Contro Fausto manicheo |
Fra i rimproveri calunniosi e sacrileghi di Fausto, ai quali sto ora rispondendo, resta il fatto che Dio parlando al profeta Osea gli disse: Prendi in moglie una prostituta e genera figli da lei. ( Os 1,2 )
Davanti a questo testo il loro cuore immondo è così accecato che non comprendono neppure le parole chiarissime che il Signore disse ai Giudei: Le prostitute e i pubblicani vi passeranno avanti nel regno dei cieli. ( Mt 21,31 )
Infatti, cosa c'è di contrario alla clemenza della verità, di avverso alla fede cristiana, se una meretrice, abbandonata la fornicazione, si trasforma in una moglie casta?
E cosa di più incongruente o estraneo rispetto alla fede del profeta, che il non credere che tutti i peccati di quella impudica, cambiata in meglio, sarebbero stati perdonati?
Quando dunque il profeta prese in moglie una prostituta, si provvide che la donna potesse correggere la sua vita, e insieme si espresse la figura di un mistero di cui poi parleremo.
Ma chi non vede l'elemento che, in questo fatto, va piuttosto a colpire l'errore dei Manichei?
Le meretrici, infatti, sogliono darsi da fare per non rimanere incinte.
Quindi per essi era preferibile che la prostituta rimanesse nella sua condotta per non incatenare il loro dio, piuttosto che divenisse moglie di un solo uomo per generare dei figli.
E che dire di Salomone, se non che egli riceve rimproveri più gravi dalla testimonianza della stessa Scrittura santa e fedele che dalle ingiurie petulanti e impertinenti di Fausto?
Quella infatti ha detto di lui, con verità e fedeltà, sia il bene che aveva posseduto prima sia il male compiendo il quale aveva abbandonato il bene precedente; ( 1 Re 3,11; Sir 47 ) costui invece, con occhi chiusi o meglio spenti, non andava dove lo conduceva la luce che gli si manifestava, ma precipitava dove lo spingeva la malvagità che lo trascinava.
I libri santi, infatti, suggerirono ai lettori religiosi e che li amavano quale fosse la castità con cui quegli uomini santi presero più mogli proprio attraverso il fatto che Salomone, il quale non le prese in quel modo, bensì più per goderne che per procreare, fu rimproverato e redarguito al punto che la verità che non fa preferenze di persone lo chiamò donnaiolo e svelò come a partire da lì egli cadde e fu sommerso nell'abisso dell'idolatria.
Dopo aver passato in rassegna tutti i personaggi per i quali Fausto ritenne che le Scritture del Vecchio Testamento debbano essere colpevolizzate, e aver dedicato a ciascuno un discorso opportuno, col quale abbiamo difeso gli uomini di Dio dalle calunnie di eretici e carnali oppure, rimproverando gli uomini, abbiamo tuttavia dimostrato che la Scrittura è lodevole e venerabile, vediamo adesso, in base all'ordine con cui Fausto ha ricordato tali uomini nell'accusarli, che cosa significhino le loro azioni, cosa profetizzino, cosa preannunzino del futuro.
Lo abbiamo già fatto per Abramo, Isacco e Giacobbe, dei quali Dio volle chiamarsi il Dio, ( Es 3,15 ) come se fosse il Dio solo di essi, egli che è Dio di tutta la creazione: onore che a ragione tributò soltanto a quei tre, perché aveva riconosciuto in essi una carità sincera e autentica, cosa che egli solo poteva conoscere in modo perfetto e sommo, e perché in quei tre padri in qualche modo si compiva il grande e mirabile mistero del suo popolo futuro.
Essi infatti attraverso donne libere generarono non solo per la libertà, come nel caso di Sara, ( Gen 21,1-2 ) Rebecca, ( Gen 25,21 ) Lia e Rachele, ( Gen 29; Gen 30 ) ma anche per la schiavitù, come nel caso in cui dalla stessa Rebecca nacque Esaù al quale fu detto: Servirai tuo fratello; ( Gen 27,40 ) e attraverso delle schiave non solo per la schiavitù, come nel caso di Agar, ( Gen 16,15 ) ma anche per la libertà, come nel caso di Bila e Zilpa. ( Gen 30 )
Allo stesso modo, infatti, anche nel popolo di Dio attraverso uomini spirituali nascono figli non solo per una libertà degna di lode, quelli ad esempio a cui viene detto: Fatevi miei imitatori come io lo sono di Cristo, ( 1 Cor 4,16 ) ma anche per una servitù degna di condanna, come Simone attraverso Filippo; ( At 8,13 ) e attraverso servi carnali nascono figli non solo per una servitù degna di condanna, quelli cioè che li imitano, ma anche per una libertà degna di lode, quelli ai quali viene detto: Quanto vi dicono, fatelo, ma non fate secondo le loro opere. ( Mt 23,3 )
Chi nel popolo di Dio ha l'accortezza di riconoscere questo grande mistero, custodisce l'unità dello spirito nel vincolo della pace sino alla fine, unendosi agli uni e sopportando gli altri.
La stessa cosa abbiamo fatto anche per Lot, evidenziando ciò che la Scrittura ha narrato di lodevole e di denigrabile in lui e ciò che ha indicato debba comprendersi come significato ( Gen 19 ) di tutta quella sua vicenda.
Dobbiamo ora riflettere sul significato futuro del fatto che Giuda giacque con sua nuora. ( Gen 38 )
Prima però bisogna premettere, per non offendere chi è debole nel comprendere, che nelle sacre Scritture alcune azioni cattive sono segno di un avvenimento futuro non cattivo, bensì buono.
La divina provvidenza, infatti, conserva ovunque la forza della sua bontà: cosicché, come dall'unione di due adulteri si forma e nasce un uomo, ovvero da un'opera cattiva degli uomini ne viene una buona di Dio ( a partire dalla fecondità del seme e non dalla turpitudine del vizio, come abbiamo già detto in un anteriore discorso5), allo stesso modo nelle scritture profetiche, che narrano degli uomini non solo le azioni buone ma anche le cattive, poiché è la narrazione stessa ad essere profetica, un bene futuro è prefigurato da un'azione cattiva per opera non del peccatore, ma di chi scrive.
Infatti Giuda, quando si recò da Tamar vinto dalla brama di possederla, non aveva nella sua dissolutezza l'intenzione di compiere quell'atto per significare qualcosa di attinente alla salvezza degli uomini, così come quel Giuda che tradì il Signore non intendeva affatto che da lì doveva venire qualcosa di attinente a quella medesima salvezza.
Dunque, se dall'azione tanto malvagia di quel Giuda il Signore trasse un'azione tanto buona, fino al punto da redimerci col sangue della sua stessa passione, che c'è di strano se il suo profeta, del quale egli stesso dice: Di me egli ha scritto, ( Gv 5,46 ) con l'azione malvagia di questo Giuda volle significare qualcosa di buono, per ammaestrare noi col suo servizio?
Il profeta narratore, per disposizione e ispirazione dello Spirito Santo, raccolse dunque quelle azioni umane il cui inserimento non era estraneo alla prefigurazione delle cose che intendeva profetizzare.
Ora, perché possano essere significati dei beni, non ha importanza se i fatti che ne sono segno siano buoni o cattivi.
Infatti, che mi importa, quando voglio apprendere qualcosa leggendo, se trovo scritto " i neri Etiopi " col minio e "i candidi Galli " col nero?
Tuttavia, se vedessi una cosa simile non in uno scritto ma in una pittura, senza dubbio la criticherei.
Così, riguardo alle azioni che vengono proposte allo scopo di imitarle o di evitarle, ha molta importanza se siano buone o cattive.
Quelle invece che vengono scritte o dette perché siano un segno, non ha alcuna importanza se nei costumi di chi le compie meritino lode o biasimo, qualora possiedano la congruenza necessaria per prefigurare la cosa di cui si sta trattando.
Così è per lo stesso Caifa nel Vangelo: per ciò che si riferiva al suo animo dannoso e pernicioso e soprattutto alle parole con cui, se consideri l'intenzione che ebbe nel pronunziarle, insisteva perché un giusto fosse ucciso ingiustamente, si trattava senza dubbio di mali; tuttavia, senza che lui lo sapesse, preannunziavano un grande bene, allorché disse: È meglio che muoia un solo uomo e non la nazione intera e di lui fu detto: Questo però non lo disse da se stesso, ma essendo sommo sacerdote profetizzò che bisognava che Gesù doveva morire per la nazione. ( Gv 11,50-51 )
Così l'azione di Giuda, dal punto di vista della sua lussuria, fu un male, ma senza che lui lo sapesse prefigurò un grande bene: da se stesso egli compì un male, e tuttavia, sia pur non da se stesso, fu segno di un bene.
Questo, che ho ritenuto necessario dover premettere, non vale soltanto per l'azione di Giuda, ma anche per le altre eventuali azioni umane malvagie con cui il narratore abbia profetizzato un bene.
Con Tamar dunque, nuora di Giuda, si intende il popolo del regno dei Giudei, al quale si erano uniti come mariti re provenienti dalla tribù di Giuda.
A ragione il suo nome si traduce " Amarezza ", poiché fu quello stesso popolo a offrire al Signore la bevanda di fiele. ( Mt 27,34 )
Nei due figli di Giuda, dei quali uno era malvagio e crudele davanti al Signore e l'altro spargeva a terra il suo seme per non fecondare Tamar, sono significati due tipi di prìncipi che non agivano rettamente nei confronti del popolo: quelli che lo danneggiavano e quelli che non gli erano di utilità.
Non esistono infatti più di due tipi di uomini inutili al genere umano: uno è quello di coloro che lo danneggiano, l'altro è quello di coloro che non vogliono donare il bene che possiedono in questa vita terrena e lo perdono, come riversandolo a terra.
E poiché nel male è peggiore chi nuoce rispetto a chi non dà aiuto, per questo il figlio maggiore è detto " malvagio " e l'altro che spargeva il seme a terra " seguente ".
Il nome del maggiore, chiamato Er, significa " di pelle ", come le tuniche che indossarono i primi uomini dopo essere stati cacciati dal paradiso in punizione per la loro condanna. ( Gen 3,21 )
Il nome di colui che lo seguiva, chiamato Onan, significa " loro tristezza ".
Tristezza di chi, se non di coloro che, pur avendo qualcosa di cui giovarsi, non se ne giovano affatto e lo disperdono in terra?
Ora, l'essere privati della vita, significato dalla " pelle ", è certo un male più grave che l'essere privati di aiuto, significato dalla " loro tristezza ".
Tuttavia si dice che Dio li uccise entrambi: il che significa che tolse il regno a uomini simili.
Invece il terzo figlio di Giuda, che non si unì a quella donna, sta a significare il tempo a partire dal quale i re del popolo dei Giudei cessarono di essere tratti dalla tribù di Giuda.
Egli era senz'altro figlio di Giuda, ma Tamar non lo prendeva come marito, in quanto la tribù di Giuda esisteva ancora, ma ormai nessuno proveniente da essa regnava sul popolo.
Per questo motivo il suo nome, Sela, si traduce " suo rinvio ".
Non rientrano certo in questo significato gli uomini santi e giusti che, pur vivendo in quel tempo, appartengono tuttavia al nuovo Testamento, al quale furono coscientemente utili con la loro profezia, come Davide.
Nell'epoca in cui la Giudea cominciava a non avere più re dalla tribù di Giuda, non va contato fra i suoi re, come marito di Tamar, Erode il grande.
Egli era uno straniero e non era unito alla Giudea con il sacro segno della mistica unzione, sorta di patto coniugale, ma la dominava da estraneo: aveva ricevuto tale potere dai Romani e da Cesare.
Così anche i suoi figli, i tetrarchi, uno dei quali, che aveva lo stesso nome del padre, Erode, si accordò con Pilato sulla passione del Signore. ( Lc 23,12 )
A tal punto questi stranieri non erano inclusi in quel mistico regno dei Giudei che i Giudei stessi, digrignando i denti contro Cristo, gridavano pubblicamente: Non abbiamo altro re all'infuori di Cesare. ( Gv 19,15 )
Ciò era vero solo in virtù dell'universale dominazione dei Romani, giacché neanche Cesare era propriamente re dei Giudei.
Ma per negare Cristo e adulare lui, con tali parole condannarono se stessi.
In quel tempo dunque, in cui il regno era ormai venuto meno alla tribù di Giuda, esso doveva venire a Cristo, vero Salvatore e Signore nostro, il quale non avrebbe nuociuto ma molto giovato.
Così infatti era stato profetizzato: Non mancherà un principe da Giuda né un condottiero dai suoi lombi, finché venga colui al quale è stato promesso.
È lui l'atteso dalle genti. ( Gen 49,10 )
In quest'epoca, secondo la profezia di Daniele, erano già scomparsi presso i Giudei ogni magistero e l'unzione mistica per cui venivano chiamati " Cristi ".
Allora venne colui al quale ciò era stato destinato, l'atteso dalle genti, e fu unto come santo dei santi ( Dn 9,24-27 ) con l'olio di letizia a preferenza di tutti i suoi pari. ( Sal 45,8 )
Nacque infatti al tempo di Erode il Grande, ( Mt 2,1 ) ma patì durante la tetrarchia di Erode il Minore. ( Lc 23, 7.46 )
Lo stesso Giuda, quando andò a tosare le sue pecore a Timna, che si traduce " che viene meno ", fu figura di lui, che veniva per le pecore perdute della casa di Israele. ( Mt 15,24 )
Infatti era ormai venuto meno il principe da Giuda ed ogni magistero e unzione dei Giudei, affinché venisse colui al quale ciò era stato destinato.
Giuda venne insieme al suo pastore di Adullam, di nome Chira: Adullamita si traduce " Testimonianza nell'acqua ".
Il Signore certamente venne con questa testimonianza, e avendo senz'altro una testimonianza maggiore di quella di Giovanni: ( Gv 5,36 ) tuttavia, per riguardo alle pecore malate, si servì di questa testimonianza nell'acqua.
Chira, il nome di quel pastore, si traduce " Visione di mio fratello ".
Davvero Giovanni vide suo fratello, fratello secondo il seme di Abramo, secondo la parentela di Maria madre di lui e di Elisabetta madre sua, e suo stesso Signore e Dio, poiché come egli stesso dice, ricevette dalla pienezza di lui. ( Gv 1,16 )
Lo vide davvero, e per questo tra i nati di donna non ne sorse uno più grande di lui, ( Mt 11,11 ) poiché di tutti coloro che annunziarono Cristo egli solo vide ciò che molti giusti e profeti avevano desiderato vedere e non lo videro; ( Mt 13,17 ) lo salutò dal grembo materno, ( Lc 1,44 ) lo riconobbe più perfettamente dalla colomba e pertanto, quale Adullamita, gli rese testimonianza nell'acqua. ( Lc 3,21-22 )
Il Signore venne a tosare le pecore, cioè ad alleggerirle dai carichi gravosi: perché i denti della Chiesa lodata nel Cantico dei cantici fossero come un gregge di pecore tosate. ( Ct 4,2 )
Che Tamar cambi ormai il suo abito: infatti Tamar vuol dire anche " che cambia ".
Ma le rimanga senz'altro il nome di " amarezza ": non quell'amarezza per cui offrì fiele al Signore, ma quella per cui Pietro pianse amaramente. ( Mt 26,75 )
Infatti Giuda in latino significa "Confessione ".
L'amarezza si mescoli dunque alla confessione, a segnalare il vero pentimento.
Da questo pentimento è fecondata la Chiesa, stabilita in tutti i popoli.
Era opportuno che Cristo patisse e risuscitasse il terzo giorno e che nel suo nome fossero predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. ( Lc 24,46-47 )
L'abito della prostituta è infatti la confessione dei peccati.
Tamar, che siede con questo abito presso la porta di Enan o Enaim, che si traduce " fonti ", è il tipo della Chiesa composta dai gentili.
Essa corre come un cervo alle fonti d'acqua per raggiungere il seme di Abramo: lì è fecondata da uno che non la riconosce, poiché è di lei che fu predetto: Un popolo che non conoscevo mi ha servito. ( Sal 18,45 )
Ricevette in segreto un anello con il sigillo, un cordone e un bastone: è segnata con la vocazione, adornata con la giustificazione, esaltata con la glorificazione.
Quelli poi che ha predestinati li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati. ( Rm 8,30 )
Ma ciò, come ho detto, ancora nel segreto, laddove anche avviene il concepimento di una santa fecondità.
Le viene poi inviato, come a una meretrice, il capretto promesso, il capretto rimprovero del peccato, attraverso lo stesso Adullamita che quasi grida e dice: Razza di vipere! ( Mt 3,7 )
Ma il rimprovero del peccato non trovò colei che l'amarezza della confessione aveva trasformato.
In seguito, con le prove pubbliche dell'anello, del cordone e del bastone essa sconfisse i Giudei che temerariamente la giudicavano, impersonati dallo stesso Giuda, i quali anche oggi dicono che non è questo il popolo di Cristo e che noi non abbiamo il seme di Abramo; ma una volta che siano state addotte le certissime prove della nostra vocazione, giustificazione e glorificazione, resteranno senza dubbio confusi e ammetteranno che noi siamo più giustificati di loro.
Potrei indagare e discutere questi argomenti più nel dettaglio, analiticamente e in qualche modo punto per punto, quanto a lungo il Signore volesse sostenere la mia intenzione: ma una simile trattazione più approfondita mi viene impedita dalla preoccupazione di terminare quest'opera, che si è già prolungata più di quel che volessi.
Ora sintetizzerò con la maggior concisione possibile il significato profetico del peccato di Davide. ( 2 Sam 11 )
La stessa traduzione dei nomi ci indica a sufficienza di cosa questo fatto sia prefigurazione.
Davide si traduce " forte di mano ", oppure " desiderabile ": e cosa c'è di più forte di quel leone della tribù di Giuda, che ha vinto il mondo? ( Ap 5,5 )
E di più desiderabile di colui del quale il profeta dice: Verrà il desiderato da tutte le genti? ( Ag 2,8 )
Bersabea si traduce " pozzo della sazietà " o " settimo pozzo ": qualunque di queste interpretazioni assumiamo, ben si adatta a ciò che intendiamo dire.
Infatti anche nel Cantico dei Cantici la sposa è la Chiesa, che viene chiamata "Pozzo d'acqua viva ". ( Ct 4,15 )
A questo pozzo viene aggiunto il numero sette a significare lo Spirito Santo, a motivo della Pentecoste, giorno in cui venne lo Spirito Santo mandato dal cielo. ( At 2,1-4 )
Quella festa infatti si compone di settimane, come attesta anche il libro di Tobia. ( Tb 2, sec. LXX )
A quarantanove, cioè sette volte sette, si aggiunge uno, che rappresenta l'unità.
Su tale logica si fonda quella affermazione dell'Apostolo: Sopportandovi a vicenda, cercando con amore di conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace. ( Ef 4,2-5 )
Con un dono spirituale, cioè settenario, la Chiesa è stata trasformata in un pozzo di sazietà, poiché è stata creata in lei Una sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna, ( Gv 4,13 ) chi berrà della quale Non avrà mai più sete. ( Gv 4,14 )
Quanto poi al marito di lei, cos'altro significa, a tradurne il nome, se non il diavolo?
A lui erano stati avvinti con pessime nozze tutti coloro che la grazia di Dio libera perché la Chiesa, senza macchia né ruga, si unisca al suo Salvatore. ( Ef 5,27 )
Uria infatti si traduce " la mia luce è di Dio ".
Hittita invece vuol dire " reciso ": o perché non è rimasto nella verità, ( Gv 8,44 ) ma si è separato per superbia dalla luce superiore che riceveva di Dio, o perché nella caduta, perdute le sue vere forze, si è trasformato in un angelo di luce, ( 2 Cor 11,14 ) osando ancora dire " la mia luce è di Dio ".
Davide dunque commise un peccato grave e criminoso: un crimine che Dio gli rimproverò a gran voce anche per mezzo del profeta, e che egli lavò con il pentimento.
Nondimeno, il desiderato da tutte le genti amò la Chiesa che si lavava sopra il tetto, che cioè si mondava dalle sozzure del secolo e mediante la contemplazione spirituale trascendeva e calpestava la casa di fango, e avendo iniziato a conoscerla in un primo incontro, dopo aver separato completamente da lei il diavolo, lo uccise e si unì a lei con nozze eterne.
Odiamo dunque il peccato, ma non estinguiamo la profezia: amiamo quanto si deve amare quel Davide che per misericordia ci ha liberato dal diavolo; amiamo anche questo Davide, che sanò in se stesso una così grave ferita dell'iniquità con l'umiltà del pentimento.
Che dire di Salomone? La sacra Scrittura lo rimprovera e lo condanna vigorosamente ( 1 Re 11 ) e non fa alcuna menzione né di un suo pentimento né di un perdono concessogli da Dio.
Io non riesco proprio a vedere che cosa di buono significhi, almeno nell'allegoria, questa sua deplorevole rovina.
A meno che qualcuno non dica che le donne straniere del cui amore egli aveva bruciato stanno a significare le chiese scelte fra i Gentili.
Non sarebbe forse assurdo intendere una cosa simile, se quelle a motivo di Salomone avessero abbandonato i loro dèi e adorato il Dio di lui: ma poiché fu lui ad offendere il proprio Dio a causa di quelle e ad adorare i loro dèi, non possiamo congetturare da lì nulla di buono.
Non credo tuttavia che non vi sia significato alcuno, ma piuttosto che il significato sia negativo, come abbiamo detto a proposito della moglie e delle figlie di Lot.
Nella persona di Salomone infatti si evidenziano una straordinaria eccellenza e una straordinaria rovina.
Ciò che in lui avviene in diversi momenti, il primo positivo e il secondo negativo, si mostra simultaneamente in un unico momento nella Chiesa che è ancora in questo secolo.
Infatti ritengo che con il positivo di lui siano significati i buoni della Chiesa e con il negativo i cattivi della Chiesa: allo stesso modo che in un'unica aia, come unico è quell'uomo, i buoni sono rappresentati dal grano e i cattivi dalla pula, e in un unico raccolto i buoni lo sono dal frumento e i cattivi dalla zizzania. ( Mt 3,12; Mt 13,30 )
Forse, una volta esaminate con più attenzione le cose che di lui sono state scritte, potrebbe rivelarsi a me o a coloro che in questo sono più dotti e migliori di me qualcos'altro di più probabile: per ora tuttavia congediamo così la questione, in modo che una serie di interruzioni del discorso non ci ostacoli nell'intenzione di passare velocemente ad altro.
Riguardo al profeta Osea, non è necessario che io dica cosa significa l'ordine o l'azione che il Signore gli comandò: Va', prenditi in moglie una prostituta e abbi figli di prostituzione, in quanto la Scrittura stessa spiega a sufficienza perché e a che scopo ciò sia stato detto.
Segue infatti: " Perché il paese non fa che prostituirsi allontanandosi dal Signore ".
Egli andò a prendere Gomer, figlia di Diblaim: essa concepì e gli partorì un figlio.
E il Signore gli disse: " Chiamalo Izreel, perché tra poco vendicherò il sangue di Izreel sulla casa di Giuda e farò cessare e distruggerò il regno della casa di Israele.
In quel giorno io spezzerò l'arco di Israele nella valle di Izreel ".
Ed ella concepì di nuovo e partorì una figlia e il Signore disse a Osea: Chiamala "Non-amata ", poiché non avrò più misericordia della casa di Israele, mi dimenticherò di loro.
Avrò invece misericordia della casa di Giuda e saranno salvati dal Signore loro Dio; non li salverò con l'arco, con la spada, con la guerra, né con cavalli e cavalieri.
E svezzò " Non-amata " e concepì e partorì un figlio.
E il Signore disse a Osea: Chiamalo "Non-mio-popolo ", perché voi non siete il mio popolo e io non sarò il vostro Dio.
Il numero dei figli di Israele sarà come la sabbia del mare, che non si può misurare né contare.
E invece di sentirsi dire: " Non siete mio popolo ", saranno chiamati " figli del Dio vivente ".
I figli di Giuda e i figli di Israele si riuniranno insieme, si daranno un unico capo e saliranno dal proprio territorio, perché grande sarà il giorno di Izreel!
Dite ai vostri fratelli " Popolo mio " e a vostra sorella " Colei che è stata amata ". ( Os 1,2; Os 2,1 )
Se dunque il Signore stesso ci spiega con chiarezza mediante la Scrittura di cosa siano figura l'ordine e l'azione di costui, e gli scritti apostolici ci testimoniano che questa profezia si è compiuta con la predicazione del Nuovo Testamento, chi oserà dire che quell'azione fu ordinata e compiuta per motivi diversi da quelli per cui, nella sacra Scrittura, colui stesso che la ordinò afferma di averla ordinata e che il profeta la compì?
Dice infatti l'apostolo Paolo: Per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso vasi di misericordia, da lui predisposti alla gloria; cioè verso di noi, che egli ha chiamati non solo tra i Giudei ma anche tra i Gentili.
Esattamente come dice Osea: Chiamerò " popolo mio " quello che non era mio popolo, e "mia diletta " quella che non era diletta, e avverrà che nel luogo stesso dove fu detto loro: " voi non siete mio popolo ", là saranno chiamati "figli del Dio vivente ". ( Rm 9, 23.26 )
Paolo dunque mostra che ciò fu profetizzato a proposito dei Gentili.
Per questo anche Pietro, quando scrive ai Gentili, pur non menzionando il profeta ne inserisce la profezia nelle proprie parole dicendo: Ma voi siete la stirpe scelta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo acquistato perché proclami le opere meravigliose di colui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce; voi, che un tempo eravate " non popolo ", ora invece siete il popolo di Dio; voi, un tempo esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia. ( 1 Pt 2,9-10 )
Da qui appare evidente che ciò che fu detto tramite il profeta: Il numero dei figli di Israele sarà come la sabbia del mare, che non si può misurare né contare e quanto di seguito fu aggiunto: E invece di sentirsi dire: " Non siete mio popolo ", saranno chiamati " figli del Dio vivente " non fu affatto detto dell'Israele che è secondo la carne, ma di quello di cui l'Apostolo dice ai Gentili: Siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa. ( Gal 3,29 )
Ma poiché molti credettero e avrebbero creduto anche da quella Giudea ( da lì infatti provenivano gli apostoli stessi, da lì le migliaia che in Gerusalemme si unirono agli apostoli, ( At 2,41; At 4,4 ) da lì le chiese di cui dice ai Galati: Ero sconosciuto personalmente alle chiese della Giudea che sono in Cristo: ( Gal 1,22 ) dal che si intende che nei Salmi il Signore viene chiamato pietra angolare ( Sal 118,22 ) per il fatto che congiunse in se stesso due pareti, cioè quella della circoncisione e quella del prepuzio: Per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, distruggendo in se stesso l'inimicizia per mezzo della croce e venendo ad annunziare pace ai lontani e ai vicini, cioè ai Gentili lontani e ai Giudei vicini; Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo ( Ef 2,11-22 ) ), giustamente questo profeta, designando i Giudei con i figli di Giuda e i gentili con i figli di Israele, disse: I figli di Giuda e i figli di Israele si riuniranno insieme, si daranno un unico capo e saliranno dal proprio territorio.
Chi dunque contraddice questa profezia, dimostrata così evidentemente dallo stesso svolgersi dei fatti, contraddice con somma impudenza gli scritti non solo profetici, ma anche apostolici, e non solo degli scritti, qualunque essi siano, ma anche delle cose venute a compimento e pervase di luce chiarissima.
Forse l'azione di Giuda avrebbe richiesto una maggiore attenzione, per poter riconoscere nelle vesti della donna chiamata Tamar la prostituta che raffigura la Chiesa raccolta dalla prostituzione delle superstizioni dei Gentili: ma dato che qui la Scrittura si esplica da sé e viene chiarita dai testi concordanti degli apostoli, perché indugiare ancora su questo punto, e non esaminare ormai ciò che resta a proposito del servo di Dio Mosè e cosa significhino le azioni che Fausto gli rimprovera?
Nel fatto che Mosè per difendere un fratello uccise un Egiziano, ci viene alla mente con estrema facilità che Cristo Signore, prendendo le nostre difese, uccise il diavolo che ci ingiuria in questa peregrinazione.
Nel fatto poi che coprì il morto di sabbia, ( Es 2,12 ) si chiarisce che la presenza già morta del diavolo si nasconde in coloro che non hanno un fondamento stabile.
Per questo il Signore edifica la Chiesa sulla roccia e paragona quelli che ascoltano le sue parole e le mettono in pratica a un uomo saggio, che costruisce la sua casa sulla roccia perché non ceda alle prove e crolli; quelli invece che ascoltano e non mettono in pratica, li paragona a uno stolto che edifica sulla sabbia, la cui casa, sottoposta alle prove, va incontro a una grande rovina. ( Mt 7,24-27 )
Cosa abbia prefigurato il fatto che spogliò gli Egiziani per ordine del Signore suo Dio, ( Es 3,22; Es 11,2; Es 12,35-36 ) il quale nulla ordina che non sia sommamente giusto, mi ricordo di averlo già esposto per quanto allora mi occorse in alcuni libri intitolati De doctrina christiana nell'oro, nell'argento e nelle vesti degli Egiziani sono simboleggiate alcune dottrine che, nella frequentazione stessa dei Gentili, si apprendono con non inutile profitto.
Che il significato sia questo, oppure si intenda che anime preziose provenienti dai Gentili stessi, come vasi d'oro e d'argento, con i loro corpi - indicati dalle vesti - si uniscono al popolo di Dio, per essere contemporaneamente liberate da questo mondo come dall'Egitto: sia che qui sia stato prefigurato questo o quello o un'altra cosa ancora, è tuttavia certo, per coloro che leggono con pietà questi testi, che tali azioni furono ordinate, compiute e scritte non invano, né senza valore di preannunzio del futuro.
Quanto alle guerre intraprese da Mosè, sarebbe troppo lungo considerarle tutte.
Basti dunque ciò che in questa stessa opera con cui rispondo a Fausto ho già precedentemente esposto, per quel che mi sembrava sufficiente all'argomento, a proposito della guerra con Amalek: ( Es 17,8-16 ) quale fosse il suo significato profetico e il mistero in essa contenuto.
Vediamo ora l'azione per cui costoro, nemici di queste Scritture o ignoranti di qualunque opera letteraria, sono soliti imputare a Mosè il peccato di crudeltà: azione che Fausto non ha citato espressamente, quando sosteneva che Mosè comandò e compì molte crudeltà.
Ma poiché so che si tratta dell'accusa principale che, nella loro invidia, hanno l'abitudine di scagliare, io stesso l'ho menzionata e difesa più sopra, affinché i Manichei stessi che vogliano correggersi, o qualunque ignorante o empio, non pensino che in quell'azione è contenuto un crimine.
Ora però bisogna anche indagare quale significato profetico ebbe il fatto che Mosè ordinò di uccidere, senza alcuna distinzione riguardo ai rapporti di parentela, molti di quelli che in sua assenza avevano fabbricato l'idolo. ( Es 32 )
È facile comprendere che l'eliminazione degli uomini sta a significare quella di vizi analoghi a quelli per cui essi si abbandonarono all'idolatria.
Contro tali vizi il Salmo ci ordina senz'altro di infierire, quando dice: Adiratevi e non peccate. ( Sal 4,5 )
Contro tali vizi ci ordina di infierire l'Apostolo, quando dice: Mortificate quella parte di voi che appartiene alla terra: fornicazione, impurità, lussuria, desideri cattivi e quell'avarizia che è idolatria. ( Col 3,5 )
Indagare il significato dell'azione che compì prima, quando bruciò il vitello nel fuoco, lo ridusse in cenere, lo sparse nell'acqua e lo diede da bere al popolo, richiede però una maggiore attenzione.
Infatti, se pure spezzò le tavole che aveva ricevuto, scritte dal dito di Dio, cioè per opera dello Spirito Santo, poiché giudicò indegni coloro ai quali le aveva lette; se pure, per farlo scomparire del tutto dalla loro presenza, bruciò quel vitello, lo frantumò, lo sparse e lo sommerse nell'acqua, a quale scopo lo dette anche da bere al popolo?
Chi non sarebbe incitato da questo fatto a ricercarne e a comprenderne il significato profetico?
Nel vitello già si affaccia alle menti attente il corpo del diavolo, cioè gli uomini di tutti i popoli gentili che, in tali atti sacrileghi, hanno per capo, cioè per ispiratore, il diavolo; esso è d'oro, perché i riti dell'idolatria appaiono come istituiti da saggi, dei quali l'Apostolo dice: Perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa.
Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno cambiato la gloria dell'incorruttibile Dio con l'immagine e la figura dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. ( Rm 1,21-23 )
Da tale apparenza di saggezza deriva questo vitello d'oro, simile alle figure che solevano adorare gli stessi uomini illustri degli Egiziani e, per così dire, i loro saggi.
Questo vitello sta a significare tutto il corpo, cioè l'intera società dei Gentili dediti all'idolatria.
Cristo Signore brucia questa società sacrilega con quel fuoco di cui dice nel Vangelo: Sono venuto a portare il fuoco sulla terra: ( Lc 12,49 ) affinché, dato che non c'è nessuno che possa nascondersi al suo calore, ( Sal 19,7 ) quando i gentili credono in lui la forma diabolica sia dissolta in essi dal fuoco della sua potenza.
Poi l'intero corpo viene sminuzzato, cioè viene umiliato dalla parola di verità dopo essere stato smembrato tramite la dissoluzione della sua unità malvagia, e sminuzzato viene messo nell'acqua, affinché gli Israeliti, cioè i predicatori del Vangelo, mediante il battesimo trasformino i Gentili in proprie membra, cioè nel corpo del Signore.
A proposito di questi Gentili, fu detto a Pietro, uno di questi Israeliti: Uccidi e mangia. ( At 10,13 )
Se fu detto: Uccidi e mangia, perché non anche "Tritura e bevi "?
Così quel vitello, per mezzo del fuoco dello zelo, del filo tagliente della parola e dell'acqua del battesimo fu assorbito da quelli stessi che tentava di assorbire.
Se dunque anche questi passi delle Scritture, a partire dai quali gli eretici calunniano le Scritture stesse, esaminati e in certo modo sottoposti a interrogatorio rispondono di nascondere in sé tesori di misteri tanto più mirabili quanto più ci appaiono oscuri, con che maggior ragione le bocche blasfeme degli empi dovrebbero tacere del tutto, quando vengono serrate dalla evidentissima verità, contro la quale, soffocato lo spirito, essi non sanno più che mormorare, preferendo, i disgraziati, avere le fauci occluse dalla sua manifestazione anziché i cuori riempiti dalla sua dolcezza!
Tutte queste cose gridano Cristo: tutto l'impegno di coloro che scrissero i testi autenticamente sacri è stato rivolto a partorire quel capo, che è già asceso al cielo, e questo suo corpo, che sino alla fine si affatica in terra, né si deve credere che nel tessuto dei libri profetici sia narrato qualcosa che non rimandi a un evento futuro, fatta eccezione per gli elementi il cui scopo è legare insieme ciò che quel re e il popolo suo preannunciano con espressioni sia proprie sia figurate oppure con cose.
Come infatti nella cetra e in analoghi strumenti musicali non tutto ciò che viene toccato produce un che di sonoro, ma soltanto le corde, mentre gli altri elementi dell'intero corpo della cetra sono costruiti in modo che vi sia un luogo in cui siano legate e dal quale e verso il quale siano tese le corde stesse, che l'artista andrà a modulare e a pizzicare per trarne una dolce musica, così in quei racconti profetici le azioni umane, scelte dallo spirito profetico, o già suonano del significato di eventi futuri oppure, se tale significato non hanno, sono introdotte affinché vi sia ciò che connette quelle che tale significato possiedono, come fossero corde che risuonano.
Se però gli eretici non vogliono accettare il senso allegorico di questi fatti, così come noi lo esponiamo, e anzi pretendono che essi non abbiano alcun significato se non quello letterale, non si deve lottare con uomini che dicono: " Per il mio palato non ha sapore ciò che, a tuo dire, ne ha per il tuo ".
Purché tuttavia si creda o si intenda, o ambedue le cose piuttosto che nessuna, che quanto è prescritto da Dio o forma i costumi e la pietà o possiede un senso figurato; e purché anche le cose stesse che si intendono dette o fatte in senso figurato si riferiscano ai medesimi buoni costumi e alla pietà.
Perciò, se anche ai Manichei o a chiunque altro non aggrada il nostro modo di intendere, la logica o l'opinione nostra su quanto figurato in questi fatti, ci basti il fatto che i nostri padri, ai quali Dio rende la testimonianza di una vita buona e dell'obbedienza ai suoi comandamenti, sono difesi con quella regola della verità che non può dispiacere se non a cuori malvagi e distorti, e che questa Scrittura, della quale è nemica la perversità di quell'errore, resta esente da colpa e degna di venerazione in tutte le azioni umane che essa ha lodato o biasimato o solamente narrato proponendole al nostro giudizio.
Del resto, cosa si potrebbe considerare e trovare di più utile e di più salutare, per coloro che leggono o ascoltano con pietà le sacre Scritture, del fatto che in esse vengano proposti non solo uomini lodevoli perché siano imitati e uomini reprensibili perché siano evitati, ma anche alcune inclinazioni e cadute dei buoni verso il male, sia che di lì essi riprendano il cammino una volta corretti, sia che vi permangano senza tornare indietro, oppure alcuni cambiamenti e progressi dei malvagi verso il bene, sia che vi abbiano a perseverare sia che siano destinati a ricadere di nuovo nella situazione precedente, in modo che i giusti non si gonfino di orgoglio nella sicurezza e gli iniqui non si ostinino contro il rimedio nella disperazione?
Le azioni invece in cui non c'è nulla da imitare o da evitare e che tuttavia si trovano nella sacra Scrittura, o vi sono state poste per creare quella connessione di occasioni con cui si giunge alle cose necessarie, oppure per il fatto stesso che sembrano superflue indicano chiaramente che bisogna cercare in esse l'annunzio di un qualche significato mistico.
Non stiamo infatti parlando di libri in cui siano del tutto assenti cose chiarissimamente ispirate dallo Spirito profetico, oppure siano poche e non molte, il compimento delle quali dia testimonianza all'autorità divina con la luce fedelissima e splendida della verità.
È dunque del tutto folle chiunque pensa che abbiano detto qualcosa di superfluo o quasi di fatuo libri ai quali vede che si è sottomesso ogni genere di uomini e di ingegni, e in cui legge che una simile cosa fu da essi predetta e riconosce che si è realizzata.
E che? Si deve forse incolpare la Scrittura se uno, leggendo l'azione di Davide, della quale egli si pentì per il rimprovero e la minaccia del Signore, prende da lì lo stimolo per peccare?
Non sarà invece da condannare più duramente, per aver voluto utilizzare per ferirsi e uccidersi una cosa che è stata scritta per guarire e liberare?
Poiché infatti gli uomini caduti nel peccato o trascurano per superbia la medicina della penitenza, o periscono del tutto perché disperano di riacquistare la salute e di meritare il perdono, è stato proposto l'esempio di un così grande uomo, affinché chi è malato guarisca, e non perché i sani si facciano del male.
Non è un difetto della medicina se i folli danno la morte a se stessi o i malvagi la danno ad altri con i ferri della chirurgia.
Tuttavia i patriarchi e i profeti, nostri padri, ai quali la Scrittura rende tanto illustre testimonianza di santità e di pietà - Scrittura che nessuno, se non chi la ignora o ha perduto ogni senso di razionale osservazione, nega che sia stata elargita da Dio per la salvezza del genere umano - se pure fossero stati libidinosi e crudeli come li accusa l'errore o piuttosto la follia dei Manichei, non si potrebbe forse dimostrare anche in tal caso che erano migliori non dico appena dei loro eletti, ma persino del loro stesso dio?
Non è forse meglio che un uomo che ha moglie si rotoli con una prostituta, piuttosto che la luce, che è purissima, si inquini mescolandosi alle tenebre?
Ecco un uomo che, a causa dell'avarizia e del ventre, fingendo che la moglie fosse sua sorella la vendette perché giacesse con altri: ma quanto è peggiore ed esecrabile colui che, simulando che la propria natura fosse adeguata alla libidine di quelli che la desideravano, la sottopose loro gratuitamente perché la insozzassero e la corrompessero!
E colui che giacque, per di più coscientemente, con le proprie figlie, non compie forse un male minore di chi mescola le proprie membra a lascivie pari a queste e di turpitudine anche peggiore?
Cosa infatti viene commesso da uomini immondi e dissoluti di cui non si macchi il vostro dio, o Manichei, con tutte le sue turpitudini?
Infine, se anche fosse vero che Giacobbe, come dice Fausto, si aggirava come un capro tra le quattro mogli, preoccupandosi non della discendenza, ma solo del piacere della lussuria, quanto meno misero egli sarebbe del vostro dio, che patirebbe tutta l'onta di quella lussuria non solo in Giacobbe stesso e nelle sue quattro mogli, essendo incastrato in tutti i loro corpi e movimenti, ma subirebbe tutto quel movimento e calore genitale anche nel capro stesso che quell'osceno ha comparato all'uomo e, mescolato ovunque in questa turpe condizione, verrebbe infiammato nel capro, inseminato nella capra, generato nel capretto!
Per questo, anche se Giuda, oltre ad aver fornicato, si fosse pure coscientemente macchiato di turpe incesto verso la nuora, il vostro dio si sarebbe implicato, insozzato e infiammato anche nella libidine di quell'incesto.
Davide si pentì dell'iniquità di aver amato la moglie di un altro e di aver ordinato di ucciderne il marito: il vostro dio, invece, quando mai si pentirà del fatto che, amato dalla stirpe tartarea - maschile e femminile - dei prìncipi delle tenebre, concesse le proprie membra alla loro libidine, e uccise non un marito del quale aveva amato la moglie, bensì i propri figli, nelle membra dei demoni, demoni dai quali egli stesso era stato amato?
Ma se anche Davide non si fosse pentito e non avesse riottenuto con tale medicina la salute della giustizia, anche così sarebbe stato migliore di codesto dio dei Manichei.
Supponiamo che Davide, assieme a questa stessa azione, ammettesse anche tutte quelle che un solo uomo potrebbe compiere: il loro dio, invece, per quella mescolanza dei suoi membri, è convinto di essere insozzato e disonorato in tutte le azioni di questo tipo compiute da tutti gli uomini.
Fausto accusa anche il profeta Osea: se egli, soggiogato da una turpe concupiscenza, avesse amato la prostituta e l'avesse sposata, dal momento che voi predicate che le anime di entrambe, quella dell'amante lascivo come quella della turpe prostituta, sono parti, membra e natura del vostro dio, allora quella prostituta, - perché fare giri di parole e non parlare con chiarezza?-, quella prostituta sarebbe il vostro dio.
Infatti non potete dire che egli, conservando incorrotta la santità della sua natura, cadde in quel corpo di prostituta non perché vi fu incatenato, ma perché vi si fece presente: affermate piuttosto che codeste membra del vostro dio sono inquinate in sommo grado e per questo hanno bisogno di una grande purificazione.
Dunque quella prostituta, per la quale osate rimproverare l'uomo di Dio, sarebbe vostro dio anche qualora non fosse cambiata in meglio mediante un casto matrimonio: o, se non volete affermare proprio questo, per lo meno non negate che l'anima di quella prostituta sia una porzione, seppure minima, del vostro dio.
Quindi la prostituta sarebbe migliore del vostro dio, perché sarebbe una sola, mentre egli, per la sua condizione di mescolanza all'intera stirpe delle tenebre, si prostituisce in tutte le prostitute, si rotola, è slegato e legato in tutti i maschi e le femmine che ovunque e in diversi modi fornicano e si corrompono, e di nuovo deve rotolarsi, essere slegato e legato nella loro progenie, finché la porzione più immonda del vostro dio, come una prostituta senza possibilità di redenzione, non sia relegata alle estremità del globo.
Il vostro dio non è riuscito ad allontanare dalle sue membra questi mali, queste oscenità, queste vergogne, ed è giunto ad essi costretto dalla violenza di un nemico brutale: sebbene fosse ingiurioso e violento, non è nemmeno riuscito a ucciderlo e a salvare così i suoi cittadini o parti di sé.
Quanto è migliore colui che, uccidendo l'Egiziano, difese e custodì incolume il fratello!
E Fausto nella sua stupefacente vanità lo rimprovera, lui che con cecità ancora più stupefacente non vede il proprio dio!
Sarebbe stato meglio per questo dio sottrarre i vasi d'oro e d'argento agli Egiziani, piuttosto che i suoi membri diventassero preda della stirpe delle tenebre!
E tuttavia, pur avendo egli fatto una guerra così sfortunata, i suoi adoratori obiettano al servo del nostro Dio di aver intrapreso guerre, in cui egli insieme ai suoi trionfò sempre vincitore sui nemici, che poterono essere condotti come prigionieri o prigioniere perché Mosè combatteva dalla parte del popolo di Israele: cosa che anche il vostro dio avrebbe certamente fatto, se ne fosse stato in grado.
Questo non è dunque denunziare i malvagi, bensì avere invidia dei più fortunati!
E quale crudeltà ci fu in Mosè, per il fatto che castigò con la spada il popolo che aveva peccato gravemente contro Dio?
Egli stesso implorò il perdono di questo peccato, offrendosi alla vendetta divina al loro posto.
Ma se anche avesse compiuto quell'azione non con misericordia, ma con crudeltà, anche così sarebbe migliore del vostro dio.
Infatti, se avesse inviato uno dei suoi, che erano incolpevoli e obbedienti, a rompere il cuneo dei nemici, e costui fosse caduto prigioniero, in alcun modo egli, ottenuta la vittoria, lo avrebbe condannato: come invece si appresta a fare codesto vostro dio con una parte di sé, che inchioderà al globo perché ha obbedito al suo ordine e perché, rischiando la morte, è avanzata contro i cunei nemici per la salvezza del suo regno.
Però, dice, in questa successione dei secoli essa, già permista e coagulata con i malvagi, non ha obbedito ai suoi precetti.
Domandiamoci il motivo. Se fu per volontà propria, la colpa è vera e la pena è giusta; se però è colpevole la volontà, non esiste alcuna natura contraria che spinga al peccato, e dunque risulta confutata e distrutta l'intera menzogna dei Manichei.
Se invece fu soggiogata dal nemico contro il quale fu inviata, e sopraffatta da un male estraneo a sé al quale non poté resistere, allora la pena è ingiusta e grande la crudeltà.
Ma si adduce a scusante il fatto che dio era soggetto alla necessità.
Un tale dio adorano coloro che non vogliono adorare Dio!
Eppure, bisogna ammetterlo, persino codesti suoi adoratori, sebbene adorando un tale dio siano pessimi, sono tuttavia migliori di lui, perché almeno esistono: egli invece non è nient'altro che un'invenzione falsa e un vano pensiero.
Ma passiamo ora alle altre spiritose stravaganze di Fausto.
Indice |
5 | Sopra 48 |