Discernimento

IndiceA

Sommario

I. Il discernimento spirituale nel dinamismo dell'esperienza cristiana:
1. Il dinamismo dell'esistenza cristiana;
2. Il discernimento tra le tensioni e le ambiguità dell'esistenza.
II. Il discernimento spirituale nella S. Scrittura:
1. Atteggiamento critico del cristiano per camminare nella via di Dio;
2. Ricerca dell'autenticità cristiana;
3- Criteri di discernimento secondo s. Paolo.
III. Il discernimento personale:
1. Rapporto dialettico tra discernimento personale e comunitario;
2. L'itinerario del discernimento personale secondo s. Ignazio di Loyola.
IV. Il discernimento comunitario:
1. In che consiste;
2. Suoi fondamenti;
3. Condizioni psicologico-spirituali;
4. Tecnica del discernimento comunitario.

I - Il discernimento spirituale nel dinamismo dell'esperienza cristiana

L'istanza del discernimento spirituale nasce dall'esperienza che il cristiano fa della sua vita di fede in Cristo, nella chiesa, nel mondo.

La complessità delle situazioni in cui è chiamato a vivere e ad agire per attuare il progetto di Dio su di sé e sugli altri gli impongono una considerazione attenta degli impulsi e delle motivazioni che lo portano ad operare determinate scelte.

Dio chiama ciascun uomo e ciascun gruppo di persone riunite nel suo nome con una vocazione particolare, che si inserisce nel contesto della missione che egli affida al popolo che si è scelto.

Ciò che è bene per uno, non è bene per un altro e ciò che è meglio per uno non lo è sempre per un altro.

Da qui nasce il problema: come riconoscere i segni di Dio in una determinata situazione e soprattutto di fronte a certe scelte?

1. Il dinamismo dell'esistenza cristiana

L'esistenza cristiana non è una realtà statica.

È vita, e come tale ha tutte le caratteristiche della vita.

La vitalità cristiana viene da noi sperimentata nella nostra vitalità esistenziale, fatta di pensieri, di sentimenti, di attività, di tendenze, di rapporto con gli altri, con le cose, col mondo, con la società.

L'esistenza cristiana ha in noi la sua nascita e il suo continuo sviluppo.

All'origine di questa nuova esistenza, come insegna s. Paolo ( Rm 3,6.8 ), c'è la fede in Gesù Cristo, il battesimo, il dono dello Spirito santo: tre realtà che si integrano a vicenda e suscitano in noi un'azione vivificatrice e santificatrice di Dio, il quale si pone con la nostra esistenza umana in un rapporto dinamico, chiamandola alla salvezza.

La triade - fede, speranza, carità ( 1 Ts 1,2s; 1 Ts 5,8-10; 1 Cor 13,13; Col 1,4s )1 - costituisce la dimensione fondamentale con cui l'esistenza cristiana in noi si manifesta, si attua, cresce.

Il battesimo, come "sacramento della fede", esprime anche sul piano sensibile la morte e la risurrezione di Cristo col simbolismo efficace del suo rito ( Rm 6,3-11 ), fa partecipare con piena responsabilità alla vita ecclesiale per formare un solo corpo nel Cristo ( 1 Cor 12,13 ), fa passare da un'esistenza di tenebre a un'esistenza di luce ( Ef 5,8.14 ), che impone il passaggio dalla morte al peccato alla vita nuova in Cristo ( Rm 6,11-12 ).

Divenuto luce, il cristiano deve camminare da figlio della luce.

Questo gli impone il compito di discernere per individuare continuamente la volontà di Dio ( Ef 5,8.10.17 ).

In tanto lo può fare in quanto ha ricevuto il dono dello Spirito, agente divino in lui, principio dinamico e norma del suo agire ( Rm 8 ).

Lo Spirito divino instaura con lo spirito umano un misterioso dialogo che impegna l'uomo in un continuo confronto per suscitare una risposta docile, che faccia restare in un costante dinamismo di trasformazione interiore e di rinnovamento, che permetta di riconoscere il sentiero che Dio traccia e di seguirlo.2

Il discernimento spirituale, pertanto, si impone come una costante della vita del cristiano per il passaggio dall'età infantile della fede a quella dell'uomo perfetto o maturo3 [ v. Maturità spirituale ].

2. Il discernimento tra le tensioni e le ambiguità dell'esistenza

Perché l'esistenza cristiana possa quindi svilupparsi nella sua autenticità è necessario un continuo confronto tra gli impulsi e la guida di Dio, che si rivela in Cristo, nella chiesa e le spinte degli istinti umani o delle potenze del male che sono contrarie allo Spirito di Dio.

Non è facile distinguere tra l'azione dello Spirito di Dio, quella dello spirito umano e quella dello spirito cattivo.4

Anzitutto, la vita interiore dell'uomo è complessa e « questi, per errore, può ritenere per una manifestazione dell'assoluto o di Cristo qualcosa che, di fatto, non è che frutto di una elaborazione soggettiva ».5

La difficoltà deriva anche dal fatto che, essendo lo Spirito di Dio presente nel nostro spirito umano, lo spirito cattivo cerca di imitare lo Spirito di Dio per ingannare l'uomo e distoglierlo cosi dal piano di salvezza.

Paolo dice che se, mediante lo Spirito, facciamo morire le azioni peccaminose del nostro io, vivremo: « Tutti coloro infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio » ( Rm 8,14 ).

Ma la nostra tendenza al peccato e alla inimicizia con Dio ( Rm 8,7 ) resta anche dopo che Dio ci ha giustificati mediante la fede e il battesimo.

Anche Gesù, subito dopo il battesimo, fu tentato da Satana di abusare della sua potenza messianica distogliendola dallo scopo per cui Dio gliela aveva concessa.

Questa esperienza di Gesù si ripete nella vita del cristiano.

Egli sperimenta la potenza dello spirito cattivo che cerca di separarlo da Dio, di distoglierlo dal suo progetto o almeno di diminuire la capacità di operare il bene.

Perciò Paolo mette in guardia gli Efesini: « Rivestitevi dell'armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo » ( Ef 6,11 ).

Bisogna prendere sul serio il combattimento spirituale: « La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti » ( Ef 6,12 ).6

A volte l'azione della potenza del male è molto sottile.

È rivolta a proporre azioni o atteggiamenti a prima vista buoni, ma per condurre a conseguenze cattive; seguendo la tattica dell'esagerazione: abusare della propria libertà per il fatto che è dono di Dio; esagerare nella penitenza per portare poi alla stanchezza e al rigetto della vita spirituale; lasciare tutto e tutti, radicalizzando l'insegnamento evangelico, per esonerare dalle responsabilità personali e sociali; usare per la propria gloria i doni ricevuti da Dio per l'edificazione della chiesa, ecc.

Satana, come dice s. Giovanni, è il « padre della menzogna » ( Gv 8,44 ); per questo dobbiamo « distinguere lo spirito della verità e lo spirito dell'errore» ( 1 Gv 4,6 ).

Del resto, la storia della chiesa insegna che alcuni doni autentici dello Spirito non hanno potuto spiegare tutta la loro efficacia o sono stati addirittura deviati dal bene sia perché coloro che li possedevano non hanno saputo discernere tra ispirazione di Dio, impulsi e desideri umani o deviazioni operate da satana [ Diavolo/Esorcismo ], sia perché coloro che avevano il compito di guidare questi doni hanno piuttosto spento lo Spirito. [ Antinomie spirituali ].

II - Il discernimento spirituale nella S. Scrittura

Ricercare nella scrittura cosa sia il discernimento spirituale significa coinvolgerla tutta intera.

Più che una teoria sul discernimento, nella scrittura si trova un discernimento all'opera, in fieri: da una parte il discernimento che Dio opera nella storia d'Israele o nella chiesa, dall'altra quello che l'uomo compie per entrare nella via della fede e della giustificazione e per crescere nell'operosità dell'esistenza cristiana nella chiesa e nel mondo.7

1. Atteggiamento critico del cristiano per camminare nella via di Dio

Nell'AT Dio opera delle scelte: Adamo ( Gen 2,17 ), Abramo ( Gen 12,4 ), il popolo d'Israele ( Es 19,8; Es 24,3; Gs 24,15; Dt 28,1,15 ), i sovrani e i condottieri del popolo.

Per aderire a queste scelte bisogna superare l'oscurità dei motivi e delle condizioni e impegnarsi in un cammino quotidiano di ricerca di fede.

Tanto più che accanto alla voce di Dio c'è quella del peccato ( Gen 4,7 ), di satana, avversario di Dio, anch'essa piena di mistero.8

Per il popolo eletto si tratta di entrare nella visione stessa di Dio, nel suo discernimento.

Ciò implica due momenti: quello di passività, farsi cioè guidare da lui, ricordare i suoi benefici, ringraziare, ritornare alle origini per ricomprendere la sua vocazione, rafforzarsi nella fiducia della promessa; quello di attività, di impegno, di ricerca del nuovo, sempre sotto la guida di Dio.

Il discernimento degli "spiriti" o delle "ispirazioni" si ritrova lungo tutto il NT, in particolare in s. Paolo.

Oltre l'esplicita menzione della diakrisis pneumaton, del "discernimento degli spiriti" ( 1 Cor 12,10 ), viene usato il verbo dokimazein9 e termini imparentati, krino/krisis e la ricca serie di vocaboli contenuta in Fil 1,3-11; Col 1,9-14; Ef 1,15-23; Ef 4,11-16; Rm 12,1-8.

Il verbo dokimazein esprime il significato fondamentale del discernimento, cioè quello di provare, saggiare, esaminare.

La necessità del discernimento deriva dall'istanza critica del cristiano sull'orizzonte escatologico.

Infatti l'esistenza cristiana è caratterizzata da una parte dall'accettazione della fede, con l'impegno che comporta e dall'altra dall'imminenza del giudizio.

La vita dell'uomo e della comunità soggiace all'esame di Dio, in cui bisogna offrire buona prova; il giudizio finale è il riepilogo di questo esame ( 1 Cor 3,13; Gc 1,12 ).

Per questo, è anzitutto Dio che "discerne" il cuore dell'uomo; Dio nella storia è il dokimazon tas kardias hemon, è il « Dio che prova i nostri cuori» ( 1 Ts 2,4 ).

Nei sinottici, anche se non si incontra il termine specifico, c'è la realtà del discernimento, che consiste sostanzialmente nel "riconoscere" nella persona e nell'azione di Gesù la potenza dello Spirito di Dio e la sconfitta dello spirito del male.

Gesù è segno di contraddizione ( Lc 2,34 ) e pertanto oggetto di discernimento; coloro che lo accolgono sperimentano in lui le vie dello Spirito; gli altri continuano a leggere le Scritture senza comprenderle e vedono passare Gesù senza riconoscere che Dio è in lui.

Per gli Atti degli Apostoli, al di là di ogni teoria, la dinamica del discernimento è chiara: « Lo Spirito di Dio si impone con la sua stessa forza e apporta la sua luce; le sue iniziative sono sempre meravigliose e qualche volta sconcertanti, mai turbolente e disordinate, la sua azione si esercita sempre nella chiesa di cui assicura la pace e l'espansione, la sua opera consiste nel far conoscere e irradiare il nome del Signore Gesù ».10

2. Ricerca dell'autenticità cristiana

Per s. Paolo il discernimento fa costantemente parte del dinamismo della ricerca dell'autenticità cristiana e pertanto deve essere continuamente risvegliato.

Bisogna distinguere le mozioni che portano l'impronta dello Spirito santo da quelle che gli sono contrarie.

Mozioni, cioè sentimenti, esperienze, atteggiamenti, impulsi verso determinate scelte, ecc.

Ogni cristiano che ha fatto l'esperienza dello Spirito deve educarsi a tale percezione spirituale, a questa finezza dello spirito che lo mantiene nella sua identità.

Ad alcuni lo Spirito concede il carisma del "discernimento degli spiriti" ( 1 Cor 12,10 ), cioè la capacità di riconoscere se una determinata ispirazione viene dallo Spirito divino o dallo spirito del male.

Ma a tutti i credenti è dato il "dono dello Spirito", che si riceve radicalmente con la fede e il battesimo, che « abita in noi » ( Rm 8,9 ) e ci guida in modo da farci vivere da figli di Dio ( Rm 8,14 ).

Lo Spirito è quindi l'elemento costitutivo del nostro essere cristiani ed è il principio dinamico e la norma dell'agire, costituendoci figli « nella chiesa » ( 1 Cor 12,13 ).11

Per s. Paolo il discernimento è la virtù del tempo della chiesa, situato tra l'evento della morte e risurrezione di Cristo e la parusia.

Caratterizza la chiesa degli « ultimi tempi » ( 1 Cor 10,11 ), il periodo in cui bisogna affrontare il « mondo attuale e malvagio » ( Gal 1,4 ).

Il cristiano non può conformarsi al ( v. ) "mondo", egli deve superarlo sia pur nella prova e nell'afflizione.

Nel superamento di queste prove e tribolazioni, mediante un attento discernimento, il cristiano manifesta la sua autenticità in una « fede purificata » e approvata da Dio, in una « speranza provata » nell'oscurità del tempo presente, in una « carità filiale », « riversata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito santo che ci è stato dato » ( Rm 5,3-5 ).

Il cristiano non subisce le prove della vita, ma le discerne per scorgervi la volontà di Dio che permette che esse facciano parte della pedagogia della salvezza.

Di fronte ai tempi escatologici, le prove e le tribolazioni assumono il significato di anticipazione, nel tempo della chiesa, nel discernimento finale e diventano partecipazione del giudizio escatologico già realizzato nella morte e risurrezione di Cristo.12

Il discernimento, nel suo aspetto morale, ha per oggetto la « volontà di Dio » ( Rm 12,2 ), l'imperativo morale che comanda una vita santa e gradita a Dio ( 1 Ts 4,1-3 ).

Questo imperativo implica un cammino di continua conversione.

La « conoscenza », di cui parla spesso s. Paolo ( Fil 5-6; Ef 1,15-18; Ef 4,13; Fil 1,9; Col 1,9-10 ), rappresenta proprio questo carattere dinamico di progresso e di crescita che interiorizza e porta a un livello sempre più alto la fede, la speranza e la carità.13

Analizzando l'atto concreto del discernimento, il Therrien dice che esso è nello stesso tempo uno e complesso, umano e divino, personale ed ecclesiale, "in situazione" e inserito nell'unico disegno di salvezza, mirante all'edificazione dei fratelli e ordinato alla gloria di Dio, compiuto nel tempo ma già partecipe del giudizio escatologico.14

3. Criteri di discernimento secondo S. Paolo

S. Giovanni, nella sua prima lettera, mette in guardia i cristiani ad avere un atteggiamento critico di fronte alle ispirazioni: « Carissimi, non prestate fede a ogni ispirazione, ma mettete alla prova le ispirazioni, per saggiare se provengono veramente da Dio » ( 1 Gv 4,1 ).15

Ma quali sono i criteri con cui si può essere sicuri che una determinata ispirazione viene effettivamente da Dio?

Dalla dottrina paolina si ricavano alcuni di questi criteri:16

a. I frutti.

Il buono e il cattivo spirito si riconoscono dai loro frutti: « Le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio…

Il frutto dello Spirito è invece amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» ( Gal 5,14-22; Ef 5,8-10; Rm 7,4-5.19-20 ).

b. La comunione ecclesiale.

I doni autentici dello Spirito sono quelli che edificano la chiesa ( 1 Cor 14,4.12.26 ).

I carismi sono doni di fecondità per la chiesa, soprattutto la profezia che è una parola efficace che da pace, incoraggiamento, fiducia.

c. La forza nella debolezza.

Lo Spirito si manifesta con segni di potenza: miracoli, sicurezza per proclamare la parola di Dio, affrontare le persecuzioni ( 1 Ts 1,4-5; 2 Cor 12,12 ).

Sono segni che tanto più si rivelano autentici quanto più contrastano con la debolezza dell'apostolo ( 2 Cor 2,4; 2 Cor 12,9 ).

d. L'immediatezza di Dio.

Sicurezza di una vocazione divina, nella docilità ecclesiale.

Da una parte Dio da la certezza di una sua vocazione ( Rm 1,1; Gal 1,15; Fil 3,12 ) e dall'altra tale chiamata deve essere autenticata dalla comunità ecclesiale ( Gal 1,18 ) e dai suoi responsabili.

e. La luce e la pace.

I doni dello Spirito non sono impulsi ciechi, che suscitano difficoltà e disordine ( 1 Cor 14,33 ).

Ciò vale non solo delle manifestazioni straordinarie, ma anche delle mozioni interiori: « Perché la tristezza secondo Dio produce un pentimento irrevocabile che porta alla salvezza, mentre la tristezza del mondo produce la morte » ( 2 Cor 7,10 ); « perché il desiderio della carne è la morte, mentre il desiderio dello spirito è la vita e la pace» ( Rm 8,6; Rm 14,17-18 ).

f. La comunione fraterna.

È il criterio più sicuro e importante, che rivela i segni della presenza dello Spirito ( 1 Cor 13 ).

La carità fa anche rispettare e amare i carismi degli altri ( 1 Cor 12 ).

g. Gesù è il Signore!

Il criterio supremo del discernimento è la portata e le conseguenze che certe mozioni o atteggiamenti hanno verso Gesù: « Nessuno che parli sotto l'azione dello Spirito di Dio può dire "Gesù è anatema", così nessuno può dire "Gesù è il Signore" se non sotto l'azione dello Spirito santo» ( 1 Cor 12,3 ).

Confessare che Gesù è il Signore non è solo pronunciare una formula, ma attingere il segreto della sua persona, proclamare la sua divinità, aderire a lui nella fede e nell'amore e ciò non è possibile che con la grazia dello Spirito Santo.

III - Il discernimento personale

Distinguiamo tra discernimento personale e discernimento comunitario.

Per il primo intendiamo la ricerca della volontà di Dio fatta da una persona singola, per il secondo quella fatta dalla comunità o da un gruppo di persone unite da un vincolo particolare e, in ultima analisi, dalla chiesa.

1. Rapporto dialettico tra discernimento personale e comunitario

I due aspetti, personale e comunitario, vanno distinti, ma non separati.

Il secondo suppone il primo, in quanto una comunità o un gruppo può mettersi in situazione, di discernimento nella misura in cui i singoli hanno fatto e fanno un'esperienza profonda della ricerca di Dio nella propria vita e si lasciano guidare dallo Spirito nelle loro scelte.

Anche il primo suppone il secondo, almeno in una forma embrionale, in quanto l'ascolto di Dio nella vita personale passa necessariamente attraverso la mediazione della chiesa, nella lettura dei ( v. ) segni dei tempi della società in cui si vive.

L'espressione minima di questa mediazione è costituita dal dialogo col consigliere o direttore spirituale.

Quando ci si sente ispirati verso una determinata scelta o un determinato orientamento spirituale, bisogna misurare questi impulsi con due criteri fondamentali: la conformità con la parola di Dio e l'insegnamento della chiesa ( lasciarsi giudicare dalla fede della chiesa: Rm 12,6; 1 Cor 14,29-32; 1 Gv 4,2 ) e il servizio per l'edificazione della chiesa e della società ( è lo scopo per cui lo Spirito santo conferisce i doni: 1 Cor 12,7; 1 Cor 14,12.26; il contrario dell'edificazione è la divisione, che non può venire dallo Spirito: 1 Cor 1,10-13 ).

La mediazione del consigliere spirituale ha il ruolo di oggettivizzare le esperienze e le mozioni personali,17 di chiarire ciò che forse si avverte in modo confuso e di porsi su di un orizzonte ecclesiale in cui prendere coscienza che lo Spirito è unico e non può contraddirsi [ v. Padre spirituale ].

2. L'itinerario del discernimento personale secondo S. Ignazio di Loyola

Tra i tanti autori spirituali che hanno trattato del discernimento,18 s. Ignazio di Loyola ha un posto di rilievo dovuto all'esperienza spirituale che egli ha fatto dell'alternarsi di diverse mozioni spirituali dal tempo della sua conversione in poi,19 esperienza che egli ha fissato nei suoi Esercizi spirituali,20 i quali sono tutti guidati dal discernimento spirituale in vista di una scelta di vita da operare per la maggior gloria di Dio ( nn. 169-189 ).

Vediamo gli elementi salienti di questo itinerario:

a. Acquistare la libertà interiore, dono dello Spirito santo.

Ogni predeterminazione o precomprensione blocca il processo di conoscenza e di ricerca della volontà di Dio.

Perciò bisogna « vincere se stesso e ordinare la propria vita senza lasciarsi determinare da alcun affetto disordinato » ( n. 21; 1 ).

Non bisogna nascondersi la difficoltà di arrivare a uno sguardo di fede e a uno slancio di amore così purificati.

Bisogna essere animati dal desiderio del "magis" ( n. 23 ) per intraprendere questo itinerario « con cuore aperto e con generosità verso il suo Creatore e Signore, offrendogli tutta la sua volontà e libertà, perché sua divina maestà disponga tanto di lui quanto di tutto ciò che ha secondo la sua santissima volontà » ( n. 5 ).

Tutta la persona deve impegnarsi nel discernere tra la diversità delle mozioni spirituali, soprattutto la sua affettività profonda per « assaporare e gustare le cose interiormente » ( n. 2 ).

b. Dinamismo di ascolto della Parola e di impegno.

Dio si comunica mediante la parola che libera; l'uomo deve collaborare con la sua adesione personale.

Perciò s. Ignazio dice di « chiedere ciò che desidero » ( n. 91 ).

Da una parte occorre chiedere, con la consapevolezza che non ci si può dare da sé quello che si cerca sul piano della salvezza e della perfezione cristiana; dall'altra bisogna desiderare ciò che si chiede, con partecipazione impegnata di tutta la persona all'azione di Dio.

c. Prontezza al cambiamento.

Il discernimento suppone la prontezza a mettersi in discussione di fronte all'interpellazione della parola di Dio e l'essere disposti a cambiare qualcosa nella propria vita personale, sociale, comunitaria.

Solo Dio è l'assoluto e l'immutabile; tutto il resto ( « le cose create»: n. 23 ) è relativo e di fronte ad esso « è necessario farci indifferenti » ( n. 23 ).

L'indifferenza è l'atteggiamento positivo di opzione fondamentale di Dio e del suo progetto su di noi, per cui tutto il resto diventa non necessitante, ma va accolto nella misura in cui vi si manifesta la volontà divina.

Ciò comporta di saper mettere in discussione certe nostre scelte, certe preferenze, certe sicurezze che non sono confermate da Dio.

Bisogna lasciarsi portare dallo Spirito che è fonte di perenne novità e creatività.

Rinunciare al cambiamento è chiudersi alla novità dello Spirito, che può aprire una strada nuova che ci porti più vicino a Dio e ai fratelli.

Questa prontezza al cambiamento, negli Esercizi, viene tratteggiata nel « preambolo per fare elezione » in due atteggiamenti, uno positivo al cambiamento, l'altro negativo.

Il primo è quello di chi si pone di fronte al problema di una scelta, con « occhio semplice », « mirando unicamente al fine per cui sono creato, cioè per la lode di Dio e la salvezza dell'anima mia » ( n. 169 ).

Il secondo è quello di chi inverte l'ordine delle cose: prima sceglie il mezzo e poi cerca di portare Dio alla sua scelta ( n. 169 ).

d. L'esperienza di consolazioni e di desolazioni.

S. Ignazio descrive la risonanza interiore che la parola di Dio e le sue mozioni suscitano in noi, con alternanza di euforia e di depressione, coi termini di consolazione e di desolazione spirituale.

Che cos'è la consolazione spirituale? « Chiamo consolazione spirituale, quando nell'anima si produce qualche mozione interiore, con la quale l'anima viene a infiammarsi nell'amore del suo Creatore e Signore e, per conseguenza, quando non può amare in sé nessuna cosa creata sulla faccia della terra, ma solo nel Creatore di tutto…

Infine chiamo consolazione ogni aumento di speranza, fede e carità e ogni letizia interna, che chiama e attrae alle cose celesti e alla salvezza dell'anima propria, quietandola e pacificandola nel suo Creatore e Signore » ( n. 316 ).

Si tratta quindi di un'esperienza dei "frutti" dello Spirito, di un incremento degli atteggiamenti fondamentali dell'esistenza cristiana, cioè della fede, della speranza e della carità.

La desolazione è invece il contrario della consolazione: « Così, per esempio, oscurità nell'anima, turbamento, mozione verso le cose basse e terrene, inquietudine per le diverse agitazioni e tentazioni, che muovano a sfiducia, senza speranza, senza amore, trovandosi tutta pigra, tiepida, triste e come separata dal suo Creatore e Signore » ( n. 317 ).

Di conseguenza la consolazione è energia dello Spirito santo per intraprendere o confermarsi in una data scelta; la desolazione porta lontano dal Signore ed è segno dell'azione in noi del cattivo spirito « con i consigli del quale non possiamo trovare la giusta via d'uscita » ( n. 318 ).

e. La dinamica di una scelta.

Attraverso l'esperienza del discernimento delle mozioni inferiori si può arrivare a una scelta secondo Dio.

Anzitutto però è necessario che l'oggetto della scelta sia buono o indifferente ( n. 170 ).

A parte un'intervento straordinario con cui Dio manifesta la sua volontà, si arriva ad operare una scelta attraverso una « sufficiente chiarezza e conoscenza per l'esperienza di consolazioni e desolazioni e per l'esperienza del discernimento dei vari spiriti » ( n. 176 ).

Quanto più questa esperienza spirituale è profonda tanto più è possibile smascherare anche le "sottigliezze" dell'azione del nemico; il quale « si trasforma in angelo di luce », insinua pensieri apparentemente buoni, ma che poi si rivelano spiritualmente dannosi ( n. 332 ), per cui occorre esaminare « il corso dei nostri pensieri » per vedere se terminano « in qualche cosa cattiva o distrattiva o meno buona » ( n. 333 ).

Questo processo non esenta però da un impegno delle energie umane, cioè da un esame sereno dei motivi pro e contro una determinata scelta, da farsi nel « tempo tranquillo », « quando l'anima non è agitata da vari spiriti e usa liberamente e tranquillamente delle sue facoltà naturali » ( n. 177 ).

Dell'elezione da farsi in questo tempo tranquillo, s. Ignazio descrive un itinerario concreto:

1) precisare l'oggetto dell'elezione;

2) fissare il fine, cioè Dio e la sua lode e trovarsi nell'indifferenza, pronto a « seguire quello che sentirò essere maggiormente a gloria di Dio nostro Signore e a salvezza dell'anima mia » ( n. 179 );

3) pregare il Signore di orientare le mozioni interiori verso la sua volontà;

4) considerare i vantaggi e gli svantaggi spirituali dell'oggetto della scelta, solo in vista del fine;

5) deliberare secondo i motivi ragionevoli;

6) presentare, nella preghiera, la scelta fatta a Dio perché la confermi ( nn. 179-183 ).

IV - Il discernimento comunitario

Le istanze e l'itinerario del discernimento personale si applicano in modo analogo al discernimento comunitario.

1. In che consiste

Un gruppo di persone, unito da un vincolo particolare, come può essere una comunità religiosa, un gruppo di preghiera o di impegno apostolico, soprattutto se si trova ad operare delle scelte, è chiamato ad operare, in quanto gruppo, un discernimento della volontà di Dio circa il suo modo di vivere la fede e di impegnarsi nella chiesa e nella società.

Si tratta di interrogarsi dinanzi a Dio per comprendere se la decisione da prendere è conforme al progetto evangelico e se risponde ai tempi della chiesa e alle esigenze degli uomini del nostro tempo.

È un atteggiamento di ricerca disinteressata, in cui ogni membro del gruppo si sente corresponsabile, collabora alla valutazione delle mozioni dello Spirito perché il gruppo come tale arrivi alla decisione che più piace al Signore.

Il discernimento comunitario si applica in modo particolare alla comunità religiosa, sia essa locale, provinciale o dell'intero istituto.

Il Vat II ha incoraggiato tale stile di ricerca comune della volontà di Dio in ordine al rinnovamento della vita religiosa.21

2. Suoi fondamenti

Come il discernimento personale ha dei presupposti necessari, così quello comunitario si fonda su alcune premesse che ne assicurino la possibilità e la rettitudine.

a. Ciascun membro del gruppo deve aver fatto l'esperienza del discernimento personale.

Ciò suppone una genuina vita inferiore che abbia fatto imparare a cercare la volontà di Dio con libertà spirituale.

b. Il discernimento è possibile solo come esperienza forte di fede, non solo personale, ma anche comunitaria.

È un atto di abbandono, di ascolto, di fiducia in Dio che guida le persone, i gruppi, la storia.

È Dio che, nel suo presente di grazia, interpella la comunità circa la sua identità e la sua missione apostolica.

Egli le rivolge la sua parola in Cristo, nella chiesa, attraverso i segni dei tempi. « L'amore che mi fa eleggere » - dice s. Ignazio - deve discendere « dall'alto, dall'amore di Dio » in modo che la scelta sia fatta « unicamente per il suo Creatore e Signore » ( n. 184 ).

Il gruppo deve vivere cosi il « noi » della fede ed essere aperto alla fede dell'intera chiesa.

c. Il gruppo che intende discernere la volontà di Dio deve aprirsi allo Spirito santo, il quale « guiderà alla verità tutta intera » ( Gv 16,13 ).

Il discernimento è infatti "spirituale", cioè fatto nello Spirito, sotto il suo influsso.

Questa apertura allo Spirito richiede la purificazione del cuore e delle intenzioni e una profonda conversione a Cristo e al vangelo.

d. La preghiera, che crea il clima del discernimento, deve essere vissuta non solo a livello personale, ma anche a quello comunitario, in un rapporto filiale con Dio che fa sentire tutti figli di uno stesso Padre e fa esclamare « Abbà, Padre » ( Gal 4,6; Rm 8,15 ).

3. Condizioni psicologico-spirituali

Le leggi della psicologia di gruppo giocano il loro ruolo nel discernimento comunitario.

Esse aiutano a distinguere ciò che facilita e ciò che ostacola un'autentica ricerca delle vie di Dio.

Ecco alcune condizioni per creare premesse di autenticità:

a. Il proposito iniziale deve essere quello di « cercare e trovare la volontà di Dio » ( n. 1 ).

Non mettersi dal punto di vista di interessi umani o egoistici, ma da quello del progetto salvifico che Dio ha sulla comunità e, attraverso essa, sulla chiesa e sul mondo.

A ciò è contrario l'atteggiamento di chi vuoi far prevalere, all'interno del gruppo, il proprio parere o la propria posizione.

b. Per incontrarsi con gli altri nella ricerca di Dio occorre purificarsi da quelle passioni che bloccano un autentico rapporto interpersonale.

Tali sono ad es. la non comunicabilità nei confronti degli altri, sentimenti coltivati di invidia, di gelosia, di non partecipazione alla gioia e al dolore altrui, ecc.

c. Condizione importante è quella di accettare di essere messi in discussione dagli altri o da Dio attraverso gli altri.

Questa disponibilità mette a nudo la verità che noi siamo e che cerchiamo.

Smaschera le nostre ambiguità, i preconcetti, le predeterminazioni, verifica se certe sicurezze sono autentiche o false, se si cerca l'interesse di Dio o se stessi.

d. Rinunciare all'autosufficienza, alla pretesa di conoscere da sé soli la volontà di Dio.

Questa è mediata dalla testimonianza e dall'esperienza spirituale degli altri, della chiesa, della società.

Rifiutando di sentirsi costituiti in un sistema chiuso e statico di verità ci si apre alla possibilità di essere completati dagli altri, dalla loro competenza, sensibilità ed esperienza.

Spesso alcune scelte importanti vanno preparate accuratamente con una indagine sociologica, psicologica, politica per cogliere le istanze che vengono da una società in rapido mutamento.

Il discernimento spirituale non può ignorare questi dati, ma li vede in una prospettiva diversa da quella con cui un'azienda può programmare il suo esercizio.

La prospettiva è quella evangelica, in cui entrano fattori non calcolabili con un metro puramente umano.

e. Condizione concomitante alla precedente è quella di fare spazio agli altri in se stesso, nelle proprie vedute e convinzioni.

È un atteggiamento di rispetto della persona altrui, di sincera carità evangelica, di accettazione, al di là di certe ideologie che dividono.

f. Condizione importante è anche quella che il gruppo o comunità non si chiuda in se stesso, ma si senta parte di comunità più vaste e dell'intera chiesa, vivendo i suoi orientamenti universali.

4. Tecnica del discernimento comunitario

La parola "tecnica" non deve fare pensare a una pianificazione con scadenze meccaniche.

Il discernimento è un'attività spirituale che si svolge sotto la mozione dello Spirito che agisce con libertà e chiede agli uomini una risposta libera.

In questo clima il cristiano deve vivere.

Per discernimento comunitario ( e anche personale ) s'intende quindi anzitutto uno stile di vita evangelica permanente, quella vigilanza evangelica che è pronta a cogliere la voce di Dio e ad agire di conseguenza e non secondo visioni egoistiche.

L'atteggiamento di cercare prima il regno di Dio porta a discernere le vie di Dio in modo spontaneo nelle ordinarie circostanze della vita e nelle più comuni decisioni da prendere.

Invece il discernimento comunitario nel senso stretto del termine s'impone in alcuni momenti forti della vita di un gruppo o di una comunità quando sono in gioco valori importanti in ordine alla vita cristiana e alla missione ecclesiale.

In questo caso, presupponendo tutto quanto detto prima, si richiede anche una certa tecnica, ma che deve essere elastica per adattarsi alle circostanze e alla maturità spirituale dei singoli e del gruppo.

Il discernimento comunitario, del resto, ha diversi gradi di attuazione e diverse fasi di approfondimento.

Ad ogni modo le tappe essenziali del discernimento comunitario dovrebbero essere le seguenti:

a. Vivificare nel gruppo un clima di fede, di ascolto di Dio e degli altri, di disponibilità, di preghiera,

b. Precisare con esattezza l'argomento che deve essere oggetto di discernimento e di un'eventuale decisione.

Per questo chi è incaricato di animare il discernimento deve fornire tutte le informazioni oggettive sull'argomento, in modo che tutti conoscano con esattezza i "dati" necessari.

Deve trattarsi di un argomento, la cui discussione rientri nelle competenze del gruppo e che sia di importante rilievo per la sua vita e la sua missione religiosa.

c. Iniziare con un tempo di preghiera personale, in cui ci si metta in ascolto di Dio, si offra a lui il tema sul quale si invoca luce e si colgano le mozioni spirituali che vengono dallo Spirito santo in un cuore libero da affetti disordinati,

d. A ciò può seguire una riunione di "ascolto", in cui ciascuno esprime ciò che ha sperimentato nella preghiera e viene ascoltato dagli altri, con autentica partecipazione, senza discutere l'esperienza altrui,

e. Un altro tempo di preghiera personale può essere dedicato a chiedere al Signore discernimento sui motivi in favore e contro l'argomento di cui si tratta.

f. Poi segue una riunione di "discussione" e di analisi degli argomenti che ciascuno porta e che sono illuminati dalle mozioni dello Spirito, dalla consolazione o desolazione spirituali,

g. Quando il discernimento arriva a un punto di sufficiente maturazione si passa alla fase deliberativa.

L'ideale è che la ricerca spassionata porti all'unanimità della decisione.

Se non si arriva a ciò bisognerebbe che almeno ci fosse l'unanimità dell'accettazione di ciò che alla maggioranza è sembrato meglio decidere.

h. Per ultimo segue la conferma della decisione presa, che si manifesta a vari livelli.

Nel caso di una comunità religiosa, c'è la conferma del superiore, il quale "prende la decisione" e assicura così la comunità di essere nella via giusta.

C'è poi la conferma che viene dallo stesso Spirito santo, il quale infonde un aumento di fede, di speranza, di carità in seguito alla decisione presa.

Infine c'è una conferma "apostolica", cioè l'esperienza che la scelta fatta libera nuove energie apostoliche, da un senso più vivo della chiesa e un maggiore entusiasmo missionario.

Questi segni dell'azione dello Spirito nel discernimento fatto portano a un senso di ringraziamento e di lode al Signore.


1 H. Schlier, Per la vita cristiana: lede, speranza, carità. Meditazioni bibliche, Broscia, Morcelliana 1975
2 « In questo modo dunque, il dono dello Spirito appare come la coscienza nuova della nostra filiazione ( Rm 8,14-16 ) e della nostra unione a Cristo ( 1 Cor 12,3 ) e come il dinamismo vitale che permette di vivere le esigenze che esso comporta nella vita quotidiana » ( G. Therrien, Le discernement dans les écrits pauliniens, Parigi, Gabalda 1973, 271 )
3 A. Barruffo, Dinamismo e maturità della fede, Roma, Herder 1968, e. V: « Superamento degli infantilismi della fede ». St. Lyonnet, commentando Rm 12,2 sulla perfezione del cristiano, dice: « Come nel giudaesimo, "ciò che è perfetto" si identifica dunque con "ciò che piace a Dio", ciò che è "conforme alla sua volontà". Ma questa volontà non si identifica più con un codice di leggi dato una volta per sempre. Come quella del giudeo, la "perfezione" del cristiano sarà caratterizzata dalla docilità al volere divino, sarà una sottomissione, un'obbedienza a un volere divino che bisogna ricercare, discérnere e di cui non si potrebbero misurare con anticipo le esigenze »: La vocation chrétienne a la perfection selon saint Paul in Aa. Vv., Ldics et vie chrétienne parfaite, Roma, Herder 1963, 17
4 Sul discernimento degli spiriti ricordiamo due opere classiche: G. B. Scaramelli, Discernimento de' spiriti, Venezia, Simone Occhi 1800; Dottrina di s. Giovanni della Croce e discernimento degli spiriti, Roma, Pia Società S. Paolo 1946
5 V. Truhiar, Discernimento degli spiriti in LS 190
6 Commentando Ef 6,12, H. Greerven, alla voce pale in GLNT IX, 452,dice: « Per il cristiano la lotta si pone nel bei mezzo dell'evento escatologico: la sua lotta è un episodio della grande battaglia finale che è già cominciata ed è ora in pieno svolgimento; i suoi avversari sono il diavolo e i demoni; il suo premio è di esser trovato fedele nel giudizio e salvato »
7 Per un'ampia trattazione del discernimento nella scrittura, vedi J. Guillet, voce Discernement des esprits, I: Dans l'Ecriture in DSp, III, 1222-1247
8 « Di modo che l'uomo si trova immerso in una triplice oscurità: oscurità di un Dio che si impone senza farsi vedere; oscurità di Satana che si dissimula, che suggerisce più di quanto non affermi, che propone più di quanto non impone, che scatena sogni facendo dimenticare la realtà; oscurità infine dell'uomo stesso incapace di veder chiaro nel suo stesso cuore, incapace di abbracciare totalmente la gravita dei suoi gesti e delle loro conseguenze ( Es 32,21; 2 Sam 12,7 ), diviso tra i due appelli che percepisce e di cui ciascuno risveglia in lui la sua eco ( Sal 73,2,15 ).
Scegliere, per l'uomo, non è soltanto compiere l'uno o l'altro gesto, è anche identificare le voci che ascolta, è quindi discérnere » (J. Guillet, a. e., 1223 )
9 W. Grundmann, voce dokimazein in GLNT II, 1404-1418; P. Buchsel, voce krino (diakrino) in GLNT V, 1021-1110
10 J. Guillet, a. e., 1238; negli Atti degli Apostoli, tra l'altro, troviamo alcuni modelli di discernimento, a cui lo Spirito guida nella chiesa primitiva: At 1,15-26: criteri per la scelta del sostituto di Giuda; At 4,23-35: preghiera degli apostoli nella persecuzione; At 6,1-6: elezione dei sette diaconi; At 10 e 11: teofanie mediante sogni; At 13,1-3: invio e missione di Barnaba e Saulo; At 15: concilio di Gerusalemme
11 Dice il Therrien: « In tal modo il dono dello Spirito appare come la coscienza nuova della nostra filiazione ( Rm 8,14-16 )… Con l'agape che edifica e la conoscenza spirituale della volontà di Dio, il cristiano può discernere ciò che conviene allo Spirito di filiazione adottiva deposto in lui come un germe che chiede di crescere » (o, c., 271). Elenchiamo alcuni testi fondamentali di Paolo sul discernimento: 1 Ts 5,19-21; Rm 1,28-32; Rm 2,17-24; Rm 12,1-2; Rm 14,18-23; Fil 1,9-11; Ef 5,8-10
12 Il Therrien (o. c.) descrive a lungo il discernimento morale nella p. III, c. II
13 C. Noyen, Fai, charité, espérance et "connaissance" dans les epitres de la captività in NRT 104 (1972) 897-911; 1031-1052
14 Therrien, o. c., 292-301
15 In s. Giovanni si ritrovano alcune leggi fondamentali del discernimento: vedi J. Guillet, a. c., 1246-1247
16 Seguiamo sostanzialmente J. Guillet, a. c., 1240-1244
17 Lo stile di direzione spirituale, che si potrebbe definire "non-direttivo", cioè nel rispetto dell'azione dello Spirito, è descritto da s. Ignazio in una nota dei suoi Esercizi Spirituali: « È più conveniente e molto meglio che, cercando la divina volontà, lo stesso Creatore e Signore si comunichi alla sua anima devota, abbracciandola nel suo amore e lode e disponendola per la via in cui potrà meglio servirlo in avvenire.
Di modo che chi da gli Esercizi non parteggi ne inclini verso l'una o l'altra parte; ma restando in equilibrio, come l'ago di una bilancia, lasci che il Creatore agisca direttamente con la creatura e la creatura col suo Creatore e Signore » ( n. 15 )
18 Vedi la storia degli autori che hanno trattato del discernimento nel periodo patristico, medievale e moderno in DSp III, 1247-1281
19 Questa esperienza è narrata da s. Ignazio nella sua autobiografia (n. 8); Gli scritti di Ignazio di Loyola. A cura di M. Gioia, Torino, UTET 1977, 659-714
20 Seguiamo la traduzione italiana: s. Ignazio di Loyola, Esercizi Spirituali alla luce del Vaticano II, Francavilla, Edizioni Paoline 19672; esplicitamente sul discernimento degli spiriti vi sono due serie di regole, una più adatta alla prima settimana degli Esercizi, l'altra alla seconda ( nn. 313-336 ) (cf anche Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali a cura di P. Schiavone, Milano, Edizioni Paoline 1978 )
21 In particolare nella PC 2, 4, 15, 23. Un esempio classico di discernimento comunitario è quello che fece sant'Ignazio coi primi compagni, in tre mesi, per decidere se restare uniti con un vincolo comune e se fare voto di ubbidienza; il processo è narrato in una relazione dal titolo: « 1539; In tre mesi. Come si è costituita la Compagnia. Per rendere obbedienza a uno dei suoi membri »: Deliberatio Primorum Patrum in Monumenta Ignatiana, Constitutiones I