La Divozione a Gesù Crocifisso nella spiritualità lasalliana

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San Giovanni Battista de La Salle ( 1651-1719 ) nella semplice spiritualità dei suoi figli e discepoli, i Fratelli delle Scuole Cristiane, ha assegnato, alla devozione a Gesù Crocifisso, un posto notevole.

In particolare, da una prescrizione delle Regole Comuni, per il giovedì santo ( op. cit., XXXIII, 23 ), nella pratica quotidiana furono introdotte le litanie della Passione, da recitarsi avanti le ricreazioni che seguono il pranzo e la cena.

Il loro testo pochissimo noto, fu tratto con poche varianti, da Le chrétien intérieur ( Torino, 1647 ) di Giovanni di Bernières ( 1602-1659 ), che nella versione odierna delle preghiere di Comunità reca il titolo ben appropriato al loro pàthos realistico e drammatico di « aspirazioni a Gesù appassionato e agonizzante ».

Costituiscono due richiami quotidiani e formali, a quella devozione sostanziale, che provenendo dalla meditazione o dalla contemplazione, è atto della carità perfettiva ( S. Thom., Sum. theol., II' II'6, q. 82, a. 3 ), capace di realizzare, in noi, lo « spirito di penitenza », che inculca San Giovanni Battista de la Salle, nel trattatello di detta virtù, quando dice ai suoi discepoli: « Abbiate, se possibile, continuamente nel cuore la vergogna, il dolore e la detestazione delle vostre iniquità, in unione con Nostro Signore, il quale visse in perpetuo sacrificio d'un cuore veramente contrito per i peccati del mondo …

Sottomettetevi spesso interiormente alla giustizia infinita, eterna e onnipotente di Dio, per sopportare gli effetti della sua vendetta e tutti i castighi che gli piacerà d'impervi per soddisfare ai vostri peccati » ( Recueil de petits traités, ed. it., Torino, 194.0, p. 162 ).

L'ampio uso delle forme litaniche fu proprio della spiritualità del tempo.

È comunque una specie di contemplazione affettiva, che fissa l'anima successivamente su vari aspetti del soggetto prescelto.

Nelle litanie del Bernières, l'effetto è ottenuto anche con una cadenza psicologica, che ne riscatta l'apparente disordine.

Ecco il testo nell'ed. it. del 1957:

« Gesù povero e abbietto, abbi pietà di noi …

sconosciuto e disprezzato, …

odiato, calunniato e perseguitato …

abbandonato dagli uomini e tentato dal demonio, …

tradito e venduto a vil prezzo, …

biasimato, accusato e condannato ingiustamente, …

vestito con abito d'obbrobrio e d'ignominia, …

schiaffeggiato e schernito, …

legato e trascinato con funi, …

flagellato fino al sangue, …

posposto a Barabba, …

spogliato con infamia, …

coronato di spine e salutato con derisione, …

carico della croce, dei nostri peccati e delle maledizioni della plebe, …

mesto sino alla morte, …

sazio d'obbrobri, di dolori e di umiliazioni, …

vilipeso, lordato di sputi, percosso, oltraggiato e beffato, …

confitto ad un legno infame in mezzo a due ladroni, …

esinanito e disonorato dinanzi agli uomini … ».

È, come ognun vede, un seguito di atti e di atteggiamenti della Passione, che devono indurre « a portar seco sempre l'immagine di Gesù Cristo, suprema vittima del peccato » e ad « uniformarsi alle interne disposizioni di lui » ( Recueil, loc. cit. ).

Altra disposizione regolare, il Crocifisso, che alla maniera ignaziana, sarà consegnato a ciascun religioso, pronunciati i voti perpetui ( chap. Cén., e. XXI, 1882, pag. 146, 2 ) darà forma Costituzionale a quanto già leggevasi nella Raccolta del 1711 ( p. 163 ).

Da una lettera di Bossuet ( 1627-1704 ) ci rendiamo conto della opposizione che il culto del Crocifisso incontrava nella Francia di quel tempo, percorso dal calvinismo e dal giansenismo, il primo radicalmente avverso alla croce ( « … par ce culte on affectionne en Jésus-Clirist ce qui fait la joie des méchant, c'est-à-dire, l'opprobre de sa passion et la crucile ironie de sa mort … c'est ne pas croire a la résurrection du Christ … » ), il secondo, negando che il Cristo « fosse morto ed avesse sparso il suo sangue indistintamente per tutti gli uomini » ( V. prop. condannata nell'Augustinus ) di conseguenza rifiutava la figura tradizionale del crocifisso con le braccia distese, in cui vedeva il simbolo della comune salvezza ( cfr., Lettre sur l'adoration de la Croix, in Bossuet, Oeuvres, t. XVII, pag. 277 ss. e dello stesso, l'Exposition de la doctrine de l'Eglise catholique sur les matières de controverse, in op. cit., t. XIII, pag. 60 ss. ), senza parlare dei falsi mistici, per cui « … l'image du Christ n'était autre chose qu'une ruse du demon, pour empècher l'àme dans l'oraison … » ed altri che ritenevano « … coupable et audacieuse l'idèe mème d'un baiser au Crucifix … ».

Il Santo inculcherà, invece, di portar sempre con sé, il Crocifisso, di contemplarlo e di abbracciarlo spesso ( Raccolta, doc. cit. ).

Il venerdì santo, oltre le consuete pratiche di pietà, raccoglieva i suoi discepoli a meditare sulla Passione e Morte del Salvatore, nell'ora stessa della agonia in croce ( Reg. com., XXXIV, 37 ), il che aprì la strada all'uso invalso di poi di sostituire l'orazione la sera del venerdì, con l'esercizio della Via Crucis ( Chap. gén., e. XIX, 1853, pag. 91, 1 ), pressoché ignoto, nella seconda metà del sec. XVII.

Nei Devoirs d'un Chrétien parla a lungo della passione e morte del Salvatore, dando in via di racconto l'esposizione del credo ( pp. 17-41 dell'ed. it. Roma, 1747 ) e nella spiegazione dei sacramenti, e soprattutto in quella dell'Eucaristia, come sacrificio ( « … sebbene non sia stato stabilito per santificare gli uomini, ma per glorificare Dio, … ottiene però la remissione dei peccati, lo spirito di penitenza e molte grazie … potendo recar profitto a tutti gli uomini, tanto giusti che peccatori … », p. 168 ), spesso si richiama al valore della Passione e Morte di N. S.

Ma, naturalmente la spiritualità della Passione si afferma soprattutto nelle Méditalions, e in particolar modo in quelle dedicate al mistero del Golgota, dal lunedì al sabato santo incluso, di cui quella sull'Abandon de Jésus-Christ aux souffrances et a la mort ( M. XXIV ), quella su La Passion de Jésus-Christ ( M. XXVII ) e la seguente Les cinq ptaies de Jésus-Christ ( M. XXVIII ), offrono sintesi dottrinali teologico-mistiche di grandissimo valore.

Ma non sono i soli luoghi dove tale spiritualità è affermata.

Nella Explication de la Méthode, come esemplificazione per gli atti su d'un mistero non trasceglie la Passione, o uno dei cosidetti misteri dolorosi, sì il mistero della Naissance de nostre Seigneur ( ed. 1739, 1957 p. 61-93 ) ed è ovvio che ai suoi religiosi, obbligati dal loro ufficio a starsene con ragazzi, fosse inculcato lo « spirito della infanzia del Cristo », spirito di umiltà, di docilità, di serenità e di fiducia, di abbandono e di innocenza, di povertà e di nascondimento ( loc. cit. ); ma tra i frutti, pone come primario, « l'orrore l'allontanamento dal peccato » ed il mistero dell'Infanzia di Gesù è veduto, nelle luci del Calvario, mistero di sofferenza e di pena ( « … sed semetipsum exinanivit formam servi accipiens … » Phil., II, 7 ), di annientamento … ( p. 68 ).

Anzi può dirsi che nei « misteri di Gesù », ch'egli ci presenta, Incarnazione ( Med.CXII ), Natività ( Med. LXXXV; LXXXVI ), Circoncisione ( Med. XCIII ), Epifania ( Med. XCVI ) Trasfigurazione ( Med. CLII ), Cristo, vittima per i nostri peccati ( Med. XXIII; Med. XXIV; Med. XXV; Med. XXVII; Med. XXIX, passim ).

Sofferenze del Cristo per meritarci la salvezza ( Med. XXVII; Med. CXXIX; Med. CXCV; Med. XXV; Med. XXVII, passim ). Risurrezione ( Med. XXIX ), Ascensione ( Med. XL ), Cristo mediatore ( Med. LXII; Med. CXII ). Gesù contradetto nella sua dottrina ( Med. V; Med. CLXXII ), Obbedienza di G. C. ( Med. VII ), Bontà di G. C. ( Med. LIX; Med. XXVI; Med CXCVI, passim ), Regno di Cristo ( Med. CLXXXV; Med. XII; Med. CLXXXIX ), Santo Nome di Gesù ( Med. XCIII ), cui vanno aggiunti i « misteri » della SS. Vergine … si abbia sempre lo sfondo del Calvario.

S. Andrea ( Med. LXXVIII,1 ) o S. Paolo ( Med. XCIX,3 ) … la Maddalena ( Med. CXLIV,2 ) o S. Giovanni Evangelista … si possono sintetizzare tutti col tema: « … Jésus s'étant donne tout a nous et pour nous, nous devons aussi nous donner tout a lui, et nous rechercher en rien … » ( Med. LXXXVIII,3 ).

La devozione al Crocifisso è fondamentale ed insostituibile, nel cristianesimo, presupponendola, e quindi in qualche modo dipendendone, la stessa Eucaristia.

Lo spirito, pertanto, di tale devozione va ricercato nella totalità del cristianesimo, ch'è innanzi tutto l'accettazione del messaggio di redenzione portato da N. S. Gesù Cristo ( Fede e speranza ); la lotta contro le tre « concupiscenze » degli occhi ( egoismo ) della carne ( lussuria ) dello spirito ( orgoglio ); la liberazione della colpa ( contrizione e carità ).

In secondo luogo, lo spirito della devozione al Crocifisso, porta alla comunicazione altrui della Redenzione, per mezzo dell'apostolato e della pratica dei « consigli evangelici », che costituiscono, nei loro vari gradi e secondo la carità da cui sono animati, i diversi stati della perfezione cristiana.

In terzo luogo, detto spirito è da ricercarsi nell'unione personale al Cristo che s'immola nella vita e sulla Croce, per riparare l'ingratitudine e le perversità umane, per salvare le anime che si ostinano nella colpa; nell'essergli accanto nell'agonia delle anime che si perdono; nel riflettere in sé i suoi dolori fisici e morali, ed è opera della grazia.

Solo sotto un aspetto teorico appaiono tre gradi distinti d'un stesso spirito: in realtà, non v'è, ad es., né remissione di colpa, né atto di virtù, che si compia separatamente dal Cristo; vero è che né l'atto di virtù, per se stesso, né la remissione della colpa, sono sufficienti ad unirci a N. S.

Anche S. Giovanni Battista de La Salle, che pure si presenta con una mente analitica di prim'ordine, tanto che a taluno è parso di scorgere in lui un certo cartesianismo e fuori di tale infelice accostamento ci ha lasciato nella Conduile dea Ecoles chrétiennes ( 1706-1720 ) un capolavoro di procedimenti analitici, di scomposizione nelle parti, di divisione e suddivisione degli elementi d'una difficoltà, di progressione minuta, non ha distinto tali gradi, ma ha presentato, così com'è, unitario, lo « spirito » della devozione a Gesù Crocifisso.

Ha definito lui stesso, che cosa intenda per « spirito d'un mistero », e per conseguenza in qual senso intenderlo d'una « devozione » che si riferisce necessariamente « ai sacri misteri che il Cristo ha compiuti, non solo per riscattarci dal peccato, ma ancora per istruirci sulla pratica di determinate virtù, che meglio appaiono nei singoli fatti ».

Delle quali, prosegue, ci ha ancora meritato, perché lo imitassimo, « la grazia, ch'è unita a quel mistero, e che costituisce come lo spirito del fatto » ( Meth., p. 60 ).

Il « fatto » dunque, come corpo; la « grazia per imitarlo », come spirito di quel mistero: dualismo teologico, che rivela, in fondo, dalla analogia delle due nature in Cristo, per cui l'Umanità del Salvatore è mezzo, via, mediazione della grazia ( cfr., S. Thom., Sum. theol.. III, q. 2 ), ma lontano tuttavia dalle sottigliezze berulliane di « carne della carne di Gesù » e di « spirito dello spirito di Gesù » ( Oeuvres, du card. P. de Bérulle, collana n. 507 e ss. ).

Ed ecco, tre testi fondamentali, dalle Meditazioni lasalliane: « Procurate di conservare la grazia, che vi è stata data e che Gesù Cristo vi ha acquistato con tanta pena e non riducetevi sotto il giogo della servitù del peccato, che sarebbe ingiuria grande a lui che ve l'ha meritata con tante sofferenze, l'attristare il suo Santo Spirito, che ve l'ha comunicata con tanta bontà » ( Med. XLV,1 ).

Da notare l'ardita trasposizione di Spirito di Dio ( Spirito Santo ) in Spirito di Gesù ( Méth., p. 57 ) « Mon Sauveur Jésus, qui avez répandu votre divin Esprit sur vos saints Apotres … dans le Cénacle … », pp. 58, 86, 105, 118, 120 ) e la nozione teologica del Cristo che ci ha meritato la grazia ( cfr., S. Thom., Sum. theol., IlI, qq. 8, 21 passim ).

« Siete voi nella disposizione di non rendere vana la grazia di Dio, ch'è in voi?

Invano, certo, tutte le volte che le vostre azioni non furono fatte per amor suo » ( Med. XL,3 ).

La grazia di Dio è in noi a agente ed operante », ma vuole la nostra « cooperazione » ( Méth., pag. 85 ), per non essere inutile; e la cooperazione nostra è innanzi tutto quella del buon volere, che la grazia muta in amore, « partecipazione dell'anima alla vita di Gesù Cristo ed al suo divin Spirito » ( Ibidem, pp. 11, 19 ).

Ma anche la grazia si subordina ai modi creaturali dell'uomo: non agisce ( « è perduta » ) quando la creatura non è presente a Dio, perché smarrita in sé o nelle cose ( cfr. Ib., p. 4 ).

« Preghiamo Gesù Cristo di volerci visitare spesso e di operare su di noi qualche miracolo della sua grazia, che ci impegni a farci violenza, per praticare talune virtù, e specie quella cui abbiamo maggior ripugnanza » ( Med. CXLI,2 ).

L'ha detto e ripetuto ai suoi discepoli: « Dio non vi chiama al riposo » ( cfr. Racc., p. 121 ): miracolo di grazia è, per l'uomo caduto in peccato, risollevarsi dalle colpe, purificare i suoi sensi, liberarsi dall'astrattezza inibente delle parole, riscattare le tiepidezze del volere, « attrarre dentro di sé lo Spirito di Gesù », non condursi se non sotto la sua guida, elevandosi al di sopra d'ogni motivo puramente umano …

E miracolo insigne fra tutti, quella spiritualità d'abnegazione, che porti l'uomo a « salir con Cristo in croce »; anzi « ad amare la sua croce con tutto l'affetto, e desiderare di morire a quella confitti » con il Cristo, e come il Cristo l'ha desiderato ( Med. CLXV,2 ).

Non è uno slancio mistico.

La teologia della Passione è d'un realismo formidabile.

Se il cristiano, dopo aver accolto la dottrina e l'esempio di Cristo, non è disposto a morire in croce; anzi, se ogni giorno, non si ritempra nel « miracolo » della Passione, scardinando quotidianamente le basi del peccato che ognuno di noi, purtroppo, ha contribuito a consolidare nel mondo, non è neppure degno del nome di uomo.

Certo, indegno di quello cristiano.

« Chi non contradice, se non con la bocca, con il cuore, a questa divina sentenza di Cristo: « … se uno vuol venir dietro di me, rinunci a se stesso, prenda la sua croce e mi segua »? …

Molti mancando di fedeltà alla grazia loro meritata dal Redentore, faranno sì che questa grazia stessa attiri su di essi una più severa condanna …

Questa specie di persone ( le quali credono d'adattare la vita cristiana e quella stessa religiosa ai propri piccoli comodi ) cadono ben tosto nella sregolatezza e giungono rapidamente a passar sopra ai rimorsi della coscienza anche sui punti più essenziali … » ( Med. V,3 ).

Dopo il Bremont e l'ammirabile sua Histoire littéraire du sentiment religieux en France, più d'un Autore divise le devozioni e le spiritualità che le esplicitavano in teocentriche e in cristocentriche, introducendo tra i due termini un contrasto teologico e psicologico, assurdo anche se puramente preferenziale e metodologico.

Al tempo di San Giovanni Battista de La Salle, non esisteva, crediamo, una tal questione: la teologia del segno della Croce, della S. Messa e del Credo … bastavano a garantire il fondamento trinitario d'ogni e qualsiasi devozione e spiritualità cristiana.

A vero dire, neppure il Bourgoing, che successe al Bérulle, e ne pubblicò l'Opera omnia ( 1657 ) lamentando l'oblio in cui gli scritti del venerato maestro fossero già caduti, un quarant'anni dopo la sua morte, s'accorse o sollevò l'accezione bremondiana del teocentrismo del fondatore della « Grande Scuola di spiritualità francese » del sec. XVII, non vedendo, nell'opera dell'Apostolo del Verbo Incarnato, altro che il banditore dell'Etat et grandeurs de Jésus-Christ ( 1623 ).

Vero è che N. S. Gesù Cristo, ponendo l'accento sulla sua qualità ed essenza di redentore ( la teologia dommatica, infatti riconosce in G. C. colui che ci ha meritato la Redenzione, che l'ha operata, per sé, perfettamente adeguata a Dio, e che inoltre, a suo esempio, le da forma e sostanza, producendola e consumandola in noi, ( cfr. S. Thom., Sum. Theol., Ili, qq. 48-49 ) c'insegna a pregare il Padre.

Ma ugualmente, e in maniera apodittica, afferma che « nessuno può venire a lui se non chiamato dal Padre » ( Gv 6,44 ) e che « nessuno può andare al Padre senza di lui » ( Gv 14,6 ).

Inoltre che lo Spirito Santo verrà nei suoi fedeli, non appena lui sarà ritornato al Padre, anzi questo suo « ritorno al Padre » è posto come causa dell'invio del Paraclelo ( Gv 16,7 ), lo Spirito ch'è suo, perché da lui riceve, e che insegnerà loro ogni cosa ( Gv 16,13 ).

La prospettiva trinitaria è dunque irrecusabile come irrecusabile è il valore cristocentrico di ogni e qualsiasi devozione e spiritualità cattolica.

Nella spiritualità lasalliana, il Cristo è tutto: il Cristo opera i « misteri » e ne merita la grazia, che trasfonde con il suo Spirito; pratica la « virtù » per cui crea affinità segrete nell'anima che vive con lui, come lui; insegna la « massima », ch'è il precetto d'una saggezza vissuta e che si esprime con la sua parola, da cui trae tutta la sua verità …

Due poli, vorremmo dire dialettici o metodologici, ha la spiritualità di San Giovanni Battista de La Salle: l'attenzione, o presenza a Dio, attraverso un esatto controllo o conoscenza di se stessi e dei movimenti della propria natura, e l'invocazione allo Spirito di Gesù, perché animi ogni nostra azione, dopo aver a sé conformato il nostro interno e il nostre esterno, così da condursi unicamente secondo le sue « disposizioni », gli affetti, cioè, il volere, la carità da lui incarnata nella sua vita mortale e presente ancora nell'infrangibile vincolo che, sostanzialmente l'unisce alla nostra umanità.

Particolarmente, il Cristo è considerato come principio unitario d'azione d'ogni singolo membro e della stessa unione comunitaria tra quelli che Egli ha scelto per un'opera comune, cui partecipa lo Spirito di quell'unità divina, nel quale si consuma l'« unum sint » com'Egli e il Padre, sono nello Spirito Santo, una sola cosa.

I Fratelli, infatti, per quanto è possibile, non devono agire « se non sotto la condotta di Dio, per il movimento ( l'impulso ) del suo Spirito e con l'intenzione di piacergli ».

Il Cristo è in mezzo ad essi per « dirigere tutte le loro azioni e tutta la loro condotta » ad un solo centro ch'è lui stesso « Jésus-Christ agissant en eux et par eux » ( Méth., II ).

Questo scambio divinamente attivo, complemento necessario all'insufficienza, anzi, all'impotenza dell'azione umana ( la presenza del Cristo in mezzo loro, deve produrre « un mouvement continuel de leurs actions a Jésus-Christ et de Jésus-Christ a eux », loc. cit. ) pone effettivamente Nostro Signore Gesù Cristo, al centro di tutta la spiritualità lasalliana.

E il Cristo è quello della Croce, il Crocifisso del Calvario, perché l'Incarnazione del Verbo ha avuto come fine la Redenzione dell'umanità, e tutto, nella vita del Salvatore è ordinato all'immolazione cruenta della Croce: S. Paolo riassumeva tutto il messaggio cristiano con il suo « … Christum praedicare, et hunc Crucifixum … » ( 1 Cor 1,23 ) e per la sua realizzazione non dava altro termine che la Croce « Qui … sunt Christi carnem suam crucifixerunt ( Gal 5,24 ).

Non diversamente il lasallianesimo, che si è voluto derivare da varie fonti e va invece ricondotto alla spiritualità dei Sinottici, di San Paolo e di san Giovanni, nelle grandi strutture teologiche agostiniane e tomistiche: « mettiamo, con san Paolo, tutta la nostra gloria nel portare sul nostro corpo le sacre stigmate delle sue piaghe, per renderci conformi a Gesù Crocifisso …

Dobbiamo, infatti ben capire che tutta la vita di N. S., non essendo stata se non una continua croce e martirio, noi non possiamo esser suoi servi, imitatori, amici se non imprimendoci il carattere della sua santa Croce e soffrendo dolori simili ai suoi …

Come potremmo cercare un'altra via di piacere a Dio, di onorarlo, di fargli un sacrificio, che gli sia gradito dal momento che Gesù, Salvatore nostro, non ha, lui stesso, trascorso una sola ora della sua vita, senza soffrire? … » ( Med. CLXV,3 ).

( Continua )

Fr. Emiliano