Religiosi e promozione umana |
13. - Quattro grandi fedeltà motivano di preferenza e guidano il ruolo dei religiosi nella promozione umana, sulla traccia dei principi conciliari di rinnovamento45 e tenuto conto dei problemi fin qui esaminati:
- fedeltà all'uomo e al nostro tempo,
- fedeltà a Cristo e al Vangelo,
- fedeltà alla Chiesa e alla sua missione nel mondo,
- fedeltà alla vita religiosa e al carisma del proprio Istituto.
14. - Le trasformazioni culturali, sociali e politiche, che coinvolgono, non senza travaglio, popoli e continenti, sollecitano la Chiesa a una presenza evangelica che divenga risposta alle speranze e aspirazioni più diffuse dell'umanità.46
Questa viva preoccupazione pastorale, resa più acuta dalle riflessioni e prospettive del Vaticano II, è riemersa nei sinodi dei Vescovi e nelle esortazioni apostoliche, sollecitando con chiarezza ed insistenza la comunità ecclesiale a intraprendere scelte coraggiose di rinnovamento, per avvicinare l'uomo contemporaneo alla fonte di ogni autentica promozione umana e sociale, il Vangelo.47
15. - La storia del mondo d'oggi che s'incarna nell'esistenza concreta di ogni uomo, diviene libro aperto alla meditazione appassionata della Chiesa e di tutti i cristiani.48
Essa si traduce, infatti, in una sfida che raggiunge tutte le vocazioni, nella Chiesa, provocandole a un'esigente revisione di vita e d'impegno.
I religiosi, per la radicalità delle loro scelte evangeliche, si sentono più profondamente interpellati.
Essi comprendono che, nella misura della loro « conversione » all'originario progetto di Dio sull'uomo, come si rivela nell'Uomo Nuovo, Gesù,49 contribuiranno ad accelerare anche negli altri quella "conversione" di mentalità e di atteggiamenti che rende vera e stabile la riforma delle strutture economiche, sociali e politiche, al servizio di una più giusta e pacifica convivenza.50
16. - A questo scopo, nella tensione verso il rinnovamento della loro testimonianza e missione, tutti gli Istituti religiosi sono esortati a procurare ai loro membri « un'appropriata conoscenza sia delle condizioni dei tempi e degli uomini, sia delle necessità della Chiesa, in modo che essi, sapendo rettamente giudicare le circostanze attuali di questo mondo secondo i criteri della fede, e ardendo di zelo apostolico, siano in grado di giovare agli altri più efficacemente ».51
17. - I Vangeli rendono testimonianza a Cristo della fedeltà con cui ha adempiuto la missione per la quale lo Spirito l'aveva consacrato. ( Is 42,1-7; Is 61,1-4; Lc 4,17-19 )52
Missione di evangelizzazione e redenzione umana che lo condusse a vivere col suo popolo, condividendone le vicende, che egli tuttavia illuminava e orientava, predicando e testimoniando il Vangelo di conversione al a regno di Dio ». ( Mc 1,15 )
La sua sconvolgente proposta delle « Beatitudini » introduceva un radicale rinnovamento di prospettiva nella valutazione delle realtà temporali e nei rapporti umani e sociali, che egli voleva centrati su una giustizia-santità animata dalla nuova legge dell'Amore. ( Mt 5,3-12; Mt 5,20.43-48 )
Le sue scelte di vita segnano e qualificano particolarmente i religiosi, che fanno propria la stessa forma di vita che il Figlio di Dio abbracciò quando venne nel mondo ».55
18. - Fedeli a questa a regola suprema56 i religiosi sanno d'essere coinvolti in un quotidiano cammino di conversione verso il "regno di Dio", che li rende, nella Chiesa e di fronte al mondo, segno capace di attirare, provocando a profonde revisioni di vita e di valori.57
È questo, senza dubbio, il più atteso e fecondo « impegno » al quale essi sono chiamati,58 anche nei campi in cui la comunità cristiana opera per la promozione umana e per lo sviluppo di rapporti sociali ispirati a principi di solidarietà e di comunione fraterna.
In tal modo cooperano a "salvaguardare l'originalità della liberazione cristiana e le energie che è capace di sviluppare.
Liberazione nel suo significato integrale, profondo, come lo ha annunziato e realizzato Gesù".59
19. - La forza di trasformazione che lo spirito delle beatitudini racchiude, penetrando dinamicamente la vita dei religiosi, ne caratterizza la vocazione e missione.60
Essi accolgono, come prima beatitudine e prima « liberazione », l'incontro con Cristo, povero tra i poveri, testimoniando di credere veramente nella preminenza del regno di Dio, sopra tutte le cose terrestri e nelle sue esigenze supreme.61
Dilatando, così, il senso cristiano e profondamente umano delle realtà e della storia, che si origina dal programma delle Beatitudini, divenute criterio quotidiano di vita, i religiosi dimostrano quanto stretto sia il rapporto fra Vangelo e promozione dell'uomo, nella convivenza sociale.
Per questo, la Chiesa può presentare la testimonianza evangelica dei religiosi come un modo splendido e singolare di dimostrare che il cammino delle Beatitudini è il solo capace di "trasfigurare il mondo e offrirlo a Dio".62
20. - La comune vocazione dei cristiani all'unione con Dio e fra gli uomini per la salvezza del mondo63 è da considerare prima ancora della diversità dei doni e dei ministeri.
Sulla comune vocazione si fondano i rapporti di comunione fra le componenti ecclesiali e, in particolare, con coloro che lo Spirito Santo ha posto come Vescovi a pascere la Chiesa di Dio. ( At 20,28 )64
21. - I religiosi, congiunti più intimamente alla Chiesa,65 partecipano in un modo loro proprio alla natura sacramentale del Popolo di Dio;66 e, nelle chiese locali, essi appartengono per una peculiare ragione alla Famiglia diocesana.67
Il decreto conciliare sull'ufficio pastorale dei Vescovi dedica la sua attenzione al ruolo dei religiosi, collocandoli fra i cooperatori del Vescovo in una duplice prospettiva:
- l'aderenza alle esigenze pastorali,
- la conformità alle caratteristiche finalità dei singoli Istituti.68
22. - L'identità della vita religiosa e del suo specifico ruolo riceve nuova luce dalla pluriformità e complementarità delle vocazioni e dei ministeri nella Chiesa.
È necessario, perciò, conoscere e valorizzare i compiti che spettano ad ognuna delle componenti: il ministero gerarchico, la vita consacrata nelle sue varie forme, il laicato.
Così l'esercizio della propria funzione avviene nella costante ricerca d'una convergenza fraterna e di un mutuo compimento, che è allo stesso tempo affermazione della propria identità e della comunione ecclesiale.
23. - È un criterio generale di discernimento, meglio evidenziato quando si tengono ben presenti le competenze dei vari gruppi ecclesiali e se ne ricercano gli aspetti complementari.
- È proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio.69
- La natura « secolare » di alcuni Istituti, tra le forme di vita consacrata, permette una presenza più diretta e un coinvolgimento più pieno nella realtà e strutture secolari.
In questi Istituti, detti per questo "secolari", i loro membri esercitano individualmente, in qualunque settore conveniente, il loro specifico apostolato, valorizzando le stesse strutture del mondo.70
I religiosi, se con le scelte di vita che li caratterizzano, si pongono invece fuori delle strutture secolari, non divengono per questo estranei all'azione delle altre componenti della Chiesa nella costruzione della città terrestre come luogo capace di accogliere il regno di Dio.71
Essi, però, vi si trovano presenti in un modo loro proprio: cioè, non sostituendosi ai compiti e alle modalità che competono alle altre componenti ecclesiali, ma divenendo segno ancor più radicale di uno stile evangelico di vita e di partecipazione, per la testimonianza resa pubblica dalla loro professione e che si attua comunitariamente in tutte le sue espressioni.
Se poi, come presbiteri, i religiosi partecipano del sacerdozio ministeriale, essi sono, a questo nuovo titolo, esortati a presiedere e servire le comunità ecclesiali, rendendo una testimonianza ancor più attenta di comunione.72
24. - « Esperti di comunione », i religiosi sono quindi chiamati ad essere, nella Chiesa, comunità ecclesiale e, nel mondo, testimoni e artefici di quel « progetto di comunione » che sta al vertice della storia dell'uomo secondo Dio.73
Innanzitutto, con la professione dei consigli evangelici, che libera da ogni impedimento il fervore della carità, essi divengono comunitariamente segno profetico dell'intima comunione con Dio sommamente amato.74
Inoltre, per la quotidiana esperienza di una comunione di vita di preghiera e di apostolato, quale componente essenziale e distintiva della loro forma di vita consacrata,75 si fanno « segno di comunione fraterna ».
Testimoniano, infatti, in un mondo spesso così profondamente diviso, e di fronte a tutti i loro fratelli nella fede, la capacità della comunione dei beni, dell'affetto fraterno del progetto di vita e di attività, che loro proviene dall'aver accolto l'invito a seguire più liberamente e più da vicino Cristo Signore, inviato dal Padre affinché, primogenito tra molti fratelli, istituisse, nel dono del suo Spirito, una nuova comunione fraterna.76
25. - Dal progetto comunitario di vita deriva loro quello stile di presenza e di partecipazione che li deve caratterizzare nella missione della Chiesa, e che ora sottolineiamo in vista delle scelte riguardanti la promozione umana.
Come si è potuto rilevare dalla varietà dei doni e dei ministeri già accennata, a differenza dei laici e dei membri degli Istituti secolari ( i quali possono assumere a titolo individuale responsabilità apostoliche, sociali e politiche, che rispondano agli scopi loro assegnati dallo Spirito ), i religiosi hanno liberamente e consapevolmente scelto di « condividere » in tutto la loro missione di testimonianza, di presenza e di attività apostolica, nell'obbedienza al comune progetto ed ai superiori dell'Istituto.
Condivisione che esprime fraternità e sostegno, particolarmente quando il mandato apostolico espone religiosi e religiose a maggiori e più esigenti responsabilità nell'ambito di difficili contesti sociali.
26. - L'urgenza del fondamentale criterio di comunione è resa più acuta da quella diversità di situazioni in cui, soprattutto nel campo socio-politico, vengono a trovarsi i cristiani nel mondo.77
Di qui l'esigenza che si tenga sempre presente l'indicazione di OA 4,78 quando si tratta di scelte che, investendo il rapporto evangelizzazione-promozione umana, coinvolgono necessariamente, oltre alla propria comunità religiosa, anche quella ecclesiale.
27. - La profonda natura ecclesiale della vita religiosa si traduce, dunque, per la caratteristica di « comunione » che deve permeare le stesse strutture di convivenza e di attività, in un aspetto preminente della loro missione all'interno della Chiesa e della stessa società civile.79
Sotto questo profilo, accogliere il ministero dei Vescovi come centro d'unità nell'organica comunione ecclesiale e promuovere un'uguale accoglienza negli altri membri del Popolo di Dio, risponde a una specifica esigenza del ruolo proprio ai religiosi nella comunità cristiana.
Né dal carattere « gerarchico » di tale comunione ecclesiale80 i religiosi devono temere alcuna remora alla generosità e creatività delle loro iniziative,81 poiché ogni sacra potestà è data per promuovere armonicamente carismi e ministeri.82
E, anzi, alla « genialità dei progetti e delle iniziative » i religiosi sono incoraggiati83 poiché tanto concorda con la natura carismatica e profetica della vita religiosa stessa.
Per la loro missione, aperta alla Chiesa universale e attuata nell'ambito delle Chiese locali,84 i religiosi sono perciò nelle condizioni più adatte per valorizzare quelle forme di « opportuna coordinazione » che Mutuae Relationes presenta come cammino di una organica comunione ecclesiale.85
28. - Una rinnovata presenza dei religiosi nella missione della Chiesa per l'evangelizzazione e la promozione umana non risulterebbe pienamente autentica se dovesse rinunciare, anche solo in parte, alle caratteristiche della vita religiosa e all'indole propria di ciascun Istituto.86
Questa esigenza, che abbiamo visto costantemente emergere deve costituire senza dubbio un impegno assiduo delle comunità religiose.
29. - È una fedeltà dinamica, aperta all'impulso dello Spirito, che passa attraverso gli eventi ecclesiali e i segni dei tempi di cui si fa portatrice la perseverante esortazione del Magistero.
Rese più vigilanti da una migliore conoscenza delle necessità dell'uomo d'oggi, dei suoi problemi, delle sue ricerche e aspirazioni,87 le comunità religiose possono meglio discernere negli avvenimenti e nelle attese a cui prendono parte insieme alle altre componenti della Chiesa, quali siano i veri segni della presenza e del disegno di Dio.
Il dialogo comunitario,88 guidato dalla fede, dalla reciproca accoglienza e valorizzazione delle persone, dall'obbedienza religiosa, diviene il luogo preferenziale di tale discernimento.
E appunto perché sulla fede sono edificate, per loro natura le comunità religiose, custodiscono e irradiano questa luce che muove tutto il Popolo di Dio a individuare le intenzioni del Signore sulla vocazione integrale dell'uomo, per scoprire così le soluzioni pienamente umane di ogni problema.89
30. - Il « bruciante interrogativo », che ET 52 pone al vertice dell'esortazione apostolica sul rinnovamento della vita religiosa, si presenta come un grido del cuore, con cui Paolo VI esprime la sua appassionata preoccupazione pastorale, il suo grande amore per l'uomo e il mondo d'oggi, la fiducia che ripone nei religiosi e nelle religiose.
Le scelte concrete di rinnovamento ne sono illuminate.
La loro urgenza richiama a una fedeltà capace di riportare all'oggi della vita e della missione di ciascun Istituto l'ardimento col quale i Fondatori si erano lasciati conquistare dalle intenzioni originarie dello Spirito.90
31. - È un costante riferimento alla « vita » nella sua dinamica profonda, come ci riconferma l'illuminante parola di Papa Giovanni Paolo II.91
« Alla vita, così come essa si presenta a noi oggi, portando con se la ricchezza delle tradizioni del passato, per offrire a noi la possibilità di usufruire oggi.
Dobbiamo con tutta perspicacia, ci esorta, interrogarci su come la vocazione religiosa debba essere oggi aiutata a prendere coscienza di se stessa e a maturare; come debba funzionare la vita religiosa nell'insieme della vita della Chiesa contemporanea.
A questa domanda stiamo sempre cercando, e giustamente, una risposta.
La troviamo nell'insegnamento del Vaticano II, nell'esortazione « Evangelii Nuntiandi », nelle numerose enunciazioni dei Pontefici, dei Sinodi e delle Conferenze episcopali.
Questa risposta è fondamentale e pluriforme ».
Il Papa riafferma la sua speranza in una vita religiosa fedele a questi principi che fanno di essa « un capitale immenso di generosità » senza il quale « la Chiesa non sarebbe pienamente se stessa ».
« Nella fedeltà sempre rinnovata al carisma dei Fondatori, le Congregazioni devono sforzarsi di corrispondere alle attese della Chiesa, agli impegni che la Chiesa, con i suoi Pastori, considera i più urgenti oggi, per far fronte a una missione che ha tanto bisogno di operai qualificati ».92
Indice |
45 | Cfr. PC 2. |
46 | GS 9. |
47 | Cfr. particolarmente Sinodo del 1971 e 1974; l'esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi" che trova il suo complemento, per l'aspetto più direttamente sociale e politico, nella "Octogesima Adveniens". |
48 | Cfr. Red. Hom. 14: « La Chiesa non può abbandonare l'uomo … L'uomo nella piena verità della sua esistenza, del suo essere personale e insieme del suo essere comunitario e sociale. Quest'uomo è la prima strada che la Chiesa deve percorrere nel compimento della sua missione ». |
49 | GS 22; R.H. 8. |
50 | GS 63. |
51 | PC 2,d; Mut. Rel. 26-32. |
52 | cfr. doc. Puebla, n. 1130: « L'evangelizzazione dei poveri è stata per Gesù uno dei segni messianici, ed anche per noi sarà segno di autenticità evangelica ». |
55 | LG 44; PC 1. |
56 | PC 2,a. |
57 | LG 44; EN 69. |
58 | Mut. Rel. 16; n. 26-28. |
59 | Giovanni Paolo II, Puebla,
disc. inaug. III, 6; EN 9; EN 30-39; cfr. anche, nel medesimo disc. inaug. I, 2-5 il richiamo a una solida cristologia e all'unico Vangelo, senza riletture riduttive o deformanti come fondamento della nostra capacità di « servire l'uomo, i nostri popoli, di penetrare con il Vangelo la loro cultura, di trasformare i cuori, di umanizzare sistemi e strutture ». Cfr. R.H. 11. |
60 | LG 31. |
61 | LG 44. |
62 | LG 31. |
63 | Mut Rel. 4. |
64 | Mut. Rel. 5-9. |
65 | LG 44. |
66 | Mut Rel. 10. |
67 | CD 34; i principi teologici e i criteri di applicazione sono ampiamente descritti nel documento « Mutuae Relationes ». |
68 | CD 33-35. |
69 | LG 31. |
70 | Motu Proprio Primo Feliciter; PC 11. |
71 | LG 46. |
72 | LG 28; GS 43; Mut. Rel. 36. |
73 | GS 19;
GS 32 - cfr. doc. Puebla, nn. 211-219; 721: « La vita consacrata è in se stessa evangelizzatrice in ordine alla comunione e alla partecipazione ». |
74 | LG 44. |
75 | PC 15; cfr. doc. Puebla, nn. 730-732. |
76 | GS 32. |
77 | OA 3. |
78 | « Di fronte a situazioni tanto diverse, si legge in
OA 4, ci è difficile pronunciare una parola unica e proporre una soluzione di valore universale. Spetta alle comunità cristiane analizzare obiettivamente la situazione del loro Paese, chiarirla alla luce delle parole immutabili del Vangelo, attingere principi di riflessione, criteri di giudizio e direttive d'azione nell'insegnamento sociale della Chiesa. Spetta alle comunità cristiane individuare, con l'assistenza dello Spirito Santo, in comunione coi Vescovi responsabili e in dialogo con gli altri fratelli cristiani e con tutti gli uomini di buona volontà, le scelte e gli impegni che conviene prendere per operare le trasformazioni sociali, politiche ed economiche che si palesano urgenti e necessarie in molti casi. In questa ricerca di cambiamenti da promuovere, i cristiani dovranno innanzitutto rinnovare la loro fiducia nella forza e nell'originalità delle esigenze evangeliche » - cfr. doc. Puebla, n. 473. |
79 | « I religiosi non solo accettino, ma mirino lealmente a una unione indissolubile di intenti e di azione con i Vescovi. Non può, non deve loro mancare la collaborazione, in pari tempo responsabile e attiva, ma anche docile e fidente, dei religiosi, il cui carisma ne fa dei ministri assai più atti al servizio del Vangelo » ( Giovanni Paolo II, disc. inaug. Puebla, II ). |
80 | Mut. Rel. 3. |
81 | ib. n. 19; n. 41. |
82 | LG 10-12; LG 27, PO 9, AA 2. |
83 | EN 69. |
84 | LG 45-46;
CD 33-35; cfr. disc. di Giovanni Paolo II ai Superiori generali, 24 novembre 1978. |
85 | Mut. Rel. n. 52 ss. |
86 | LG c. 6; PC 2; Mut. Rel. nn. 11-12. |
87 | GS 1-10; ET 25. |
88 | PC 14; ET 25. |
89 | GS 11. |
90 | Mut. Rel. 23,f. |
91 | Disc. ai sup. gen. 24 Novembre 1978. |
92 | Disc. all'UISG, 16 Novembre 1978. |