Ecumenismo

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Da oikéo, "abitare" è derivato il participio presente passivo ( terra ) oikuméne "abitata", nel senso di "mondo", in relazione agli uomini.

All'inizio del secolo XX sorse nell' ambito del protestantesimo, travagliato dal suo frammentarismo, percepito come contrario alla consegna dell'unità intimata da Gesù ( Gv 17,22 ), una proposta di avvicinamento sulla base del principio che tutte le Chiese cristiane sarebbero equivalenti, in attesa di un'unificazione prospettata per la fine dei tempi.

Si trattava di un movimento che, fondato sull'oscuramento teologico e sull'accantonamento della dottrina, era sospinto dalla carità ma avulso dalla verità, l'inscindibile componente della fede cristiana: Gesù volle l'unità ma la fondò su Pietro ed ovviamente sui suoi successori nel decorso dei secoli.

L'ecumenismo d'ispirazione cattolica, sulla scia di spinte antecedenti, cestì consapevole nel 1907 per iniziativa del pastore anglicano L. Th. Wattson, il quale fondò l'ottavario di preghiere ( dal 18 al 25 gennaio di ogni anno ) per l'unione con Roma di tutti i dissidenti: l'opera, benedetta dai Sommi Pontefici, si diffuse dovunque e dal 1946 ha sede nella Chiesa di S. Onofrio al Gianicolo.

Il movimento ha poi ricevuto una spinta decisiva dal Vaticano II ( 1962-1965 ), che ha invitato i cattolici a riconoscere i valori cristiani in possesso dei fratelli separati in base alle comuni origini della fede.

L'intesa si presenta più facile con gli ortodossi orientali per l'identità dogmatica, velata soprattutto da pregiudizi e da incomprensioni, più difficile con i protestanti, per le profonde divergenze teologiche.

Proseguono per intanto, malgrado gli ostacoli, i contatti chiarificatori, sostenuti dalla comunione nella preghiera e nelle opere di carità.

La parola ecumenismo deriva dal greco oikouméne, termine con cui si designava tutta la terra abitata.

Per secoli furono chiamati ecumenici i concili universali, riconosciuti da tutti i cristiani.

Nel '900 il termine è stato assunto per indicare il movimento volto al ristabilimento della piena comunione fra i discepoli di Cristo.

Nel linguaggio corrente, viene oggi impiegato, in senso lato, per indicare anche il dialogo fra le religioni e anzi qualsiasi atteggiamento di apertura, di ascolto e di disponibilità a dialogare, a imparare e a camminare con gli altri.

Il cristianesimo tra unità e divisioni

La ricerca dell'unità dei cristiani ha accompagnato la vita della Chiesa sin dagli inizi.

Nel corso dei primi secoli ogni comunità cristiana era autonoma, ma le Chiese locali hanno cercato di mantenere rapporti fra loro come fra Chiese sorelle, grazie anche alla diffusione del ministero episcopale ( un vescovo in ogni Chiesa locale, in comunione con tutti gli altri vescovi ), organizzando quindi una struttura universale ( sedi principali, con metropoliti, i patriarchi, il vescovo di Roma ) e risolvendo le controversie in sinodi e concili.

Una volta che la Chiesa ha acquistato la libertà nell'ambito dell'impero romano, gli imperatori e i poteri civili hanno cercato di contribuire a conservare l'unità, per esempio convocando i concili ecumenici.

Ciò non ha impedito le divisioni fra i cristiani, intervenute nel V sec. ( con la separazione delle Chiese in passato definite nestoriane, dopo il concilio di Efeso del 431, e di quelle una volta chiamate monofisite, dopo il concilio di Calcedonia del 451 ).

Nell'XI sec. si è consumata la separazione fra la Chiesa d'Oriente e quella d'Occidente, a causa della progressiva estraniazione politica, linguistica e culturale fra i popoli che vivevano nelle due parti dell'antico impero romano.

Una tale separazione si è accentuata nei secoli successivi a causa degli avvenimenti delle Crociate e nonostante i tentativi di riconciliazione ( concilio di Lione, 1274 e di Ferrara-Firenze, 1438-39 ).

Nel XVI sec. con la Riforma protestante la cristianità occidentale si è ulteriormente frantumata, con la costituzione di Chiese luterane soprattutto in Germania e Scandinavia e di Chiese calviniste o riformate nella Svizzera romanda, in Italia ( Chiesa valdese ), in Francia ( i cosiddetti ugonotti ), in Olanda, in Scozia e ancora altrove.

Nel Regno Unito l'atto di supremazia di Enrico VIII ( 1534 ) diede origine alle Chiese della comunione anglicana.

Da quest'ultima si sono separate in seguito le Chiese battiste e metodiste, mentre altre comunità continuavano a sorgere nell'ambito delle Chiese della Riforma.

Con la colonizzazione europea e con le missioni cristiane le divisioni fra i cristiani sono state esportate in tutto il mondo.

I tentativi di riportare l'unità fra i discepoli di Cristo o mediante il ricorso all'appoggio del potere civile ( per cui dopo il XVI sec. il potere civile interveniva per tutelare l'omogeneità di fede della popolazione di una determinata regione, sulla base del principio cujus regio ejus et religio, secondo il quale il cittadino doveva adeguare il proprio credo religioso a quello del sovrano ), o mediante il ricorso a un'azione "missionaria" che tendeva a "convertire" alla propria Chiesa gli appartenenti ad altre Chiese cristiane, non portarono al risultato sperato.

Anche l'atteggiamento "unionista", a lungo presente in seno alla Chiesa cattolica, che tendeva a "far ritornare" a essa intere comunità cristiane, soprattutto orientali, che venivano considerate come "scismatiche" ( cioè come staccatesi dalla comunione romana pur avendo conservato nella sostanza l'integrità della fede ), se portò alla costituzione delle Chiese cattoliche di rito orientale, non conseguì i risultati sperati per la piena riconciliazione fra Oriente e Occidente.

Lo sviluppo del movimento ecumenico

Un movimento per il riavvicinamento fra i cristiani che si riconoscevano negli insegnamenti della Riforma si era già delineato nel XIX sec., con le convergenze degli studiosi nelle università, i movimenti giovanili cristiani, le iniziative del "Vangelo sociale", e in particolare con la ricerca di una collaborazione fra i missionari protestanti impegnati nell'annuncio del Vangelo in tutti i continenti.

Fu proprio in occasione di un congresso missionario internazionale che riuniva missionari anglicani e protestanti delle diverse tradizioni e che si tenne a Edimburgo nel 1910 che risuonò in maniera nuova l'appello all'unità dei cristiani.

In questo congresso viene convenzionalmente fissata la data d'inizio dell'odierno movimento ecumenico.

Da esso provengono tre filoni principali.

Il primo filone è il movimento Vita e Azione ( Life and Work ), che tendeva alla ricomposizione dell'unità dei cristiani a partire da un'azione sociale e caritativa comune, sulla base del principio "la dottrina divide, il servizio unisce".

Esso sorse a opera soprattutto dell'arcivescovo di Uppsala Nathan Soederbiom e tenne due grandi assemblee mondiali a Stoccolma nel 1925 e a Oxford nel 1937.

Il secondo movimento fu denominato Fede e Costituzione ( Faith and Order ) e tendeva alla ricomposizione dell'unità cercando di risolvere i problemi dottrinali e di struttura e ministero che dividono le Chiese.

Esso tenne le due grandi assemblee mondiali di Losanna ( 1927 ) e di Edimburgo ( 1937 ).

Nel 1937 i due movimenti decisero di unire le loro forze e di dare vita insieme a quello che con l'assemblea di Amsterdam del 1948 diventerà il Consiglio Ecumenico delle Chiese ( CEC ).

Il terzo filone è costituito dal Consiglio Missionario Internazionale, che conserverà per un certo tempo una propria autonomia e confluirà nel CEC nel 1961.

A questi diversi movimenti per l'unità dei cristiani, sorti inizialmente in ambienti protestanti e anglicani, si associarono sempre di
più anche le Chiese ortodosse.

La Chiesa cattolica, convinta di avere conservato in se stessa l'unica e vera Chiesa di Cristo, non partecipò inizialmente a questo movimento ecumenico e continuò a seguire la via unionista, invitando le altre Chiese a "tornare" a essa.

Con il concilio Vaticano II si ebbe tuttavia una svolta decisiva.

Tutti i documenti del concilio hanno dato il loro contributo nel riavvicinare la Chiesa cattolica e le altre Chiese: la riforma liturgica con l'introduzione della lingua parlata nella liturgia, la costituzione Dei Verbum che rimise al centro della vita cattolica la Sacra Scrittura, la Lumen gentium che rinnovò l'ecclesiologia e portò a riconoscere che la Chiesa è una comunione, la dichiarazione Dignitatis humanae sulla libertà religiosa e la dichiarazione sulle religioni non cristiane Nostra aetate ( v. ) che mutò radicalmente l'atteggiamento della Chiesa cattolica nei confronti degli ebrei e delle altre religioni.

La svolta fu comunque determinata soprattutto dal decreto sull'ecumenismo Unitatis redintegratio che riconobbe il movimento ecumenico come suscitato e guidato dallo Spirito ( UR 1 e UR 24 ) e che enunciò i principi cattolici per l'ingresso della Chiesa cattolica nell'unico movimento ecumenico.

La costituzione del Segretariato per l'Unione dei Cristiani, la presenza al concilio di osservatori non cattolici, la domanda e offerta di perdono da parte di Paolo VI agli altri cristiani per i peccati commessi contro l'unità, sono altri elementi importanti di questa svolta conciliare.

A partire dal 1965 la Chiesa cattolica è entrata in dialogo, a livello internazionale e a livello locale, con tutte le altre grandi famiglie di Chiese cristiane e con lo stesso CEC, pur senza entrare formalmente in esso.

Dopo l'assemblea di Amsterdam il CEC aveva continuato il suo cammino, con le grandi assemblee mondiali di Evanston ( 1954 ), Nuova Delhi ( 1961 ), Uppsala ( 1968 ), Nairobi ( 1975 ), Vancouver ( 1983 ) e Canberra ( 1991 ).

Il suo dipartimento dottrinale Fede e Costituzione ha tenuto assemblee mondiali a Lund ( 1952 ), Montreal ( 1963 ) e Santiago di Compostella ( 1993 ).

Le Chiese impegnate nel CEC sono nel frattempo aumentate di numero, e oggi esso costituisce un organismo mondiale, che consente di coordinare la vita delle Chiese in tutti i settori della vita cristiana.

Meritevole di una particolare menzione è soprattutto il processo conciliare Giustizia Pace e Salvaguardia del Creato, che ha tenuto un'assemblea europea a Basilea ( 1989 ) e un'assemblea mondiale a Seul ( 1990 ), mentre una seconda assemblea europea ha avuto luogo a Graz nel giugno 1997.

Le basi dottrinali dell'ecumenismo

Secondo gli insegnamenti del movimento ecumenico i cristiani delle diverse Chiese si confrontano, dialogano, collaborano, pregano, camminando insieme verso il ristabilimento di quella piena comunione che si ritiene conforme alla volontà del Signore circa la sua Chiesa.

Il modello di unità verso il quale si è in cammino è stato variamente indicato come "unità organica", "conciliarità", "diversità riconciliata", "unità nella diversità".

Negli ultimi anni si è comunque imposto il modello della koinoma, la comunione: la Chiesa è una "comunione", nella fede, nei sacramenti e nella vita fraterna; di tale comunione partecipano già tutti coloro che hanno ricevuto il battesimo, in qualsiasi Chiesa sia stato amministrato.

Una tale comunione trova la sua suprema sorgente, fondamento e paradigma nella comunione trinitaria, ed è un dono che viene dall'alto.

L'impegno al quale sono chiamati i cristiani è proprio quello di aprirsi a questo dono, di riconoscerlo, di accoglierlo con riconoscenza, di corrispondere a esso, perché la comunione che già esiste in forma iniziale possa crescere sino alla sua pienezza, in modo da consentire di partecipare assieme al banchetto eucaristico.

Perché questa piena comunione ecclesiale ed eucaristica possa essere realizzata non si deve esigere nulla di più di ciò che secondo l'Evangelo è strettamente necessario, mentre le legittime diversità devono essere rispettate come doni dello Spirito.

Le vie dell'ecumenismo

A questo cammino verso la piena comunione ogni cristiano è chiamato a dare il proprio contributo.

Esso può essere dato in forme diverse, seguendo cinque piste principali, che comunque devono essere percorse simultaneamente nelle diverse comunità.

La riforma delle Chiese

La prima via verso l'unità è quella del rinnovamento e della riforma di tutte le Chiese.

Le divisioni fra i cristiani sono state infatti in molti casi la conseguenza delle inadeguatezze, dei ritardi, dei difetti o dei peccati dei cristiani, e in particolare dei ministri della Chiesa, che non hanno accettato di realizzare a tempo debito i rinnovamenti richiesti dalle circostanze.

Il tempo passato nella separazione ha poi contribuito ad allontanare ulteriormente fra loro le Chiese cristiane, per cui esse oggi si ritrovano ancor più estranee fra di loro di quanto fossero al momento in cui venne a rompersi la comunione.

Il loro riavvicinamento può avere luogo solo se esse accettano di confrontarsi insieme con l'Evangelo e con i segni dei tempi, e di operare quelle riforme e quei rinnovamenti che si rivelassero necessari.

La Chiesa cattolica si è proposta una tale riforma nel concilio Vaticano II, e di fatto ha cercato poi anche di tradurla in pratica, realizzando un serio rinnovamento alla luce dell'Evangelo e delle urgenze dell'oggi, traducendo in atto i dettati del concilio nei più diversi campi.

Il rinnovamento teologico

La seconda via è quella del rinnovamento dottrinale e del dialogo teologico.

La riconciliazione fra le Chiese può avere luogo soltanto se esse si riavvicinano anche sul piano dottrinale, riscoprendo una comune fedeltà all'unica fede trasmessaci dagli apostoli, al di là delle diverse formulazioni dottrinali o teologiche.

Un tale incontro o possibile, per il fatto che nel corso degli ultimi decenni sono stati chiariti alcuni principi, che consentono di scorgere un'unità di fede pur sotto espressioni differenti.

Ogni formulazione dottrinale o teologica infatti esprime la verità di fede rivelata attraverso parole e proposizioni che appartengono al nostro linguaggio umano e che sono quindi condizionate storicamente e culturalmente.

Nessuna formulazione umana è in grado di esaurire il mistero divino.

Nella misura in cui l'intelligenza dell'uomo matura a una maggiore comprensione, sotto l'azione dello Spirito che conduce alla piena conoscenza della verità, può avere luogo quello che è stato chiamato uno sviluppo dottrinale: la verità già contenuta nella Sacra Scrittura viene compresa sempre più profondamente, le formulazioni del passato sono reinterpretate e rienunciate nei termini della cultura contemporanea.

Non solo è legittimo uno sviluppo dottrinale; sono anche legittime espressioni diverse dell'unica fede, come è accaduto nei rapporti fra l'Oriente e l'Occidente.

Nella Chiesa primitiva quasi ogni Chiesa locale poteva avere il proprio simbolo di fede, con formulazioni differenti della fede comune, senza che venisse meno la comunione nella fede fra le varie comunità locali.

Anche oggi pertanto si potrebbe riconoscere legittima una diversa accentuazione o una diversa espressione della fede, fra le varie tradizioni cristiane, senza che ne debba conseguire una divisione fra le Chiese: tanto più che in tutte le grandi Chiese cristiane si professa la fede comune con l'unico simbolo niceno-costantinopolitano.

Il principio della gerarchia delle verità ha anch'esso aiutato a comprendere che le divisioni fra i cristiani vertono in genere su punti relativamente secondari, rispetto a quello che è il "fondamento della fede cristiana", la fede trinitaria e cristologica.

Per contribuire a mettere in chiaro la comunione che già esiste sul piano della fede, rispettando le legittime diversità fra le varie tradizioni cristiane, e facendo riavvicinare le posizioni dottrinali sui punti nei quali ciò appare necessario, le Chiese sono entrate in dialogo fra di loro, realizzando quell'insieme di dialoghi ecumenici che hanno caratterizzato questi ultimi anni, e che hanno portato alla pubblicazione di molti documenti che consentono di superare quasi tutti i punti controversi del passato.

Il dialogo sostituisce oggi la polemica e la controversia: invece di cercare di affermare in maniera polemica la verità di cui ci si considera possessori, l'ecumenismo insegna ad ascoltare gli altri, a imparare da essi, accogliendo con benevolenza le critiche e le osservazioni che possono essere fatte, per lasciarsene purificare e arricchire: la verità di Dio è sempre più grande di ogni enunciazione umana.

In tal modo si viene elaborando una nuova teologia ecumenica, nella quale confluiscono i tesori di riflessione e di spiritualità presenti in tutte le tradizioni cristiane.

Il dialogo della carità

La terza via è quella del dialogo della carità, che attraverso dei gesti di fraternità, di accoglienza, di carità reciproca, contribuisce a far cadere i pregiudizi e le diffidenze che si sono instaurate nel corso dei lunghi secoli di separazione, e della collaborazione fra i cristiani in tutti i campi in cui essa è possibile, e cioè soprattutto nel lavoro comune al servizio della giustizia, della pace, dello sviluppo, dei diritti dell'uomo, dando al mondo una testimonianza concreta di servizio e di amore, e rispondendo insieme alle nuove sfide poste all'umanità contemporanea.

L'unità che si realizza già fra i cristiani nel loro porsi al servizio degli uomini diventa così un segno e un'anticipazione dell'auspicata unità dell'umanità, e i cristiani si potranno poi unire a tutti gli uomini di buona volontà per affrontare insieme le grandi cause degli uomini del nostro tempo.

L'ecumenismo spirituale

La quarta via è quella del cosiddetto ecumenismo spirituale, e cioè della preghiera, della conversione personale all'ecumenismo e della santificazione personale.

L'abbé Paul Couturier, considerato l'apostolo di questo ecumenismo spirituale, affermava infatti che l'unità dei cristiani non è un problema, ma un mistero di fede in cui entrare in ginocchio.

La preghiera per l'unità associa alla preghiera di Gesù per l'unità dei suoi discepoli: "Come tu, Padre, sei in me e io in tè, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" ( Gv 17,21 ).

Essa viene già realizzata con la semplice recita del Padre nostro, che è la preghiera comune di tutti i cristiani e che ricorda che tutti, in quanto figli dell'unico Padre, si debbono riconoscere come fratelli.

Essa raggiunge una maggiore pienezza quando dei cristiani appartenenti a Chiese diverse si incontrano per pregare assieme, specialmente in occasione di incontri di studio, oppure in particolari occasioni pubbliche ( feste nazionali ecc. ), e soprattutto nel corso della settimana universale di preghiere per l'unità dei cristiani, che da molti decenni viene celebrata ogni anno dal 18 al 25 gennaio.

La preghiera per eccellenza per l'unità dei cristiani deve essere comunque considerata la celebrazione eucaristica, che è segno di unità, vincolo di carità, sorgente di comunione fraterna, nella quale soprattutto la comunità cristiana si rende visibile.

In quanto sorgente di unità, partecipare in comune all'eucaristia potrebbe far crescere la comunione ecclesiale; in quanto manifestazione e segno di piena unità, tale partecipazione comune non può essere realizzata fino al giorno in cui manca la piena comunione nella fede e nella vita sacramentale.

La risoluzione definitiva di questo problema che oggi angustia tanti cristiani si potrà avere solo il giorno in cui, sulla base di una reale convergenza teologica intorno al mistero dell'eucaristia e al problema dei ministeri, le Chiese potranno giungere al ristabilimento della piena comunione visibile.

Analogo discorso può essere fatto a proposito dei matrimoni interconfessionali, nei quali si uniscono cristiani appartenenti a Chiese diverse.

Essi pongono gravi problemi alla coscienza degli sposi e nell'educazione dei figli, e per questo tutte le Chiese li considerano con una certa diffidenza, e tuttavia offrono anche possibilità positive: due credenti, pur appartenendo a Chiese cristiane diverse, possono sostenersi a vicenda nella comune fede in Cristo.

Essi possono contribuire a far cadere molti dei pregiudizi che ancora esistono fra le diverse comunità cristiane, ma soprattutto possono costituire per gli sposi e le loro famiglia un luogo di incontro con un'altra tradizione ecclesiale e una sorgente di alleanza e di comunione con l'altra Chiesa, quasi un anticipo, a livello di "Chiesa domestica", della Chiesa riconciliata verso cui siamo in cammino.

L'ecumenismo pastorale

La quinta via è quella che può essere definita dell'ecumenismo pastorale e consiste in tutte quelle iniziative che i pastori di anime e le comunità cristiane come tali possono assumere per favorire il riavvicinamento nella carità fra i cristiani: scambi di visite, relazioni fraterne fra Chiese, uso comune degli stessi locali di culto o prestito dei propri locali di culto ad altre comunità cristiane, scambio di predicatori, catechesi comuni, pratica dell'ospitalità verso i cristiani di altre Chiese, e soprattutto l'opera di testimonianza e di evangelizzazione che i cristiani sono chiamati a realizzare assieme nel mondo, per esempio attraverso la traduzione e la diffusione in comune della Scrittura e la realizzazione di gruppi biblici, nei quali i cristiani delle diverse Chiese possono riflettere assieme sull'unica Parola.

Tutti i possibili rinnovamenti a livello istituzionale o dottrinale non saranno comunque sufficienti a ristabilire l'unità, se non si accompagnano a un'altra dimensione, più personale, per la quale ogni cristiano accoglie e fa propri questi rinnovamenti, entrando decisamente nel cammino ecumenico e modificando la propria mentalità e i propri atteggiamenti nei confronti degli altri cristiani.

La conversione ecumenica, sulla quale ha insistito anche l'enciclica Ut unum sint di Giovanni Paolo II, comporta un cambiamento di mentalità e di orientamento interiore, per cui si prende coscienza dello stato di peccato in cui si vive quando si accetta passivamente la situazione di divisione, si soffre per essa e ci si impegna a lottare per il suo superamento, attraverso un nuovo atteggiamento di umiltà, di fraternità, di dialogo, di rispetto per gli altri.

In questo atteggiamento di conversione rientra anche la domanda e offerta reciproca di perdono, per tutti i peccati che si sono potuti commettere, come singoli e come comunità, nel far sorgere e nel mantenere in atto le divisioni, anche soltanto con la nostra arroganza e con la nostra sicurezza di "possedere" la verità.

Al di là di tutti questi mezzi, i cristiani sanno comunque che è soprattutto necessario affidarsi all'azione dello Spirito, che guida interiormente i cuori a desiderare e a operare per l'unità, che fa incessantemente nuove tutte le cose ( Sal 104,30 ), e che conduce alla pienezza della verità ( Gv 14,26; Gv 16,13 ).

Il ristabilimento dell'unità resta infatti un qualcosa che supera le forze e le possibilità umane, e può essere soltanto opera dello Spirito, che è il principio dell'unità della Chiesa ( UR 2 ).

Lo Spirito aiuterà a entrare nella logica del Regno di Dio, una logica di amore e di unità, in una conversione più piena a Cristo, in una vita di totale abbandono al Padre, conducendo interiormente a quella più profonda comunione con lui e con tutti i nostri fratelli, nella quale sta l'essenza stessa dell'ecumenismo, come di tutta la vita cristiana.

v. Cattolicesimo; Chiesa; Ecumene

Magistero

Il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Atenagora, con ben undici metropoliti è venuto incontro a me e ha voluto abbracciarmi, come si abbraccia un fratello, ha voluto stringermi la mano e condurmi lui, la mano nella mano, nel salotto in cui si dovevano scambiare alcune parole, per dire: dobbiamo, dobbiamo intenderci, dobbiamo fare la pace, far vedere al mondo che siamo ritornati fratelli.

Discorso Paolo VI
6-1-1964
L'ecumenicità potenziale ha riempito e commosso l'ecumenicità concreta della Chiesa riunita a Concilio; un'ansia di universalità le ha ispirato parole stupende sul « Popolo di Dio », le ha acceso in seno un fuoco missionario, irradiante in ogni documento conciliare; le ha suggerito accenti di umiltà, di perdono, di comprensione, di ricerca per tutti i Cristiani. Catechesi Paolo VI
19-1-1966
La Chiesa cattolica desidera piuttosto, dal canto suo, di appianare la via all'incontro pieno e definitivo con i Fratelli separati, cercando di rassicurarli circa la logica, per tutti onorevole, delle posizioni cattoliche; cercando di onorarli col riconoscere certi aspetti di alcune caratteristiche delle loro tesi religiose, meritevoli di comune consenso, e cercando ancora di favorirli, per quanto la realtà storica e pratica lo consenta, col semplificare le esigenze rinunciabili delle forme espressive dell'adesione ad un'unica Chiesa; e si confida che questo sforzo di leale accostamento sarà reciproco. Catechesi Paolo VI
13-4-1966

L'Ecumenismo non è semplicismo, non è irenismo superficiale e incurante delle intrinseche istanze della verità religiosa.

L'avvicinamento dei Fratelli disuniti, mentre deve farsi con grande rispetto e grande comprensione dei valori veramente cristiani ch'essi possiedono e col desiderio anche di apprendere da loro ciò che di vero e di buono possono darci, non deve avvenire a scapito dell'integrità della fede cattolica e della nostra disciplina ecclesiale.

Catechesi Paolo VI
18-1-1967

Nella luce di Cristo noi vediamo come sia urgente sormontare questi ostacoli per arrivare a condurre a pienezza e perfezione la comunione già così viva esistente tra di noi.

Lettera Paolo VI
25-7-1967

Le posizioni rispettive dei Cattolici e dei Fratelli separati sono state per lungo tempo vigilate più per difendersi e per distinguersi, che non per avvicinarsi e per ricongiungersi.

Parola facile; in realtà quale superamento di posizioni interiori acquisite e credute normali, quale umiltà, quale generosità, quale castigo al proprio egoismo, quale rinuncia al proprio prestigio, quale forza d'amore esige tale esercizio!

Catechesi Paolo VI
24-1-1968

Non possiamo più rassegnarci alle situazioni storiche della separazione.

Non possiamo più accontentarci d'un semplice e chiuso atteggiamento di difesa.

Dobbiamo almeno soffrire delle lacerazioni avvenute nel corpo mistico e visibile di Cristo, che è la Chiesa una ed unica.

Catechesi Paolo VI
22-1-1969

Non può essere un cattolicesimo diluito, approssimativo, mascherato, e tanto meno se smentito nel costume quello che avvicinerà noi ai Fratelli separati, ed i Fratelli separati a noi.

Un mimetismo religioso e morale verso forme di facile e discutibile vita cristiana non abilita alla testimonianza, né all'apostolato, e neppure attrae a sé per le vie della stima, dell'esempio, della fiducia; serve solo a svilire la causa di Cristo e della sua Chiesa.

Catechesi Paolo VI
21-1-1970

Sarebbe venir meno ad una nostra irrinunciabile responsabilità verso Cristo, verso gli stessi Fratelli separati, se per trovare un terreno d'intesa noi mettessimo in dubbio la nostra autentica professione cattolica, o rinunciassimo alle sue esigenze impegnative.

Catechesi Paolo VI
20-1-1971

Cattolici e Ortodossi devono sforzarsi di approfondire la carità e di sviluppare le consultazioni reciproche, la riflessione e la cooperazione nei campi sociale ed intellettuale, e debbono umiliarsi davanti a Dio, supplicandolo affinché, come ha cominciato la sua opera in noi, la porti a compimento.

Dichiarazione Paolo VI
10-5-1973

A chi, dalla prima ora, si è impegnato nella ricerca dell'unità e, forse con un velo di tristezza, osserva che l'unità cercata non è ancora raggiunta, San Paolo ricorda che « la speranza non delude » e che occorre perseveranza.

Catechesi Paolo VI
19-1-1977

Che lo Spirito di amore e di verità ci conceda di ritrovarci spesso e sempre più vicini gli uni agli altri, sempre più in comunione profonda nel mistero di Cristo nostro unico Salvatore, nostro unico Signore.

Discorso Giovanni Paolo II
22-10-1978

Non ci si può esimere dal risolvere insieme le questioni che han diviso i cristiani: sarebbe una carità assai mal illuminata quella che volesse esprimersi a spese della verità.

Discorso Giovanni Paolo II
18-11-1978

Noi vediamo con estrema chiarezza che il sentiero lungo il quale dobbiamo procedere insieme alla comunità religiosa ebraica è quello di un dialogo fraterno e di una fruttuosa collaborazione.

Discorso Giovanni Paolo II
12-3-1979

Così il rinnovo dei voti battesimali diventerà un impegno per fare del nostro meglio per collaborare con la grazia dello Spirito Santo, il quale soltanto ci può guidare al giorno in cui professeremo tutti insieme la pienezza della nostra fede.

Celebraz. Giovanni Paolo II
28-5-1982

Siamo d'accordo che è l'ora di formare una nuova Commissione Internazionale.

Dichiaraz. Giovanni Paolo II
29-5-1982

Questa unità è frutto del rinnovamento, della conversione e della penitenza quotidiani di tutti i cristiani, alla luce della parola eterna di Dio.

Discorso Giovanni Paolo II
11-12-1983

Vicinanza, in un atteggiamento di rispetto, implica fiducia e franchezza ed esclude totalmente sfiducia e sospetto.

Discorso Giovanni Paolo II
22-3-1984

Se ancora non ci è possibile celebrare insieme l'Eucaristia del Signore comunicando ad una stessa messa, ci sta sempre più a cuore di porre la preghiera comune al centro delle nostre riunioni, anche quando si tratta di austere sedute di lavoro.

Discorso Giovanni Paolo II
12-6-1984

Si deve dunque sviluppare ancora maggiormente la collaborazione, per giungere a un servizio più efficace della causa dell'unità.

Bisogna che i doni di ciascuno si sviluppino per l'utilità e a vantaggio di tutti.

Discorso Giovanni Paolo II
28-6-1985

Così, nella prospettiva di questa perfetta comunione che noi vogliamo ristabilire, io prego insistentemente lo Spirito Santo perché ci doni la sua luce, e illumini tutti i pastori e i teologi delle nostre Chiese, affinché possiamo cercare, evidentemente insieme, le forme nelle quali questo ministero possa realizzare un servizio di amore riconosciuto dagli uni e dagli altri.

Omelia Giovanni Paolo II
6-12-1987

Rinnoviamo davanti a Dio il nostro impegno comune di promuovere in tutti i modi possibili il dialogo di carità, seguendo l'esempio di Cristo che nutre la sua Chiesa e la circonda delle premure della sua carità ( cf. Ef 5,29 ).

In questo spirito rifiutiamo ogni forma di proselitismo, ogni atteggiamento che sarebbe o potrebbe essere percepito come una mancanza di rispetto.

Dichiarazione Giovanni Paolo II
7-12-1987

La comune riflessione sulle esigenze che scaturiscono da una convivenza fraterna, che tenda alla piena comunione ecclesiale secondo la volontà di Cristo per la sua Chiesa, aiuterà tutti a trovare una soluzione equa e degna della vocazione cristiana.

Lettera Giovanni Paolo II
31-5-1991

Cattolici e ortodossi – nel riconoscimento e rispetto reciproci come pastori di quella parte del gregge che è affidata a ciascuno – non possono avere nessun altro scopo se non la crescita e l'unità del popolo di Dio.

Discorso Giovanni Paolo II
11-6-1993

Enciclica Giovanni Paolo II - Ut unum sint - 25-5-1995

La Settimana di preghiera per l'Unità dei Cristiani ci ricorda così che l'ecumenismo è un'esperienza dialogica profonda, un ascoltarsi e parlarsi, un conoscersi meglio; è un compito che tutti possono svolgere, specialmente per quanto riguarda l'ecumenismo spirituale, basato sulla preghiera e la condivisione per ora possibile tra i cristiani.

Angelus Benedetto XVI
21-1-2007

L'Oriente e l'Occidente cristiani sono molto vicini tra loro, e possono già contare su una comunione quasi piena, come ricorda il Concilio Vaticano II, faro che guida i passi del cammino ecumenico.

Angelus Benedetto XVI
29-6-2007

La missione evangelizzatrice della Chiesa passa dunque per il cammino ecumenico, il cammino dell'unità di fede, della testimonianza evangelica e dell'autentica fraternità.

Angelus Benedetto XVI
20-1-2008

Concilio Ecumenico Vaticano II

Intenzione del Concilio Unitatis redintegratio 1
Azione di Dio nel nostro tempo Unitatis redintegratio 1
  Unitatis redintegratio 4
Aspirazione dei credenti Unitatis redintegratio 1

Principi cattolici:

il mistero dell'unità della Chiesa Unitatis redintegratio 2
atteggiamento della Chiesa verso i fratelli separati: fraternità, rispetto, amore, responsabilità dei fratelli separati oggi, loro comunione imperfetta con la Chiesa, elementi positivi presso i fratelli separati; i fratelli separati non godono della vera unità voluta da Cristo Unitatis redintegratio 3
e Movimento ecumenico, opera di preparazione e di riconciliazione Unitatis redintegratio 4
Esercizio: è affare di tutti Unitatis redintegratio 5
continuo rinnovamento della Chiesa Unitatis redintegratio 6
conversione interiore e colpe contro l'unità Unitatis redintegratio 7
unione nelle preghiere, specialmente in alcune circostanze, « communicatio in sacris » ( v. ) Unitatis redintegratio 8
reciproca conoscenza, studio, congressi, dialogo ( v. ) Unitatis redintegratio 9
  Unitatis redintegratio 10
  Unitatis redintegratio 12
  Orientalium ecclesiarum 6
  Orientalium ecclesiarum 24
formazione ecumenica: nell'insegnamento teologico cattolico Unitatis redintegratio 10
modo di esprimere ed esporre la dottrina della fede Unitatis redintegratio 11
v. Teologia; Cooperazione Unitatis redintegratio 12
v. Cooperazione coi cristiani
Chiese e comunità ecclesiali separate ( v. ) Unitatis redintegratio 13
Chiese Orientali separate ( v. ) Unitatis redintegratio 14
  Unitatis redintegratio 15
  Unitatis redintegratio 16
  Unitatis redintegratio 17
Chiese e comunità separate d'Occidente ( v. ) Unitatis redintegratio 19
  Unitatis redintegratio 20
  Unitatis redintegratio 21
  Unitatis redintegratio 23
… e Missioni: gravi difficoltà per la divisione dei cristiani Ad gentes 6
spirito ecumenico dei neofiti Ad gentes 15
dei seminaristi Ad gentes 16
Azione ecumenica, sue caratteristiche Ad gentes 15
v. Cristiani; Dialogo; Divisione; Fratelli separati; Fraternità; Unione; Unità

Catechismo della Chiesa Cattolica

« Il sacro Mistero dell'unità della Chiesa » 816ss
Verso l'unità 821
La missione - un'esigenza della cattolicità della Chiesa 855
Il vincolo sacramentale dell'unità dei cristiani 1271
Il vincolo matrimoniale 1636

Rinnovamento Catechesi

Il movimento ecumenico 49
La famiglia 151

Codice Diritto Canonico

  755
12-3-1979