La formazione dei Presbiteri nella Chiesa Italiana |
« Ne costituì dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare » ( Mc 3,14 )
« Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che volle ed essi andarono da lui.
Ne costituì dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demoni ». ( Mc 3,13-15 )
Gesù, dopo aver scelto i suoi apostoli, « chiede loro un "tempo" di formazione destinato a sviluppare un rapporto di comunione e di amicizia profonde con se stesso.
Ad essi riserva una catechesi più approfondita rispetto a quella della gente e li vuole testimoni della sua silenziosa preghiera al Padre »:130 avendolo conosciuto più intimamente, potranno poi rendergli testimonianza di fronte al mondo.
Lo stare con lui, permette inoltre ai Dodici di vivere tra loro una singolare esperienza di vita in comune, nell'accoglienza e nel servizio reciproco, nella disponibilità a lavarsi i piedi gli uni gli altri: avendo sperimentato la gioia e la fatica della comunione, potranno diventare le guide delle nuove comunità cristiane.
La consuetudine di vita con Gesù allena infine gli apostoli a prendersi cura del suo gregge, specialmente dei peccatori, dei malati, dei poveri e dei bisognosi: avendo condiviso la sua compassione per le folle stanche e sfinite, come pecore senza pastore, potranno poi ripresentarne l'opera risanatrice e rigeneratrice.
Anche oggi la Chiesa ritiene necessario per i futuri presbiteri un tempo di vita comune per stare con Gesù e con i fratelli nella consapevolezza della comune chiamata.
È l'esperienza del seminario, il cui senso più profondo è vivere al seguito di Gesù Buon Pastore in un contesto di comunione fraterna, al modo degli apostoli, lasciandosi conformare e assimilare a lui, sotto la guida dello Spirito Santo, per essere mandati poi a raccogliere, pascere e ricondurre al Padre il suo gregge.
È questa l'autorevole indicazione del Concilio Vaticano II131 confermata dal Codice di diritto canonico e dal Sinodo dei Vescovi del 1990.
Dal confronto tra i Padri sinodali è emerso infatti che « l'istituzione del seminario maggiore, come luogo ottimo di formazione, è certamente da riaffermarsi quale normale spazio, anche materiale, di una vita comunitaria e gerarchica, anzi quale casa propria per la formazione dei candidati al sacerdozio, con superiori veramente consacrati a questo ufficio.
Questa istituzione ha dato moltissimi frutti lungo i secoli e continua a darli in tutto il mondo ».132
Giovanni Paolo II ha recepito questa indicazione e l'ha riproposta nel quinto capitolo della Pastores dabo vobis, dove vengono illustrati in modo ampio e illuminante gli obiettivi, l'identità e la dinamica educativa del seminario maggiore.
L'obiettivo fondamentale del seminario maggiore è quello di formare i nuovi presbiteri i quali, sull'esempio e in persona di Cristo Buon Pastore, saranno chiamati a dedicarsi con tutte le forze e per tutta la vita al ministero di insegnare, santificare e reggere il popolo di Dio.133
Questo obiettivo fondamentale si articola in molteplici obiettivi particolari.
Essi sono:
– offrire le condizioni per un'esperienza di vita spirituale incisiva e coinvolgente, « in intima comunione e familiarità col Padre, per mezzo del suo Figlio Gesù Cristo nello Spirito Santo »134 e in piena sintonia con la Chiesa;
– garantire una struttura di vita comunitaria, che favorisca autentiche relazioni di fraternità e di amicizia e faccia crescere il senso di appartenenza alla Chiesa particolare;
– accompagnare assiduamente i seminaristi nell'impegno di discernimento vocazionale, orientato a una scelta definitiva per il presbiterato diocesano nel celibato;
– favorire la maturazione di personalità equilibrate e consistenti, che siano ponte e non ostacolo all'incontro degli uomini con Dio;135
– aiutare a crescere nella spiritualità del presbitero diocesano, centrata sulla carità pastorale, vissuta nella radicalità dei consigli evangelici e nella dedicazione alla propria Chiesa particolare;
– promuovere l'acquisizione della necessaria competenza teologica e culturale, che abiliti al discernimento dei segni dei tempi e favorisca forme di comunicazione del Vangelo adatte agli uomini di questo tempo;
– introdurre al ministero pastorale, preparando i futuri presbiteri ad assumersi la responsabilità di una comunità e a inserirsi in una dinamica di corresponsabilità condivisa, rafforzando il loro slancio missionario;
– facilitare l'integrazione armonica dei vari aspetti formativi.
Gli obiettivi del seminario maggiore determinano i tratti fondamentali della sua identità.
« Il seminario è, in se stesso, un'esperienza originale della vita della Chiesa [ … ].
Già sotto il profilo umano, [ esso ] deve tendere a diventare una comunità compaginata da una profonda amicizia e carità, così da poter essere considerata una vera famiglia che vive nella gioia.
Sotto il profilo cristiano, [ … ] si deve configurare come "comunità ecclesiale" ».136
Il seminario non è dunque solo un'istituzione funzionale all'acquisizione di competenze teologiche e pastorali o un luogo di coabitazione e di studio.
È anzitutto una vera e propria esperienza ecclesiale, una singolare comunità di discepoli, chiamata a ripresentare il mistero del Signore Crocifisso e Risorto e a vivere una speciale consuetudine di vita con lui e con gli altri "chiamati", per verificare e far maturare i tratti specifici della sequela apostolica.137
Il legame di questa particolare comunità con il Vescovo e il suo presbiterio si realizza primariamente mediante il ministero del rettore e degli altri educatori che con lui collaborano per la formazione dei seminaristi.
In special modo, il seminario « si presenta come una comunità educativa in cammino [ … ].
In realtà, una prolungata e intima consuetudine di vita con Gesù viene presentata nei Vangeli come necessaria premessa al ministero apostolico ».138
In quanto comunità educativa, il seminario deve avere un suo progetto organico, unitario e aggiornato,139 capace di conciliare la proposta chiara della meta, la serietà del cammino e l'attenzione ai soggetti concreti.
Ciò esige, soprattutto nelle circostanze attuali, una sapiente elasticità, senza scendere a compromessi sui valori e sull'impegno cosciente e libero dei singoli.
Da parte degli educatori, è richiesta grande disponibilità e attenzione al cammino di ciascuno; da parte dei seminaristi, un effettivo affidamento agli educatori, evitando il rischio della impermeabilità ed escludendo il ricorso a guide diverse da quelle scelte dal Vescovo ed estranee al cammino stesso del seminario.
L'integrazione tra la dimensione personale della formazione e il rilievo della struttura comunitaria, l'intreccio tra "autoformazione" e dialogo educativo sono le dinamiche da attivare e da tenere in costante equilibrio.140
Per la sua particolare identità, il seminario è giustamente ritenuto il cuore della Chiesa particolare.
Come tale, è posto al centro della sua preghiera, della sua sollecitudine e della solidarietà anche economica.
Esso è chiamato a mantenere o ritrovare questa sua collocazione centrale: da una parte, di comunità unica e irripetibile per i contenuti e i cammini che esprime; dall'altra, di comunità singolarmente relativa alle diverse realtà ecclesiali, in particolare al presbiterio e alle parrocchie.
In questa prospettiva, si comprende come siano due e simultanee le dinamiche della comunità del seminario: da un lato l'appartenenza, che garantisce alla comunità una reale consistenza; dall'altro l'apertura, che la raccorda con la vita e il cammino della Chiesa diocesana.
In sintesi, si può affermare che « l'identità più profonda del seminario è di essere, a suo modo, una continuazione nella Chiesa della comunità apostolica stretta attorno a Gesù, in ascolto della sua Parola, in cammino verso l'esperienza della Pasqua, in attesa del dono dello Spirito per la missione ».141
Una simile identità chiede al seminario di essere un'autentica scuola di santità in cui ciascuno, nella docilità allo Spirito e nell'imitazione del Signore, è stimolato a vivere in pienezza la chiamata ricevuta, con particolare attenzione ai santi e alle figure esemplari della propria Chiesa particolare.
Ciò, pur non escludendo la possibilità di flessioni involutive, sia a livello personale che comunitario, esige una qualificata e robusta proposta di vita spirituale,
sostenuta da un consono clima interiore ed esteriore,
dall'ascolto amorevole della Parola di Dio e
dalla partecipazione viva alla liturgia,
dallo studio teologico rigoroso,
da un'intensa vita comunitaria e
dal dialogo educativo assiduo e aperto.
Tutta la vita del seminario, nei suoi vari aspetti, potrà così diventare efficace cammino di santità.
Il principale protagonista della formazione al presbiterato è lo Spirito di Cristo.
Egli agisce direttamente nei chiamati facendo brillare ai loro occhi il fascino della vocazione, comunicando ai loro cuori i doni di grazia necessari, plasmando le loro personalità in profondità.
Egli, inoltre, si fa presente in loro attraverso l'azione della Chiesa, che è « il soggetto comunitario che ha la grazia e la responsabilità di accompagnare quanti il Signore chiama a divenire suoi ministri nel sacerdozio ».142
La Chiesa garantisce il discernimento e la formazione dei candidati attraverso il servizio specifico di persone e di comunità che concorrono, ciascuna per la sua parte, al fine comune.
Esse sono in particolare: il Vescovo, l'équipe educativa ( rettore, direttore spirituale, assistenti, animatori o vicerettori ), i docenti, la comunità del seminario, i parroci e i genitori, i consulenti psicologici, le comunità di provenienza e di servizio pastorale dei seminaristi.
« Primo rappresentante di Cristo nella formazione sacerdotale è il Vescovo ».143
Dal momento che è suo il grave compito di « dare continuità al carisma e al ministero presbiterale, associandovi nuove forze con l'imposizione delle mani »,144 a lui spetta la responsabilità ultima del discernimento e della formazione dei candidati che ritiene idonei.
Perciò egli deve visitare frequentemente il seminario, conoscere personalmente i seminaristi e accompagnarne il cammino, curare il raccordo della comunità del seminario con il presbiterio e la Chiesa particolare e aiutare i seminaristi ad acquisire e accrescere una profonda sensibilità ecclesiale.145
Data la complessità e la delicatezza del compito formativo, in via ordinaria il Vescovo condivide la sua primaria responsabilità con presbiteri idonei e debitamente formati, che agiscono in stretta unione con lui, in conformità alle sue direttive,146 e lo rappresentano nella comunità del seminario.
Egli potrà associare loro anche diaconi permanenti e fedeli laici, uomini e donne, specialmente in quei settori nei quali dispongono di particolari competenze.147
Gli educatori sono chiamati a interpretare e attuare il progetto educativo del seminario, adeguandolo al cammino di ciascun seminarista e innervandolo nel contesto ecclesiale diocesano, interdiocesano o regionale.
Di fatto, sono soprattutto essi a dare il tono alla vita del seminario e a garantirne l'efficacia formativa.
« Fatte salve la distinzione tra foro interno e foro esterno, l'opportuna libertà di scelta dei confessori e la prudenza e discrezione che convengono al ministero del direttore spirituale, la comunità presbiterale degli educatori si senta solidale nella responsabilità di educare i candidati al sacerdozio.
Ad essa, sempre in riferimento all'autorevole valutazione sintetica del Vescovo e del rettore, spetta in primo luogo il compito di promuovere e verificare l'idoneità dei candidati quanto alle doti spirituali, umane e intellettuali, soprattutto in riferimento allo spirito di preghiera, all'assimilazione profonda della dottrina della fede, alla capacità di autentica fraternità e al carisma del celibato ».148
È dunque evidente che gli educatori devono essere scelti con la massima cura.149
È auspicabile che in tutti gli educatori siano presenti spirito di fede e di comunione, maturità umana ed equilibrio psichico, limpida e matura capacità di amare, senso pastorale, capacità di ascolto, di dialogo e di comunicazione, attenzione positiva e critica alla cultura moderna.150
Alcune note di qualificazione presentano rilevanza specifica a seconda dei diversi uffici.151
Ciascuna di queste caratteristiche presenta aspetti innati, dono di natura e di grazia, e aspetti acquisiti, frutto di studio e di esperienza.152
Accanto a una grande attenzione nella scelta degli educatori, bisogna provvedere adeguatamente alla loro formazione iniziale e permanente.
Ciò è tanto più urgente, vista l'odierna « necessità di promuovere una pedagogia più dinamica, attiva, aperta alla realtà della vita e attenta ai processi evolutivi della persona, sempre più differenziati e complessi ».153
È perciò doveroso che la formazione iniziale sia assicurata possibilmente prima dell'incarico e garantita a tutti gli educatori, in special modo ai rettori e ai direttori spirituali.
È opportuno inoltre che la formazione permanente sia adeguatamente curata, valorizzi l'esperienza in atto e trovi spazi e strumenti per sottoporla ad analisi critica.154
Alcune iniziative al riguardo devono essere garantite a livello regionale o nazionale.
Tuttavia, « si rivela insufficiente la scelta e la formazione di singoli educatori, anche se ricchi di doti personali, qualora non siano in grado di entrare a costituire delle vere e proprie équipes educanti, ben affiatate e fortemente collaboranti [ … ].
Le esperienze infatti dimostrano che senza un vero lavoro d'insieme ( teamwork ) non è possibile far funzionare bene il seminario ».155
L'opera formativa ha un carattere eminentemente collegiale:156 per questa ragione, è bene assicurare una certa stabilità all'équipe educativa.
È dunque necessario che tra gli educatori si stabilisca, sotto la guida del rettore, una profonda sinergia che garantisca l'interrelazione del compito di ciascuno con quello degli altri.
Si tratta di un fattore determinante, specie in ordine all'elaborazione del progetto educativo, all'adozione e alla verifica dei criteri di discernimento vocazionale, alla guida e all'animazione quotidiana della comunità seminaristica.
Questa sinergia educativa sarà solida ed efficace se si fonderà su una profonda unità spirituale, fatta di preghiera, condivisione della fede e comunione nello Spirito.
Per poter crescere nell'unità e nella corresponsabilità, l'équipe educativa dovrà dotarsi di un calendario di incontri regolari ( possibilmente ogni settimana ) e prevedere, nel corso dell'anno, tempi prolungati di programmazione, verifica, studio e preghiera comuni.
Così pure, è opportuno che i singoli educatori abbiano frequenti occasioni di confronto con il rettore.
La serenità e la giusta autonomia dell'opera formativa richiedono che non si accolgano normalmente come residenti in seminario persone che non vi siano effettivamente coinvolte come educatori.
Il rettore è il primo responsabile della vita del seminario - di cui è legale rappresentante -, centro di unità dell'équipe educativa e promotore della formazione dei seminaristi.157
Egli svolge il suo ministero unitamente con gli altri educatori, esercitando la responsabilità che gli è propria.
Spetta a lui:158
– guidare il seminario, attuando le direttive del Vescovo, accogliendo le attese della comunità cristiana, interpretando il progetto educativo, unificando le diverse voci degli educatori e degli alunni;
– favorire l'unità e la corresponsabilità dei vari membri dell'équipe educativa, valorizzando i doni e le competenze di ciascuno;
– esercitare la paternità nella comunità attraverso una presenza assidua, interventi puntuali, il coordinamento degli itinerari formativi, la presidenza delle liturgie nei momenti più significativi dell'anno liturgico e della vita del seminario;
– seguire, promuovere e armonizzare i vari aspetti della formazione, garantendo così una sapiente sintesi educativa;
– accompagnare il cammino dei seminaristi con incontri frequenti, che gli permettano di avere una conoscenza approfondita della loro vita, di programmare le direttrici della loro formazione e di compiere un prudente discernimento vocazionale;
– integrare la dinamica del seminario con l'apporto delle famiglie e delle parrocchie dei seminaristi e raccordarla con la progettualità pastorale diocesana;
– nel caso di seminari interdiocesani o regionali o di seminaristi provenienti da altre nazioni, curare il collegamento con la diocesi di provenienza del seminarista, per favorirne il pieno inserimento nella sua Chiesa particolare;
– esprimere al Vescovo, dopo aver accolto il parere dei collaboratori, il giudizio sintetico sull'idoneità dei candidati per l'ammissione ai ministeri istituiti e ordinati159 e un'indicazione sulle loro attitudini pastorali.
« È facile intuire quanto sia richiesto in termini di autorevolezza e di esperienza da questo complesso di non facili interventi direzionali e pedagogici.
Ci vuole infatti molta prudenza, saggezza, equilibrio ».160
Determinante per il buon andamento del seminario è la figura del direttore spirituale.
Egli ha la responsabilità di:161
– animare la vita spirituale e liturgica del seminario, rispettando la primaria responsabilità del rettore e valorizzando l'apporto degli altri educatori;
– guidare il cammino spirituale e vocazionale dei seminaristi, specialmente per quanto riguarda la ricerca della volontà di Dio e il discernimento vocazionale, l'educazione alla preghiera, la crescita nella carità pastorale e nella passione per l'evangelizzazione, la formazione alla capacità di relazione, di comunione e di collaborazione, l'educazione all'obbedienza, alla sobrietà e alla castità nel celibato,162 la personalizzazione della proposta formativa.
Si tratta di un accompagnamento necessario e specifico, di cui tutti i seminaristi sono chiamati ad avvalersi come sussidio essenziale;
– coordinare gli altri presbiteri eventualmente autorizzati dal Vescovo alla guida spirituale dei seminaristi,163 come anche i confessori,164 in modo da assicurare l'unità dei criteri di discernimento della vocazione.
La collaborazione del direttore spirituale con gli altri educatori si esplicita nella sua presenza agli incontri dell'équipe educativa, dove offrirà il suo contributo, particolarmente in quegli ambiti di foro esterno che sono di sua competenza.
Per quanto riguarda il foro interno, egli è tenuto a rispettare il mandato della segretezza prescritto dal Codice di diritto canonico;165 d'altra parte, è tenuto a sollecitare il dovere del seminarista di comunicare al rettore il risultato del discernimento compiuto insieme con lui.
Inoltre, lo inviterà a un'abituale apertura d'animo al rettore, perché questi possa venire a conoscenza di vicende o di elementi personali rilevanti ai fini del cammino educativo e del discernimento vocazionale.
La collaborazione fra il direttore spirituale e il rettore esige fiducia reciproca e una previa salda intesa circa i criteri e le linee educative che, nel rispetto dei diversi ambiti, garantisca l'unità dell'indirizzo formativo e una serena relazione tra loro.
Per la delicatezza del suo compito, il direttore spirituale, « oltre alle doti di saggezza, di maturità affettiva e di senso pedagogico, deve disporre di solide basi di formazione e di cultura teologica, spirituale e pedagogica, insieme con una particolare sensibilità per i processi della vita interiore degli alunni ».166
Dove l'ampiezza della comunità lo richiede, è bene che il rettore sia affiancato da uno o più assistenti, detti anche animatori o vicerettori.167
Essi, agendo in stretta comunione con lui, lo coadiuvano nell'animazione delle classi o dei gruppi, lo assistono nella cura di determinati aspetti della vita del seminario, a cui sono specificamente deputati, lo suppliscono in caso di assenza.
A loro compete in particolare:
– mediare la proposta educativa nella situazione concreta;
– promuovere nei seminaristi la crescita della capacità di relazione, di servizio e del senso comunitario.
Gli assistenti devono « dimostrare spiccate doti pedagogiche, amore gioioso del [ loro ] servizio e spirito di collaborazione ».168
Per gli affari amministrativi, il rettore deve essere coadiuvato dall'economo169 e dal consiglio per gli affari economici o almeno da due consiglieri,170 riferendo, a norma del diritto, ai competenti organismi diocesani di controllo.
Il contributo dei docenti ha grande rilevanza nello sviluppo della personalità presbiterale.171
Infatti, l'insegnamento filosofico-teologico incide in profondità nella mentalità e nella sensibilità dei seminaristi e costituisce il nutrimento della loro vita spirituale e delle loro prospettive pastorali; perciò esso deve essere coordinato con il progetto educativo globale.
La questione presenta profili diversi nei seminari dotati di uno studio teologico proprio rispetto a quelli in cui i seminaristi usufruiscono dell'insegnamento di uno studio o di una facoltà teologica indipendenti.
In ogni caso, è necessario camminare, pur con modalità diverse, verso la piena sintonia delle proposte.
In particolare, si studino forme di collaborazione stabili fra le autorità accademiche, i professori delle facoltà teologiche e gli educatori dei seminari.
Responsabilità dei docenti è:
– aiutare i seminaristi ad acquisire una formazione dottrinale completa e sicura, penetrando in profondità i contenuti della fede, radicati nella rivelazione di Cristo e formulati nella tradizione della Chiesa, avendo cura di distinguere il depositum fidei dalle ipotesi di studio e di ricerca;
– attrezzarli di un ricco patrimonio culturale, adeguato sia alla proposta evangelica che essi dovranno annunciare, sia alla mentalità e alle attese degli uomini e delle donne del nostro tempo;172
– testimoniare che il sapere teologico è diventato per loro stessi un patrimonio spirituale intimamente assimilato, che ne ha illuminato e trasformato la vita.173
I seminaristi stessi sono protagonisti insostituibili della loro formazione: l'azione degli educatori rimane infatti inefficace se essi non prendono in mano la loro vita e non fanno propri gli stimoli loro offerti.
In tal senso, si può dire che ogni formazione è ultimamente un'autoformazione.174
In questa prospettiva, è molto utile che ogni seminarista elabori una propria regola di vita personale, in cui precisi i suoi propositi sugli aspetti essenziali della vita: la preghiera, lo studio e la scuola, l'esperienza comunitaria, le relazioni educative, il tirocinio pastorale, la famiglia e gli amici, lo sport e il tempo libero, l'uso dei beni, la cura del corpo, il contegno.
Per ovviare al rischio che un aspirante al presbiterato percorra il cammino formativo del seminario senza lasciarsi coinvolgere intimamente, è necessario che ci sia una stretta interazione tra dialogo educativo e autoformazione: così la proposta del seminario incontrerà i bisogni reali dei seminaristi e potrà essere pienamente assimilata.175
La comunità del seminario ha una valenza educativa molto forte.
Le celebrazioni liturgiche ( specialmente l'Eucaristia e la Liturgia delle ore ),
gli incontri comunitari di formazione, condivisione, programmazione e verifica,
la trama delle relazioni interpersonali improntate alla carità e alla verità,
una comunicazione autentica,
l'attenzione a chi è nel bisogno,
il dialogo educativo e l'obbedienza rispettosa, attiva e responsabile verso gli educatori,
la capacità di affrontare i conflitti con maturità,
la correzione fraterna fatta con delicatezza e sincerità,
la qualità evangelica della vita in comune,
il senso di responsabilità reciproca e
l'umile impegno nel servizio influiscono significativamente sulla personalità dei suoi membri;
in particolare, il clima che vi si respira, nella misura in cui è sereno, familiare, laborioso e propositivo, contribuisce grandemente allo sviluppo di personalità mature e armoniose.
La vita della comunità sarà tanto più ricca e gioiosa quanto più ogni componente farà l'esperienza di essere continuamente rigenerato dallo Spirito del Risorto e di essere da lui sostenuto nel percorrere le tappe del cammino pasquale; così, superando le sue debolezze e i suoi egoismi, vincendo pigrizie e chiusure, potrà mettere a disposizione di tutti i doni ricevuti e sentirsi corresponsabile del buon andamento generale.
Nei grandi seminari, è opportuno che la comunità sia articolata in gruppi più piccoli,176 comunque sempre a essa funzionali, in modo da favorire il cammino educativo di ciascuno e la personalizzazione della formazione.
I criteri della suddivisione in gruppi possono essere, a seconda delle diverse tradizioni, quelli della classe, della comunità di vita, del centro d'interesse o dell'attività di servizio.
Un'attenzione particolare, fatta di rispetto e di gratitudine, deve essere riservata alle religiose e al personale laico che operano in seminario.
I parroci e i presbiteri che accompagnano le esperienze pastorali dei seminaristi possono offrire un prezioso contributo alla formazione presbiterale.
Essi sono chiamati a:
– favorire il coinvolgimento dei seminaristi nella vita della parrocchia e introdurli gradualmente nelle diverse esperienze e attività;
– verificare insieme a loro, con carità e schiettezza, gli aspetti positivi e problematici della loro presenza in parrocchia;
– rendere testimonianza della loro fede, della vita di preghiera, della dedizione pastorale, delle preoccupazioni e delle gioie del ministero;
– proporre qualche momento di preghiera comune;
– collaborare stabilmente con gli educatori e formulare un parere circa l'idoneità dei candidati al ministero presbiterale.
I parroci a cui inviare i seminaristi per il tirocinio pastorale devono perciò essere scelti con cura, considerando le loro qualità umane e spirituali, l'esperienza, la sapienza e la progettualità pastorali, l'attitudine pedagogica.
Nell'ambito della formazione umana dei seminaristi, può essere utile l'intervento degli psicologi.
Tale intervento non è finalizzato direttamente al discernimento della vocazione, compito che spetta agli educatori del seminario, ma all'individuazione e alla crescita di quegli aspetti della personalità che permettano al candidato di accogliere in pienezza e libertà la vocazione.
All'inizio del cammino di formazione, gli psicologi possono coadiuvare gli educatori a individuare nei candidati eventuali problemi di psicopatologia, tali da pregiudicare la fruttuosità del percorso seminaristico, e quelli di immaturità, superabili con un adeguato aiuto.
Durante gli anni del seminario, essi possono:
– aiutare i seminaristi a raggiungere una maggiore conoscenza di sé, dei propri punti di forza e delle proprie fragilità, offrendo un accompagnamento specifico che, al servizio del loro cammino spirituale, favorisca il superamento delle inconsistenze individuate e ne rafforzi la struttura della personalità;
– mettere a disposizione del rettore e del direttore spirituale, con il consenso scritto degli interessati, il risultato della loro consulenza, per precisare le linee pedagogiche più adeguate, tenendo conto della personalità e dei problemi che i soggetti stanno affrontando;
– nella misura in cui ne sono richiesti, collaborare con l'équipe educativa nella progettazione e nella verifica degli interventi educativi comunitari;
– illustrare alla comunità o alle singole classi qualche tema psicopedagogico di particolare rilevanza, specie nell'ambito relazionale e affettivo-sessuale.
Nella scelta degli psicologi di riferimento, bisogna accertarsi della loro adeguata e prolungata preparazione accademica e pratica.
È necessario inoltre verificare che la base su cui si fonda il loro lavoro sia coerente con la dimensione trascendente della persona e con l'antropologia cristiana della vocazione.
È opportuno che essi non interagiscano con la vita comunitaria dei seminaristi, ma si limitino ai colloqui di valutazione psicodiagnostica, di sostegno e di crescita, evitando situazioni in cui potrebbe essere messa in pericolo la riservatezza cui sono professionalmente tenuti.
Le famiglie e le parrocchie di provenienza dei seminaristi continuano a esercitare su di essi un influsso significativo.
Esse sono chiamate a diventare consapevoli della loro specifica responsabilità e a esercitarla con disponibilità e generosità.
I genitori, i fratelli, le sorelle e gli altri membri del nucleo familiare sono chiamati ad accompagnare il cammino formativo del futuro presbitero « con la preghiera, il rispetto, il buon esempio delle virtù domestiche e l'aiuto spirituale e materiale, soprattutto nei momenti difficili ».177
I genitori indifferenti o contrari all'orientamento vocazionale del figlio possono comunque aiutarlo a maturare una scelta più consapevole e determinata, se accettano la fatica del confronto e del dialogo e sono rispettosi delle sue decisioni.
A tal fine, è importante che il seminario promuova iniziative di incontro con i genitori dei seminaristi per favorire la conoscenza reciproca e la loro crescita nella fede e nella vita spirituale.
D'altro canto, il rapporto con le famiglie aiuta l'équipe educativa a comprendere più in profondità il vissuto dei seminaristi e a calibrare meglio l'intervento educativo.
Le comunità parrocchiali sono chiamate ad accompagnare con gioia un loro membro in cammino verso il presbiterato; devono fargli sentire il senso di appartenenza ecclesiale, restargli accanto con la preghiera, accoglierlo con calore nei tempi di vacanza e nel periodo estivo, offrirgli stimoli e occasioni per la maturazione della sua personalità di pastore.178
I giovani provenienti da movimenti, gruppi e associazioni – secondo le indicazioni contenute nella Pastores dabo vobis – « non dovranno essere invitati a sradicarsi dal loro passato e a interrompere le relazioni con l'ambiente che ha contribuito al determinarsi della loro vocazione, né dovranno cancellare i tratti caratteristici della spiritualità che là hanno imparato e vissuto, in tutto ciò che di buono, edificante ed arricchente essi contengono.
Anche per loro, questo ambiente d'origine continua ad essere fonte di aiuto e di sostegno nel cammino formativo verso il sacerdozio ».179
Pur apprezzando la ricchezza di tali esperienze, bisogna tuttavia aiutare i giovani a non chiudersi in esse, rischiando di interpretare in maniera privatistica il ministero presbiterale.
Essi sono chiamati, pertanto, ad aderire al cammino formativo del seminario, che li abilita a servire la Chiesa intera attraverso la dedicazione alla loro Chiesa particolare.180
Devono perciò riferirsi « con coerenza e cordialità alle indicazioni formative del Vescovo e agli educatori del seminario, affidandosi con schietta fiducia alla loro guida e alle loro valutazioni ».181
Ciò vale sia per la proposta spirituale come anche per la direzione spirituale, la regola di vita comunitaria e la metodologia pastorale.
La composizione delle diverse esigenze richiede saggezza, equilibrio e disponibilità da parte di tutti.
Le aggregazioni ecclesiali sono chiamate a consegnare con fiducia ai seminari diocesani le vocazioni che sorgono al loro interno;
i Vescovi a garantire che la formazione offerta dai seminari risponda alle legittime attese di profonda spiritualità, intensa vita fraterna e coraggioso slancio missionario;
gli educatori a valorizzare il contributo spirituale delle aggregazioni;
i seminaristi che provengono da tali realtà ad accogliere lealmente il progetto educativo del seminario e a rendersi pienamente disponibili al servizio alla diocesi.
Sarà preoccupazione costante degli educatori offrire una proposta formativa integrale, profondamente unitaria, capace di superare i rischi della giustapposizione o della contrapposizione tra le diverse dimensioni e i vari interventi educativi.
Tutti gli educatori, pertanto, sono corresponsabili solidarmente dei molteplici aspetti della formazione, ciascuno secondo il compito ricevuto.
Analogamente, sarà impegno vivo dei seminaristi maturare una solida sintesi di vita che componga in unità esperienza spirituale e maturità umana, discernimento vocazionale e vita in comunità, sapere teologico ed esperienze pastorali.
A tal fine, il cardine cui si dovranno ricondurre i diversi aspetti della formazione sarà l'esperienza viva di fede: essa sola rende percepibile e motivata la vocazione al ministero presbiterale e possibile una risposta generosa e radicale.
Intorno a questo nucleo vitale, sarà necessario articolare e armonizzare l'intero cammino verso il conseguimento dell'idoneità richiesta per il presbiterato.
« La formazione spirituale costituisce il cuore che unifica e vivifica »182 la vita e la formazione dei futuri presbiteri.
Il suo contenuto essenziale è la condivisione dell'esperienza del mistero pasquale di Cristo Pastore, sotto l'azione dello Spirito Santo.
Il seminario propizia questa esperienza ispirandosi alla pedagogia adottata da Gesù con i suoi apostoli.
Egli instaurò anzitutto con i Dodici una relazione personale, favorì un clima di vita fraterna e li considerò suoi amici.
Anche oggi l'amicizia con Gesù, come risposta alle domande sul senso della vita e motivazione profonda del ministero presbiterale, da stringere con sempre maggiore intensità, è l'elemento decisivo della formazione spirituale.
Essa rende disponibili i seminaristi ad accogliere l'azione dello Spirito che plasma e stimola, in modi sempre nuovi e imprevedibili, all'impegno pastorale e missionario.
Formarsi al presbiterato, infatti, significa imparare a dare una risposta personale alla questione fondamentale posta da Gesù a Pietro: « Mi ami tu? ».( Gv 21,15 )183
Il rapporto personale con Gesù Cristo viene sperimentato soprattutto attraverso la fedele meditazione della Parola di Dio, la preghiera e l'attiva partecipazione ai sacramenti, i carismi della carità pastorale nella dedicazione alla Chiesa particolare e del dono di sé nella verginità, la trama delle relazioni educative, fraterne, amicali e di servizio.
Il seminario è scuola che educa all'ascolto della Parola attraverso la lectio divina,184 la meditazione personale, lo studio della Sacra Scrittura, le celebrazioni liturgiche, i momenti di comunicazione della fede e di discernimento comunitario.
Tale ascolto permette ai futuri presbiteri di porsi in un atteggiamento di permanente conversione del cuore, di trasformare i propri criteri di giudizio, di progredire nella vita spirituale e di prepararsi al compito di annunciatori della Parola.
I seminaristi siano anche introdotti alla conoscenza e allo studio delle grandi tradizioni spirituali e alle forme della pietà popolare che lungo i secoli hanno incarnato in modo eminente la Parola di Dio, segnando in profondità l'esperienza ecclesiale.
Momento essenziale dell'incontro con Cristo è la liturgia, che conduce i seminaristi a sperimentare con tutta la Chiesa la sovrabbondanza di grazia distribuita nell'anno liturgico e a porre al centro della giornata la celebrazione dell'Eucaristia, fonte e culmine della vita cristiana e cuore del ministero presbiterale.185
La partecipazione quotidiana all'Eucaristia permette agli alunni di radicarsi giorno dopo giorno nel mistero di Cristo e di dare il giusto significato e rilievo all'impegno feriale, quando, in mancanza di forti provocazioni esterne o di emozioni, essi rischiano la dispersione, la stanchezza demotivante o l'improvvisa eclissi di senso.186
« La celebrazione quotidiana dell'Eucaristia che si completa con la comunione sacramentale, ricevuta con piena libertà e degnamente »,187 rappresenta pertanto l'occasione per vivere nella propria storia il mistero dell'Incarnazione, trovare l'energia spirituale necessaria all'adempimento dei compiti giornalieri,188 contemplare e attingere alla carità di Cristo la forza soprannaturale per l'apostolato.189
In continuità con la celebrazione dell'Eucaristia, si incoraggi l'adorazione eucaristica,190 modalità di preghiera che favorisce la maturazione di un'attitudine di silenzio e contemplazione e promuove la crescita della relazione personale con Cristo.
A ciò contribuisce anche l'esercizio della Via Crucis, che va raccomandato.
La Liturgia delle ore costituisce il naturale prolungamento dell'Eucaristia durante la giornata.
I seminaristi imparino progressivamente a gustarla, a ricorrervi come forma privilegiata di lode a Dio e di intercessione per i fratelli e ad assumere, con l'ordinazione diaconale, l'impegno a celebrarla integralmente ogni giorno.191
« Doveroso e quanto mai urgente è il richiamo a scoprire all'interno della formazione spirituale, la bellezza e la gioia del sacramento della Penitenza ».192
Ciò sarà reso possibile mediante un'opportuna catechesi, l'educazione genuinamente cristiana ed ecclesiale della coscienza morale, una prassi sacramentale frequente.
« Di qui scaturiscono il senso dell'ascesi e della disciplina interiore, lo spirito di sacrificio e di rinuncia, l'accettazione della fatica e della croce ».193
Non manchi un'appropriata educazione al canto liturgico, custodendo e valorizzando in modo particolare il canto gregoriano.
È importante che, accanto all'ascolto della Parola e alla liturgia, i seminaristi siano educati alla preghiera comunitaria e personale.
Per chi è chiamato a diventare presbitero, essa si configura in modo specifico come contemplazione e ascolto dell'unico Pastore e come presentazione al Padre di persone, situazioni, gioie, sofferenze che necessitano della sua benedizione.194
Alcuni momenti di preghiera siano garantiti a livello comunitario, altri lasciati alla libera iniziativa personale.
Si favorisca in particolare la devozione mariana, specialmente con la recita del Rosario e dell'Angelus.
Maria è madre amorevole e provvidente, particolarmente vicina al cammino di ogni seminarista e stupendo « modello di quell'amore materno, del quale devono essere animati tutti quelli che nella missione apostolica della Chiesa cooperano alla rigenerazione degli uomini ».195
Nel calendario del seminario, sia riservato un tempo adeguato per i ritiri spirituali mensili e per gli esercizi spirituali annuali.
Durante il periodo estivo, si proponga ai seminaristi la partecipazione a esperienze spirituali significative, specialmente il mese ignaziano.
Condizione favorevole per la preghiera è il silenzio, che in seminario deve essere promosso come clima generale e richiesto nei luoghi di preghiera e in precisi momenti del giorno e della settimana.
Al centro della formazione spirituale dei futuri presbiteri vi è la carità pastorale – dono dello Spirito, principio interiore e virtù da acquisire – che ne caratterizza e unifica la vita e la spiritualità.
Il suo contenuto essenziale è « il dono di sé, il totale dono di sé alla Chiesa, ad immagine e in condivisione con il dono di Cristo ».196
I seminaristi, con attento discernimento, siano esortati a verificare e consolidare la loro partecipazione alla sollecitudine pastorale di Cristo, a farla diventare loro preoccupazione principale, facendone il centro di convergenza dei loro pensieri e il fermento che trasforma la loro personalità.
Se si lasceranno afferrare da questo "amore più grande", anche attraverso significative esperienze, essi saranno in grado di superare difficoltà, stanchezze e insuccessi, di lasciare ogni mediocrità e di tendere a una vita di autentica santità.
A questo scopo, si impegnino a esercitarsi in quei mezzi che favoriscono il dono di sé al modo di Cristo Capo, Pastore e Sposo della Chiesa: in particolare, a lasciarsi amare da Dio, nel desiderio di rispondergli con amore, a crescere nella passione per Cristo e nella familiarità con lui, a maturare un atteggiamento di gratuità, di compassione, di sollecitudine pastorale e di servizio disinteressato per i fratelli, in special modo per i più poveri e bisognosi.
La passione per Cristo sarebbe un vago affetto se non si esprimesse nell'amore alla Chiesa, sua sposa.
L'obbedienza a Dio, concepita come espressione più alta della libertà da se stessi, si incarna anche, e in modo determinante, nell'obbedienza alla Chiesa, in particolare al Papa e al proprio Vescovo, e si esprime nel segno della gioia, che costituisce l'unità di misura evangelica del dono di sé.
È essenziale perciò che ogni candidato sviluppi nel suo cuore un profondo sensus Ecclesiae, ossia la capacità di "sentire Ecclesiam, sentire cum Ecclesia, sentire in Ecclesia".
Su questa base va innestata la scelta precisa della spiritualità diocesana, che si caratterizza per l'assunzione dell'amore e del servizio verso la propria Chiesa particolare come interesse principale e criterio fondamentale della propria vita spirituale e dell'impegno ecclesiale.
Si tratta di una spiritualità che riceve la sua struttura dal triplice vincolo con il Vescovo, il presbiterio e il popolo di Dio e dal triplice munus profetico, regale e sacerdotale.
Le sue tonalità principali sono la comunione e l'incarnazione.
La dedicazione dei presbiteri alla Chiesa particolare avviene nel contesto del presbiterio, realtà che scaturisce dallo stesso sacramento dell'Ordine e che offre possibilità straordinarie di comunione, di condivisione e di sostegno.
In questa prospettiva, i seminaristi siano educati ad amare Cristo in ogni fratello, senza discriminazione alcuna, a dilatare gli spazi dell'amore fraterno, dell'amicizia e del servizio, a inserirsi gradualmente nel presbiterio diocesano.
Siano inoltre incoraggiati a essere disponibili alla vita in comune, secondo le forme che saranno possibili nel contesto del loro futuro ministero.197
L'appartenenza a una Chiesa particolare mediante l'incardinazione, lungi dal rinchiudere i presbiteri in una mentalità ristretta e particolaristica, li apre ai bisogni di tutti gli uomini, di tutte le Chiese e di tutto il mondo, in quanto ogni Chiesa particolare rende presente l'unica Chiesa di Cristo.198
I candidati al presbiterato siano perciò provocati ad avere cuore e mentalità missionari, ad allargare gli orizzonti del loro impegno apostolico e a essere disponibili alla missione.
C'è una missionarietà del cuore che si manifesta nella piena disponibilità a "faticare" per il Vangelo ( Cfr 1 Cor 15,10 ) e a privilegiare l'incontro con chi non crede o non pratica;
c'è una missionarietà all'interno della diocesi e delle parrocchie, che richiede disponibilità all'itineranza e alla mobilità interparrocchiale;
c'è una missionarietà ad gentes, che si esprime nel servizio come preti fidei donum e nella cooperazione fra le Chiese.
Coinvolti pienamente da Cristo in una sequela radicale, i futuri presbiteri siano formati all'uso evangelico dei beni temporali e a « un tenore di vita povera, allo spirito di abnegazione di sé in modo da abituarsi a rinunciare prontamente anche alle cose per sé lecite ma non convenienti, e a vivere conformandosi progressivamente a Cristo crocifisso ».200
Siano pertanto educati a vivere in maniera essenziale, austera, condividendo i propri beni con i poveri, e a maturare quel senso di responsabilità che si traduce in uno stile sobrio e dignitoso, nell'assumersi anche compiti di tipo manuale nella vita del seminario, nella cura diligente per gli ambienti e i beni comunitari, nella verifica delle spese personali e soprattutto sperimentando la fatica dello studio con la consapevolezza di guadagnarsi il pane quotidiano.
Siano educati inoltre a esprimere viva gratitudine al Signore e alla Chiesa per quel sostegno economico che permette loro di dedicarsi con libertà evangelica e serena fiducia, oggi alla formazione e domani al ministero pastorale.
Il dono di sé vissuto con radicalità evangelica esige nei candidati, oltre al distacco dalle cose, anche il distacco dagli affetti più cari e soprattutto da se stessi che, in ultima analisi, consiste nel vivere con verità e senza riserve le parole del salmista: « Ha sete di te, Signore, l'anima mia ». ( Sal 63,2 )
L'esperienza insegna che senza un reale rinnegamento di sé, qualsiasi distacco, sia pure generoso, si fonda non sulla roccia, bensì sulla sabbia ( Cfr Mt 7,26-27 )202 e non ha la forza di resistere alle prove della vita.
Nella logica dell'appartenenza totale a Cristo e della partecipazione al suo amore sponsale per la Chiesa, la verginità per il Regno « è sempre stata considerata come particolarmente confacente alla vita sacerdotale ».203
Si tratta di una vocazione all'amore nella stessa forma scelta da Gesù, che domanda di essere serenamente riconosciuta e seriamente accolta.
Essa permette così di liberare il cuore da qualsiasi forma di dipendenza e di possesso, disponendolo a entrare con gioiosa agilità nel deserto della solitudine interiore, in cui si apprende a dimorare in Cristo e a vivere per lui, ad amare i fratelli in modo incondizionato e appassionato, a stabilire rapporti di amicizia tanto intensi quanto liberi.
La fraternità sacerdotale e l'amicizia nell'ambito del presbiterio, come pure l'incontro con famiglie che vivono con gioia il dono dell'amore nella castità coniugale, potranno favorire e arricchire lo stesso carisma verginale.
Si tratta di una vocazione che deve essere vissuta nella pratica della castità, allenandosi alla disciplina e avvalendosi di mezzi umani e spirituali che possono formarla e custodirla.204
Tale disciplina dovrà tener conto della fragilità umana, impegnare la vigilanza, indurre a un uso responsabile dei mezzi di comunicazione sociale, in modo da restare immuni da concessioni e ripiegamenti che impoveriscono e mettono a repentaglio la ricchezza del dono.
La scelta celibataria chiama in causa la personalità umana dei candidati, che deve essere sana e armoniosa.205
« L'umanità del prete è la normale mediazione quotidiana dei beni salvifici del Regno ».206
Per questo bisogna porre molta attenzione alla formazione umana dei futuri presbiteri.
In una personalità non ben sviluppata, infatti, la grazia dell'ordinazione presbiterale verrebbe offuscata e screditata; al contrario, in una personalità matura, essa può risplendere in tutta la sua pienezza.
Chi è chiamato al presbiterato deve perciò preoccuparsi di crescere in umanità.
L'equilibrio, l'amore per la verità, il senso di responsabilità, la fermezza della volontà, il rispetto per ogni persona, il coraggio, la coerenza, lo spirito di sacrificio sono elementi rilevanti, anzi necessari, per l'esercizio del ministero.
Così pure il modo autorevole e fraterno di entrare in rapporto con gli altri, la sincerità, la discrezione, il modo maturo di presentarsi e di esprimersi, sono chiavi che aprono le porte della fiducia, dell'ascolto, della confidenza.
Diventare umanamente maturi è perciò un obiettivo fondamentale della formazione presbiterale.207
I tratti che indicano la maturità umana sono soprattutto i seguenti:
– un'intelligenza aperta alla verità, non arroccata difensivamente su se stessa o su singoli aspetti intesi unilateralmente;
– una volontà capace di coordinare le energie verso l'obiettivo proposto, non irrigidita nel volontarismo, né divisa dal compromesso, né dispersa nel velleitarismo;
– una corporeità riconosciuta e assunta come linguaggio della persona, a suo servizio, non prigioniera di bisogni costrittivi, né utilizzata a fini compensatori;
– una cura adeguata della persona, attenta alla pulizia e alla proprietà nel vestire;
– una capacità di relazioni libere, oblative e sincere, con uomini e donne, a livello simmetrico e asimmetrico, caratterizzata dall'accoglienza e dall'apertura all'altro,208 da passione e discrezione, fedeltà e perseveranza, presenza e distacco;
– un'affettività che renda la persona capace di amare con cuore indiviso, integrando la sessualità nell'affettività e nell'identità personale, secondo una visione personalistica;
– un'identità sufficientemente consistente, nutrita di una libertà interiore progressivamente più ampia, frutto di relazioni sane, che si declina in un adeguato senso di responsabilità nei riguardi della propria vita, delle persone e dei compiti affidati, in un'esistenza vissuta come risposta personale a Dio che chiama ogni giorno, secondo il passo possibile, in una capacità progressiva di rielaborazione delle inevitabili frustrazioni come un gradino verso la pienezza della propria umanità.
Per far crescere questi aspetti della maturità umana, che si intrecciano con la maturità spirituale, è necessario un triplice lavoro:209
– una conoscenza di se stessi, estesa a tutte le componenti della personalità, verificata nel dialogo con gli educatori; tale conoscenza porterà alla consapevolezza di non essere completi né autosufficienti, ma bisognosi di arricchimento e in costante cammino;
– una gestione libera, costruttiva e responsabile della propria persona, come risposta alla vocazione nel quotidiano, tale da configurare un'effettiva sequela Christi;
– uno stile di vita caratterizzato dal dono di sé per amore, nel servizio, nelle relazioni e nell'impegno quotidiano, all'interno di rapporti buoni e costruttivi, finalizzati al compimento della propria missione.
La formazione umana può avvalersi con frutto dei contributi delle scienze psicopedagogiche, assunti nell'orizzonte dell'antropologia cristiana.210
A esse va riconosciuto uno spazio adeguato per una crescita umana piena e matura. Il loro corretto utilizzo richiede che i seminaristi prestino la loro cordiale e convinta collaborazione e che siano rispettate due condizioni fondamentali:211
– il libero consenso dell'interessato prima di promuovere qualsiasi intervento; nel caso in cui il consenso non fosse dato, gli educatori, senza ricatti o pressioni, dovranno operare il discernimento in base alle conoscenze di cui dispongono altrimenti;
– la garanzia del diritto all'intimità:212 l'opportuna comunicazione al rettore e al direttore spirituale degli esiti della consulenza psicodiagnostica o del cammino psicologico va fatta, in forma scritta213 o verbale, preferibilmente dal candidato stesso o, con il suo consenso scritto, dai consulenti.
In ogni caso, ogni informazione acquisita attraverso la consulenza psicologica avrà carattere riservato, potrà essere utilizzata unicamente ai fini del discernimento vocazionale e non sarà comunicata a terze persone, senza il previo consenso scritto dell'interessato.
È opportuno che la possibilità di un'indagine e valutazione psicodiagnostica sulla propria personalità sia offerta a tutti, nel rispetto della libertà di ciascuno, all'inizio del cammino formativo, a meno che non sia già stata attuata nel periodo propedeutico.
Gli itinerari di sostegno e crescita, invece, devono essere messi a disposizione dei seminaristi che ne facciano richiesta o proposti dagli educatori a quanti, a loro giudizio, ne avessero bisogno; in ogni caso, tali itinerari devono essere concordati con il rettore.
« Se non tutti avranno bisogno di una consulenza psicologica specifica, tutti però avranno bisogno di educatori in grado di stare al loro fianco, in modo assiduo e non occasionale, attenti a interpretare anche le resistenze e le inconsistenze, le cui radici sono spesso inconsce ».214
« La formazione intellettuale, pur avendo una sua specificità, si connette profondamente, sino a costituirne un'espressione necessaria, con la formazione umana e quella spirituale [ … ], trova la sua specifica giustificazione nella natura stessa del ministero ordinato e manifesta la sua urgenza attuale di fronte alla sfida della "nuova evangelizzazione" ».215
Il lungo e laborioso travaglio che caratterizza la formazione intellettuale, scandito dalla quotidianità e dalla metodicità, è funzionale a formare presbiteri dalla fede matura, gioiosa e convinta, perché "pensata".
In questo modo i nuovi presbiteri saranno in grado di farsi compagni degli uomini e delle donne del nostro tempo,216 aiutando ciascuno a far emergere la sete di Dio e di salvezza che abita in lui e a rendere ragione della speranza che porta nel cuore. ( Cfr 1 Pt 3,15 )
Saranno preparati a confrontarsi e a dialogare in una società pluralista, multietnica e multireligiosa, accogliendone la provocazione a ritrovare l'essenziale della fede, la sua bellezza e la sua forza liberante, senza temere di far affiorare le contraddizioni presenti in questo passaggio storico, perché convinti che ogni piccola verità scoperta è un passo verso la Verità suprema.
Presupposto necessario perché lo studio filosofico-teologico sia proficuo in ordine allo sviluppo di personalità presbiterali mature è la piena integrazione tra il sapere teologico e il vissuto teologale.
« Affinché possa essere pastoralmente efficace, la formazione intellettuale va integrata in un cammino spirituale segnato dall'esperienza personale di Dio, in modo tale da superare una pura scienza nozionistica e pervenire a quella intelligenza del cuore che sa "vedere" prima ed è in grado poi di comunicare il mistero di Dio ai fratelli »;218 si tratta di un cammino che è per sua natura ecclesiale.
Di esso, sono modelli i Padri della Chiesa e i grandi teologi santi.
« L'immagine che i Padri offrono di se stessi è quella di uomini i quali non solo imparano ma anche, e soprattutto, sperimentano le cose divine, come diceva Dionigi detto Pseudo-Areopagita del suo maestro Ieroteo: "non solum discens sed et patiens divina" ».219
Il sapere teologico, come riflessione critica della fede e profonda intelligenza del mistero cristiano, fa acquisire agli studenti una conoscenza documentata e illuminata del deposito della fede, contenuto nella Sacra Scrittura e nella tradizione della Chiesa, e della sua comprensione che cresce lungo i secoli mediante i molteplici apporti delle formulazioni dogmatiche e del magistero dei pastori, del senso soprannaturale della fede di tutto il popolo di Dio, della vita ecclesiale, della elaborazione e chiarificazione da parte dei teologi.
Nel complessivo percorso degli studi teologici, gli studenti siano aiutati a non trascurare nessuna delle tappe in cui la fides quae è stata elaborata, anzi siano accompagnati a ripercorrere l'intero itinerario della fede ecclesiale che ha attraversato la liturgia, la storia, l'agire pastorale, la teologia, la testimonianza della santità, nei quali il mysterium salutis è stato celebrato, sperimentato, spiegato e sempre meglio compreso secondo la legge del progresso delle verità della fede che non ammette alterazioni e corruzioni, ma sviluppa una crescita fedele e sapiente nella penetrazione della verità.
Per gli obiettivi e i contenuti delle discipline principali, complementari, ausiliarie e opzionali, ci si attenga alle disposizioni del capitolo quarto ( nn. 126-144 ).220
I seminaristi, che devono acquisire e sviluppare anche un serio esercizio dell'intelligenza pastorale, siano aiutati dai docenti a cogliere la pertinenza pastorale di ciò che viene loro insegnato,221 perché il pensiero teologico e l'apprendimento cognitivo non sembrino avulsi dalla vita della Chiesa e della società, verso cui è indirizzata la loro futura missione.
Per aiutare i seminaristi ad avere una visione unitaria e sintetica dei vari insegnamenti,222 è opportuno che nel ciclo istituzionale:
– le discipline fondamentali siano distinte da quelle secondarie e opzionali;
– si riservi alle prime un numero di ore di insegnamento proporzionato e congruo alla loro importanza e natura di fondamento filosofico e teologico;
– si promuovano occasioni per un confronto interdisciplinare sui nuclei tematici di maggiore rilevanza;
– si richieda ai seminaristi di sostenere gli esami del primo biennio filosofico-teologico prima di iscriversi a quelli degli anni successivi;
– si garantisca agli studenti la disponibilità di un tempo ampio da dedicare allo studio personale;
– si valorizzino in maniera appropriata i docenti e si promuova un confronto costante tra docenti e studenti.
Nell'insegnamento si abbia cura di coniugare lezioni frontali-magisteriali con lavori seminariali o di laboratorio, tirocini guidati e attività con supervisione, studio assistito da parte di un tutor, lavori scritti e di ricerca personale, al fine di un apprendimento più fruttuoso.
Anche l'uso degli strumenti informatici e multimediali potrà costituire un valido supporto alla ricerca e all'assimilazione delle discipline filosofico-teologiche, nel contesto dell'apprendimento di un rigoroso metodo di studio teologico.
I seminaristi dovranno essere aiutati dagli educatori e dai docenti a rimotivare il loro impegno di studio per dedicarsi a esso con assiduità, slancio e passione, superando eventuali pregiudizi anti-intellettualistici.223
L'approccio metodologico al mistero cristiano per conoscerne ed esplicitarne, da diverse angolature, la ricchezza, l'ampiezza, l'altezza e la profondità, richiede infatti una continua, paziente e accurata applicazione allo studio, tale da consentire ai seminaristi sia di lasciarsi compenetrare dalla riflessione teologica che integra e armonizza, in una sintesi superiore, le esperienze conoscitive, sia di non sentirsi schiacciati dal senso di frustrazione o di inadeguatezza di fronte alle sfide della fede e della prassi nel tempo presente.
« L'intera formazione dei candidati al sacerdozio è destinata a disporli in un modo più particolare a comunicare alla carità di Cristo, buon Pastore ».224
Ne deriva che la formazione pastorale costituisce il fine e la cifra di tutta la formazione presbiterale.
Non si tratta in primo luogo di offrire tecniche e metodologie, corsi speciali e tirocini, ma di educare a un modo di essere che unifichi e orienti l'intera personalità: lo stile del pastore, chiamato a identificarsi con Cristo Pastore e a fare proprio il suo amore per il gregge, fino a dare la vita.
La pedagogia pastorale del seminario si farà perciò carico « di una vera e propria iniziazione alla sensibilità del pastore, all'assunzione consapevole e matura delle sue responsabilità, all'abitudine interiore di valutare i problemi e di stabilire le priorità e i mezzi di soluzione, sempre in base a limpide motivazioni di fede e secondo le esigenze teologiche della pastorale stessa ».225
Gli strumenti privilegiati di tale pedagogia sono, oltre alla formazione spirituale, la vita in comunità, lo studio della teologia pastorale e le esperienze pastorali.
La teologia pastorale o pratica « è una riflessione scientifica sulla Chiesa nel suo edificarsi quotidiano, con la forza dello Spirito, dentro la storia; sulla Chiesa, quindi, come "sacramento universale di salvezza", come segno e strumento vivo della salvezza di Gesù Cristo nella Parola, nei Sacramenti e nel servizio della carità ».226
Essa si articola in vari insegnamenti, che comprendono la teologia pastorale fondamentale e le diverse articolazioni secondo gli ambiti pastorali, la catechetica, l'omiletica, ecc..227
La riflessione specifica si completa poi con momenti interdisciplinari, che dovrebbero evidenziare le implicazioni pastorali delle diverse discipline teologiche.
Non si trascuri inoltre la formazione all'amministrazione dei beni ecclesiastici,228 alla cura dei beni culturali,229 all'uso e alla valorizzazione dei mezzi della comunicazione sociale.
Si curi altresì una trattazione specifica delle motivazioni ispiratrici e degli elementi costitutivi del vigente sistema di sostentamento del clero e di sostegno economico alla Chiesa.
Anche i primi tempi del ministero presbiterale potranno essere convenientemente utilizzati per proporre alcuni insegnamenti più direttamente pastorali.
In tal modo si può snellire il curricolo del sessennio, si valorizza il programma di formazione permanente per i giovani presbiteri e si ha il vantaggio di trattare alcuni temi facendo leva sul beneficio della loro esperienza diretta.
La formazione pastorale si attua poi attraverso un vero e proprio tirocinio,230 che deve essere:
– consistente, tale cioè da permettere ai seminaristi di misurare la loro responsabilità in qualche settore particolare, senza tuttavia costituire un sovraccarico eccessivo, distogliendoli dagli impegni ordinari di seminario;
– circoscritto a tempi prestabiliti durante l'anno, nei periodi di vacanza e durante l'estate.231
Saranno gli educatori a valutare, tenendo anche conto del carattere diocesano o regionale del seminario, il momento più opportuno per l'inizio del tirocinio pastorale, la sua consistenza e i suoi ritmi.
Può essere utile, almeno in qualche periodo, che i seminaristi restino in seminario o in altro luogo adatto, una domenica al mese, per motivi di formazione;
– graduale, ritmato cioè sulle varie tappe dell'itinerario formativo;
– differenziato nella scelta delle attività e delle esperienze, includendo, oltre al prioritario servizio nelle parrocchie, la possibilità di un impegno in luoghi della carità ( quali le comunità terapeutiche, le case per anziani, il carcere o l'ospedale ), qualche eventuale esperienza missionaria e, dove opportuno, il servizio di animazione nel seminario minore;
– verificato sia con i responsabili dei diversi ambiti pastorali sia con gli educatori del seminario.
Le esperienze pastorali offrono un contributo specifico alle diverse dimensioni formative.
Esse promuovono:
– il consolidamento della vita spirituale nell'ottica della carità pastorale:
in un ambiente non ritmato da orari precisi, i seminaristi devono imparare a gestire con sapienza il tempo e a ritagliarsi autonomamente gli spazi per la preghiera;
inoltre, a contatto con le persone di cui sono chiamati a prendersi cura, sono provocati a verificare e far crescere la loro sensibilità apostolica e a sviluppare la preghiera di intercessione, propria del pastore;
infine, potendo accostare varie situazioni di vita, sono aiutati ad acquisire la capacità di scorgere i segni della presenza e dell'azione di Dio nella storia;
– la crescita umana integrale:
nell'ambiente del servizio pastorale i seminaristi sono particolarmente stimolati ad agire in prima persona, ad assumere responsabilità dirette e a cercare la collaborazione con i responsabili e le altre realtà ecclesiali;
essi possono così misurare e consolidare la loro generosità nel servizio, la maturità nel gestire il tempo, la capacità di porsi in relazione con una grande varietà di persone, la tenuta nell'equilibrio affettivo;
– un'occasione di arricchimento e di appropriazione dello studio della teologia che, a sua volta, stimola a un approccio critico e propositivo alla prassi pastorale;
– il completamento della formazione pastorale e l'acquisizione di competenze tecnico-pratiche: inseriti in un preciso contesto pastorale, i futuri presbiteri hanno modo di conoscere da vicino la vita del pastore, imparare ad assumere la globalità del progetto pastorale, esercitarsi nella collaborazione con i presbiteri, i religiosi e i laici, acquisire specifiche competenze di animazione, comunicazione e programmazione.
I parroci e gli altri responsabili che affiancano gli educatori dei seminari nella formazione pastorale dei seminaristi ricordino che sono loro affidati soggetti ancora impegnati nella fase iniziale della formazione.
Non li sovraccarichino perciò di attività, ma li aiutino a entrare nella vita ordinaria delle comunità avendo cura soprattutto di condividere la loro stessa esperienza pastorale.
I seminaristi, dal canto loro, accostino con rispetto e discrezione le comunità cui sono inviati, nella consapevolezza che esse hanno una storia, una struttura, una precisa tradizione.
Cerchino, anzitutto, di instaurare con i parroci e con gli altri responsabili un rapporto di sincerità, di condivisione e di vera fraternità;
diano a tutti luminosa e coerente testimonianza di giovani credenti, impegnati a seguire il Signore con radicalità;
si sforzino di assolvere i compiti loro richiesti e chiedano sempre il consenso dei parroci o degli altri responsabili pastorali per le attività che ritengono opportuno suggerire o avviare;
organizzino il loro tempo in modo da potersi riservare adeguati spazi di preghiera.
Oltre al tirocinio pastorale personale, è opportuno che i seminari promuovano nell'arco dell'anno qualche attività pastorale comunitaria, come, per esempio, una "missione giovani" nelle parrocchie, una "scuola di preghiera", iniziative varie di animazione vocazionale.
Tali attività offrono ai seminaristi la possibilità di dare ai loro coetanei un'esemplare testimonianza di fede, ma anche l'occasione di esercitarsi nella corresponsabilità pastorale, allenandosi a lavorare insieme, sia nella fase progettuale sia in quella della realizzazione e verifica del progetto.
La formazione per il presbiterato si configura come un vero e proprio itinerario, ritmato da passaggi precisi, che permettono l'assimilazione in progressione dei diversi contenuti spirituali, umani, teologici e pastorali.
Dal punto di vista oggettivo, l'itinerario dura sei anni232 ed è scandito dalle seguenti tappe:
– l'introduzione alla vita del seminario;
– l'ammissione tra i candidati al diaconato e al presbiterato;
– il conferimento del ministero del lettorato;
– il conferimento del ministero dell'accolitato;
– l'ordinazione diaconale;
– l'ordinazione presbiterale.
« Il conferimento del lettorato e dell'accolitato e l'ordinazione diaconale sono momenti importanti e decisivi nella formazione al presbiterato.
Da essi, senza alcuna indebita assolutizzazione, è possibile ricavare un principio capace di unificare la vita spirituale, le esperienze pastorali e, in qualche misura, anche lo stesso studio teologico.
Essi propongono le fasi fondamentali di una 'iniziazione', attraverso la quale vengono donati la grazia e il mandato, insieme con l'esercizio progressivo e autentico di compiti tipicamente presbiterali, quali l'evangelizzazione, il culto e l'animazione pastorale.
Proprio la loro finalizzazione all'imposizione delle mani per il presbiterato, distingue il significato dei ministeri istituiti e del diaconato per i candidati al sacerdozio rispetto agli stessi ministeri conferiti a laici o a diaconi permanenti ».233
Per questa ragione, se un lettore o un accolito lascia il seminario decade per ciò stesso dall'esercizio del ministero ricevuto, salva la facoltà del Vescovo di riconfermarlo, dietro richiesta sua e della comunità nella quale si inserisce.234
Nei piccoli seminari l'articolazione dell'itinerario potrà servire come riferimento per la progettazione dello specifico cammino di formazione e per la verifica della progressione personale dei singoli seminaristi, più che per una effettiva scansione temporale e per una strutturazione della vita comunitaria.
Dal punto di vista soggettivo, l'itinerario dovrà tener conto del grado di maturazione dei singoli e potrà essere più articolato, includendo, a seconda delle necessità, la possibilità di stages pastorali.
Si tratta di periodi in cui un seminarista, vivendo generalmente in una parrocchia, è impegnato in un programma di lavoro, studio, attività pastorali e accompagnamento educativo, pensato su misura per lui, allo scopo di verificare e rafforzare gli aspetti in cui deve crescere.
Concluso il periodo propedeutico, l'itinerario formativo prevede il biennio iniziale, che ha come meta la domanda di ammissione tra i candidati al diaconato e al presbiterato.235
In questo tempo, l'aspirante si inserisce gradualmente nella comunità del seminario maggiore e, in un contesto di fede, di sequela del Signore e di vita fraterna, di discernimento e purificazione, è chiamato a interrogarsi sul proprio orientarsi al presbiterato.
Il primo anno rappresenta il portale d'ingresso del seminario maggiore.
Esso si caratterizza per:
in ambito spirituale, il seminarista è introdotto ai temi fondamentali della vita spirituale,
aiutato a consolidare la sua relazione con il Signore mediante una precisa "regola di vita",
invitato a maturare un atteggiamento di umile ascolto e filiale abbandono alla volontà di Dio;
dal punto di vista della formazione umana, è condotto a conseguire una sufficiente conoscenza di sé e ad accettare i molteplici aspetti della propria storia personale;
a livello scolastico, gli è chiesto coinvolgersi negli studi filosofico-teologici, di acquisire un valido metodo di studio e di avviare un rapporto costruttivo con i docenti;
per quanto riguarda la formazione pastorale, sperimenta la situazione di essere espressamente inviato a una comunità cristiana o, comunque, di farne parte in modo nuovo, offrendo la sua testimonianza di fede e la sua collaborazione;
i nuovi seminaristi sono chiamati a prendere coscienza del valore della comunità come luogo privilegiato della formazione, a sentirsene effettivamente e affettivamente parte, a coinvolgersi nelle relazioni e a misurarsi con le difficoltà della vita comune;
basilare, per una buona partenza, è la comprensione delle diverse figure educative, l'inizio di un dialogo vero e sincero con ciascuna, la maturazione nei loro confronti di un atteggiamento di consegna docile e fiduciosa.
Nel secondo anno, l'iter formativo è orientato a portare gli aspiranti a verificare la loro vocazione e ad assumere con libertà e consapevolezza la scelta del presbiterato come tendenzialmente definitiva.
L'anno si caratterizza per:
– un'esperienza di fede profonda, motivata e personalizzata;
– il discernimento con il rettore e il direttore spirituale, teso a verificare i segni della chiamata al presbiterato diocesano vissuto nel celibato, le intenzioni e le motivazioni che la sostengono e l'idoneità che la supporta;
– un lavoro approfondito nell'ambito delle relazioni e della dimensione affettivo-sessuale,236 in vista dell'assunzione dell'impegno del celibato;
– una presenza più responsabile in comunità, con la disponibilità a qualche servizio, il superamento di eventuali ostacoli nelle relazioni, il coinvolgimento nella comunicazione della fede;
– un'applicazione più assidua e matura nello studio e nell'esperienza pastorale.
Il rito di ammissione tra i candidati al diaconato e al presbiterato,237 che conclude il primo biennio formativo,
manifesta pubblicamente l'orientamento vocazionale di coloro che aspirano al diaconato e al presbiterato,
esprime l'accettazione della loro offerta da parte della Chiesa particolare,
richiede ai nuovi candidati di applicarsi con rinnovato impegno nel portare a termine la preparazione.
Dopo l'ammissione tra i candidati al diaconato e al presbiterato, l'itinerario si apre al secondo biennio, che si qualifica come specifica iniziazione al diaconato e al presbiterato attraverso le tappe del lettorato e dell'accolitato.
La prospettiva dei ministeri istituiti ha la capacità di riempire di contenuti questo tempo, di proporre mete e verifiche spirituali e di seguire con criteri oggettivi il cammino progressivo verso il presbiterato.
Dal punto di vista formativo, si tratta di un periodo di consolidamento; in riferimento alla scelta vocazionale, il candidato è chiamato a interrogarsi sull'identità di presbitero che si prepara a far propria.
Il terzo anno, qualificato dal conferimento del lettorato,238 si caratterizza per:
– un rapporto privilegiato con la Parola di Dio attraverso la lectio divina, la preghiera sulla Parola e l'esegesi;
– la maturazione di una spiritualità "profetica", nella logica del radicalismo della sequela e della testimonianza coerente e coraggiosa;
– la crescita nell'ascolto degli altri, raffinando la capacità di decentrarsi, di essere attenti alle persone e alle situazioni, di sentire compassione per i più poveri e bisognosi, di uscire da sé attraverso la comunicazione attiva, la correzione fraterna e l'obbedienza;
– la profondità e la docilità nel rapporto educativo;
– l'esercizio, in comunità e nei diversi ambiti pastorali, dei compiti del ministero dei lettori, specialmente della proclamazione e della spiegazione della Parola di Dio.239
Il quarto anno, qualificato dal conferimento dell'accolitato,240 si caratterizza per:
– un rapporto privilegiato con l'Eucaristia attraverso la celebrazione eucaristica, l'adorazione e la preghiera contemplativa, la riflessione teologica;
– la maturazione di una spiritualità "eucaristica", nella logica del dono totale di sé, della gratuità e della comunione;
– la crescita nella stabilità della vita, consolidando la capacità di sapersi fermare con perseveranza su scelte, relazioni e situazioni e di resistere alla fatica, imparando a gestire l'ansia, la tensione, l'impulsività e gli stati d'animo del momento;
– l'approfondimento e il consolidamento delle relazioni educative;
– l'esercizio, in comunità e in parrocchia, dei compiti del ministero degli accoliti, specialmente del servizio all'altare e ai poveri.241
Con il quinto anno, l'itinerario entra nel terzo biennio, che si qualifica per il discernimento definitivo, in vista dell'ordinazione diaconale e presbiterale.
È un tempo di grazia e di profonda intensità spirituale, in cui, pur non essendo risparmiati eventuali turbamenti e tentazioni, emerge soprattutto la gioia del raccolto e l'entusiasmo per il ministero pastorale che sta per cominciare.
Nel quinto anno, l'iter formativo è orientato a preparare i candidati all'ordinazione diaconale.242
L'anno si caratterizza per:
– un rapporto sempre più vivo con Cristo Servo, in una consuetudine di preghiera intensa e profonda, comprendente la recita integrale della Liturgia delle ore;
– il discernimento con il rettore e il direttore spirituale in ordine a una scelta libera, consapevole e definitiva per il diaconato vissuto nel celibato a servizio della propria Chiesa particolare;
– la maturazione di una spiritualità del servizio, nell'assunzione dei tratti essenziali della diaconia di Cristo, specialmente dell'offerta di sé per amore;
– l'impegno a crescere nelle virtù umane "diaconali", quali la magnanimità, l'accoglienza, la disponibilità, la generosità, la condivisione, la sobrietà e l'umiltà;
– una presenza matura e responsabile nella comunità del seminario, diventando stimolo costruttivo nei momenti formativi e offrendo la testimonianza del servizio nella quotidianità;
– la sintesi scolastica, con il conseguimento, laddove possibile, del baccellierato in teologia;
– un'attenzione, in ambito pastorale, ai più piccoli, ai poveri e agli ammalati.
L'ordinazione diaconale,243 verso cui è orientato il cammino del quinto anno, introduce i candidati nella comunione sacramentale con il Vescovo, i presbiteri e i diaconi, li incardina in una Chiesa particolare, li consacra al servizio del Vangelo, dell'altare e dei poveri.
Essa insegna a quanti sono chiamati a diventare presbiteri, a vedere nello spirito di servizio la forma autentica dell'autorità cristiana, a immagine di Cristo, che è venuto per servire e non per essere servito. ( Cfr Gv 13,1-17 )
A partire dall'ordinazione diaconale i seminaristi indossino in pubblico il clergyman.245
Il sesto anno ha lo scopo di preparare i diaconi all'ordinazione e alla vita presbiterale.246
Esso si caratterizza per:
– una fede vissuta in intima unione con Gesù Pastore, nel pieno abbandono al Padre e nella docilità allo Spirito, attraverso il ministero dell'orazione e la gioia della verginità per il Regno, in un cammino di costante conversione;
– il discernimento con il rettore e il direttore spirituale in vista dell'ordinazione presbiterale, centrato soprattutto sulla carità pastorale e sulla figura concreta del presbitero diocesano;
– il consolidamento di una spiritualità presbiterale diocesana, modulata sulle note dell'amore e della dedizione alla propria Chiesa, dell'obbedienza apostolica e della carità pastorale, che sull'esempio di Gesù Buon Pastore si fa compassionevole, misericordiosa e generosa fino al sacrificio totale di sé, della fraternità e amicizia all'interno del presbiterio;
– un lavoro assiduo sulla propria umanità, così da consolidare le virtù tipiche del pastore:
la capacità di progettazione, di animazione e di guida,
la bontà e la tenerezza,
la responsabilità e la competenza,
la prudenza nel discernimento e la discrezione,
la fedeltà e la fermezza,
la schiettezza e la disponibilità alla collaborazione;
– un percorso di mediazione pastorale e di immediata introduzione al ministero, che preveda laboratori pastorali ( ad esempio, sulla pastorale giovanile, la famiglia e le relazioni d'aiutom);
una specifica preparazione alla presidenza dell'Eucaristia, alla celebrazione dei sacramenti e in particolare della Riconciliazione;
corsi sull'omiletica, l'odegetica,
la direzione spirituale,
la comunicazione pastorale;
approfondimenti sulla storia della Chiesa locale,
la spiritualità presbiterale,
gli aspetti amministrativi e legali delle attività pastorali;
un contatto con le principali realtà ecclesiali diocesane e un'adeguata conoscenza del territorio e delle sue problematiche.247
L'ordinazione presbiterale,248 verso cui è orientato il sesto anno, conclude l'itinerario formativo del seminario e si apre ai programmi di formazione permanente.
Il rettore del seminario sia coinvolto nella scelta della prima destinazione dei presbiteri, che deve avvenire non sulla base di criteri dettati prevalentemente dalle urgenze pastorali, ma avendo attenzione al bene e alla crescita armonica dei neo-ordinati e scegliendo con cura le comunità cui inviarli e i confratelli cui affidarli.249
Il Vescovo, per procedere all'ordinazione diaconale e presbiterale, deve essere moralmente certo dell'idoneità dei candidati, che deve risultare provata con argomenti positivi.250
A tal fine, è opportuno che egli conosca personalmente gli ordinandi; inoltre è tenuto ad ascoltare le persone competenti e non può discostarsi dal loro giudizio se non in virtù di ragioni ben fondate.251
L'atto di discernimento sull'idoneità di un candidato si denomina "scrutinio".252
Il Vescovo lo compie accogliendo in primo luogo il giudizio sintetico del rettore253 e avvalendosi « di altri mezzi che gli sembrino utili, a seconda delle circostanze di tempo e di luogo, quali le lettere testimoniali, le pubblicazioni o altre informazioni ».254
Egli può farsi coadiuvare da un'apposita commissione per l'ammissione ai ministeri e agli ordini sacri.255
Il rettore ha la responsabilità di presentare al Vescovo « l'attestato [ … ] sulle qualità richieste [ all'ordinando ] per ricevere l'Ordine, vale a dire la sua retta dottrina, la pietà genuina, i buoni costumi, l'attitudine ad esercitare il ministero; e inoltre, dopo un'indagine debitamente condotta, sul suo stato di salute sia fisica sia psichica ».256
Per poter arrivare a formulare un giudizio sintetico obiettivo, il rettore è tenuto ad attivare con gli aspiranti e i candidati un serio percorso di discernimento vocazionale che metta in luce la loro esperienza di fede, i segni della chiamata e le intenzioni rispetto all'Ordine richiesto e ne verifichi la maturità in tutte le dimensioni ( spirituale, umana, intellettuale, pastorale ).
Inoltre, egli ha il dovere di raccogliere il parere dei suoi collaboratori, dei docenti, dei parroci che hanno accolto i seminaristi nelle esperienze pastorali e di quanti altri ritenesse opportuno.
Il direttore spirituale ha il compito di guidare i seminaristi alla conoscenza del loro mondo interiore, alla scoperta e allo sviluppo della loro vocazione.
Egli è chiamato ad aiutarli ad avere l'"occhio puro", per verificare le motivazioni profonde della chiamata, e il "cuore pronto", per esprimere un consenso pieno e generoso; deve offrire loro i criteri perché il discernimento sia accurato e sincero e accompagnarli nella formulazione della risposta, in modo che essa tenga conto di tutti gli elementi costitutivi della personalità.
Il direttore spirituale, qualora intuisca che il cammino di discernimento vocazionale non conduca al traguardo del ministero ordinato, deve fare tutto il possibile perché questo orientamento venga maturato liberamente e, soprattutto, venga assimilato serenamente, affidandosi alla sicurezza del discernimento ecclesiale; in ogni caso, egli non dovrà temere di dichiararlo apertamente all'aspirante o al candidato.
Il discernimento sull'idoneità degli aspiranti e dei candidati dev'essere compiuto prima di ogni tappa dell'itinerario formativo; esso tuttavia assume un particolare significato alla vigilia dell'ammissione tra i candidati al diaconato e al presbiterato e dell'ordinazione diaconale;257 in questi due momenti deve essere condotto con grande profondità e ampiezza.
Dovranno essere accuratamente rispettate le norme relative
all'età minima per ricevere gli ordini ( can. 1031, §§ 1 e 2 ),
agli interstizi fra i ministeri e l'ordinazione diaconale ( can. 1035, § 2 )
e fra l'ordinazione diaconale e quella presbiterale ( can. 1031, § 1 ),
agli studi che devono essere compiuti ( can. 1032, §§ 1 e 2 ) e
alla necessità di fare gli esercizi spirituali prima di ricevere i sacri ordini ( can. 1039 ).
Si dovranno inoltre tenere presenti le disposizioni relative agli impedimenti ed irregolarità per ricevere gli ordini ( can. 1025, § 1, in relazione con i cann. 1041-1042 ).258
I criteri di discernimento per l'ammissione tra i candidati al diaconato e al presbiterato, nonché quelli per l'ammissione al diaconato e al presbiterato, si possono opportunamente riassumere in uno schema utile per gli educatori e gli stessi seminaristi.259
L'articolazione e la complessità della formazione al presbiterato esigono che ogni seminario abbia un proprio progetto educativo, approvato dal Vescovo diocesano o, se si tratta di un seminario interdiocesano o regionale, dai Vescovi interessati.260
Esso deve determinare concretamente
la dinamica educativa globale,
precisare ruoli e compiti dei soggetti coinvolti nella formazione,
le dimensioni educative con gli obiettivi finali e gli strumenti,
l'itinerario scandito per tappe con gli obiettivi intermedi,
gli interventi specifici e il loro coordinamento,
i criteri di discernimento.
In tal modo, i diversi elementi potranno essere declinati in maniera unitaria e in prospettiva dinamica e tutti i soggetti implicati saranno facilitati a comprendere la propria parte, l'ordinata cooperazione, l'effettiva convergenza degli apporti.261
Il progetto educativo deve inoltre innestare gli orientamenti generali contenuti nel presente documento nella concretezza di ciascun seminario, valorizzandone le tradizioni e le consuetudini.
È conveniente che il progetto educativo venga introdotto con un periodo di sperimentazione e che se ne preveda un periodico aggiornamento.
Sarà compito degli educatori cogliere le esigenze della comunità che si manifestano progressivamente e rispondervi con gli opportuni adattamenti.
« Perché la programmazione sia veramente adatta ed efficace occorre che le grandi linee programmatiche si traducano più concretamente in dettaglio, mediante alcune norme particolari destinate ad ordinare la vita comunitaria, stabilendo alcuni strumenti e alcuni ritmi temporali precisi ».262
Si tratta della regola di vita comunitaria, che deve essere condivisa e attivamente accolta da tutti i membri della comunità.
La giornata, la settimana, il periodo liturgico, l'intero anno, saranno regolati da un preciso programma e scanditi da orari di preghiera, studio, incontri, esperienze pastorali.
Dovrà esserci piena coerenza tra le linee generali che concretizzano le dimensioni della formazione e le scelte operative, perché i mezzi non smentiscano i fini prefissati.
I presbiteri appena ordinati hanno ancora bisogno di essere aiutati e accompagnati per consolidare la formazione raggiunta e avviare l'inserimento nel vivo del ministero.
Il curricolo del seminario, infatti, non va inteso come un percorso compiuto, ma come una preparazione a un ministero sempre aperto al rinnovamento, alla conversione, all'attenzione avveduta ai mutamenti culturali e sociali.263
Dal Concilio Vaticano II in poi, sono chiare e numerose le indicazioni magisteriali circa la formazione permanente dei presbiteri.264
In particolare, l'esortazione apostolica post-sinodale Pastores dabo vobis vi dedica il sesto capitolo, illustrandone le ragioni teologiche, le diverse dimensioni, il significato, i responsabili, i momenti, le forme e i mezzi.265
Ulteriori indicazioni, particolarmente attente al contesto italiano, sono contenute nella lettera della Commissione Episcopale per il clero, La formazione permanente dei presbiteri nelle nostre Chiese particolari, che, dopo aver recensito le esperienze formative in atto, le esigenze e le attese, ne illustra i contesti vitali e ne propone un progetto organico.266
Si rimanda a questi documenti per una considerazione ampia e articolata del tema; qui richiamiamo alcune sottolineature essenziali, soprattutto sul piano operativo.
La Pastores dabo vobis afferma che « per accompagnare i sacerdoti giovani in questa prima delicata fase della loro vita e del loro ministero, è quanto mai opportuno se non addirittura necessario, oggi, creare un'apposita struttura di sostegno, con guide e maestri appropriati, nella quale essi possano trovare, in modo organico e continuativo, gli aiuti necessari a iniziare bene il loro servizio sacerdotale.
In occasione di incontri periodici, sufficientemente lunghi e frequenti, possibilmente condotti in un ambiente comunitario, in modo residenziale, saranno garantiti momenti preziosi di riposo, di preghiera, di riflessione e di scambio fraterno.
Sarà così per loro più facile dare fin dall'inizio un'impostazione evangelicamente equilibrata alla loro vita presbiterale ».267
Gli obiettivi principali della formazione permanente dei presbiteri sono:
– accompagnare la maturazione della personalità, in un contesto di generale prolungamento dell'adolescenza, con la tendenza a ritardare l'assunzione di responsabilità;
– educare a fare sempre più propria, concretamente ed esistenzialmente, la chiamata a essere pastore di una comunità, mettendo al suo servizio le attitudini e le ricchezze personali;
– aiutare l'inserimento in una pastorale complessa ed esigente, trovando anche il modo di gestire in modo responsabile il proprio tempo ( orario e regola di vita );
– crescere nella comunione e nella corresponsabilità con i presbiteri e i laici.
Per realizzare questi obiettivi, è necessario che ogni diocesi assicuri l'accompagnamento personale e in gruppo dei giovani presbiteri e garantisca tempi e sussidi adatti perché ciascuno di loro sviluppi al meglio le sue risorse e attitudini.
Indice |
130 | Pastores dabo vobis, 42 |
131 | Cfr OT, 4 |
132 | Propositio 20, citata in Pastores dabo vobis, 60 |
133 | Cfr OT, 4; RF, 20; Pastores dabo vobis, 61: « Ed è il fine specifico a determinarne la fisionomia, ossia l'accompagnamento vocazionale dei futuri sacerdoti, e pertanto il discernimento della vocazione, l'aiuto a corrispondervi e la preparazione a ricevere il sacramento dell'Ordine con le grazie e le responsabilità proprie » |
134 | OT, 8 |
135 | Cfr Pastores dabo vobis, 43 |
136 | Ibidem, 60 |
137 | Cfr ibidem. |
138 | Ibidem. |
139 | Cfr ibidem, 61; Linee comuni, 32-38 |
140 | Cfr Pastores dabo vobis, 69 |
141 | Ibidem, 60 |
142 | Ibidem, 65 |
143 | Ibidem. |
144 | Ibidem, 41 |
145 | Cfr CIC, can. 259, § 2 |
146 | Cfr Direttive sulla preparazione degli educatori, 18 |
147 | Cfr Pastores dabo vobis, 66; Direttive sulla preparazione degli educatori, 20. Le Direttive indicano tra i settori di particolare competenza dei diaconi permanenti e dei laici: la medicina pastorale, i problemi politici, economici e sociali, le questioni di frontiera con le scienze, la bioetica, l'ecologia, la storia dell'arte, i mezzi della comunicazione sociale, le lingue classiche e moderne. È opportuno aggiungere a questo elenco anche tutto ciò che riguarda l'area pedagogica, psicologica e psichiatrica |
148 | Pastores dabo vobis, 66. Per la diversità e complementarità di approccio al seminarista da parte del rettore ( foro esterno ) e del direttore spirituale ( foro interno ), cfr nn. 119-120 |
149 | Cfr OT, 5; RF, 30; Pastores dabo vobis, 66 |
150 | Cfr Direttive sulla preparazione degli educatori, 26-42; Pastores dabo vobis, 66 |
151 | Cfr Direttive sulla preparazione degli educatori, 43-47 |
152 | Cfr ibidem, 25 |
153 | Ibidem, 10 |
154 | Cfr ibidem, 48-70 |
155 | Ibidem, 11 |
156 | Il decreto Optatam totius auspica che gli educatori « sotto la guida del rettore siano in strettissima unità di spirito e di azione, e fra loro e con gli alunni formino una famiglia tale da tradurre in pratica la preghiera del Signore "Che siano uno" ( cfr
Gv 17,11 ) e da alimentare negli alunni la gioia della propria vocazione » (
n. 5 ). Sulla scorta di questa indicazione conciliare, vari documenti postconciliari hanno insistito molto sulla necessità del coinvolgimento degli educatori in un lavoro d'équipe, in un'azione di squadra. La Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis auspica che il rettore, coordinatore dei superiori, stringa con loro con fraterna carità « una intima collaborazione, perché la formazione degli alunni venga promossa con impegno solidale » ( n. 29 ) e, inoltre, che i superiori siano « capaci di prestare mutua e fraterna collaborazione nel comune impegno d'educazione » ( n. 30 ). Il Codice di diritto canonico assume i principi della Ratio fundamentalis e, al can. 239, § 3, prescrive: « Negli statuti del seminario siano stabilite le modalità secondo cui gli altri moderatori, gli insegnanti e anche gli stessi alunni possano condividere la responsabilità del rettore, soprattutto per quanto riguarda la disciplina ». La Pastores dabo vobis richiede che gli educatori siano « tra loro in convinta e cordiale comunione e collaborazione: questa unità degli educatori non solo rende possibile un'adeguata realizzazione del programma educativo, ma anche e soprattutto offre ai candidati al sacerdozio l'esempio significativo e la concreta introduzione a quella comunione ecclesiale che costituisce un valore fondamentale della vita cristiana e del ministero pastorale ». A tal fine, qualche riga più avanti, si raccomanda che nella scelta degli educatori si verifichi, tra le altre qualità, anche « la capacità di collaborazione » e « la conoscenza dei modi per lavorare in gruppo » ( n. 66 ) |
157 | Cfr RF, 29; CIC, cann. 238, § 2; 239, §§ 1 e 3; 260 |
158 | Cfr Direttive sulla preparazione degli educatori, 43 |
159 | Cfr CIC, can. 1051, 1° |
160 | Direttive sulla preparazione degli educatori, 43; cfr ibidem, 60 |
161 | Cfr ibidem, 44 |
162 | Cfr ibidem, 50 |
163 | Cfr CIC, cann. 239, § 2; 246, § 4 |
164 | Cfr CIC, can. 240 |
165 | CIC, can. 240, § 2: « Nel prendere decisioni riguardanti l'ammissione degli alunni agli ordini o la loro dimissione dal seminario, non può mai essere richiesto il parere del direttore spirituale e dei confessori » |
166 | Direttive sulla preparazione degli educatori, 44; cfr. ibidem, 61 |
167 | Cfr CIC, can. 239, § 1 |
168 | Direttive sulla preparazione degli educatori, 45 |
169 | Cfr CIC, can. 239, § 1 |
170 | Cfr CIC, can. 1280 |
171 | Cfr RF, 38; Pastores dabo vobis, 67; Direttive sulla preparazione degli educatori, 46 |
172 | Cfr Giovanni Paolo II, Lettera enciclica ai Vescovi della Chiesa cattolica circa i rapporti tra fede e ragione Fides et ratio ( 14.IX1998 ) |
173 | Cfr Direttive sulla preparazione degli educatori, 46 |
174 | Cfr Pastores dabo vobis, 69; cfr CIC, can. 239, § 3, secondo cui è opportuno che gli stessi seminaristi siano coinvolti nella conduzione del seminario |
175 | Cfr Linee comuni, 10 |
176 | Cfr RF, 23. |
177 | Pastores dabo vobis, 68 |
178 | Cfr ibidem. |
179 | Ibidem. |
180 | Cfr ibidem, 31 |
181 | Ibidem, 68 |
182 | Ibidem, 45 |
183 | Cfr Pastores dabo vobis, 42 |
184 | Cfr Pastores dabo vobis, 47 |
185 | Cfr CIC, can. 246, § 1 |
186 | Cfr Linee comuni, 43 |
187 | RF, 52 |
188 | Cfr Ecclesia de Eucharistia, 31 |
189 | Cfr RF, 52 |
190 | Cfr Ecclesia de Eucharistia, 25 |
191 | Cfr CIC, can. 246, § 2; can. 276, § 2, 3° |
192 | Pastores dabo vobis, 48; cfr CIC, can. 246, § 4 |
193 | Pastores dabo vobis, 48 |
194 | Cfr ibidem, 47 |
195 | LG, 65; cfr CIC, can. 246, § 3 |
196 | Pastores dabo vobis, 23; cfr PO 13; CIC, can. 245 |
197 | Cfr PO, 8; CIC, can. 280 |
198 | Cfr PO, 10; CIC, can. 257; Direttorio per il ministero, 14 |
200 | OT, 9 |
202 | Pastores dabo vobis, 30 |
203 | PO, 16; Pastores dabo vobis, 29 e n. 44 |
204 | Cfr OT, 10; PO, 16; Paolo VI, Lettera enciclica Sacerdotalis caelibatus, 74-78 ( 24.VI.1967 ); Congr. Educaz. Cat., Orientamenti educativi per la formazione al celibato sacerdotale, 53-56 ( 11.IV.1974 ); RF, 48 |
205 | Cfr CIC, can. 247 § 1 |
206 | La formazione permanente, 23 |
207 | Cfr OT, 10-11; CIC, can. 245, § 1; Pastores dabo vobis, 43-44 |
208 | A questo riguardo, la Pastores dabo vobis raccomanda al n. 43 che il futuro presbitero «non sia né arrogante né litigioso, ma [ … ] affabile, ospitale, sincero nelle parole e nel cuore, prudente e discreto, generoso e disponibile al servizio, capace di offrire personalmente, e di suscitare in tutti, rapporti schietti e fraterni, pronto a comprendere, perdonare e consolare ( cfr anche 1 Tm 3,1-5; Tt 1,7-9 ) » |
209 | Cfr Linee comuni, 14 |
210 | Cfr Ibidem, 9-22. Il n. 22 indica alcuni criteri ( l'essere "cristiforme", "trasformante", "sintesi attiva" e "consistente" ) « che, se assunti congiuntamente, possono orientare a comprendere se un'esperienza religiosa è condotta in modo valido, nell'alveo della realtà e non in quello dell'illusione » |
211 | Cfr Ibidem, 21 |
212 | Cfr CIC, can. 220 |
213 | In ogni caso, la garanzia del diritto all'intimità esige che nessun referto scritto sia conservato nell'archivio del seminario |
214 | Linee comuni, 14 |
215 | Pastores dabo vobis, 51 |
216 | « Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore » ( GS, 1 ) |
218 | Pastores dabo vobis, 51 |
219 | Congr. Educaz. Cat., Istruzione sullo studio dei Padri della Chiesa nella formazione sacerdotale, 39 ( 10.XI.1989 ) |
220 | Cfr anche CIC, can. 244;
can. 248;
can. 251;
can. 252, § 1;
can. 254, § 1; Pastores dabo vobis, 52-56; Linee comuni, 50-59 |
221 | Cfr Linee comuni, 48 |
222 | Cfr Ibidem, 50 |
223 | Cfr Pastores dabo vobis, 56 |
224 | Ibidem, 57 |
225 | Ibidem, 58 |
226 | Ibidem, 57 |
227 | Cfr CIC, can. 255 |
228 | Cfr CIC, can. 256, § 1; Linee comuni, 63 |
229 | Cfr Linee comuni, 64 |
230 | Cfr CIC, can. 258; Pastores dabo vobis, 57-58; Linee comuni, 62 |
231 | È importante trasmettere ai seminaristi la convinzione che il tempo estivo non è solo tempo di vacanza, ma anche di verifica dell'impegno formativo e delle proprie attitudini pastorali |
232 | Cfr CIC, can. 235, § 1; can. 250 |
233 | FP, 120 |
234 | Cfr I ministeri nella Chiesa, 31 |
235 | « Il primo biennio di teologia è il tempo sufficiente e più indicato per significare al Vescovo e alla Chiesa l'intenzione di candidatura al presbiterato. Entro tale biennio, e non prima, è da compiersi il rito dell'ammissione tra i candidati al presbiterato » ( Ibidem, 27 ) |
236 | Eventuali tendenze omosessuali, espressione di un problema transitorio, come quello di un'adolescenza non ancora compiuta, devono essere chiaramente superate entro questo anno ( cfr Congr. Educ. Cat., Istruzione circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al Seminario e agli Ordini sacri, 2 ) |
237 | Cfr Ad pascendum, I; I ministeri nella Chiesa, 25-26. Il can. 1034, § 1, prescrive che il candidato, a tempo debito, presenti al Vescovo una domanda, personale e manoscritta, con cui chiede di essere ammesso al presbiterato |
238 | Cfr Ministeria quaedam, V; I ministeri nella Chiesa, 28; Evangelizzazione e ministeri, 64; CIC, can. 1035 |
239 | A tal fine, sarà opportuno lo studio delle Premesse al Lezionario ( 21.I.1981 ) e della teologia liturgica delle celebrazioni della Parola |
240 | Cfr Ministeria quaedam, VI; I ministeri nella Chiesa, 29; Evangelizzazione e ministeri, 65; CIC, can. 1035 |
241 | A tal fine, sarà opportuno lo studio dell'Ordinamento generale del Messale romano ( 2004 ) e dei Principi e norme per la Liturgia delle Ore ( 1.XI.1970 ) |
242 | Cfr LG, 29; I ministeri nella Chiesa, 33-34; CIC, can. 1032, § 1. Le Linee comuni segnalano l'esperienza di alcune Chiese particolari di prevedere « un tempo di sosta prima dell'accesso al diaconato, fuori dal contesto seminaristico, presso una parrocchia o in qualche comunità presbiterale, per un'esperienza forte di responsabilità più diretta » ( n. 66 ) |
243 | Prima che un candidato riceva l'ordinazione diaconale deve compiere i seguenti atti e firmare i rispettivi documenti: a) emettere la professione di fede cattolica davanti al Vescovo diocesano o un suo delegato e sottoscriverla di mano propria ( cfr CIC, can. 833, 6° ); b) prestare il giuramento di fedeltà; c) fare una dichiarazione personale circa la propria libertà nel ricevere l'ordinazione sacra e circa la propria chiara consapevolezza quanto a obblighi e impegni che essa implica per tutta la vita, specialmente quello del sacro celibato ( cfr CIC, can. 277, § 1 ). Tale dichiarazione deve essere manoscritta ed espressa con parole proprie, non riprese da un modulo ( cfr CIC, can. 1026, can. 1028 e can. 1036 ). Conviene che tali atti siano pubblici e che abbiano luogo al cospetto del popolo cristiano, durante la celebrazione della Messa, dopo l'omelia. Cfr Gli scrutini sull'idoneità dei candidati, Allegato IV |
245 | CIC, can. 284; C. E. I., Delibera normativa n. 2 ( 23.XII.1983 ); Direttorio per il ministero, 66 |
246 | Cfr LG, 28; CIC, can. 1032, § 2 |
247 | Il percorso del sesto anno, di carattere eminentemente pastorale, non dovrebbe di norma coincidere con il primo anno dell'eventuale corso accademico di licenza |
248 | Prima di ricevere l'ordinazione presbiterale, il candidato deve fare una dichiarazione personale circa la propria libertà nel ricevere l'ordinazione sacra e circa la propria chiara consapevolezza quanto a obblighi e impegni che essa implica per tutta la vita, specialmente quello del sacro celibato ( cfr
CIC, can. 277, § 1 ). Tale dichiarazione deve essere manoscritta ed espressa con parole proprie, non riprese da un modulo ( cfr CIC, can. 1026, can. 1028 e can. 1036 ). Cfr Gli scrutini sull'idoneità dei candidati, Allegato IV |
249 | Cfr Linee comuni, 67 |
250 | Cfr CIC, can. 1052, § 1; can. 1025, §§ 1 e 2; can. 1029 |
251 | Cfr CIC, can. 127, § 2, 2° |
252 | Cfr Gli scrutini sull'idoneità dei candidati, 4 |
253 | CIC, can. 1051, 1°; Direttive sulla preparazione degli educatori, 43 |
254 | CIC, can. 1051, 2° |
255 | Cfr Gli scrutini sull'idoneità dei candidati, Allegato III |
256 | CIC, can. 1051, 1°. Il discernimento, qui inteso in riferimento agli ordini, va esteso alle diverse tappe dell'itinerario formativo ( cfr Direttive sulla preparazione degli educatori, 43 ) |
257 | Infatti, solo per una causa canonica, anche occulta, può essere interdetto l'accesso al presbiterato ai diaconi a esso destinati ( cfr CIC, can. 1030 ) |
258 | Cfr Gli scrutini sull'idoneità dei candidati, 12 |
259 | Nell'appendice I sono riportati taluni schemi orientativi |
260 | Cfr Pastores dabo vobis, 61; Linee comuni, 32-38 |
261 | Cfr Linee comuni, 32 |
262 | Pastores dabo vobis, 61; cfr CIC, can. 243 |
263 | Cfr Linee comuni, 68 |
264 | Cfr OT, 22; CD, 16; PO, 19; RF, 100-101 |
265 | Cfr Pastores dabo vobis, 70-81 |
266 | Comm. Ep. Clero, La formazione permanente dei presbiteri nelle nostre Chiese particolari ( 18.V.2000 ) |
267 | Pastores dabo vobis, 76 |