Summa Teologica - II-II |
In 3 Sent., d. 9, q. 1, a. 1, sol. 3; C. G., III, c. 120
Pare che non sia giusto elencare l'idolatria tra le specie della superstizione.
1. Come sono increduli gli eretici, così lo sono pure gli idolatri.
Ma l'eresia è tra le specie dell'incredulità, come sopra [ q. 11, a. 1 ] si è spiegato.
Quindi anche l'idolatria: la quale perciò non va elencata tra le specie della superstizione.
2. La latria rientra nella virtù di religione, che è il contrario della superstizione.
Ma nel termine ido-latria la latria pare del tutto simile a quella che si identifica con la virtù di religione: come infatti il desiderio della beatitudine falsa e di quella vera è indicato con uno stesso termine, così il culto dei falsi dei, che è denominato idolatria, viene indicato allo stesso modo del culto del vero Dio, che è la latria della vera religione.
Quindi l'idolatria non è una specie della superstizione.
3. Ciò che è un nulla non può essere la specie di un dato genere.
Ma l'idolatria è un nulla.
Infatti l'Apostolo [ 1 Cor 8,4 ] ha scritto: « Noi sappiamo che l'idolo è un nulla nel mondo »; e ancora [ 1 Cor 10,19 ]: « Che cosa dunque intendo dire? Che la carne immolata agli idoli è qualcosa? O che un idolo è qualcosa? », supponendo così una risposta negativa.
Ora, immolare agli idoli è proprio dell'idolatria.
Quindi l'idolatria, essendo un nulla, non può essere una specie della superstizione.
4. È proprio della superstizione prestare il culto divino a colui al quale esso non è dovuto.
Ma il culto divino, come non è dovuto agli idoli, così non è dovuto neppure alle altre creature: per cui S. Paolo [ Rm 1,25 ] rimprovera alcuni del fatto che « hanno venerato e adorato la creatura al posto del Creatore ».
Perciò non è giusto chiamare idolatria questa specie di superstizione, ma la si doveva piuttosto chiamare latria della creatura.
Gli Atti degli Apostoli [ At 17,16 ] riferiscono che « Paolo, mentre aspettava in Atene, fremeva nel suo spirito al vedere la città piena di idoli »; e poco oltre [ At 17,22 ] riportano il suo discorso: « Cittadini ateniesi, io vi trovo in tutto superstiziosi ».
Quindi l'idolatria è una forma di superstizione.
Come si è già notato [ q. 92, aa. 1,2 ], è proprio della superstizione eccedere la giusta misura nel culto divino.
E ciò avviene specialmente quando il culto viene prestato a colui al quale non va prestato.
Ora, esso va prestato soltanto all'unico Dio sommo e increato, come si è detto sopra [ q. 81, a. 1 ] parlando della religione.
Perciò è cosa superstiziosa prestare il culto divino a qualsiasi creatura.
Ora il culto divino, come veniva prestato a creature materiali e sensibili con segni sensibili, p. es. con sacrifici, giochi e altre cose del genere, così veniva prestato anche a creature rappresentate con forme e figure sensibili, denominate idoli.
Tuttavia tale culto veniva prestato in vari modi.
Infatti alcuni con arte diabolica costruivano delle immagini che per la virtù del demonio avevano speciali effetti: perciò essi pensavano che nelle immagini stesse ci fosse qualcosa di divino, tale da meritare onori divini.
E questa, secondo S. Agostino [ De civ. Dei 8,23 ], era l'opinione di Ermete Trismegisto.
Altri invece prestavano il culto divino non alle immagini stesse, ma alle creature da esse rappresentate.
E l'Apostolo accenna a questi due atteggiamenti nella sua Lettera ai Romani.
Accennando al primo infatti egli dice [ Rm 1,23 ]: « Hanno cambiato la gloria dell'incorruttibile Dio con l'immagine e la figura dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili ».
E accennando al secondo aggiunge [ Rm 1,25 ]: « Hanno venerato e adorato la creatura al posto del Creatore ».
Tuttavia tra gli idolatri riscontriamo tre distinte opinioni.
Alcuni pensavano che certi uomini, quali Giove, Mercurio ecc., di cui veneravano le immagini, fossero delle divinità.
- Altri invece pensavano che tutto il mondo fosse un unico Dio, non per la sua parte materiale, ma per la sua anima, che essi ritenevano fosse la Divinità - cioè come l'uomo è detto sapiente non per il corpo, ma per l'anima -, affermando quindi che Dio non sarebbe altro che « l'anima che con il moto e l'intelligenza governa il mondo » [ cf. Agost., De civ. Dei 4,31 ].
Perciò essi ritenevano che a tutto l'universo e a tutte le sue parti si dovesse prestare il culto divino, e quindi al cielo, all'aria, alle acque e così via.
E a tali parti riferivano i nomi e le immagini dei loro dèi, come diceva Varrone, citato da S. Agostino [ De civ. Dei 7,5ss ].
- Finalmente i Platonici pensavano che esistesse un unico Dio supremo, causa di tutte le cose; dopo del quale ammettevano l'esistenza di certe sostanze spirituali create dal Dio supremo, che essi denominavano dèi per una partecipazione della divinità, e che noi diremmo angeli; dopo di questi ponevano le anime dei corpi celesti, e sotto ancora i demoni, che affermavano essere animali aerei; sotto ancora infine ponevano le anime umane, che in base ai loro meriti pensavano dovessero essere aggregate al consorzio degli dèi o dei demoni.
E a tutti questi esseri attribuivano onori divini, come riferisce S. Agostino [ De civ. Dei 18,14; 8, cc. 13,14,16 ].
Le due ultime opinioni rappresentano ciò che essi chiamavano la teologia fisica, che i filosofi approfondivano nello studio del cosmo e insegnavano nelle scuole.
- L'opinione invece che faceva capo al culto degli uomini si concretava nella cosiddetta teologia mitologica, che secondo le invenzioni dei poeti veniva rappresentata nei teatri.
- L'opinione infine che si rifaceva alle immagini costituiva la cosiddetta teologia civile, che dai pontefici era celebrata nei templi [ cf. De civ. Dei 6,5 ].
Ora, tutto ciò rientrava nella superstizione dell'idolatria.
Da cui le parole di S. Agostino [ De doctr. christ. 2,20 ]: « È superstizioso tutto ciò che è stato inventato dagli uomini nella fabbricazione e nel culto degli idoli, o allo scopo di venerare come Dio la creatura o qualche parte del creato ».
1. Come la religione non è la fede, ma una manifestazione della fede mediante segni esterni, così la superstizione è una manifestazione dell'incredulità con atti esterni di culto.
E tale manifestazione viene indicata col termine di idolatria, non con quello di eresia, che dice solo falsità di opinione.
Perciò l'eresia è una specie dell'incredulità, mentre l'idolatria è una specie della superstizione.
2. Il termine latria può essere preso in due sensi.
Primo, può indicare l'atto umano relativo al culto di Dio.
E in questo senso il significato del termine non cambia secondo l'oggetto di tale culto: poiché da questo punto di vista l'oggetto non rientra nella sua definizione.
La latria dunque sotto questo aspetto ha l'identico valore, sia che si riferisca alla vera religione, sia che si riferisca all'idolatria: così come è identico il pagamento del tributo, sia che venga fatto al re legittimo, sia che venga fatto a un usurpatore.
- Secondo, il termine latria può essere sinonimo di religione.
E allora, essendo essa una virtù, esige nel suo concetto che il culto divino venga prestato a colui al quale è dovuto.
Preso dunque in questo senso il termine latria è equivoco, se è applicato promiscuamente alla religione e all'idolatria: come è equivoco il termine prudenza se viene applicato promiscuamente alla virtù della prudenza e alla prudenza della carne.
3. L'Apostolo afferma che l'idolo « è un nulla nel mondo » perché le immagini così denominate non erano animate né investite di virtù divina, come voleva Ermete Trismegisto, quasi che fossero composte di spirito e di corpo.
- E lo stesso si dica dell'espressione: « la carne immolata agli idoli non è nulla », poiché con l'immolazione le carni non acquistavano né una qualsiasi santificazione, come pensavano i gentili, né una qualche impurità, come pensavano i Giudei.
4. Il termine idolatria è stato preferito per esprimere qualsiasi culto delle creature, anche se fatto senza ricorso alle immagini, poiché era consuetudine comune presso i pagani venerare qualsiasi creatura servendosi di qualche immagine.
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