Per una pastorale della cultura |
Le condizioni di vita dell'uomo moderno, in questi ultimi decenni del secondo Millennio, sono state così profondamente trasformate che il Concilio Vaticano II non esita a parlare di « una nuova epoca della storia umana » ( Gaudium et Spes, n. 54 ).
Per la Chiesa è un kairos, tempo favorevole ad una nuova evangelizzazione, in cui i nuovi tratti della cultura costituiscono altrettante sfide e punti di appoggio per una pastorale della cultura.
La Chiesa, nel nostro tempo, ne prende viva coscienza, sotto l'impulso dei Papi che hanno sviluppato e attualizzato la dottrina sociale della Chiesa, da Rerum Novarum, nel 1981, a Centesimus Annus, nel 1991.
Le Conferenze Episcopali, le loro Federazioni e i Sinodi dei Vescovi si ispirano ad essa per iniziative pratiche adeguate alle situazioni particolari dei diversi paesi.
In seno a tale diversità, tuttavia, si affermano alcune caratteristiche.
Nella situazione culturale oggi dominante in vari paesi del mondo, il soggettivismo prevale come misura e criterio di verità ( cf. Fides et Ratio, n. 47 ).
I presupposti positivisti riguardo al progresso della scienza e della tecnologia sono messi in questione.
Dopo lo spettacolare fallimento del marxismo-leninismo collettivista ateo, l'ideologia rivale del liberalismo rivela la sua incapacità di costruire la felicità del genere umano, nella dignità responsabile di ogni persona
Un ateismo pratico antropocentrico, un'indifferenza religiosa ostentata, un materialismo edonistico invadente emarginano la fede in quanto evanescente, senza consistenza né pertinenza culturale, nell'ambito di una cultura « prevalentemente scientifica e tecnica » ( Veritatis Splendor, n. 112 ).
« In realtà, i criteri di giudizio e di scelta assunti dagli stessi credenti si presentano spesso, nel contesto di una cultura ampiamente scristianizzata, estranei o persino contrapposti a quelli del Vangelo » ( Ibid., n. 88 ).
Il Papa Giovanni Paolo II lo ricordava celebrando il venticinquesimo anniversario della Costituzione conciliare sulla liturgia: « L'adattamento alle culture esige anche una conversione del cuore e, se è necessario, anche rotture con abitudini ancestrali incompatibili con la fede cattolica.
Ciò richiede una seria formazione teologica, storica e culturale, nonché un sano giudizio per discernere quel che è necessario, o utile, o addirittura inutile o pericoloso per la fede » ( Vicesimus Quintus Annus, n. 16 ).
Per cause diverse, come la povertà, il sottosviluppo delle zone rurali private dei beni e dei servizi indispensabili, o anche, in certi paesi, i conflitti armati che costringono milioni di esseri umani a lasciare il loro ambiente familiare e culturale, il mondo conosce un impressionante esodo rurale che tende ad accrescere smisuratamente i grandi centri urbani.
A questi motivi di ordine economico e sociale si aggiunge il fascino della città, del benessere e del divertimento che essa offre e di cui i mezzi di comunicazione sociale trasmettono l'immagine.
In mancanza di pianificazione, i dintorni e le periferie di queste megalopoli costituiscono spesso dei ghetti, agglomerati immensi di persone socialmente sradicate, politicamente indigenti, economicamente emarginate e culturalmente isolate.
Lo sradicamento culturale, dalle molteplici cause, palesa per contrasto il ruolo fondamentale delle radici culturali.
L'uomo destrutturato dalla lesione o dalla perdita della propria identità culturale, diventa un terreno privilegiato per pratiche disumanizzanti.
Mai, come in questo XX secolo, l'uomo ha manifestato tante capacità e talenti, ma mai nella storia ha conosciuto tante negazioni e violazioni della dignità umana, frutti amari della negazione o della dimenticanza di Dio.
Relegati i valori nella sfera privata, la vita morale viene, perciò, alterata e la vita spirituale debilitata.
Il concetto terrificante di « cultura della morte » stigmatizza una controcultura che mostra chiaramente la contraddizione funesta tra un'affermata volontà di vita e il rifiuto ostinato di Dio, fonte di ogni vita ( cf. Evangelium Vitae, n. 11-12 e n. 19-28 ).
« Evangelizzare la cultura urbana costituisce una sfida formidabile per la Chiesa, che come per secoli seppe evangelizzare la cultura rurale, così è chiamata oggi a portare a compimento un'evangelizzazione urbana metodica e capillare mediante la catechesi, la liturgia e il modo stesso di organizzare le proprie strutture pastorali » ( Ecclesia in America, n. 21 ).
« Il primo areopago del tempo moderno è il mondo della comunicazione, che sta unificando l'umanità rendendola come si suol dire "un villaggio globale".
I mezzi di comunicazione sociale hanno raggiunto una tale importanza da essere per molti il principale strumento informativo e formativo, di guida e di ispirazione per i comportamenti individuali, familiari, sociali …
L'evangelizzazione stessa della cultura moderna dipende in gran parte dal loro influsso …
Occorre integrare il messaggio stesso in questa "nuova cultura" creata dalla comunicazione moderna.
È un problema complesso, poiché questa cultura nasce, prima ancora che dai contenuti, dal fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare con nuovi linguaggi, nuove tecniche e nuovi atteggiamenti psicologici » ( Redemptoris Missio, n. 37 ).
L'avvento di questa vera rivoluzione culturale, con il mutamento del linguaggio determinato soprattutto dalla televisione e dai modelli da essa proposti, presuppone « il rimaneggiamento completo di ciò attraverso cui l'umanità apprende il mondo che la circonda, e ne verifica ed esprime la percezione …
Si può, infatti, ricorrere ai media, tanto per proclamare il Vangelo, quanto per allontanarlo dal cuore dell'uomo ».12
I media, che danno accesso all'informazione « in diretta », sopprimono la distanza di spazio e di tempo, ma soprattutto trasformano la maniera di percepire le cose: la realtà cede il passo a ciò che di essa viene mostrato.
Perciò, la ripetizione continua di informazioni scelte diventa un fattore determinante per creare un'opinione considerata pubblica.
L'influenza dei media, che non si curano delle frontiere, in particolare nel campo della pubblicità,13 chiama i cristiani ad una nuova creatività per raggiungere quelle centinaia di milioni di persone che dedicano quotidianamente buona parte del loro tempo alla televisione e alla radio, mezzi di informazione e di promozione culturale, ma anche di evangelizzazione per coloro che non hanno occasione di venire a contatto col Vangelo e con la Chiesa nelle società secolarizzate.
La pastorale della cultura deve dare una risposta positiva alla domanda di capitale importanza fatta da Giovanni Paolo II: « C'è ancora un posto per Cristo nei mass media tradizionali ».14
L'innovazione più sorprendente nel campo della tecnologia della comunicazione è probabilmente la rete Internet.
Come ogni tecnica nuova, neanche quest'ultima manca di suscitare timori, purtroppo giustificati da un uso dannoso, e richiede una costante vigilanza e un'informazione seria.
Non si tratta soltanto della moralità del suo uso, ma anche delle conseguenze radicalmente nuove che esso determina: perdita del « peso specifico » delle informazioni, appiattimento dei messaggi ridotti a pura informazione, assenza di reazioni inerenti ai messaggi della rete da parte di persone responsabili, effetto dissuasivo quanto ai rapporti interpersonali.
Ma, senza dubbio, le immense potenzialità di Internet possono fornire un aiuto notevole alla diffusione della Buona Novella, come dimostrano alcune iniziative ecclesiali promettenti, che richiedono uno sviluppo creativo responsabile su questa « nuova frontiera della missione della Chiesa » ( cfr. Christifideles Laici, n. 44 ).
La posta in gioco è di grande importanza.
Come non essere presenti e non utilizzare le reti informatiche, i cui schermi riempiono ormai le case, per iscrivervi i valori del messaggio evangelico?
Se l'unità di natura rende tutti gli uomini membri di una sola e di una stessa grande comunità, il carattere storico della condizione umana li lega necessariamente in maniera più intensa a particolari gruppi: dalla famiglia alle nazioni.
La condizione umana è, così, posta tra questi due poli l'universale e il particolare, in vitale tensione singolarmente feconda, se è vissuta in modo equilibrato e armonioso.
Il fondamento dei diritti delle nazioni è la stessa persona umana.
In tal senso, questi diritti non sono altro che i diritti dell'uomo considerati a questo specifico livello della vita comunitaria.
Il primo di questi diritti è il diritto all'esistenza.
« Nessuno né uno Stato, né un'altra nazione, né un'organizzazione internazionale è mai legittimato a ritenere che una singola nazione non sia degna di esistere ».15
Il diritto all'esistenza implica naturalmente, per ogni nazione, il diritto alla propria lingua e alla propria cultura.
E grazie ad esse che un popolo esprime e difende la sua singolare sovranità.
Se i diritti della nazione esprimono le esigenze della particolarità, è altrettanto importante sottolineare quelle dell'universalità, con i doveri che ne derivano per ciascuna nazione verso le altre e verso l'intera umanità.
Il primo di tutti è, senza alcun dubbio, il dovere di vivere in una volontà di pace, rispettosa e solidale nei riguardi degli altri.
Insegnare alle giovani generazioni a vivere la loro propria identità nella diversità è un compito prioritario dell'educazione alla cultura, visto che spesso gruppi di pressione non mancano di utilizzare la religione a scopi politici che le sono estranei.
Contrariamente al nazionalismo portatore di disprezzo, addirittura d'avversione per altre nazioni e culture, il patriottismo è l'amore e il servizio legittimi, privilegiati, ma non esclusivi, del proprio paese e della propria cultura, tanto lontano dal cosmopolitismo quanto dal nazionalismo culturale.
Ogni cultura è aperta all'universale grazie al meglio di se stessa.
Essa è chiamata anche a purificarsi dalla sua parte di eredità di peccato, insita in certi pregiudizi, costumi e pratiche contrarie al Vangelo, ad arricchirsi dell'apporto della fede e ad « arricchire la stessa Chiesa universale di espressioni e valori nuovi » ( cf. Redemptoris Missio, n. 52 e Slavorum Apostoli, n. 21 ).
Nello stesso tempo, la pastorale della cultura conta sul dono dello Spirito di Gesù e del suo amore che « sono diretti a tutti e singoli i popoli e le culture per unirli tra loro sull'esempio della perfetta unità che esiste in Dio Uno e Trino » ( Ecclesia in America, n. 70 ).
Una nuova presa di coscienza si sta affermando con lo sviluppo dell'ecologia.
Non è una novità per la Chiesa: la luce della fede illumina il senso della creazione e i rapporti tra l'uomo e la natura.
San Francesco d'Assisi e san Filippo Neri sono i testimoni simbolo del rispetto della natura iscritto nella visione cristiana del mondo creato.
Questo rispetto trova la sua origine nel fatto che la natura non è proprietà dell'uomo; essa appartiene a Dio, suo Creatore, che gliene ha affidato il governo ( Gen 1,28 ), perché la rispetti e vi trovi il suo legittimo sostentamento ( cf. Centesimus Annus, n. 38-39 ).
La divulgazione delle conoscenze scientifiche conduce spesso l'uomo a collocarsi nell'immensità del cosmo e ad estasiarsi davanti alle proprie capacità e davanti all'universo, senza pensare minimamente che Dio ne è l'autore.
Ed ecco, quindi, la sfida, per la pastorale della cultura: portare l'uomo alla trascendenza, insegnargli a ripercorrere il cammino che parte dalla sua esperienza intellettuale ed umana, per arrivare a conoscere il Creatore, utilizzando saggiamente le migliori acquisizioni delle scienze moderne, alla luce della retta ragione.
Anche se la scienza, grazie al suo prestigio, influenza fortemente la cultura contemporanea, non può tuttavia cogliere ciò che costituisce nella sua essenza l'esperienza umana, né la realtà più intrinseca delle cose.
Una cultura coerente, fondata sulla trascendenza e la superiorità dello spirito rispetto alla materia, richiede una saggezza nella quale il sapere scientifico si estrinsechi in un orizzonte illuminato dalla riflessione metafisica.
Sul piano della conoscenza, fede e scienza non sono sovrapponibili, e non bisogna confondere i principi metodologici, ma distinguerli per unire e ritrovare, al di là della dispersione del senso nei campi divisi del sapere, questa sintesi armoniosa e il senso unificante della totalità che caratterizzano una cultura pienamente umana.
Nella nostra cultura disgregata, che fatica a integrare l'abbondante accumulo di conoscenze, le meravigliose scoperte delle scienze e i considerevoli apporti delle tecniche moderne, la pastorale della cultura richiede, come presupposto, una riflessione filosofica che si sforzi di organizzare e strutturare il sapere nel suo insieme e affermi, in tal modo, l'attitudine alla verità della ragione e la sua funzione regolatrice in seno alla cultura.
« La settorialità del sapere, in quanto comporta un approccio parziale alla verità con la conseguente frammentazione del senso, impedisce l'unità interiore dell'uomo contemporaneo.
Come potrebbe la Chiesa non preoccuparsene?
Questo compito sapienziale deriva ai suoi Pastori direttamente dal Vangelo ed essi non possono sottrarsi al dovere di perseguirlo » ( Fides et Ratio, n. 85 ).
12. E altresì compito di filosofi e teologi qualificati identificare con competenza, al centro della cultura scientifica e tecnologica dominante, le sfide e i punti di ancoraggio per l'annuncio del Vangelo.
Tale esigenza implica un rinnovamento dell'insegnamento filosofico e teologico, in quanto la condizione di qualsiasi dialogo e di qualsiasi inculturazione risiede in una teologia pienamente fedele a ciò che è dato dalla fede.
La pastorale della cultura ha parimenti bisogno di scienziati cattolici che sentano il dovere di fornire il loro contributo specifico alla vita della Chiesa, rendendo partecipi della loro personale esperienza d'incontro tra scienza e fede.
La carenza di qualificazione teologica e di competenza scientifica rende aleatoria la presenza della Chiesa in seno alla cultura, nata dalle ricerche scientifiche e dalle loro applicazioni tecniche.
Eppure, viviamo in un periodo particolamente favorevole al dialogo tra scienza e fede.16
13. La scienza e la tecnica si sono rivelate mezzi meravigliosi per accrescere il sapere, il potere e il benessere degli uomini, ma il loro uso responsabile implica la dimensione etica delle questioni scientifiche.
Spesso poste dagli stessi scienziati in cerca di verità, tali questioni mostrano la necessità di un dialogo tra scienza e morale.
Questa ricerca della verità, che trascende l'esperienza dei sensi, offre nuove possibilità per una pastorale della cultura orientata verso l'annuncio del Vangelo negli ambienti scientifici.
È ben evidente e la sua importanza lo dimostra come la bioetica sia molto più di un ramo del sapere, a motivo della sua incidenza culturale, sociale, politica e giuridica, cui la Chiesa annette la massima importanza.
Infatti, l'evoluzione della legislazione nel campo della bioetica dipende dalla scelta dei riferimenti etici ai quali fa ricorso il legislatore.
Rimane il quesito di fondo con la sua brusca natura: quali devono essere i rapporti tra legge morale e legge civile in una società pluralistica? ( cf. Evangelium Vitae, n. 18 e nn. 68-74 ).
Sottoponendo le questioni etiche fondamentali ai vari legislatori, non corre il rischio di elevare a diritto ciò che moralmente sarebbe inaccettabile?
La bioetica rappresenta uno di quei campi delicati che invitano a trovare i principi dell'antropologia e della vita morale.
Il ruolo dei cristiani è insostituibile per contribuire a formare, in seno alla società, in un dialogo rispettoso e impegnativo, una coscienza etica e un senso civico.
Questa situazione culturale richiede una formazione rigorosa sia per i sacerdoti che per i laici all'opera in questo campo di capitale importanza che è la bioetica.
« La famiglia, comunità di persone, è pertanto la prima società umana.
Essa sorge allorquando si attua il patto del matrimonio, che apre i coniugi ad una perenne comunione di amore e di vita e si completa pienamente e in modo specifico con la generazione dei figli: la comunione dei coniugi dà inizio alla comunità familiare » ( Lettera alle Famiglie, n. 7, 1994 ).
Culla della vita e dell'amore, la famiglia è anche fonte di cultura.
Essa accoglie la vita ed è quella scuola di umanità dove i futuri coniugi imparano nel modo migliore a diventare genitori responsabili.
Il processo di crescita che assicura in una comunità di vita e di amore, supera in certe civiltà il nucleo familiare, per costituire, ad esempio, la grande famiglia africana.
E quando la miseria materiale, culturale e morale mina l'istituzione stessa del matrimonio e minaccia di esaurire le sorgenti della vita, la famiglia rimane nondimeno il luogo privilegiato di formazione della persona e della società.
L'esperienza lo dimostra: l'insieme delle civiltà e la coesione dei popoli dipendono, soprattutto, dalla qualità umana delle famiglie, specialmente dalla presenza complementare dei due genitori, con i loro rispettivi ruoli di padre e di madre nell'educazione dei figli.
In una società in cui cresce il numero dei senzafamiglia, l'educazione diventa più difficile, come la trasmissione di una cultura popolare modellata dal Vangelo.
Le dolorose situazioni personali meritano comprensione, carità e solidarietà, ma in nessun caso ciò che è fallimento tragico della famiglia può essere presentato come nuovo modello di vita sociale.
Le campagne di opinione e le politiche antifamiliari o antinataliste sono altrettanti tentativi per modificare il concetto stesso di « famiglia », fino a svuotarlo della sua sostanza.
In tale contesto, la formazione di una comunità di vita e di amore, che unisca i coniugi associandoli al Creatore, costituisce il migliore apporto culturale che le famiglie cristiane possono dare alla società.
15. Più che in qualsiasi altra epoca, oggi il ruolo specifico della donna nei rapporti interpersonali e sociali suscita riflessioni e iniziative.
In numerose società contemporanee contraddistinte da una mentalità « antifiglio », il peso dei bambini è spesso considerato un ostacolo all'autonomia e alle possibilità di affermazione della donna, il che offusca il ricco significato della maternità nonché della personalità femminile.
Fondata sul messaggio della Rivelazione biblica, promossa malgrado i rischi della storia e della cultura delle nazioni cristiane, l'uguaglianza fondamentale tra l'uomo e la donna, creati da Dio a sua immagine ( Gen 1,27 ) e illustrata dal secolare patrimonio artistico della Chiesa, chiama la pastorale della cultura a tener conto della profonda trasformazione della condizione della donna nel nostro tempo: « In tempi recenti, alcune correnti del movimento femminista, nell'intento di favorire l'emancipazione della donna, hanno mirato ad assimilarla in tutto all'uomo.
Ma l'intenzione divina manifestata nella creazione, pur volendo la donna uguale all'uomo per dignità e valore, ne afferma nel contempo con chiarezza la diversità e la specificità.
L'identità della donna non può consistere nell'essere una copia dell'uomo ».17
Le specificità proprie di ciascun sesso si incontrano in una collaborazione reciproca di mutuo arricchimento, in cui le donne sono le prime artefici di una società più umana.
16. « Compito primario ed essenziale della cultura »,18 l'educazione, che fin dall'Antichità cristiana è uno dei più notevoli terreni di azione pastorale della Chiesa, sul piano religioso e culturale come pure su quello personale e sociale, è più che mai complessa e d'importanza decisiva.
Essa rientra fondamentalmente nell'ambito di responsabilità delle famiglie, ma ha bisogno del concorso dell'intera società.
Il mondo di domani dipende dall'educazione di oggi, e questa non può essere ridotta ad una semplice trasmissione di conoscenze.
Essa forma delle persone e le prepara a integrarsi nella vita sociale, favorendo la loro maturazione psicologica, intellettuale, culturale, morale e spirituale.
Pertanto, la sfida consistente nell'annunciare il Vangelo ai bambini e ai giovani, dalla scuola all'università, richiede un programma educativo appropriato.
L'educazione in seno alla famiglia, a scuola o all'università « Costruisce un rapporto profondo tra educatore ed educando, ma li fa partecipare entrambi alla verità e all'amore, traguardo finale a cui è chiamato ogni uomo da parte di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo » ( Lettera alle Famiglie, n. 16 ).
Essa prepara a vivere relazioni fondate sul rispetto di diritti e doveri.
Prepara a vivere in uno spirito di accoglienza e solidarietà, a fare un uso moderato della proprietà e dei beni, per garantire giuste condizioni di esistenza per tutti e dappertutto.
Il futuro dell'umanità passa attraverso lo sviluppo integrale e solidale di ogni persona: ogni uomo e ogni donna ( cf. Populorum Progressio, n. 42 ).
Così, famiglia, scuola e università sono chiamate, ciascuna nel proprio ambito, a inserire il fermento evangelico nelle culture del Terzo Millennio.
In una cultura contrassegnata dal primato dell'avere, dall'ossessione della soddisfazione immediata, dall'attrattiva del guadagno, dalla ricerca del profitto, è sorprendente constatare non solo la permanenza, ma anche lo sviluppo di un certo interesse per il bello.
Le forme, che rivestono tale interesse, sembrano esprimere l'aspirazione che rimane, e perfino si rafforza, ad un' « altra cosa » che incanta l'esistenza e, fors'anche, la apre e la porta al di là di se stessa.
La Chiesa lo ha intuito fin dalle sue origini, e secoli di arte cristiana ne offrono una magnifica illustrazione: l'opera d'arte autentica è potenzialmente una porta d'ingresso per l'esperienza religiosa.
Riconoscere l'importanza dell'arte per inculturare il Vangelo equivale a riconoscere che il genio e la sensibilità dell'uomo sono connaturali alla verità e alla bellezza del mistero divino.
La Chiesa manifesta un profondo rispetto per tutti gli artisti, a prescindere dalle loro convinzioni religiose, poiché l'opera d'arte porta in sé quasi un'impronta dell'invisibile, benché, come ogni altra attività umana, l'arte non abbia in se stessa il suo fine assoluto: essa è ordinata alla persona umana.
Gli artisti cristiani rappresentano per la Chiesa una potenzialità straordinaria per cesellare nuove formule ed elaborare nuovi simboli o metafore, nell'estrinsecarsi del genio liturgico dotato di potente forza creativa, radicata da secoli nelle profondità dell'immaginario cattolico, con la sua capacità di esprimere l'onnipresenza della grazia.
Nei diversi continenti non mancano artisti la cui autentica ispirazione cristiana può attirare i fedeli di ogni religione, come pure i non credenti, grazie all'influsso del bello e del vero.
Mediante gli artisti cristiani, il Vangelo, fonte feconda d'ispirazione, raggiunge tante persone senza contatti col messaggio di Cristo.
Nello stesso tempo, il patrimonio culturale della Chiesa testimonia una feconda simbiosi di cultura e fede.
Esso costituisce una risorsa permanente per un'educazione culturalee catechetica, che unisce la verità della fede all'autentica bellezza dell'arte (cf. Sacrosanctum Concilium, n. 122-127 ).
Frutti di una comunità cristiana che ha vissuto e vive intensamente la propria fede nella speranza e nella carità, questi beni cultuali e culturali della Chiesa possono ispirare l'esistenza umana e cristiana all'alba del Terzo Millennio.
18. Il mondo degli svaghi e dello sport, dei viaggi e del turismo, insieme a quello del lavoro, costituisce incontestabilmente una dimensione importante della cultura, nella quale la Chiesa è presente da molto tempo.
Diventa perciò, e a pieno titolo, uno degli areopaghi della pastorale della cultura.
La cultura del « lavoro » conosce profondi cambiamenti non privi di conseguenze per il tempo libero e le attività culturali.
Per i più, mezzo per procurarsi il pane quotidiano ( cf. Laborem Exercens, n. 1 ), il lavoro è anche uno dei mezzi per soddisfare il desiderio, sempre più accentuato, di realizzazione personale, allo stesso modo delle attività culturali.
Tuttavia, in un contesto di specializzazione, di forte sviluppo economico e tecnologico, le nuove forme di organizzazione del lavoro vanno spesso di pari passo con l'aumento della disoccupazione in tutti gli strati sociali, il che è fonte non solo di miseria materiale, ma semina nelle culture anche dubbio, insoddisfazione, umiliazione e perfino delinquenza.
La precarietà delle condizioni di vita e la necessità di provvedere al necessario conducono spesso a considerare la cultura artistica e letteraria come beni superflui riservati ad una élite favorita.
Divenuto quasi universale, lo sport ha senza alcun dubbio il suo posto in una visione cristiana della cultura, e può favorire ad un tempo salute fisica e relazioni interpersonali, poiché stabilisce dei legami e contribuisce a creare un ideale.
Ma può anche essere snaturato da interessi commerciali, diventare veicolo di rivalità nazionali o razziali, dar luogo ad esplosioni di violenza che rivelano le tensioni e le contraddizioni della società, e trasformarsi allora in anticultura.
Perciò, esso rappresenta un ambito importante per una moderna pastorale della cultura.
Realtà multiforme e complessa, al tempo stesso carica di simboli e impresa commerciale, gli svaghi e lo sport creano più che un'atmosfera una cultura, una maniere di essere, un sistema di riferimenti.
Una pastorale adeguata riuscirà a riconoscervi gli autentici valori educativi, come un trampolino di lancio per celebrare le ricchezze dell'essere creato ad immagine di Dio, e per annunciare, sull'esempio dell'apostolo Paolo, la salvezza in Gesù Cristo ( cf. 1 Cor 9,24-27 ).
Ai nostri giorni, la missione evangelizzatrice della Chiesa si svolge in un mondo caratterizzato dalla diversità delle situazioni culturali, modellate da diversi orizzonti religiosi.
Mentre gli scambi interculturali e interreligiosi si fanno più celeri in seno al villaggio planetario, tale fenomeno tocca tutti i continenti e tutti i paesi.
L'Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Africa ha messo in rilievo tutto ciò.
In questo continente, le religioni tradizionali che incontrano il Cristianesimo e l'Islam rimangono ben vive, permeando la cultura e la vita delle persone e delle comunità.
Se i valori culturali positivi di queste religioni non sono stati sempre presi sufficientemente in considerazione agli inizi dell'evangelizzazione, la Chiesa in particolare dopo il Concilio Vaticano II promuove quelli che sono in armonia col Vangelo e preparano la via della conversione a Cristo.
« Gli Africani hanno un profondo senso religioso, il senso del sacro, il senso dell'esistenza di Dio creatore e di un mondo spirituale.
La realtà del peccato nelle sue forme individuali e sociali è assai presente alla coscienza di quei popoli, e sentito è pure il bisogno di riti di purificazione e di espiazione » ( Ecclesia in Africa, n. 30-37, n. 42 ).
I valori positivi trasmessi dalle culture tradizionali, come il senso della famiglia, della solidarietà e della vita comunitaria, il rispetto del capo, la dimensione celebrativa della vita sono tanti solidi sostegni per l'inculturazione della fede, mediante la quale il Vangelo permea tutti gli aspetti della cultura portandoli alla loro piena espressione ( cf. Ibid., n. 59-62 ).
Invece, gli atteggiamenti contrari al Vangelo, ispirati da queste tradizioni, saranno decisamente combattuti con la forza della Buona Novella di Cristo Salvatore, portatrice delle Beatitudini evangeliche ( Mt 5,1-12 ).
20. Immense regioni del mondo, soprattutto in Asia, continente di antiche culture, sono profondamente segnate da religioni e saggezze non cristiane, come l'Induismo, il Buddismo, il Taoismo, lo Shintoismo, il Confucianesimo, che meritano attenta considerazione.
Il messaggio di Cristo vi suscita poche risposte.
Forse perché qui il Cristianesimo è, troppo spesso, percepito come una religione straniera, non abbastanza inserita, assimilata e vissuta nelle culture locali?
Tutto ciò mostra l'ampiezza di una pastorale della cultura in questo specifico contesto.
Numerose realtà morali e spirituali, addirittura mistiche, quali la santità, la rinuncia, la castità, la virtù, l'amore universale, l'amore per la pace, la preghiera e la contemplazione, la felicità in Dio, la compassione, vissute in tali culture, costituiscono altrettante aperture verso la fede nel Dio di Gesù Cristo.
Il Papa Giovanni Paolo II lo ricorda: « Spetta ai cristiani d'oggi, innanzitutto a quelli dell'India, il compito di estrarre da questo ricco patrimonio gli elementi compatibili con la loro fede così che ne derivi un arricchimento del pensiero cristiano » ( Fides et Ratio, n. 72 ).
Espressioni dell'uomo in cerca di Dio, le culture d'Oriente, attraverso la loro diversità, manifestano l'universalità del genio umano e la sua dimensione spirituale ( cf. Nostra Aetate, n. 2 ).
In un mondo in preda alla secolarizzazione, esse attestano l'esperienza vissuta del divino e l'importanza dello spirituale come nucleo vivo delle culture.
È una sfida gigantesca per la pastorale della cultura accompagnare gli uomini di buona volontà, la cui ragione ricerca la verità, basandosi su quelle ricche tradizioni culturali, come la millenaria saggezza cinese, e portare la loro ricerca del divino ad aprirsi alla Rivelazione del Dio vivente che, mediante la grazia dello Spirito, associa a sé l'uomo in Gesù Cristo, unico Redentore.
21. Altre grandi regioni l'Assemblea speciale per l'America del Sinodo dei Vescovi l'ha messo bene in luce vivono di una cultura profondamente modellata dal messaggio evangelico e, al tempo stesso, sono in preda ad una penetrante influenza di modi di vita materialisti e secolarizzati, che si manifesta specialmente con l'abbandono della religione nella classe media e nell'ambiente degli uomini di cultura.
La Chiesa, che afferma la dignità della persona umana, fatica a purificare la vita sociale dalle piaghe come la violenza, le ingiustizie sociali, gli abusi di cui sono vittime i bambini della strada, il traffico degli stupefacenti, ecc. …
In tale contesto e affermando il suo amore preferenziale per i poveri e gli esclusi, la Chiesa ha il dovere di promuovere una cultura della solidarietà a tutti i livelli della vita sociale: istituzioni governative, istituzioni pubbliche e organizzazioni private.
Adoperandosi in favore di una maggiore unione tra le persone, le società e le nazioni, essa si associerà agli sforzi degli uomini di buona volontà per costruire un mondo sempre più degno della persona umana.
Così facendo, contribuirà « alla riduzione degli effetti negativi della globalizzazione, quali il dominio dei più forti sui più deboli, specialmente in campo economico, e la perdita dei valori delle culture locali in favore di una male intesa omogeneizzazione » ( Ecclesia in America, n. 55 ).
Ai nostri giorni, l'ignoranza religiosa endemica alimenta le diverse forme di sincretismo tra antichi culti oggi scomparsi, i nuovi movimenti religiosi e la fede cattolica.
Questi mali sociali, economici, culturali e morali servono di giustificazione a nuove ideologie sincretistiche, i cui circoli sono attivamente presenti in diversi paesi.
La Chiesa intende accettare queste sfide, in particolare tra i più poveri, promuovere la giustizia sociale ed evangelizzare le culture tradizionali nonché le culture nuove che emergono dalle megalopoli.19
22. I paesi islamici costituiscono un universo culturale con la sua propria configurazione, benché diversificata tra paesi arabi e altri paesi d'Africa e d'Asia, dal momento che l'Islam si presenta indissociabilmente come una società con la sua legislazione e le sue tradizioni, che forma nel suo insieme una vasta comunità, l'umma, con la sua propria cultura e il suo progetto di civiltà.
L'Islam conosce attualmente una forte espansione, dovuta soprattutto ai movimenti migratori provenienti da paesi con forte crescita demografica.
I paesi di tradizione cristiana, che hanno, ad eccezione dell'Africa, una demografia debole o negativa, oggi vedono spesso nella presenza accresciuta dei musulmani una sfida sociale, culturale e addirittura religiosa.
Gli immigrati musulmani, dal canto loro, incontrano, almeno in alcuni paesi, grandi difficoltà d'integrazione socioculturale.
Del resto, il fatto di allontanarsi da una comunità tradizionale conduce spesso nell'Islam come nelle altre religioni all'abbandono di certe pratiche religiose e ad una crisi dell'identità culturale.
Una collaborazione leale con i musulmani sul piano culturale può consentire di mantenere in una reciprocità effettiva rapporti fruttuosi nei paesi islamici, come pure con le comunità musulmane stabilitesi nei paesi di tradizione cristiana.
Una cooperazione di questo tipo non dispensa i cristiani dal render conto della loro fede cristologica e trinitaria di fronte alle altre espressioni del monoteismo.
23. Le culture secolarizzate esercitano una profonda influenza in diverse parti di un mondo contraddistinto dall'accelerazione e dalla complessità crescente dei mutamenti culturali.
Nata in paesi di antica tradizione cristiana, questa cultura secolarizzata, con i suoi valori di solidarietà, abnegazione, libertà, giustizia, uguaglianza tra l'uomo e la donna, di apertura di spirito e di dialogo, e di sensibilità ecologica, conserva ancora l'impronta di quei valori fondamentalmente cristiani, che hanno influenzato profondamente la cultura nel corso dei secoli e di cui la stessa secolarizzazione ha portato la fecondità nella civiltà e nutrito la riflessione filosofica.
Alla vigilia del Terzo Millennio, le questioni relative alla verità, ai valori, all'essere e al senso, legate alla natura umana, rivelano i limiti di una secolarizzazione che stimola, suo malgrado, la ricerca della « dimensione spirituale della vita come antidoto alla disumanizzazione.
Questo cosiddetto fenomeno del "ritorno religioso" non è privo di ambiguità, ma contiene anche un invito …
Anche questo è un areopago da evangelizzare » ( Redemptoris Missio, n. 38 ).
Quando la secolarizzazione si trasforma in secolarismo ( Evangelii Nuntiandi, n. 55 ), si ha una grave crisi culturale e spirituale, di cui sono segni la perdita del rispetto della persona e la diffusione di una specie di nichilismo antropologico che riduce l'uomo ai suoi istinti e tendenze.
Simile nichilismo, che alimenta una grave crisi della verità ( cf. Veritatis Splendor, n. 32 ), « trova in qualche modo una conferma nella terribile esperienza del male che ha segnato la nostra epoca.
Dinanzi alla drammaticità di questa esperienza, l'ottimismo razionalista che vedeva nella storia l'avanzata vittoriosa della ragione, fonte di felicità e di libertà, non ha resistito, al punto che una delle maggiori minacce, in questa fine di secolo, è la tentazione della disperazione » ( Fides et Ratio, n. 91 ).
Restituendo il suo posto alla ragione illuminata dalla fede e riconoscendo il Cristo come la chiave di volta della vita dell'uomo, una pastorale evangelizzatrice della cultura saprà rafforzare l'identità cristiana, aiutando le persone e le comunità a ritrovare le loro ragioni per vivere, su tutte le strade della vita, incontro al Signore che viene e alla vita del mondo che verrà ( Ap 21-22 ).
I paesi che hanno recuperato una libertà, a lungo soffocata dal marxismo-leninismo ateo al potere, restano feriti da una « deculturazione » violenta della fede cristiana: i rapporti tra gli uomini artificialmente modificati, la dipendenza della creatura dal suo Creatore negata, le verità dogmatiche della Rivelazione cristiana e la sua etica combattute.
A questa « deculturazione » è seguita una radicale messa in dubbio dei valori essenziali per i cristiani.
Gli effetti riduttori del secolarismo, diffuso in Europa Occidentale alla fine degli anni sessanta, contribuiscono a destrutturare la cultura dei paesi dell'Europa Centrale ed Orientale.
Altri paesi, dal tradizionale pluralismo democratico, sperimentano, su un fondo massiccio di adesione sociale religiosa, la spinta di correnti miste di secolarismo e di espressioni religiose popolari portate dai flussi migratori.
Per questa ragione, l'Assemblea speciale per l'America del Sinodo dei Vescovi ha suscitato una nuova presa di coscienza missionaria.
La società in seno alla quale emerge, sotto le forme più varie, una nuova ricerca di spiritualità, più che di religione forse, non può non ricordare una delle tribune di San Paolo, l'Areopago di Atene ( cf. At 17,22-31 ).
Il desiderio di ritrovare una dimensione spirituale che sia anche fonte di senso per la vita, come pure il profondo desiderio di ricostituire un tessuto di relazioni affettive e sociali, spesso lacerato dall'instabilità crescente dell'istituzione familiare, si esprimono, almeno in certi paesi, in un nuovo revival in seno al Cristianesimo, ma anche in costruzioni più o meno sincretistiche orientate verso una certa unione globale al di là di ogni religione particolare.
Sotto la denominazione polisemica di sette possono essere classificati numerosi gruppi molto diversi, alcuni di ispirazione gnostica o esoterica, altri dall'aspetto cristiano, altri ancora, in certi casi, ostili al Cristo e alla Chiesa.
Il loro successo è dovuto spesso ad aspirazioni insoddisfatte.
Molti nostri contemporanei vi trovano un luogo d'appartenenza e di comunicazione, di affetto e di fraternità, perfino una parvenza di protezione e di sicurezza.
Questo sentimento dipende, in gran parte, dalle soluzioni apparentemente luminose come il Gospel of success, ma in realtà illusorie, che le sette sembrano dare ai problemi più complessi, come pure da una teologia pragmatica spesso fondata sull'esaltazione dell'io tanto bistrattato dalla società.
Spesso le sette si sviluppano grazie alle loro pretese risposte ai bisogni delle persone in cerca di guarigione, di figli, di successo economico.
Lo stesso discorso vale per le religioni esoteriche, il cui successo si afferma grazie all'ignoranza e alla credulità di cristiani poco o mal formati.
In numerosi paesi, alcuni feriti dalla vita, rifiutati, fanno la dolorosa esperienza dell'esclusione, specialmente nell'anonimato caratteristico della cultura urbana, e sono pronti ad accettare qualsiasi cosa pur di beneficiare di una visione spirituale, che restituisca loro l'armonia perduta e consenta di provare una sensazione di guarigione fisica e spirituale.
Ciò indica la complessità e il carattere trasversale del fenomeno delle sette, che unisce il disagio esistenziale al rifiuto della dimensione istituzionale delle religioni, e si manifesta sotto forme ed espressioni religiose eterogenee.
Ma la proliferazione delle sette è anche una reazione alla cultura del secolarismo e una conseguenza di rivolgimenti sociali e culturali che hanno fatto perdere le radici religiose tradizionali.
Raggiungere le persone abbordate dalle sette o che corrono questo pericolo, per annunciare Gesù Cristo che parla al loro cuore, è una delle sfide che la Chiesa ha il dovere di accettare.
Veramente, da un continente all'altro, si assiste al sorgere di « una nuova epoca della storia », già indicata dal Concilio Vaticano II.
Tale presa di coscienza richiede una nuova pastorale della cultura che si assuma la responsabilità di queste nuove sfide, nella convinzione che ha portato Giovanni Paolo II a creare il Pontificio Consiglio della Cultura: « Di qui l'importanza per la Chiesa, che ne è responsabile, di un'azione pastorale attenta e lungimirante, riguardo alla cultura, in particolare a quella che viene chiamata cultura viva, cioè l'insieme dei principi e dei valori che costituiscono l'ethos di un popolo » ( Lettera Autografa ).
Indice |
12 | Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Istruzione Pastorale « Aetatis Novae », n. 4, 22 febbraio 1992 |
13 | Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Etica nella pubblicità, 22 febbraio 1997 |
14 | Giovanni Paolo II, Messaggio per la XXXI Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 24 gennaio 1997 |
15 | Giovanni Paolo II, Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, n. 8, 5 ottobre 1995 |
16 | Cf. Paul Poupard ( a cura di ), La nuova immagine del mondo. Il dialogo tra scienza e fede dopo Galileo. Casale Monferrato, Piemme, 1996 |
17 | Giovanni Paolo II, Discorso all'udienza generale, n. 1, 6 dicembre 1995 |
18 | Giovanni Paolo II, Discorso all'UNESCO, n. 11 |
19 | Cf. IV Conferenza Generale Dell'Episcopato Latinoamericano.
Santo Domingo, nn. 228-286; Esortazione postsinodale « Ecclesia in America », n. 64, 22 gennaio 1999 |
20 | Cf. Il Concistoro straordinario dei Cardinali a Roma ( 46 aprile 1991 ). L'Osservatore Romano, 6, 89 aprile 1991; Le Sette, sfida pastorale per la Chiesa. Città del Vaticano 1986; Sette e nuovi movimenti religiosi. Testi della Chiesa Cattolica (1986-1994). Roma, Città Nuova, 1995 |