, il pericolo di uno smarrimento era gravissimo; essi si trovavano esposti al fascino dei grandiosi culti tributati agli dèi vincitori; il crollo delle illusioni poteva segnare il loro passaggio all'idolatria che li avrebbe fatti scomparire nel mare delle genti come era avvenuto per i deportati del regno di Samaria.
Mentre, in Giudea, Geremia, ultimo appello del Signore al popolo ribelle, esorta invano i concittadini alla penitenza, al ravvedimento che soli avrebbero impedito la catastrofe ( Ger 13,15ss ), in Babilonia Ezechiele lavora intensamente per la riforma e la continuità del popolo eletto.
In una visione sublime, che richiama quella di Is 6, Ezechiele nel 593 ( 1,1 ), lungo le rive del Nar-Kabari, è chiamato alla missione profetica.
Forse aveva allora una trentina d'anni.
Egli eserciterà un lungo ministero ( almeno 22 anni ) a Tell-Abib.
L'ultima data ( Ez 29,17 ) ci porta al 571.
A differenza di Geremia, Ezechiele aveva una sposa che perdette nel 9° anno dell'esilio ( 24,1.26ss ).
Secondo un'antica tradizione, Ezechiele fu ucciso da un capo del popolo, che egli aveva ripreso per la idolatria.
La sua missione di profeta e di pastore è dominata e distinta nettamente in due periodi, dalla distruzione di Gerusalemme ( 586 ).
Nel primo ( 593-586 ), egli combatte gli errori e le illusioni, per preparare gli esuli alla conversione e alla salvezza; va contro corrente, affronta ostilità e disprezzo.
La sua predicazione, spesso limitata a coloro che vengono a visitarlo nella sua abitazione ( 3,24ss; 8,1 ), arriva però e si diffonde tra tutti gli altri.
È necessario infatti che questi, ora ribelli e ostili, ascoltino le parole del Signore, in modo che, quando si avvereranno ( con la distruzione del tempio e di Gerusalemme ), rientrino in sé e riconoscano la verità; facciano penitenza ritornando di cuore a Jahve.
Ecco le verità che Ezechiele oppone alle false idee in voga:
1. Il Signore non è soltanto a Gerusalemme e in Palestina.
Egli è presente con la sua maestà infinita e la sua onnipotenza anche in Babilonia.
Egli non dimentica gli esuli; è in mezzo a essi e opererà la loro conversione, facendoli l'oggetto principale dei suoi mirabili disegni ( 11,14-20; 20,32-44 ).
È questo il significato della sublime visione iniziale.
2. Ogni speranza di rivincita contro Babilonia è vana: Dio stesso ha dato a Nabucodonosor tutta la Palestina.
Gerusalemme e il tempio saranno distrutti ( cc. 4-12 ecc.); lo esige la divina giustizia oltraggiata fin nella sua casa ( cc. 8; 22 ).
3. È vero, il Signore ha eletto il popolo d'Israele come sua regale riserva ( Es 19,5 ), ma questa scelta procede soltanto dalla sua misericordia ( 16,1-14; 20,5ss ) e impone doveri: Israele deve osservare i precetti del Signore e fuggire l'idolatria.
Dio, per la sua dignità di sposo offeso e tradito, per la sua stessa santità, deve punire l'infedele Israele ( 14,12-21; 15; 17 ).
Il castigo è imminente ( c. 7 ).
4. Mediante il castigo Dio mira al ritorno d'Israele all'alleanza ( 16,35-63; 20 ).
Il Signore compirà i suoi disegni misericordiosi trasformando gli esuli del 597 e riconducendoli in patria.
Cinque mesi dopo la distruzione della capitale, uno scampato ne porta la notizia a Ezechiele ( 33,21 ) che inizia la seconda parte della missione.
Egli predica ormai apertamente ( 33,21s ) per consolare.
Le disposizioni degli animi sono mutate: l'adempimento di tutti gli annunci svela ai deportati le loro illusioni, i loro errori.
Il grande teologo che ha dimostrato dal passato la necessità del castigo nazionale; il profeta severo che lo ha a volta a volta preannunciato nei particolari, ora, con la medesima sicurezza, descrive in quadri mirabili il futuro glorioso che l'onnipotenza di Jahve realizzerà per la sua gloria.
Il Signore assume personalmente il governo del suo popolo rinato, escludendo i cattivi pastori ( c. 34 ), preparerà la Palestina per il ritorno di Israele, colpendo severamente i popoli vicini che vi si erano insediati ( cc. 35-36 ).
Nonostante appaia impossibile, la restaurazione avrà luogo, come dimostra la grandiosa visione simbolica delle ossa nude e inaridite che, al comando di Dio, si rivestono di carne e ritornano organismi vivi ( c. 37 ); nulla è impossibile alla divina provvidenza.
Anzi, il nuovo Israele, fedele alla ristabilita alleanza, viene descritto nella sua vita serena sui colli della Palestina; lo stesso Dio lo difenderà contro le potenze soverchianti che un giorno moveranno sicure per annientarlo.
La visione della nuova teocrazia ( cc. 40-48 ): il nuovo tempio, il nuovo culto, la nuova sistemazione della terra promessa, costituisce un quadro grandioso che integra e suggella l'opera così notevole e tipica di Ezechiele.
La restaurazione è presentata nella sua natura ( 11,19ss; 37,26ss ): più che il fatto è vaticinato il modo.
Non si avrà un ritorno al passato, ma un rinnovamento, un perfezionamento.
Oggetto della profezia non è l'edificio materiale, gli atti esterni del culto, quanto il rispetto, l'intima venerazione con cui si deve custodire il primo e compiere gli altri; non la spartizione materiale della Palestina, quanto lo spirito di giustizia e di solidarietà fraterna che deve informare i rapporti sociali.
Quanto alla forma del libro sono caratteristiche le visioni e le numerose azioni simboliche.
Le visioni sono presentate come reali, oggettive e non c'è motivo di intenderle diversamente; rispondono esattamente ai dati dell'ambiente babilonese; avvengono nei sensi interni del profeta e sono congiunte a rivelazioni intellettuali.
Le azioni simboliche, effettivamente compiute, erano di un'efficacia straordinaria per colpire e attirare l'attenzione degli esuli, così mal disposti.
Alcune di esse : la reclusione volontaria ( 3,25 ), il mutismo ( 3,26s ), l'immobilità ( 4,4-8 ) e qualche espressione ( caddi faccia a terra, 1,28 ecc. ) sono servite per avanzare, senza argomenti, l'ipotesi dell'epilessia di Ezechiele.
Il libro, cui si riconosce concordemente un ordine sistematico perfetto, segue la duplice attività del profeta, rispettivamente nella prima ( cc. 1-24 ) e nella seconda parte ( cc. 33-48 ).
Tra l'una e l'altra egli ha disposto i vaticini contro le genti ( Is 13-23, Ger 46-51 ).
Il Signore castiga il popolo ma non permette che i nemici ne godano impunemente dopo aver infierito al tempo della rovina ( 586 ).
Punirà pertanto i popoli confinanti ( Ammon, Moab ecc.; c. 25 ); punirà Tiro che, dopo aver fomentato la ribellione di Giuda contro Babilonia, crede nella sua superbia che la rovina di Gerusalemme rafforzi la sua potenza ( cc. 26-28 ); umilierà l'Egitto che con il suo fascino ha spinto Giuda all'idolatria e alla ribellione ( cc. 29-32 ).
All'unità di tracciato e di composizione va aggiunta quella dello stile e le stesse stereotipe flessioni ed espressioni ricorrono per tutto il libro.
Tuttavia, oltre le correzioni testuali, non mancano correzioni e aggiunte che riguardano soltanto dettagli e brani molto corti.
L'opinione che il libro risulti di due o più abbozzi scritti da Ezechiele in tempi diversi ( la maggior parte in Giudea - redazione palestinese - dove si suppone abbia esercitato Ezechiele il ministero, prima di recarsi in esilio verso il 585, dove avrebbe scritto pochi vaticini ) e fusi nella forma attuale da un esule, ha fondamenta fragili.
Essa è basata sui cosiddetti doppioni, spesso in Ezechiele pensieri simili o identici vengono espressi con forma leggermente diversa, ma tale fatto è da attribuire allo stile caratteristico del profeta e al testo, spesso corrotto per aggiunte e mutazioni.
Ezechiele si ferma a lungo nell'esporre un'idea, la ribadisce illustrandola sotto vari aspetti.
Nel narrare un episodio, una visione, indugia per non lasciarsi sfuggire alcun dettaglio.
Questo appare evidente nelle parti dove non si è potuto od osato introdurre le varie recensioni ( 1,4-2,1 ).
Data questa caratteristica non è possibile evitare le ripetizioni, specialmente se manca quel lavoro di lima che si esige in un'opera letteraria.
E in realtà, la dizione di Ez. non è molto elegante ne del tutto rozza, ma partecipa dell'uno e dell'altro carattere.
È sufficiente ammettere che lo stesso Ezechiele ha redatto definitivamente il libro verso la fine della vita ( 570 ca. ), servendosi di suoi scritti o raccolte antecedenti, perché cessi ogni difficoltà o meraviglia per queste apparenti ripetizioni che spesso riecheggiano la lunga attività del profeta.
Per il ministero palestinese di Ezechiele, del quale nessun accenno è nel testo, c'è la grave difficoltà dell'ambiente patriottico e arroventato, è incredibile che Ezechiele abbia potuto proclamare il suo minaccioso messaggio in Gerusalemme o nelle vicinanze, nelle condizioni storione a noi note da Ger.; questo profeta poté sfuggire alla morte per il particolare intervento segreto dello stesso Sedecia, mentre un altro profeta dovette fuggire in Egitto e ancora lì fu fatto assassinare dai Giudei esasperati.
Ez. scritto quasi esclusivamente in prosa, ha carattere didattico, discorsivo: vuol convincere.
Non mancano, però, splendide immagini e componimenti di vera poesia ( 16,19.21.27.31 ).
La lingua risente fortemente l'influsso aramaico e, per il lessico, quello accadico che da al libro l'inconfondibile colore babilonese, valido argomento d'autenticità.
Il testo ebraico è particolarmente corrotto ma è superiore alla versione greca, che risulta molto mediocre; nei brani più difficili essa trascrive l'originale senza capirlo, anzi molto spesso omette ciò che non sa spiegare o lo rende in maniera cervellotica.
La versione latina segue passo passo il testo ebraico e lo rende spesso servilmente.
Don Federico Tartaglia
Card. Gianfranco Ravasi
Tra i deportati sulle rive del canale Chebar
Il giudizio divino sui delitti di Gerusalemme
Don Claudio Doglio
Don Paolo Mascilongo
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