La città di Dio |
Noto che ora si deve trasferire l'indagine, per quanto attiene all'argomento che sto trattando, sull'oggetto della promessa di Dio a Davide, successore di Saul nel regno, dalla cui trasformazione è stata allegorizzata la trasformazione definitiva, in riferimento alla quale per divina ispirazione sono stati espressi e trasmessi tutti questi concetti.
Poiché si verificarono parecchi avvenimenti favorevoli al re Davide, egli decise di costruire a Dio una casa, cioè il magnifico e rinomato tempio che in seguito fu edificato dal figlio Salomone.
Mentre rifletteva sulla cosa, al profeta Natan fu rivolta la parola del Signore perché la riferisse al re.
Dio, dopo avergli manifestato che la sua casa non doveva essergli edificata da Davide e che per lungo tempo non aveva incaricato qualcuno perché gli fosse eretta una casa di cedro, soggiunse: Ora dirai al mio servo Davide: Dice il Signore onnipotente: Ti ho preso dal pascolo del gregge affinché tu fossi capo del mio popolo Israele ed ero con te in tutti i luoghi in cui andavi e ho sterminato davanti a te tutti i tuoi nemici e ti ho reso famoso fra i grandi che sono sulla terra.
Fisserò un luogo al mio popolo Israele, ve lo stabilirò ed esso abiterà nella propria casa, non sarà più turbato e l'iniquo non oserà più opprimerlo come in passato quando ho dovuto stabilire i Giudici sul mio popolo Israele, ti darò pace liberandoti da tutti i tuoi nemici e il Signore ti avvertirà di edificargli una casa.
Avverrà quando i tuoi giorni saranno al completo e ti addormenterai con i tuoi antenati, farò sorgere dopo di te la tua discendenza che proverrà dalle tue viscere e allestirò il suo regno.
Egli edificherà una casa al mio nome e io renderò sicuro il suo trono in eterno.
Io sarò per lui come un padre ed egli per me come un figlio.
E se agirà male, lo castigherò con lo scudiscio degli uomini e con i colpi che assestano i figli degli uomini ma non ritirerò da lui il mio favore come l'ho ritirato da coloro che ho rimosso dal mio viso.
La sua casa e il suo regno saranno fedeli in eterno a me e il suo trono sarà reso stabile in eterno. ( 2 Sam 7, 8-16 )
Sbaglia di grosso chi ritiene che si adempì in Salomone una promessa così sublime.
Volge l'attenzione all'inciso: Mi edificherà una casa, perché Salomone fece costruire il tempio assai celebre, ma non tiene presente l'altro: La sua casa e il suo regno saranno fedeli in eterno a me. ( 2 Sam 7, 13.16 )
Tenga presente dunque e consideri la casa di Salomone piena di donne straniere che adoravano falsi dèi e che da esse il re stesso, una volta tanto sapiente, fu trascinato e fatto precipitare nella medesima idolatria, ( 1 Re 11, 4-8 ) non osi giudicare o che Dio fece una promessa menzognera o che non poté aver prescienza che Salomone e la sua casa divenissero così abietti.
Non dovremmo essere messi in dubbio da quelle parole anche se non fossimo consapevoli che si sono adempiute in Cristo Signore nostro, venuto al mondo dalla discendenza di Davide secondo la razza ( Rm 1,3 ) e che per ingannevole illusione ne attendessimo un altro come i Giudei fedeli alla razza.
Anche essi comprendono, nel leggere il passo, che non è stato Salomone il figlio promesso al re Davide al punto che con singolare accecamento dicono di aspettarne ancora uno diverso da quello che si è rivelato con tanta evidenza per quello che è stato promesso.
Si è avuta una certa allusione a un evento futuro in Salomone per il fatto che costruì il tempio e realizzò la pace in aderenza al proprio nome, perché Salomone in un idioma latino significa "operatore di pace" e all'inizio del suo regno fu meravigliosamente degno d'encomio.
Ma anche egli, con la sua personalità attraverso l'adombramento del futuro, preannunciava, non rappresentava Cristo Signore.
Quindi sono state tramandate di lui alcune notizie, come se le parole citate fossero una predizione sulla sua persona, mentre la Scrittura santa, anche quando profetizza mediante fatti avvenuti, configura in qualche modo in lui l'allegoria di avvenimenti futuri.
Infatti, oltre i libri storici della Bibbia, in cui si narra che fu re, anche il Salmo settantuno è intestato al suo nome.
In esso sono esposte tante idee che non è assolutamente possibile applicare a lui e al contrario con luminosa chiarezza si applicano a Cristo Signore, sicché appare con evidenza che in Salomone è stata accennata una certa allegoria e in Cristo è stata manifestata la stessa verità dei fatti.
È noto da quali confini era limitato il regno di Salomone, eppure in quel Salmo si legge, per non parlare d'altro: Sarà signore da un mare all'altro e dal fiume fino ai confini della terra. ( Sal 72,8 )
Comprendiamo che questa predizione si è realizzata in Cristo.
Iniziò ad esser signore dal fiume quando, battezzato da Giovanni, dietro la sua segnalazione iniziò ad essere conosciuto dai discepoli che lo chiamarono non solo Maestro ma anche Signore. ( Gv 1,35-42 )
Salomone cominciò a regnare mentre il padre era ancora in vita, privilegio che non capitò a nessun altro di quei re per il solo motivo che da questa evenienza risulti chiaro che non è lui a essere preannunciato nella suddetta profezia.
Essa è rivolta al padre con le parole: Avverrà quando i tuoi giorni saranno al completo e ti addormenterai con i tuoi antenati, farò sorgere dopo di te la tua discendenza che proverrà dalle tue viscere e allestirò il suo regno. ( 2 Sam 7, 12-13 )
Ci chiediamo in qual senso sia possibile pensare che con le parole che seguono: Mi edificherà una casa sia stato predetto Salomone e non piuttosto che con quelle che precedono e cioè: quando i tuoi giorni saranno al completo e ti addormenterai con i tuoi antenati, farò sorgere dopo di te la tua discendenza s'intenda promesso un diverso operatore di pace.
Si preannuncia infatti che egli sarebbe venuto al mondo non prima, come Salomone, ma dopo la morte di Davide.
Anche se Gesù Cristo doveva venire dopo molto tempo, era senza dubbio conveniente che venisse dopo la morte di Davide, al quale era stato promesso in quei termini affinché erigesse a Dio la dimora non di travi e pietre ma di uomini, quale appunto noi ci allietiamo di erigere.
A questa casa, cioè ai credenti in Cristo, dice l'Apostolo: È santo il tempio di Dio che siete voi. ( 1 Cor 3,17 )
Perciò anche nel Salmo ottantotto dal titolo: Avvertimenti allo stesso Etan l'Israelita si ricordano le promesse di Dio rivolte al re Davide.
Alcune sue espressioni sono simili a quelle citate che si leggono nel Libro dei Re, come questa: Ho giurato a Davide mio servo: renderò stabile in eterno la tua discendenza. ( Sal 89,4-5 )
E ancora: Allora parlasti in visione ai tuoi figli e hai detto: Ho portato aiuto a un forte, ho innalzato un eletto tra il mio popolo.
Ho trovato Davide mio servo, con il mio santo olio l'ho consacrato, la mia mano lo sosterrà e il mio braccio lo renderà forte.
Su di lui non trionferà il nemico né l'opprimerà il disonesto.
Abbatterò davanti a lui i suoi nemici e metterò in fuga quelli che lo odiano.
La mia fedeltà e il mio aiuto saranno con lui e nel mio nome s'innalzerà la sua fronte.
Stenderò sul mare la sua mano e sui fiumi la sua destra.
Egli m'invocherà: Tu sei mio padre, mio Dio e operatore della mia salvezza.
Io lo costituirò mio primogenito, il più alto fra i re della terra.
Gli conserverò in eterno il mio aiuto e la mia alleanza gli sarà fedele.
Stabilirò per sempre la sua discendenza e il suo trono come i giorni del cielo. ( Sal 89,20-30 )
Tutte queste prerogative si rivelano in Gesù Signore allorché si rilevano con esattezza in riferimento al nome di Davide a causa dell'aspetto di servo che egli, il Mediatore, ha assunto dalla Vergine nella stirpe di Davide.
In seguito si fa un rilievo sulle colpe dei figli, simile a quello esposto nel Libro dei Re e che quasi con immediatezza si riferisce a Salomone.
In esso infatti, cioè nel Libro dei Re, la Scrittura dice: E se agirà male, lo castigherò con lo scudiscio degli uomini e con i colpi che assestano i figli degli uomini, ma non ritirerò da lui il mio aiuto. ( 2 Sam 7, 14-15 )
Con i colpi voleva indicare le percosse della riprensione.
Quindi l'espressione: Non toccate i miei consacrati ( Sal 105,15 ) significa certamente "Non offendeteli".
Anche nel Salmo citato, come se il soggetto fosse Davide, poteva dire qualcosa di simile: Se i suoi figli abbandoneranno la mia legge e non seguiranno i miei decreti, se violeranno i miei ordinamenti e non osserveranno i miei comandi, punirò con lo scudiscio il loro peccato e con le percosse la loro colpa ma non toglierò a lui il mio aiuto. ( Sal 89,31-34 )
Non ha detto: "A loro", eppure parlava dei suoi figli, non di lui, ma ha detto: A lui, inciso che ben inteso significa la medesima cosa.
Non è possibile infatti che di Cristo stesso, capo della Chiesa, siano le colpe che occorre frenare con la riprensione mediante l'aiuto accordato da Dio.
Sono nel suo corpo e nei seguaci che sono il suo popolo.
Quindi nel Libro dei Re si ha l'inciso: La sua iniquità e nel Salmo l'altro: Dei suoi figli per farci capire che per traslato si dice di lui quel che riguarda il suo corpo.
Anche egli dal cielo, quando Saulo perseguitava il suo corpo, cioè i credenti in lui, disse: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? ( At 9,4 )
Nei versicoli successivi del Salmo dice: Nella mia lealtà non recherò offesa, né violerò la mia alleanza e non disdirò le parole che escono dalla mia bocca.
Ho giurato una volta per sempre nella mia santità: Se mentirò a Davide, ( Sal 89,34-36 ) cioè: Mai mentirò a Davide.
La Bibbia spesso si esprime così.
Soggiunge l'oggetto sul quale non mentisce con le parole: In eterno rimane la sua discendenza; il suo trono davanti a me come il sole, sempre saldo come la luna, testimone fedele nel cielo. ( Sal 89,37-38 )
Dopo queste energiche conferme di una promessa così solenne, affinché non si ritenessero compiute in Salomone, come se si fosse atteso e non raggiunto un intento, il Salmo soggiunge: Ma tu, Signore, lo hai respinto e abbattuto. ( Sal 89,39 )
Questo destino si avverò riguardo al regno di Salomone nei suoi successori fino alla eversione della Gerusalemme terrena, che fu la metropoli del regno, e soprattutto dopo la distruzione del tempio che era stato eretto da Salomone.7
Ma affinché non si pensasse che Dio aveva agito contro le sue promesse, subito aggiunse: Hai rinviato il tuo cristo. ( Sal 89,39 )
Dunque non è Salomone né Davide se il Cristo del Signore è stato rinviato.
Erano chiamati cristi tutti i re consacrati col crisma sacrale, non solo da Davide in poi, ma anche da Saul che fu unto come primo re per il medesimo popolo perché anche Davide lo chiama cristo del Signore. ( 1 Sam 24, 7 )
Tuttavia uno solo era il vero Cristo, di cui essi rappresentavano l'allegoria con la consacrazione profetica.
Egli, secondo l'opinione degli uomini i quali ritenevano che si dovesse ravvisare in Davide o in Salomone, era rinviato troppo a lungo, invece secondo l'ordinamento di Dio si disponeva che venisse a suo tempo.
Mentre egli frattanto viene rinviato, il Salmo citato di seguito soggiunge ciò che sarebbe avvenuto del regno della Gerusalemme terrena, in cui si attendeva che egli avrebbe senz'altro regnato; afferma:
Hai rotto l'alleanza col tuo servo, hai profanato nel fango la sua consacrazione,
hai abbattuto tutte le sue mura e
hai volto al terrore le sue trincee, tutti quelli che passavano per la strada lo hanno depredato, è divenuto la beffa dei suoi vicini,
hai fatto trionfare la destra dei suoi rivali,
hai fatto gioire tutti i suoi nemici,
hai sottratto la capacità di difesa della sua spada e non lo hai sorretto nella guerra,
l'hai ostacolato nel procacciarsi gloria,
hai rovesciato a terra il suo trono,
hai abbreviato i giorni del suo regno e lo hai coperto di vergogna. ( Sal 89,40-46 )
Tutte queste sventure piombarono sopra la Gerusalemme schiava, in cui regnarono anche alcuni figli della libera che tennero il regno terreno in gestione temporanea, che valutavano con la fede verace il regno della Gerusalemme celeste di cui erano figli, che attendevano il vero Cristo.
La storia poi, basta leggerla, è segnalatrice degli avvenimenti in riferimento alle sventure che caddero sopra quel regno.
Dopo questi contenuti profetici il Profeta si volge a pregare Dio ma anche la sua preghiera è una profezia: Fino a quando o Signore volgi altrove, alla fine? ( Sal 89,47 )
È sottinteso il tuo viso, come si dice in un altro Salmo: Fino a quando da me volgi altrove il tuo viso? ( Sal 13,1 )
Per questo alcuni codici a questo punto non hanno: Volgi altrove, ma: "ti volgi altrove", sebbene si possa intendere: volgi altrove il tuo aiuto che hai promesso a Davide.
L'inciso: Alla fine non significa altro che sino alla fine.
In questa fine si deve ravvisare l'ultimo tempo quando anche il popolo giudaico crederà in Cristo Gesù.
Era indispensabile che prima di quella fine avvenissero tutti i fatti che precedentemente il Salmo aveva deplorato come calamitosi.
In riferimento ad essi soggiunge: La tua ira divampa come fuoco, ricordati qual è la mia essenza.
In questo passo nulla di più appropriato s'intende che lo stesso Gesù come essenza del suo popolo, perché da esso proviene l'esistenza del suo essere fisico.
Poiché non inutilmente, soggiunge, hai dato all'esistenza tutti i figli degli uomini. ( Sal 89,47-48 )
Se un solo figlio dell'uomo non fosse l'essenza d'Israele, affinché in questo figlio dell'uomo fossero riscattati molti figli degli uomini, senz'altro inutilmente sarebbero dati all'esistenza tutti i figli degli uomini.
Ora ogni esistenza umana a causa del peccato del primo uomo è caduta dal vero essere all'inutilità dell'essere e per questo dice un altro Salmo: L'uomo è diventato tanto simile a una cosa inutile, i suoi giorni trascorrono come un'ombra. ( Sal 143,4; Sal 39,6; Gb 14,2 )
Però non inutilmente Dio ha dato all'esistenza tutti i figli degli uomini, perché ne riscatta molti dall'inutilità per opera di Gesù mediatore.
E ha dato all'esistenza anche coloro di cui ha avuto prescienza che non sarebbero riscattati, senz'altro non inutilmente, nel sublime e giustissimo ordinamento della creatura ragionevole, per utilità dei riscattati e nel confronto per reciproca opposizione delle due città.
Il Salmo soggiunge: Qual è l'uomo che vivrà e non vedrà la morte, trarrà fuori la propria anima dal potere dell'oltretomba? ( Sal 89,49 )
Può essere soltanto Egli, che è essenza d'Israele dalla discendenza di Davide, Cristo Gesù.
Di lui dice l'Apostolo che risorgendo dai morti più non muore e la morte non avrà più potere su di lui. ( Rm 6,9; At 13,34; 1 Cor 15,26 )
Così vivrà e non vedrà più la morte, ma nel senso che è morto e ha tratto fuori la propria anima dal potere dell'oltretomba, in cui era disceso per sciogliere i lacci mortali di alcuni e se n'è tratto fuori con quel potere di cui dice nel Vangelo: Ho il potere di offrire la mia anima e il potere di riprenderla. ( Gv 10,18 )
I rimanenti concetti di questo Salmo sono così espressi: Dov'è, Signore, la tua benignità d'un tempo che nella tua fedeltà hai giurato a Davide?
Ricordati, Signore, dell'insulto ai tuoi servi, perché ho represso nel cuore quello di molti popoli, perché i tuoi nemici, Signore, hanno oltraggiato, hanno oltraggiato la trasformazione del tuo Cristo. ( Sal 89,50-52 )
Si può ragionevolmente porre il problema se questi concetti sono stati espressi dalla prospettiva degli Israeliti, i quali desideravano che si adempisse per loro la promessa rivolta a Davide, o piuttosto dei cristiani i quali non sono Israeliti secondo la razza ma secondo lo spirito.
Infatti sono stati espressi o scritti al tempo in cui visse Etan al cui nome è intestato il Salmo ed era pure il tempo del regno di Davide.
Perciò non si avrebbe questa espressione: Dov'è, Signore, la tua benignità di un tempo che nella tua fedeltà hai promesso a Davide?, se la profezia di per sé non indicasse metaforicamente il modo di pensare di individui che sarebbero esistiti molto tempo dopo e per i quali era antico il tempo in cui furono fatte simili promesse a Davide.
Si può intendere così che molti popoli pagani, quando perseguitavano i cristiani, rinfacciavano a loro la passione di Cristo che la Scrittura considera trasformazione, perché morendo divenne immortale.
Si può anche intendere, stando a questa interpretazione, che la trasformazione di Cristo fu rimproverata ai Giudei perché, mentre si attendeva che fosse il loro Cristo, lo divenne dei popoli pagani.
Ora infatti molti popoli pagani lo rinfacciano ad essi perché hanno creduto in lui mediante la Nuova Alleanza, mentre essi sono rimasti alla vecchia età.
Quindi è possibile anche in questo caso dire: Ricordati, Signore, dell'insulto ai tuoi servi, giacché, dal momento che non li dimentica ma ne ha pietà, dopo questo insulto anche essi crederanno.
Ma l'interpretazione, che ho indicato, mi sembra la più genuina.
Infatti ai nemici di Cristo, ai quali si rimprovera che egli li ha abbandonati per passare ai popoli pagani, si adatta male l'espressione: Ricordati, Signore, dell'insulto ai tuoi servi.
Non devono essere considerati servi del Signore simili Giudei ma queste parole riguardano coloro i quali, poiché subivano per il nome di Cristo le gravi umiliazioni delle persecuzioni, hanno potuto richiamare alla memoria che un regno nell'alto fu promesso alla discendenza di Davide.
Nell'aspirazione ad esso han potuto dire non disperando ma chiedendo, attendendo, picchiando: Dov'è, Signore, la tua benignità di un tempo che nella tua fedeltà hai giurato a Davide?
Ricordati, Signore, dell'insulto ai tuoi servi perché ho represso nel cuore ( cioè ho pazientemente sopportato nella mia coscienza ) quello di molti popoli pagani, perché i tuoi nemici hanno oltraggiato, Signore, hanno oltraggiato la trasformazione del tuo Cristo, perché non pensavano che fosse una trasformazione ma un annientamento.
Poi l'inciso: Ricordati, Signore, significa certamente: Abbi pietà e al posto della mia bassezza, sopportata pazientemente, concedimi l'altezza che hai giurato a Davide nella tua fedeltà.
Se vogliamo attribuire ai Giudei queste parole, han potuto dirle quei servi di Dio che, saccheggiata la Gerusalemme terrena, prima che Cristo venisse nel mondo, furono condotti in prigionia, se capivano la trasformazione di Cristo perché da lui si doveva attendere con fede non la felicità terrena e carnale, quale si ebbe nei pochi anni del re Salomone, ma la felicità celeste e spirituale.
Quando, ignorandola, la miscredenza dei popoli pagani rinfacciava con insolenza che il popolo di Dio era prigioniero, non faceva altro che insultare la trasformazione del Cristo perché la ignorava ed essi la conoscevano.
Quindi il pensiero che segue a conclusione del Salmo: La benedizione del Signore per sempre, amen, amen, ( Sal 89,53 ) conviene assai a tutto il popolo di Dio che appartiene alla celeste Gerusalemme, tanto in coloro che erano occulti nell'Antica Alleanza prima che fosse rivelata la Nuova, come in quelli che, ormai rivelata la Nuova Alleanza, appartengono apertamente al Cristo, come si può osservare.
Non si deve attendere una benedizione del Signore che duri per un periodo di tempo, come si manifestò al tempo di Salomone, ma che duri in eterno e in questa infallibile attesa s'invoca: Amen, amen.
È conferma di una simile attesa la ripetizione della parola.
Davide, che capiva questa verità, dice nel Secondo Libro dei Re da cui sono passato al Salmo citato: Tu hai parlato a favore della casa del tuo servo per un lontano avvenire. ( 2 Sam 7, 19 )
Perciò poco dopo soggiunge: Comincia adesso e benedici la casa del tuo servo fino all'eternità ( 2 Sam 7, 29 ) e il resto.
Davide appunto stava per generare un figlio, dal quale la sua posterità doveva giungere a Cristo, per la cui mediazione la sua casa sarebbe diventata eterna perché era anche la casa di Dio.
Casa di Davide a motivo della stirpe di Davide ed anche casa di Dio a motivo del tempio di Dio, strutturato di uomini e non di pietre, in cui deve abitare in eterno il popolo con Dio, nel suo Dio, e Dio con il popolo, nel suo popolo.
Così Dio appaga il suo popolo e il popolo è appagato dal suo Dio quando Dio sarà tutto in tutti, ( 1 Cor 15,28 ) Egli premio nella pace perché coraggio nella battaglia.
Quindi poiché con parole di Natan si dice: Il Signore ti avvertirà di edificargli una casa, ( 2 Sam 7, 11 ) poco dopo con parole di Davide: Tu, Signore onnipotente, Dio d'Israele, hai rivelato al tuo servo: ti edificherò una casa. ( 2 Sam 7, 27 )
Anche noi edifichiamo questa casa vivendo onestamente, aiutandoci Dio affinché viviamo onestamente perché se il Signore non edificherà la casa, invano hanno lavorato quelli che la edificavano. ( Sal 127,1 )
Quando avverrà l'ultima inaugurazione di questa casa, allora si avvererà ciò di cui ha parlato il Signore mediante Natan con le parole: Fisserò un luogo al mio popolo Israele, ve lo stabilirò ed esso abiterà nella propria casa, non sarà più turbato e l'iniquo non oserà più opprimerlo come in passato quando ho dovuto stabilire i Giudici sul mio popolo Israele. ( 2 Sam 7, 10-11 )
Chi attende un bene così grande nel tempo e nel mondo ragiona da sciocco.
Non si penserà certo che esso sia stato conseguito nella pace del regno di Salomone.
La Scrittura, sia pure con linguaggio meraviglioso, addita la pace vera nell'ombra del futuro.
Però con attenzione è stata da lei evitata questa falsa supposizione poiché, dopo aver detto: E l'iniquo non oserà più opprimerlo, si ha subito l'aggiunta: Come in passato quando ho dovuto stabilire i Giudici sul mio popolo Israele. ( 2 Sam 7, 10-11 )
I Giudici, prima che dominassero i re, erano stati costituiti sopra il popolo da quando esso aveva occupato la Terra promessa.
Lo opprimeva l'iniquo, cioè lo straniero nemico, in quegli intervalli di tempo in cui, come è scritto, ( Gdc 6,1; Gdc 10,6; Gdc 13,1 ) la pace si avvicendava con la guerra e in quell'epoca si riscontrano periodi di pace più lunghi di quelli che ottenne Salomone, il quale regnò quarant'anni. ( 1 Re 11, 42 )
Difatti sotto il giudice Eud si ebbero ottant'anni di pace. ( Gdc 3,30 )
Non si deve quindi affatto ritenere che in quella predizione sia designata l'età di Salomone e molto meno di qualsiasi altro re.
Nessuno di loro regnò in una continua pace come lui e assolutamente mai quel popolo ebbe un regno tale da non preoccuparsi di venire assoggettato dai nemici.
Infatti nell'incessante crisi delle cose umane a nessun popolo fu consentita tanta sicurezza da non temere gli attacchi che amareggiano questa esistenza.
Il luogo dunque che viene promesso per una dimora tanto serena e tranquilla è eterno ed è destinato agli eterni nella libera madre Gerusalemme in cui esisterà secondo verità il popolo d'Israele.
Questo nome si traduce: "colui che vede Dio".8
Nell'aspirazione a questo premio si deve condurre in questo travagliato esilio una vita devota mediante la fede.
Dunque Davide regnò mentre la città di Dio si evolveva attraverso il tempo, dapprima nell'ombra del futuro, cioè nella Gerusalemme terrena.
Davide era un uomo competente nei versi destinati al canto, egli amò il ritmo musicale non per un diletto che è di tutti, ma per religiosa aspirazione, e consacrò quei versi al suo Dio, che è il vero Dio, nella mistica allegoria di un grande avvenimento.
Difatti l'accordo, dovuto alla misura razionale e alla modulazione di suoni diversi, fa pensare all'unità, ottenuta con armonica varietà, di una città bene ordinata.
Poi quasi tutta la sua produzione profetica è nei Salmi, il Libro che definiamo dei Salmi ne contiene centocinquanta.
Alcuni sostengono che sono stati composti da Davide quelli di essi che sono intestati al suo nome.
Vi sono anche alcuni i quali ritengono che non sono stati composti da Davide se non quelli che sono intitolati: Dello stesso Davide, quelli invece che hanno nel titolo: Allo stesso Davide, composti da altri, sarebbero stati adattati al suo modo di esprimersi.
Questa ipotesi è confutata dalla parola dello stesso Salvatore, contenuta nel Vangelo, in cui egli dice che Davide sotto ispirazione ha chiamato il Cristo suo Signore. ( Mt 22,43 )
Il Salmo centonove appunto comincia: Oracolo del Signore al mio Signore: siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi. ( Sal 110,1 )
E certamente questo Salmo non ha nel titolo: Dello stesso Davide, ma: Allo stesso Davide, come parecchi altri.
A me personalmente sembra che giudichino con maggiore attendibilità coloro i quali attribuiscono alla sua produzione tutti i centocinquanta Salmi e che egli ne intestò alcuni col nome di altre persone le quali erano allegoria di un qualche significato attinente all'argomento trattato e non volle che i rimanenti avessero nella intestazione il nome di un uomo.
Agì, cioè, come il Signore gli indicò per ispirazione di comporre la disposizione, certamente misteriosa ma non inutile, della varia attribuzione.
Non deve spingere a rifiutare questa ipotesi il fatto che nel libro ad alcuni Salmi sono assegnati nomi di Profeti che vissero molto tempo dopo l'età del re Davide e che danno l'impressione di parlare a nome proprio. ( Sal 15; Sal 73; Sal 79; Sal 83 )
L'ispirazione profetica ha potuto suggerire al re Davide, mentre profetava, i nomi di futuri Profeti in modo che si salmodiasse in tono di profezia un argomento che si addiceva alla loro personalità.
Ad esempio il re Giosia, che doveva venire al mondo e regnare dopo più di trecento anni, fu palesato assieme al nome a un Profeta che predisse anche la sua attività avvenire. ( 1 Re 13, 1-3 )
Ora si attende da me, me ne accorgo, che a questo punto del libro esprima che cosa nei Salmi Davide ha previsto del Signore Gesù Cristo e della sua Chiesa.
Per non farmi eseguire questa operazione, come pare che l'attesa stia chiedendo, sebbene l'ho già fatto per un Salmo, sono ostacolato più dall'eccedenza che dalla scarsità.
Mi sento inibito dal parafrasarli tutti a motivo della prolissità.
Se ne sceglierò alcuni, può sembrare, come temo, a molti i quali conoscono che ho omesso i più necessari.
Poi la documentazione che si offre deve avere la conferma dal contesto di tutto il Salmo in modo che eventualmente non vi sia qualche elemento che disdice, anche se tutti non confermano.
Non deve sembrare che alla maniera dei centoni vado spiccando dei versetti, attinenti all'argomento che intendo trattare, da un grande componimento poetico che appare svolto non sull'argomento voluto ma su uno molto diverso.
Affinché questo intento critico possa esser rilevato in qualsiasi Salmo, lo si deve esporre integralmente.
I libri degli altri e miei, in cui ho trattato così l'assunto, indicano sufficientemente quale impegno richiedono.
Chi vuole e può li legga dunque, vi troverà quante e quanto grandi verità il re e profeta Davide ha profetato del Cristo e della sua Chiesa, cioè del re e della città da lui fondata.
Sebbene su qualsiasi argomento si abbiano discorsi profetici palesemente specifici, è indispensabile che vi siano inseriti anche quelli metaforici i quali, soprattutto nei più lenti a capire, comportano per gli insegnanti un faticoso impegno nel dimostrare e spiegare.
Alcuni discorsi però a prima vista appena si enunciano, lasciano intravedere Cristo e la Chiesa, sebbene rimangono da esaminare a tempo libero brani che meno si comprendono.
Di questo stampo è uno dei Salmi: Ha proferito il mio cuore una lieta parola, io narro le mie imprese al re.
La mia lingua è come lo stilo di scriba veloce.
Sei il più bello tra i figli degli uomini, sulle tue labbra è diffusa la leggiadria, per questo ti ha benedetto Dio in eterno.
Cingi la tua spada al fianco, o valoroso, nel tuo splendore e bellezza e aspira, procedi felicemente e regna per la verità, la mitezza e la giustizia e la tua destra ti farà avanzare meravigliosamente.
Le tue frecce acute, o valoroso, poiché i popoli cadono sotto di te, colpiscono al cuore i nemici del re.
Il tuo trono, o Dio, dura per sempre, lo scettro della rettitudine è lo scettro del tuo regno.
Hai amato la giustizia e hai detestato l'empietà, perciò Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio d'esultanza nel rapporto con i tuoi seguaci.
Mirra, aloe e cassia dalle tue vesti e dai palazzi d'avorio, dai quali le figlie dei re ti hanno sorriso nella tua carica onorifica. ( Sal 45,2-10 )
Ogni individuo, anche se lento nel capire, può ravvisare nel brano il Cristo che annunciamo e in cui crediamo quando apprende che è Dio perché il suo trono è per sempre ed è consacrato da Dio, evidentemente come consacra Dio, cioè con un crisma non visibile ma spirituale e del mondo intelligibile.
Non v'è certamente una persona tanto ignorante in questa religione ovvero così insensibile alla sua celebrità ampiamente diffusa, la quale non sappia che Cristo è denominato da crisma, quanto dire dall'unzione.
Dopo aver riconosciuto che Cristo è re, questa persona, ormai sottomessa a lui, che regna per la verità, la mitezza e la giustizia, esamini a tempo libero gli altri significati che nel brano sono stati espressi per metafora, cioè in che senso sia il più bello tra i figli degli uomini, di una singolare bellezza tanto più degna di amore e ammirazione quanto meno sensibile, cosa significano la spada, le frecce e gli altri concetti che sono così espressi, non con significato specifico ma metaforico.
Poi ravvisi la sua Chiesa congiunta a uno sposo così grande con unione spirituale e amore divino.
Di essa si dice nei versi che seguono: Alla tua destra si è fermata la regina con vestito tessuto d'oro e con vari ornamenti.
Ascolta, o figlia, guarda e porgi l'orecchio, dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre, poiché il re ha desiderato ardentemente la tua bellezza: egli è il tuo Dio.
Si prostreranno davanti a lui le giovinette di Tiro portando doni, i ricchi del popolo vorranno vedere il tuo volto.
Tutto lo splendore della figlia del re è dall'interno, è rivestita in vari ornamenti in frange d'oro.
Le fanciulle saranno condotte al re dopo di lei, le più vicine a lui saranno condotte a te.
Saranno condotte in gioia ed esultanza, guidate nel palazzo del re.
Al posto dei tuoi padri ti sono nati dei figli, li farai capi su tutta la terra.
Si ricorderanno del tuo nome di generazione in generazione.
Perciò i popoli ti loderanno in eterno, per sempre. ( Sal 45,10-18 )
Non penso che ci sia qualcuno tanto insensato da ritenere che nel testo venga esaltata nei vari tratti una povera donna qualsiasi, la moglie, cioè, di colui al quale sono state già rivolte le seguenti parole: Il tuo trono, o Dio, dura per sempre, lo scettro della rettitudine è lo scettro del tuo regno.
Hai amato la giustizia e hai detestato l'empietà, perciò Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio d'esultanza nel rapporto con i tuoi seguaci, certamente Cristo in riferimento ai cristiani.
Sono suoi seguaci coloro dalla cui concorde unità in tutti i popoli si pone nei fatti questa regina, come di lei si dice in un altro Salmo: La città del gran Re. ( Sal 48,3 )
È la Sion in senso spirituale.
Questa parola tradotta in lingua latina significa "contemplazione".9
Difatti ella contempla il grande bene della vita fuori del tempo poiché ad essa è rivolta la sua aspirazione.
Ella è anche la Gerusalemme sempre in senso spirituale, della quale ho già parlato abbastanza.10
La sua nemica è la città del diavolo, Babilonia, che si traduce "confusione".
Libera da questa Babilonia la regina in parola è affrancata in tutti i popoli mediante la rigenerazione e da un re molto cattivo passa a uno molto buono, cioè dal diavolo a Cristo.
Le viene detto perciò: Dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre.
Della città miscredente fanno parte anche gli Israeliti soltanto per razza e non per fede, perché anche essi sono nemici del gran Re e della sua Regina.
Difatti venuto al mondo fra di loro e da loro ucciso, è divenuto capo di altri che non ha intravisto nella razza.
In proposito, nella predizione di un Salmo, afferma lo stesso nostro re: Mi scamperai dalle rivolte del popolo, mi porrai a capo delle nazioni.
Un popolo, che non conoscevo, mi ha servito, subito all'ascoltarmi mi ha ubbidito. ( Sal 18,44-45 )
Dunque questo popolo di nazioni pagane, che non ha conosciuto Cristo nella presenza fisica e che ha creduto nel Cristo annunciato, sicché giustamente di esso si dice: Subito nell'ascoltarmi mi ha ubbidito, poiché la fede proviene dall'ascolto, ( Rm 10,17 ) questo popolo, dico, aggiunto ai veri Israeliti nella natura umana e nella fede, è la città di Dio.
Essa, quando era composta di soli Israeliti, ha generato lo stesso Cristo secondo l'umana natura.
Le apparteneva infatti la Vergine Maria, nella quale il Cristo, per essere uomo, assunse l'umana natura.
Della città un altro Salmo dice: Della metropoli Sion, si dirà, l'uomo è nato in essa e l'Altissimo le ha dato salde fondamenta. ( Sal 87,5 )
L'Altissimo è certamente Dio.
E perciò Cristo Dio, prima che in quella città divenisse uomo in Maria, egli stesso le diede salde fondamenta nei Patriarchi e Profeti.
Dunque a questa città di Dio regina tanto tempo prima è stato predetto mediante una profezia un evento che vediamo già avverato: Al posto dei tuoi padri ti sono nati dei figli, li farai capi su tutta la terra. ( Sal 45,17 )
Alcuni tra i suoi figli infatti sono stati eletti in tutta la terra anche come suoi padri quando la riconoscono i popoli giungendo insieme al riconoscimento di un ideale eterno per sempre.
Senza dubbio tutto ciò che nel Salmo è stato espresso velatamente con discorsi metaforici, comunque s'interpreti deve essere applicato a questi significati tanto evidenti.
Anche nel Salmo in cui con assoluta evidenza il Cristo viene dichiarato sacerdote come è dichiarato re nel Salmo citato: Ha detto il Signore al mio Signore: siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi, ( Sal 110,1 ) è oggetto di fede e non d'esperienza che Cristo siede alla destra del Padre.
Non si manifesta ancora che i nemici saranno posti sotto i suoi piedi, sta avvenendo, ma si manifesterà alla fine.
Anche questa verità ora è oggetto di fede, poi di conoscenza.
Però il pensiero che segue: Il Signore stenderà da Sion lo scettro del tuo potere e tu domina in mezzo ai tuoi nemici ( Sal 110,2 ) è talmente chiaro che sarebbe negato non solo per mancanza di fede e di correttezza ma perfino di pudore.
Anche i nemici ammettono che da Sion fu promulgata la legge di Cristo, che noi chiamiamo Vangelo, e riconosciamo lo scettro del suo potere.
Che poi domina in mezzo ai suoi nemici lo attestano essi stessi, in mezzo ai quali domina, perché digrignano i denti, sudano a freddo e non possono nulla contro di lui.
Dopo poco il Salmo continua: Il Signore ha giurato e non si pentirà, e con queste parole attesta che sarà immutabile ciò che aggiunge: Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedec. ( Sal 110,4 )
E poiché in nessun luogo ormai sono in vigore il sacerdozio e il sacrificio secondo l'ordine di Aronne e in ogni luogo si offre con Cristo sacerdote quello che offrì Melchisedec quando benedisse Abramo, ( Gen 14,18-19 ) nessuno può mettere in discussione chi sia colui di cui si parla.
A questi evidenti significati si riferiscono quelli che nel medesimo Salmo sono stati espressi in forma un po' più oscura, se si interpretano bene.
L'ho già fatto nei miei discorsi al popolo.
V'è un altro Salmo in cui Cristo espone profeticamente l'abiezione della sua passione con le parole: Hanno trafitto le mie mani e i miei piedi, hanno contato tutte le mie ossa, essi mi hanno guardato e osservato. ( Sal 22,17-18 )
Con queste parole ha indicato il corpo disteso sulla croce con le mani e i piedi confitti e trapassati dalla perforazione dei chiodi e che in questo modo si era offerto come qualcosa da vedere a coloro che guardavano e osservavano.
Continua: Si sono divise le mie vesti e hanno gettato la sorte sulla mia tunica. ( Sal 22,19 )
Si narra nel Vangelo come si è adempiuta questa profezia, ( Mt 27,35; Gv 19,24; Mc 15,24; Lc 23,34 ) anche gli altri particolari, che nel Salmo sono stati esposti meno chiaramente, s'intendono nel vero significato se si accordano con quelli che sono segnalati per una verifica in atto.
Questo soprattutto perché i fatti che, come possiamo notare, non appartengono ancora al passato ma li costatiamo presenti, si possono osservare nel loro verificarsi in tutto il mondo nei termini in cui nel Salmo sono stati preannunciati.
Ad esempio poco dopo si dice nel Salmo: Ricorderanno e torneranno al Signore tutti i confini della terra e si prostreranno davanti a lui tutte le stirpi dei popoli, poiché il regno è del Signore, egli domina sui popoli. ( Sal 22,28-29 )
Le predizioni dei Salmi non hanno passato sotto silenzio la sua risurrezione.
Nel Salmo tre viene esaltata questa verità con parole pronunciate in prima persona: Io mi sono coricato e mi sono addormentato, ma mi sono svegliato perché il Signore mi sorreggerà. ( Sal 3,6 )
Non si può vaneggiare al punto da credere che il Profeta ci ha voluto segnalare come grande avvenimento il fatto che si è addormentato e poi s'è svegliato, se questo sonno non fosse la morte e il risveglio la risurrezione che era conveniente predire di Cristo in questi termini.
Nel Salmo quaranta molto più palesemente è esposta questa verità.
In esso, sempre dalla prospettiva della persona dello stesso Mediatore, al solito fatti previsti come futuri sono narrati come passati poiché, se dovevano avvenire, erano come avvenuti in quanto certi nella predestinazione e prescienza di Dio.
Egli dice: I nemici mi hanno augurato il male: quando morirà e scomparirà il suo nome?
Se qualcuno è entrato per visitarmi, il suo cuore ha detto il falso e ha accumulato malizia.
Usciva fuori e parlava assieme agli altri.
Contro di me sussurravano tutti i miei nemici, pensavano il male contro di me.
Hanno accolto contro di me un presagio malvagio: forseché chi dorme non ottiene di rialzarsi?. ( Sal 41,6-9 )
Queste parole hanno una intonazione tale da suggerire che quel tale intendeva dire: Forseché chi è morto non ottiene di risorgere?
Le parole precedenti fanno comprendere che i nemici hanno augurato e predisposto la sua morte e che la congiura era stata organizzata da colui che era entrato per visitare ed era uscito per tradire.
Ad ognuno a questo punto viene in mente Giuda, da discepolo diventato traditore.
Poiché dunque stavano per eseguire ciò che complottavano, stavano cioè per ucciderlo, il Mediatore, mostrando che invano per sciocca malvagità stavano per uccidere uno che sarebbe risorto, ha aggiunto questa frase, come a dire: "Cosa fate, stupidi?".
Il vostro delitto è per me un sonno: Forseché chi dorme non otterrà di rialzarsi?
Tuttavia nelle frasi seguenti manifesta che non impunemente hanno commesso un così grande misfatto: Anche l'amico in cui ho sperato, egli che mangiava i miei pani, ha premuto il calcagno sopra di me, cioè mi ha calpestato.
Ma tu, Signore, aggiunge, abbi pietà di me, fammi rialzare e io li ripagherò. ( Sal 41,10-11 )
Non può negare questa punizione chi sa che dopo la passione e risurrezione di Cristo i Giudei furono completamente sterminati dal loro paese in una devastazione e massacro dovuti alla guerra.
Ucciso da loro è risorto e frattanto ha fornito loro una temporanea ammonizione, oltre ciò che riserva ai non pentiti, quando giudicherà i vivi e i morti.
Il Signore stesso Gesù, nel rivelare agli Apostoli il traditore col porgergli un pezzo di pane, fece riferimento al versetto di questo Salmo e dichiarò che si era avverato in lui: Chi mangiava i miei pani ha premuto il calcagno sopra di me. ( Gv 13,18 )
L'inciso: In cui ho sperato non riguarda il capo ma il corpo.
Il Salvatore non ignorava chi fosse perché aveva già detto di lui: Uno di voi mi tradirà e: Uno di voi è un demonio. ( Gv 6,70; Gv 13, 21.27; Lc 22,3 )
Ma al solito trasferisce in sé la persona dei propri seguaci e aggiudica a sé una loro attribuzione perché capo e corpo sono il medesimo Cristo.
Si ha quindi nel Vangelo: Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare. ( Mt 25,35 )
Esplicitando questa frase ha detto: Quando l'avete fatto a uno dei miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me. ( Mt 25,40 )
Ha detto che si attendeva quel che si attendevano i suoi discepoli quando Giuda fu accolto fra gli Apostoli.
I Giudei non attendono che dovrà morire il Cristo che attendono. ( Gv 12,34 ) Perciò sostengono che non sia il nostro quello che hanno predetto la Legge e i Profeti, ma un loro Cristo, non saprei quale, che essi farneticano immune dalla soggezione alla morte.
Perciò con sorprendente superficialità e accecamento sostengono che le frasi da me allegate non indicano la morte e la risurrezione ma il sonno e il risveglio.
Ma grida loro il Salmo quindici: Perciò si è rallegrato il mio cuore e ha gridato di gioia la mia lingua ed anche il mio corpo riposerà nella speranza, perché non abbandonerai la mia anima nell'oltretomba né lascerai che il tuo santo veda la corruzione. ( Sal 16,9-10 )
Soltanto chi è risorto al terzo giorno poteva dire che il suo corpo riposava nella speranza che la sua anima non fosse abbandonata nell'oltretomba ma, ritornando ben presto ad esso, lo facesse risuscitare affinché non si corrompesse come si corrompono tutti i cadaveri.
Certo non lo possiamo dire del profeta e re Davide.
Anche il Salmo sessantasette grida: Il nostro Dio è un Dio che rende salvi ed anche del Signore è il passaggio della morte. ( Sal 68,21 )
Nulla si poteva dire più chiaramente.
Il Dio che rende salvi è Gesù Signore che si traduce: "Salvatore" o "Datore di salvezza".11
Il significato è stato reso manifesto quando, prima che nascesse dalla Vergine, fu annunciato: Ella partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù, perché egli salverà il suo popolo dai loro peccati. ( Mt 1,21 )
Poiché per la remissione di questi peccati è stato versato il suo sangue, era certamente indispensabile che da questa vita non avesse altro passaggio che quello della morte.
Perciò dopo questa espressione: Il nostro Dio è un Dio che rende salvi immediatamente si soggiunge: Anche del Signore è il passaggio della morte per mostrare che ci avrebbe salvato morendo.
Ma con una certa meraviglia si dice: Anche del Signore, come a dire: "È tale la vita dei mortali che anche il Signore non poteva passare da essa in altra maniera che attraverso la morte".
Dato che i Giudei non si arrendono affatto alle attestazioni così palesi di questo preannuncio profetico e anche perché i fatti hanno approdato a una realizzazione così chiara ed evidente, si adempie certamente in loro quel che è espresso nel Salmo successivo a quello citato.
Poiché anche in esso nell'intervento della persona di Cristo si preannunciano particolari attinenti alla sua passione, si segnala una circostanza - narrata apertamente nel Vangelo -: Hanno messo nel mio cibo fiele e nella mia sete mi han dato per bevanda l'aceto. ( Sal 69,22 )
E come se si trattasse di un banchetto e di cibi di tal fatta a lui offerti, subito soggiunge: La loro tavola diventi per loro una trappola, un'insidia e un inciampo, i loro occhi si offuschino e non vedano e piega sempre di più la loro schiena ( Sal 69,23-24 ) e altre cose che non sono dette per malaugurio ma, nell'apparenza del malaugurio, previste nella profezia.
Non fa meraviglia che non vedano fatti così evidenti coloro i cui occhi sono offuscati affinché non vedano.
Non fa meraviglia se non guardano in alto le cose del cielo coloro il cui dorso è sempre piegato affinché siano chinati verso le cose della terra.
Con queste espressioni metaforiche desunte dal corpo sono designati i difetti dello spirito.
Affinché si dia un limite, bastano questi rilievi dai Salmi, cioè dalla profezia del re Davide.
Scusino coloro che li leggono e conoscono tutte quelle verità e non si lamentino di quelle che sanno o suppongono che io abbia omesso sebbene forse più valide.
Indice |
7 | Eusebio, Chronic.: PL 27, 369 (1412 da Abramo) |
8 | Girolamo, Hebr. quaest. in Gen 32,28.29: CC 72, 40 |
9 | Vedi sopra 3,1-2 |
10 | Girolamo, Lib. interpr. hebr. nom.: CC 72, 108 |
11 | Girolamo, Lib. interpr. hebr. nom.: CC 72, 136 |