Teologia dei Padri

Indice

L'opera di Cristo

1. - La preparazione dei popoli alla venuta di Cristo

Le parole della Scrittura: In questi giorni è fiorita la giustizia, insieme con l'abbondanza della pace ( Sal 72,7 ) presero a realizzarsi all'indomani della venuta di Cristo.

Iddio, frattanto, preparava le nazioni ad accogliere il suo insegnamento, sottomettendole tutte a un unico sovrano, l'imperatore di Roma, e impedendo, in tal modo, che l'isolamento in cui si sarebbero trovate a causa della pluralità dei regni, non rendesse più difficile agli apostoli mandare ad effetto l'ordine del Cristo: Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli ( Mt 28,19 ).

É noto a tutti, infatti, che Gesù nacque sotto il regno di Augusto che aveva, per così dire, ridotto a un'entità omogenea, grazie al suo potere accentratore, la maggior parte degli uomini della terra.

L'esistenza d'una pluralità di regni sarebbe stata d'ostacolo alla divulgazione del messaggio di Gesù attraverso tutta la terra: non soltanto per il motivo già rilevato, ma a causa, altresì, della necessità imposta agli uomini d'ogni latitudine di prendere le armi e di far la guerra per difendere la propria patria.

Il che, prima dell'epoca inaugurata da Augusto, si era ripetutamente verificato, come quando, ad esempio, si scatenò il conflitto fra gli abitanti del Peloponneso e quelli di Atene e, al seguito di questi, fra altri popoli contrapposti.

In qual modo, perciò, quest'insegnamento di pace, che non consente di vendicarsi neppure dei nemici, avrebbe mai potuto trionfare, se la situazione della terra, alla venuta di Gesù, non fosse stata dovunque mutata in una condizione più pacifica?

Origene, Contro Celso, 2,30

EMP N-23. - La voce del Verbo e la lampada del Cristo

« Io sono la voce di colui che grida nel deserto ( Gv 1,23 ): Giovanni è la voce, Cristo è il Verbo …

Giovanni è voce nel tempo, Cristo è fin dal principio la Parola eterna.

Togli la parola, che diviene la voce?

Privata di ogni senso, non è che vano rumore.

La voce senza parola risuona nell'orecchio, non nutre il cuore.

Proprio perché si tratta di nutrire questo nostro cuore, consideriamo progressivamente come ciò avvenga.

Se penso a ciò che sto per dire, significa che già la parola è nel mio cuore.

Ma se ti voglio parlare cerca, in qualche modo, che sia anche in cuor tuo ciò che è già nel mio cuore.

Cercando come potrà raggiungerti e imprimersi nel tuo cuore la parola che già si trova in me, ricorro alla voce e con essa ti parlo.

Il suono della voce ti porta all'intelligenza della parola.

Quando il suono giunge a te, sparisce.

La parola invece, che il suono ti ha portato, è giunta ormai nel tuo cuore, ma non ha abbandonato il mio.

Non ti pare che lo stesso suono, dopo aver condotto la parola a te, dica: Bisogna che egli cresca e che io diminuisca? ( Gv 3,30 ).

La voce, adempiendo il suo compito, risuona, poi sparisce.

Sembra che dica: Questa gioia che è mia si è compiuta ( Gv 3,29 ).

Ricordiamoci della parola, non lasciamo perdere la parola concepita interiormente.

É la voce che passa mentre il Verbo divino rimane.

Vuoi che te lo dimostri? Dove è ora il battesimo di Giovanni?

Ha compiuto il suo ufficio e poi è sparito.

Adesso il vero battesimo che viene praticato è quello di Cristo.

Noi tutti crediamo in Cristo ( Gv 1,7 ), speriamo da lui la nostra salvezza: questo è stato l'efficace messaggio della voce.

É difficile distinguere la parola dalla voce, infatti lo stesso Giovanni fu scambiato per il Cristo.

La voce fu considerata Parola, ma la voce, per non offendere il Verbo, si riconobbe per quello che era.

Disse: Non sono Cristo, né Elia, né il Profeta ( Gv 1,20-21 ).

Gli si chiese: dunque, chi sei? Io sono la voce di colui che grida nel deserto: preparate la via del Signore ( Gv 1,23 ).

La voce grida nel deserto, la voce rompe il silenzio.

« Preparate la via del Signore ».

Come se volesse dire: io grido per disporvi ad accogliere nel vostro cuore il Signore; ma egli non si degna di venire dove voglio farlo entrare se non gli preparate la via.

Che vuol dire « preparate la via » se non che dovete pregare in modo conveniente e nutrire pensieri di umiltà?

Dallo stesso Giovanni imparate l'umiltà.

Lo si crede il Cristo, egli dice di non essere quello che è ritenuto, e non si attribuisce a propria gloria l'opinione sbagliata degli altri.

Se egli dicesse: « Io sono il Cristo », verrebbe creduto con estrema facilità da coloro che così pensavano di lui, prima ancora che egli si definisse.

Non affermò nulla: riconobbe se stesso, disse ciò che non era, si umiliò.

Vide da dove gli veniva la salvezza: si considerò una lampada ed ebbe paura di essere spento dal vento dell'orgoglio.

Per disposizione di Dio, l'uomo che rendeva testimonianza al Cristo era così colmo di grazia da poter essere creduto il Cristo: Tra i nati di donna, come disse Cristo stesso, non è mai sorto nessuno più grande di Giovanni Battista ( Mt 11,11 ).

Se nessuno era più grande di questo uomo, colui che lo supera è più che uomo.

Il Cristo si rivela in tutta la sua pienezza, ma ad occhi infermi la luce del giorno si rivela poco.

Gli occhi malati hanno paura della luce del giorno, non sopportano che la luce di una lampada. Per questo il Giorno, che stava per venire, mandò prima la lampada nei cuori dei fedeli per confondere i cuori degli infedeli.

Per bocca del profeta, Dio Padre disse: Ho preparato una lampada al mio Cristo ( Sal 132,17 ).

Questa lampada è Giovanni inviato come araldo del Salvatore, precursore del Giudice che sta per venire, amico dello Sposo atteso.

Agostino, Discorsi, 293,2-4

2. - Avveramento delle profezie veterotestamentarie

Chi non sarà mosso alla fede da un tale ordine di eventi, dalla stessa connessione dei tempi: gli eventi passati fanno fede dei presenti, i fatti precedenti attestano i seguenti, gli antichi confermano i recenti.

Viene eletto un uomo dalla stirpe dei caldei, dotato di pietà e di somma fede, affinché si adempiano in lui le divine promesse, dopo una così lunga serie di secoli, e nel suo seme, come dice la profezia, siano benedette tutte le genti.

Costui, che adorava l'unico vero Dio, creatore dell'universo, generò nella sua vecchiaia un figlio da una moglie, cui la sterilità e l'età avevano tolto ogni speranza di prole.

Da questi si propaga un popolo immenso, moltiplicatosi in Egitto, dove la divina disposizione aveva fatto pervenire dall'Oriente la stirpe, moltiplicantesi per l'avveramento delle promesse.

Viene così liberato dalla schiavitù dell'Egitto un popolo forte, terrificante per prodigi e miracoli; cacciati i popoli empi, viene condotto a stanziarsi nella terra promessa, e giunge al punto di diventare un regno.

Ma il peccato prevale e il popolo ben spesso offende con sacrilega presunzione il vero Dio, che tanti benefici gli aveva elargiti; flagellato perciò da stragi e nuovamente consolato con la prosperità, giunge fino all'annuncio dell'incarnazione di Cristo.

E che Cristo, Verbo di Dio, Figlio di Dio, sarebbe venuto come Dio nella carne, sarebbe morto, risorto, assunto al cielo e per il suo nome eccelso avrebbe visto i popoli e le stirpi tutte a sé soggette; e che in lui vi è la remissione dei peccati, la salvezza eterna dei credenti: tutto ciò veniva annunciato da tutte le promesse fatte a quel popolo, da tutte le sue profezie, dal suo sacerdozio, dai suoi sacrifici, dal suo tempio e da tutti i suoi sacri misteri.

E poi venne Cristo: nella sua nascita, nella sua vita, nei suoi detti, nelle sue azioni, sofferenze, morte, risurrezione e ascensione si adempiono tutti i vaticini dei profeti.

Manda lo Spirito Santo, ne riempie i fedeli radunati tutti in una sola casa che lo aspettavano, come era stato promesso, con preghiere e vive brame.

E ripieni di Spirito Santo, parlano all'improvviso la lingua di tutti i popoli, condannano con franchezza gli errori, annunciano la verità salvifica, esortano alla penitenza della vita passata, promettono l'indulgenza dalla divina grazia.

Alla predicazione della vera pietà, della vera religione, seguono opportuni prodigi e miracoli.

Si scatena contro di loro la crudeltà degli infedeli ed essi sopportano ciò che era stato predetto, sperano in ciò che era stato promesso, insegnano ciò che era stato loro comandato.

Pochi di numero, si spargono in tutto il mondo, convertono con mirabile facilità i popoli, si moltiplicano tra i nemici, crescono nelle persecuzioni, si diffondono fino ai confini della terra tra le afflizioni e le angustie.

Pur provenendo dai più poveri, dai più ignoranti, dai più abbietti, illuminano, nobilitano e moltiplicano ingegni splendidi, eloqui coltissimi; soggiogano a Cristo la perizia mirabile di autori, di oratori e dottori, e li convertono alla predicazione della pietà e della salvezza.

Fra l'alternarsi delle avversità e le prosperità, conservano con vigilanza la pazienza e la sobrietà: in un mondo che si avvicina alla fine, che attraverso le sventure fa presagire la catastrofe finale, con tanta maggior fiducia perché ciò era stato predetto, aspettano la felicità eterna della città celeste.

E fra tutto ciò, le genti empie e infedeli fremono contro la Chiesa di Cristo; ma la Chiesa le vince, sopportando e professando una fede inconcussa tra la crudeltà degli oppressori.

Il sacrificio dell'annuncio della verità, a lungo velato dalle mistiche promesse, succede ai sacrifici che lo raffiguravano, quando con la distruzione del tempio questi vengono eliminati.

E la stirpe dei giudei, riprovata per la sua mancanza di fede, strappata dalla sua sede, si disperde per tutto il mondo, e così porta ovunque i codici santi, e così la testimonianza delle profezie, che annunciavano Cristo e la Chiesa, viene propalata dagli stessi avversari, perché non si credesse che fossero nostre invenzioni; e vi era anche predetto che essi non vi avrebbero creduto.

I templi, i simulacri dei demoni e i riti sacrileghi vengono a poco a poco abbattuti, secondo quelle profezie.

Pullulano le eresie contro il nome di Cristo, pur sotto la mentita veste del nome di Cristo, per mettere alla prova la dottrina della santa religione, proprio come era stato predetto.

Tutte queste cose, come le leggiamo nelle predizioni, così le vediamo compiersi; sono tante e molto importanti, e ne restano ancora, di cui aspettiamo l'adempimento.

Vi sarà un animo bramoso dell'eternità, scosso dalla brevità della vita presente, che contesti questo splendore, questo culmine della divina autorità?

Agostino, Le Lettere, II, 137,4.15-16 ( a Volusiano )

EMP A-1. - I profeti hanno annunziato che gli uomini avrebbero visto Dio

Uno solo è Dio che, nel Verbo e nella Sapienza, ha fatto tutte le cose disponendole con armonia.

Egli è il Creatore, colui che ha destinato questo mondo al genere umano.

Per la sua grandezza, egli è inconoscibile a tutti quelli che sono stati fatti da lui: nessun essere infatti, né passato né presente, ha mai potuto investigare la sua altezza.

Ma per la sua bontà, egli è sempre conosciuto in colui, grazie al quale ha creato ogni cosa.

Questi è il suo Verbo, il nostro Signore Gesù Cristo.

Egli, negli ultimi tempi, si è fatto uomo in mezzo agli uomini, per ricongiungere il termine con il suo principio, cioè l'uomo con Dio.

Per questo i profeti, che ricevevano dallo stesso Verbo il carisma della profezia, preannunciarono la sua venuta nella carne.

Grazie alla sua incarnazione, si è compiuta - secondo il desiderio del Padre - la fusione e la comunione di Dio con l'uomo.

Sin dall'inizio il Verbo aveva fatto sapere che Dio si sarebbe manifestato agli uomini, avrebbe vissuto con loro sulla terra, avrebbe parlato e si sarebbe reso presente alla sua creatura, salvandola e facendosi conoscere sensibilmente.

In tal modo egli ci avrebbe salvati dalle mani dei nostri nemici ( Lc 1,71 ), cioè da ogni spirito del male, e ci avrebbe concesso di servirlo in santità e giustizia ogni giorno della nostra vita ( Lc 1,74-75 ), perché l'uomo intimamente unito allo Spirito di Dio potesse entrare nella gloria del Padre …

Preannunciavano perciò i profeti che Dio sarebbe stato visto dagli uomini, così come dice il Signore: Beati i puri di cuore perché vedranno Dio ( Mt 5,8 ).

In realtà, data la sua grandezza e la sua gloria ineffabile, nessuno potrà vedere Dio e vivere ( Es 33,20 ), perché il Padre è incomprensibile.

Ma, per la sua bontà, per il suo amore verso gli uomini e per la sua onnipotenza, egli dà a coloro che lo amano anche la capacità di vederlo.

Questo precisamente avevano affermato i profeti, perché ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio ( Lc 18,27 ).

L'uomo, da se stesso, non potrà mai vedere Dio: sarà Dio stesso che, di sua propria volontà, si mostrerà agli uomini, a chi vuole, quando vuole, come vuole.

Dio è onnipotente: egli si manifestò un tempo per mezzo dello Spirito nella parola dei profeti, si fa vedere per mezzo del Figlio nell'adozione ai figli si farà contemplare - nel regno dei cieli - nella sua paternità.

Lo Spirito prepara l'uomo per il Figlio di Dio, il Figlio lo conduce al Padre e il Padre dona l'incorruttibilità e la vita eterna.

E la vita eterna nasce, per chi lo contempla, dalla visione di Dio.

Come infatti chi vede la luce è nella luce e partecipa al suo splendore, così chi vede Dio è in Dio e partecipa alla sua luce.

Ora, lo splendore di Dio dà vita: Così, chi vede Dio entrerà nella vita.

Ireneo di Lione, Contro le eresie, 4, 20,4-5

3. - La nuova creazione

« La terra è piena delle tue creature »: di tutti gli alberi e cespugli, di tutte le bestie e di tutto il genere umano …

Ma molto più dobbiamo noi notare quelle creature, di cui l'Apostolo dice: Se qualcuno è in Cristo, è una nuova creatura; il vecchio è passato, ecco tutto è diventato nuovo ( 2 Cor 5,17 ) …

Venne colui che rinnovò le sue opere; venne colui che fuse il suo argento per coniare la sua moneta, e noi vediamo la terra piena di cristiani che credono in Dio, che abbandonano la loro impurità e la loro idolatria, che rifiutano le speranze passate nella speranza di un nuovo mondo.

Ecco, questo non è ancora arrivato, eppure noi già lo teniamo con la speranza, e per la speranza già cantiamo dicendo: La terra è piena delle sue creature! …

Ancora pellegrinanti, noi osserviamo tutto questo mondo e vediamo ovunque che gli uomini corrono alla fede, temono l'inferno, disprezzano la morte, amano la vita eterna e disdegnano quella presente.

E a questo spettacolo, sopraffatti dalla gioia, noi esclamiamo: « La terra è piena delle sue creature! »

Agostino, Esposizioni sui Salmi, 104,3.4

4. - Il prezzo della nostra redenzione

Il creatore dell'universo e Dio invisibile, egli stesso fece scendere dal cielo, tra gli uomini, la sua Verità, la sua Parola santa e incomprensibile, e la stabilì nei loro cuori.

E lo fece non mandando - come si poteva pensare - qualche suo servo, o angelo, o principe preposto al governo sulla terra, o all'amministrazione in cielo, ma mandando lo stesso Artefice e Fattore di tutte le cose, per cui creò i cieli e chiuse il mare nelle sue sponde e le cui leggi misteriose sono fedelmente custodite da tutti gli elementi.

Da lui, infatti, ebbe il sole la misura del suo corso quotidiano, a lui obbediscono la luna - quando splende nella notte - e le stelle - quando le fanno corteo nel suo viaggio -; da lui tutto fu stabilito, disposto, ordinato: il cielo e gli esseri celesti, la terra e le creature terrestri, il mare e gli animali marini, il fuoco, l'aria, l'abisso; quello che sta in alto, quello che è nel profondo e quello che sta nel mezzo ( 1 Cor 15,27-28; Ef 1,22; Fil 3,21; Eb 2,8 ).

Costui Iddio mandò!

Qualcuno potrebbe pensare: lo inviò per tiranneggiare o spaventare o colpire gli uomini. No davvero!

Lo inviò con mitezza e con bontà come un re manda suo figlio ( Mt 21,17 ); lo inviò come Dio e come uomo fra gli uomini; e fece questo per salvare, per persuadere, non per violentare; a Dio non conviene la violenza!

Lo inviò per chiamare, non per castigare; lo inviò per amare, non per giudicare.

Lo invierà, sì, un giorno, a giudicare: e chi potrà allora sostenere la sua presenza? ( Ml 3,2 ).

Non vedi che i cristiani vengono gettati alle belve perché rinneghino il Signore, e non sono vinti?

Non vedi che più ne condannano a morte, più si accrescono di numero?

É chiaro: questo non può esser frutto dell'agire umano, ma della potenza di Dio, ed è una prova della sua presenza.

Chi mai fra gli uomini sapeva che cosa è Dio prima che egli venisse?

Vorrai forse prestare fede alle affermazioni vuote e sciocche dei filosofi saccentoni?

Alcuni di loro asserivano che Dio è il fuoco [ evidente il riferimento al filosofo greco Eraclito ] ( nel fuoco bruceranno in eterno, per questa loro dottrina! ), altri dicevano che è l'acqua [ si tratta di Talete di Mileto ], altri ancora che è uno degli elementi da lui stesso creati [ si riferisce ai filosofi della scuola ionica ].

Davvero, se qualche loro argomentazione avesse forza probativa, basandosi su di essa si potrebbe affermare che tutte le creature, a una a una, sono Dio.

Ma tutte queste sono sciocchezze, favole da ciarlatani: nessun uomo mai né vide Dio né lo conobbe, ma egli stesso a noi si rivelò ( Gv 1,17 ); si rivelò per mezzo della fede, che sola può vedere Dio ( Rm 3,25; Ef 3,17 ).

Dio, dunque, Creatore e Signore dell'universo, che fece tutte le cose e le stabilì nel loro ordine, non solo si mostrò benigno, ma anche paziente ( e in verità lo fu, lo è e lo sarà sempre: clemente, buono, mite, verace, egli solo è il buono! [ Mc 10,8 ] ).

Perciò, pur avendo concepito un disegno grande e ineffabile, non ebbe fretta di condurlo a termine, ma lo comunicò solo al Figlio.

Così per tutto il tempo in cui custodì nel mistero il suo saggio proposito, sembrava che non pensasse, non si curasse di noi.

Ma quando, nel suo Figlio diletto, ci rivelò, ci manifestò tutto quello che aveva predisposto fin dall'inizio, allora ci concesse in un sol tratto e di poter beneficiare dei suoi doni e di vederli, conoscerli.

Chi di noi lo poteva sperare?

Iddio, dunque, aveva già tutto predisposto in se stesso e nel suo Figlio; tuttavia permise, fino al tempo dell'incarnazione, che gli uomini, sedotti dalle brame e dai piaceri ( Tt 3,3 ), si lasciassero travolgere dalle loro voglie e dagli impulsi disordinati.

Egli non si compiaceva dei nostri peccati, ma ci sopportava ( Rm 1,24; Rm 11,32 ); non approvava quell'èra di perversione, ma preparava l'èra della giustizia; e tutto questo perché gli uomini, considerando le proprie opere, fossero convinti che prima erano indegni della vita e ora, solo per bontà di Dio, ne sono degni, e così manifestassero chiaramente che da soli sono impotenti a entrare nel regno di Dio, ma solo per sua onnipotenza ne sono resi capaci.

Frattanto l'ingiustizia umana giunse al colmo, e si vide chiaramente che la sua paga era solo il castigo e la morte.

Ma venne finalmente il tempo predestinato da Dio per manifestare la sua benignità e la sua potenza ( Tt 3,4-5 ) - o immensa bontà, immenso amore di Dio! - ed egli, dimentico di ogni risentimento e rancore, non solo ci sopportò, ma si mostrò magnanimo e pieno di misericordia: prese su di sé i nostri peccati e mandò suo Figlio ( Rm 8,32 ) per il nostro riscatto ( Mc 10,45 ): il santo per i peccatori, l'innocente per i colpevoli, il giusto per gli ingiusti ( 1 Pt 3,18 ), l'incorruttibile per i corrotti, l'immortale per i mortali!

Che altro poteva coprire i nostri peccati, se non la sua giustizia ( Gc 5,20 )?

Da chi potevamo essere resi santi noi, trasgressori ed empi, se non dal Figlio di Dio?

O dolce sostituzione, o opera insondabile, o beneficio insperato!

L'iniquità di molti viene cancellata da un solo giusto, e la giustizia di uno solo rende giusti molti! ( Rm 5,18 ).

E così Dio, che in passato ci dimostrò l'impotenza della nostra natura per raggiungere la vita, e nel presente ci mostra il Salvatore che è in grado di salvare tutti: così Dio vuole che noi - per queste due prove - ci fidiamo della sua bontà, e lo riteniamo nostro sostentatore, padre, maestro, consigliere, medico; nostra luce, nostra mente, nostro onore e gloria, nostra forza, nostra vita, sicurezza per il cibo e il vestito.

Lettera a Diogneto, 7-9

5. - Obiezioni dei pagani contro l'opera di Cristo

Quasi tutti i pagani ci dicono: Spiegateci il motivo per cui Cristo è venuto a noi e l'utilità che ha arrecato al genere umano!

Da quando Cristo è venuto, le condizioni degli uomini non sono addirittura peggiorate?

La situazione umana non era forse più felice prima di ora?

I cristiani debbono dirci ciò che Cristo ha portato di buono, in quale punto essi ritengono che la condizione umana si sia migliorata per la sua venuta.

( Noi rispondiamo ): ma proprio per combattere la perversione, perché al posto delle brame rigogliose fosse piantato l'amore, vengono mescolate le amarezze a questa vita temporale, in modo che si aspiri all'eterno.

Gli uomini vengono educati dai flagelli, subiscono la paterna disciplina, per poter così sfuggire alla condanna.

Per questo Cristo non ha avuto bene, ma ha sopportato tanti dolori …

Tu dici loro: Ecco cosa di buono ha portato Cristo.

E molti fanno come lui: distribuiscono i loro beni ai poveri, si fanno loro stessi poveri, non per necessità, ma per scelta, per seguire Dio, per la speranza del regno dei cieli.

Ma costoro ci burlano come stolti: E sono questi i beni che ha portato Cristo?, dicono.

Che l'uomo ci rimetta i suoi possessi e si faccia miserabile, donandoli ai miserabili? …

Davvero, fratelli; è proprio così.

Se cominciate a predicare la verità come la conoscete, vedrete come sia necessario sopportare le irrisioni di costoro che sembrano ricercare la verità e sono pieni di falsità!

Rispondete a coloro che ci richiedono quello che non possono capire, dicendo con fiducia le parole del vostro cantico: « Come canteremo il canto del Signore in terra straniera? ».

Ma attento a non dimorare tra di loro, o popolo di Dio, o corpo di Cristo, o generosa turba pellegrinante! ( non sei di qui, sei di un altro luogo ).

Non succeda che quando essi ti dicono: « Cantateci le parole dei cantici, diteci l'inno, cantateci le odi di Sion », tu senta amore per loro, ambisca alla loro amicizia e tema di dispiacere ad essi; non cominci a piacerti Babilonia, dimenticandoti di Gerusalemme!

Agostino, Esposizioni sui Salmi, 137,9-11

6. - Il silenzio di Cristo

Cristo per ora tace; tace quanto al giudicare, non tace quanto al dar precetti.

Se Cristo infatti tace, che significato hanno questi Vangeli, le voci degli apostoli, i canti dei salmi, gli oracoli dei profeti?

Perché in tutte queste cose Cristo non tace.

É che egli fa tacere adesso la voce della sua giustizia, ma non la voce dell'ammonimento.

Verrà un giorno in tutta la sua gloria per far giustizia, e apparirà a tutti gli uomini, anche a quelli che non credono in lui.

Ora invece era necessario che, pur presente, fosse nascosto, affinché venisse disprezzato.

Che se non fosse stato disprezzato, non sarebbe stato crocifisso; se non fosse stato crocifisso, non avrebbe sparso il suo sangue, che fu il prezzo della nostra redenzione.

Per pagare il prezzo della nostra redenzione egli fu crocifisso; e fu disprezzato per poter essere crocifisso, e apparve nell'umiltà affinché lo disprezzassero.

Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni, 4,2

7. - Cristo nostro maestro, nostro intercessore e avvocato

Siamo uomini, portiamo il peso della carne, siamo pellegrini in questa vita: anche se siamo stati rigenerati dalla parola di Dio, siamo stati rinnovati in Cristo, ma in modo da non essere ancora del tutto spogliati dall'antica natura di Adamo.

É manifesto che quanto c'è in noi di mortale e di corruttibile, che opprime la nostra anima, deriva da Adamo; mentre quanto c'è in noi di spirituale, che innalza l'anima, deriva dal dono di Dio e dalla misericordia di colui che mandò il suo Unigenito a condividere con noi la nostra morte, per condurci alla sua immortalità.

Egli è il nostro maestro, che ci insegna a non peccare; il nostro intercessore, se avremo peccato e ci saremo confessati e saremo tornati a Dio; il nostro avvocato, se desideriamo dal Signore qualche grazia; ed è lui stesso, con il Padre, che ci elargisce doni e grazie, perché Padre e Figlio sono un solo Dio.

Ma egli insegnava queste cose da uomo che parla agli uomini; la divinità era occulta, manifesto era l'uomo, affinché manifesta si facesse la divinità dell'uomo.

Da Figlio di Dio si è fatto figlio dell'uomo, per fare altrettanti figli di Dio dei figli dell'uomo.

Riconosciamo, dunque, dalle sue stesse parole, che egli ha fatto tutto questo grazie alle risorse della sua sapienza.

Si faceva piccolo per parlare ai piccoli, ma egli era piccolo e insieme grande; noi invece siamo piccoli, e grandi solo in lui.

Egli parlava come fa la madre che riscalda e nutre i lattanti, che crescono grazie al suo amore.

Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni, 21,1

EMP O-18. - Beati coloro che accolgono Cristo

Una donna di nome Marta lo ricevette in casa sua ( Lc 10,38 ).

La parole di nostro Signore Gesù Cristo, che leggiamo nel Vangelo, ci ricordano che unico è il bene a cui tendiamo, anche quando ci affatichiamo nelle molteplici attività di questo mondo.

Tendiamo alla meta perché ci troviamo in cammino e non siamo ancora a casa nostra; siamo ancora per la strada e non in patria; siamo nel tempo del desiderio e non del godimento.

Protendiamoci dunque in avanti e camminiamo alacremente e senza sosta per poter giungere al termine dal nostro viaggio.

Marta e Maria erano due sorelle, unite fra loro non solo dal vincolo dal sangue, ma anche dalla pietà.

Erano entrambe legata al Signore e si misero insieme al suo servizio nel tempo dalla sua vita mortale.

Marta lo accolse come si accoglie di solito un pellegrino: era tuttavia la serva che riceve il suo Signore, la malata il suo Salvatore, la creatura il suo Creatore.

Marta, che doveva essere nutrita dallo Spirito, riceveva Gesù per nutrirne il corpo.

Il Signore infatti aveva voluto assumere la natura di un servo e in quella natura aveva accettato, non per necessità ma per condiscendenza, che dei servi lo nutrissero.

Non è stata forse una prova della sua immensa bontà l'accettare di essere nutrito, di assumere un corpo soggetto alla fame e alla sete? …

Ecco dunque il Signore accolto come un ospite, lui che è venuto in casa sua e non è stato ricevuto dai suoi.

Ma a tutti quelli che l'hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio ( Gv 1,12 ); ha adottato i servi e li ha resi suoi fratelli, ha liberato i prigionieri e li ha trasformati in eredi al pari di lui.

Forse qualcuno di voi dirà: « Beati quelli che hanno avuto la felicità di ospitare Cristo a casa loro! ».

No, non essere triste, non lamentarti perché sei nato in un'epoca in cui non puoi più vedere il Signore nel suo corpo di carne.

Egli non ti ha privato di questo favore immenso; infatti ha detto: Tutto quello che avete fatto al più piccolo dei miei, l'avete fatto a me ( Mt 25,40 ) …

Ecco per te, Marta, una parola di pace: tu sei benedetta nel tuo solerte servizio, perché la tua fatica avrà come ricompensa il riposo.

Ora tu sei occupata in molte faccende e ti preoccupi di dare il nutrimento necessario alla vita mortale degli uomini, sia pure santi.

Ma quando sarai giunta nella patria, troverai forse pellegrini da accogliere come ospiti, affamati a cui dare del pane, assetati da ristorare, malati da visitare, contendenti da riconciliare, morti da seppellire?

Non ci sarà più niente di tutto questo: ma allora che cosa ci sarà?

Troverai quello che Maria ha scelto, perché lassù non avremo nessuno da nutrire, ma saremo nutriti.

Lassù godremo perfettamente e in pienezza quello che già quaggiù Maria aveva scelto, quando raccoglieva le briciole che cadevano dalla ricca mensa della parola di Dio.

Volete sapere dunque che cosa ci sarà lassù?

Il Signore stesso lo ha detto, parlando dei suoi servi: In verità vi dico: li farà sedere a tavola e, passando dall'uno all'altro, egli stesso li servirà ( Lc 12,37 ).

Agostino, Espressioni sui Salmi, 104,1-2.6

EMP L-43. - Il Cristo sempre vivo intercede in nostro favore

In conclusione delle nostre preghiere, noi diciamo: « Gesù Cristo nostro Signore », e non: « Per lo Spirito Santo ».

Questa pratica della Chiesa universale ha come fondamento il mistero dell'incarnazione di Cristo, mediatore tra Dio e gli uomini, sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedek.

Dando il proprio sangue, egli è entrato una volta per tutte nel santuario: non in quello che era soltanto una figura della realtà, costruita dall'uomo, ma nel santuario del cielo, dove è alla destra di Dio e intercede per noi.

Penetrando nel significato di questo sacerdozio di Cristo, l'Apostolo dice: Attraverso di lui offriamo continuamente a Dio un sacrificio di fede, il frutto delle nostre febbre che confessano il suo nome ( Eb 13,15 ).

Noi dunque offriamo il sacrificio della lode e della preghiera attraverso Cristo, perché attraverso la sua morte, da nemici che eravamo, siamo entrati di nuovo nell'amicizia di Dio.

Attraverso di lui e del suo volontario sacrificio per noi, la nostra offerta diventa adeguata e perciò gradita a Dio.

Ecco infatti che cosa dice la Scrittura: Anche voi, come pietre vive, prestatevi all'edificazione di un edificio spirituale, in vista di un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali che siano graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo ( Eb 2,5 ).

Per questo motivo ci rivolgiamo al Padre dicendo: « Per Gesù Cristo, tuo Figlio, nostro Signore ».

Sappiamo che a volte si dice addirittura: « Per l'eterno sacerdote, tuo Figlio e nostro Signore Gesù Cristo ».

Chiamando in causa il sacerdozio, non si fa altro che mettere in rilievo il mistero dell'incarnazione del Signore, del Figlio di Dio che, avendo forma di Dio … si svuotò di se stesso prendendo forma di schiavo … e si umiliò ancor di più, facendosi obbediente fino alla morte ( Fil 2,8-9 ).

Si è abbassato cioè un poco al di sotto degli angeli, egli che era uguale al Padre e uno con lui.

Sì, questo essersi fatto volontariamente simile agli uomini, restando uguale al Padre, è per il Figlio un vero abbassamento.

Ma è lui che ha voluto abbassarsi, fino a svuotarsi di se stesso prendendo forma di schiavo.

L'abbassamento di Cristo non è altro che questo suo annientamento …

In quanto mantiene la sua condizione divina, il Cristo è dunque il Dio unigenito e a lui, insieme al Padre, offriamo dei sacrifici; ma in quanto prende la condizione di schiavo, diventa il sacerdote per mezzo del quale possiamo offrire a Dio la vittima viva e santa a lui adeguata.

Ora, noi non avremmo potuto presentare il sacrificio, se Cristo non si fosse fatto vittima per noi, se la nostra stessa natura non fosse diventata in lui la vera vittima apportatrice di salvezza …

Quando dunque concludiamo le nostre preghiere dicendo che le offriamo per mezzo dell'eterno sacerdote, noi riconosciamo che egli partecipa pienamente della nostra natura.

Così infatti si esprime l'Apostolo: Ogni sommo sacerdote è scelto tra gli uomini e posto in favore degli uomini nelle loro relazioni con Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati ( Eb 5,1 ).

Quando poi aggiungiamo: « tuo Figlio, che vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo », ricordiamo l'unità che esiste per natura tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, e rendiamo esplicito il fatto che lo stesso Cristo che per noi esercita le funzioni di sacerdote è unito per natura al Padre e allo Spirito Santo.

Fulgenzio di Ruspe

8. - La manifestazione della divina carità

Chi lavora un campo, lo lavora per conservarlo coltivato.

Chi pianta una vigna, la pianta per custodirne le viti.

Chi mette insieme un gregge, lo fa per dedicarsi poi a moltiplicarlo.

E chi edifica una casa o pone delle fondamenta, anche se già non vi abita, abbraccia il lavoro a cui si sobbarca nella speranza della futura dimora.

E perché debbo fermarmi a parlare dell'uomo, quando gli stessi animali più piccoli fanno tutto per la brama di beni futuri?

Quando le formiche nascondono nei loro cunicoli sotterranei chicchi di ogni genere, li depositano, li ammassano tutti per amore della loro stessa vita?

Le api, quando costruiscono il fondo dei favi o colgono il polline dei fiori, perché vanno in cerca del timo se non per desiderio del miele?

E perché si affannano dietro i fiori, se non per amore della futura prole?

Dio dunque, che infonde anche agli animali più piccoli l'amore per le loro opere, avrà privato solo se stesso dell'amore per le sue creature?

Tanto più che l'amore per ogni realtà buona discende in noi dal suo amore sublime.

É lui infatti la fonte, l'origine di tutto; e poiché, come sta scritto: In lui viviamo, ci muoviamo e siamo ( At 17,28 ), da lui abbiamo ricevuto tutto l'affetto con cui amiamo le nostre creature.

Ma tutto il mondo, tutto il genere umano è una sua creatura.

Così dall'amore con cui amiamo le nostre creature egli ha voluto che noi comprendessimo quanto egli ama le sue creature.

Infatti, come leggiamo, l'intelletto contempla la sua realtà visibile per il tramite di ciò che è stato fatto ( Rm 1,20 ); così egli volle che noi comprendessimo il suo amore per noi dall'amore che egli ci ha dato per i nostri cari.

E come volle - come sta scritto - che ogni paternità e in cielo e in terra prendesse nome da lui ( Ef 3,15 ), volle anche che noi riconoscessimo il suo affetto paterno.

E dirò solo paterno? Anzi più che paterno.

Lo prova la voce del Salvatore nel Vangelo, che dice: Tanto infatti Dio ha amato questo mondo da dare il suo Figlio unico per la vita del mondo ( Gv 3,16 ).

E l'Apostolo dice: Dio non perdonò a suo Figlio, ma lo sacrificò per noi.

Come dunque con lui non ci avrà donato tutto? ( Rm 8,32 ).

Ecco dunque, come ho detto: Dio ci ama più che un padre il proprio figlio.

Ed è evidente che il suo affetto per noi è maggiore dell'affetto per i figli, perché per amore nostro non risparmiò il suo Figlio.

E che più? Aggiungo: il Figlio giusto, il Figlio unigenito, il Figlio di Dio.

Che si può dire ancora? Per noi: cioè per i malvagi, per gli iniqui; per gli empi.

Chi potrà dunque misurare l'amore di Dio verso di noi?

Salviano di Marsiglia, Il divino governo del mondo, 4,9-10

9. - Il mediatore e rivelatore della grazia

É questa la via universale per la liberazione dei credenti; riguardo ad essa il fedele Abramo udì il divino oracolo: Nel tuo seme saranno benedette tutte le genti ( Gen 22,18 ) …

É questa dunque la via universale, riguardo alla quale nella santa profezia sta scritto: Dio abbia pietà di noi e ci benedica; faccia risplendere su di noi il suo volto e abbia pietà di noi: affinché conosciamo sulla terra la tua via, tra tutte le genti la tua salvezza ( Sal 63,2-3 ).

Per questo, tanto tempo dopo, il Salvatore, che aveva assunto carne dal seme di Abramo, disse di se stesso: Io sono la via, la verità e la vita ( Gv 14,6 ).

Questa è la via universale, riguardo cui tanto tempo prima era stato profetato: Negli ultimi tempi, sarà rivelato il monte della casa del Signore, preparato sulla vetta dei monti, che si innalzerà al di sopra dei colli; e a lui verranno tutte le genti, e vi entreranno molti popoli e diranno: Venite, saliamo al monte del Signore e alla casa del Dio di Giacobbe; egli ci annuncerà la sua via e noi entreremo in essa.

Da Sion infatti uscirà la legge, e la parola del Signore da Gerusalemme ( Is 2,2-3 ).

Questa via dunque, non è di un solo popolo, ma di tutte le genti.

E la legge e la parola del Signore non rimase in Sion e in Gerusalemme, ma di là procedette per diffondersi nell'universo.

Perciò lo stesso Mediatore, dopo la sua risurrezione, disse ai discepoli trepidanti: Era necessario si adempisse ciò che nella legge, nei profeti e nei salmi sta scritto di me.

Poi aprì loro il senso affinché comprendessero le Scritture e disse loro come fosse necessario che Cristo patisse e risorgesse dai morti al terzo giorno, e che nel suo nome fosse predicata la penitenza e la remissione dei peccati a tutte le genti, cominciando da Gerusalemme ( Lc 24,44-47 ).

Questa è dunque la via universale per la liberazione dell'anima, di cui i santi angeli e i santi profeti parlarono, ove fu loro possibile, tra i pochi uomini che ne avevano ottenuto la grazia, e soprattutto tra il popolo ebreo, la cui sacra nazione era quasi una profezia e un annuncio della città di Dio che si sarebbe un giorno raccolta da tutte le genti; e la rappresentarono per mezzo del tabernacolo, del tempio, del sacerdozio e dei sacrifici, preannunciandola talvolta con parole chiare, ma per lo più misteriose.

Lo stesso Mediatore, poi, presente nella carne, e i suoi beati apostoli, rivelando la grazia del nuovo patto, indicarono più apertamente ciò che nei tempi antecedenti era stato annunciato piuttosto velatamente, in conformità alle età diverse del genere umano, ordinate secondo il beneplacito e la sapienza di Dio; il tutto fu poi confermato dal segno mirabile delle opere divine di cui sopra ho detto qualcosa.

Non apparvero solamente visioni angeliche, né risuonarono solo le parole dei ministri celesti; che anzi gli uomini di Dio, con una semplice parola di pietà, cacciarono gli spiriti immondi dai corpi e dai sensi umani, sanarono i difetti e le infermità del corpo, piegarono all'obbedienza a Dio gli animali della terra e delle acque, gli uccelli del cielo, gli alberi, gli elementi, le stelle; l'aldilà si arrese e i morti risorsero.

Ciò, anche escludendo i miracoli propri e singolarissimi dello stesso Salvatore, e soprattutto quelli della sua nascita e della sua risurrezione: con il primo svelò il sacro mistero della verginità di sua madre; con l'altro propose il modello di coloro che alla fine risorgeranno.

Questa via purifica tutto l'uomo e prepara il mortale, in tutte le parti che lo compongono, all'immortalità.

Infatti, affinché non si cercasse una purificazione per quella parte che Porfirio [ filosofo neoplatonico, autore della nota Isagoge ] chiama intellettuale, un'altra per quella che chiama spirituale, e un'altra ancora per lo stesso corpo, appunto per ciò, il Salvatore, il purificatore veracissimo e potentissimo, assunse tutto l'uomo.

Al di fuori di questa via che mai mancò al genere umano, o preannunciata nel futuro, o annunciata nella sua realizzazione, nessuno giunse mai a liberazione, vi giunge o mai vi giungerà …

La venuta di Cristo nella carne, le meraviglie in lui avveratesi con tanto splendore, o compiute nel suo nome; la penitenza degli uomini e la conversione della loro volontà a Dio; la remissione dei peccati, la grazia della giustizia, la fede dei pii e il numero immenso di coloro che, su tutta la terra, credono nel Dio vero; la soppressione del culto dei simulacri e dei demoni, la prova delle tentazioni, la purificazione dei proficienti e la loro liberazione da ogni male, il giorno del giudizio, la risurrezione dei morti, la dannazione eterna della società degli empi e il regno eterno della gloriosissima città di Dio che gioisce per sempre al suo cospetto: tutto ciò, di questa via, le Scritture ci predicano e ci promettono; e molto di tutto ciò, lo vediamo, si è già adempiuto, perché ci sia dato di confidare, con senso di vera religiosità, nell'avverarsi del rimanente.

Quanti non credono alla rettitudine di questa via che culmina nella visione di Dio e nell'eterna unione a lui, nella verità propugnata e asserita dalle Scritture sante, e perciò non la comprendono, possono combatterla, ma non possono distruggerla.

Agostino, La città di Dio, 10,32

EMP I-41. - Io sono la via, la verità e la vita

Il Signore in modo conciso disse: Io sono la luce del mondo; chi mi segue non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita ( Gv 8,12 ).

In questa frase una parte è di comando e una parte è di promessa: facciamo dunque quello che comandò, affinché non abbiamo a desiderare senza pensarci quello che promise; e così non ci chieda nel suo giudizio: Hai fatto quello che ho comandato, in modo da poter aspirare a quello che ho promesso?

Che cosa dunque hai comandato, o Signore nostro Dio?

Egli ti dice: Che tu mi segua.

Hai domandato un consiglio di vita.

Di quale vita, se non di quella di cui è stato detto: « Presso di te è la sorgente della vita? »

Perciò mettiamoci subito all'opera, seguiamo il Signore; rompiamo le catene che ci impediscono di seguirlo.

E chi è capace di sciogliere questi nodi, se non ci aiuta colui al quale fu detto: Hai spezzato le mie catene? ( Sal 116,4 ).

Di lui un altro salmo dice: Il Signore libera i prigionieri, il Signore rialza i prostrati.

E che cosa seguono i liberati e i rialzati se non la luce, dalla quale sentono: Io sono la luce del mondo; chi mi segue non cammina nelle tenebre?, perché il Signore illumina i ciechi.

Perciò, fratelli, muniti del collirio della fede, apriamo subito i nostri occhi alla luce.

Infatti prima la sua saliva venne a contatto con la terra, per ungere colui che era nato cieco.

E anche noi siamo nati ciechi da Adamo, e abbiamo bisogno di essere illuminati da lui.

Mescolò saliva con la terra: Il Verbo sì è fatto carne e ha dimorato fra noi ( Gv 1,14 ).

Mescolò saliva con la terra; e perciò fu predetto: La verità è germogliata dalla terra; e proprio lui disse: Io sono la via, la verità e la vita ( Gv 14,5 ).

Godremo della verità quando saremo faccia a faccia, perché anche questo ci viene promesso.

Infatti chi oserebbe sperare quello che Dio non si è degnato o di promettere o di dare?

Vedremo faccia a faccia.

L'Apostolo dice: Adesso conosco imperfettamente, come attraverso uno specchio, in immagine, allora invece faccia a faccia ( 1 Cor 13,12 ).

E l'apostolo Giovanni nella sua lettera: Carissimi, fin da ora siamo figli di Dio, ma non è ancora stato manifestato quello che saremo; sappiamo che quando questo sarà manifestato, saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è ( Gv 3,2 ).

Questa è una promessa grande.

Se ami, segui. Amo, dici, ma dove devo seguire?

Se il Signore Dio tuo ti avesse detto soltanto: Io sono la verità e la vita, tu, desiderando la verità, anelando alla vita, cercheresti la via per pervenire ad esse, e diresti a te stesso: É un grande dono la verità, è un grande dono la vita; se la mia anima sapesse come arrivarvi!

Cerchi la via per giungervi? Ascolta il Signore; è lui che per primo te lo dice: « Io sono la via ».

Prima che tu chieda qual è la via, egli te lo dice: « Io sono la via ».

La via per dove? « E la verità e la vita ».

Prima dice per dove devi andare, poi dice dove.

« Io sono la via, io sono la verità, io sono la vita ».

In quanto resta presso il Padre, è la verità e la vita; in quanto si è rivestito di carne mortale è la via.

Non ti è stato detto: Sforzati di cercare la via per giungere alla verità e alla vita. Non ti è stato detto questo.

Pigro, alzati! La via stessa è venuta da te, per svegliare dal sonno te che dormivi; e se egli ti ha svegliato, alzati e cammina.

Può darsi che tu tenti di camminare, ma non ci riesci perché ti dolgono i piedi.

E perché ti dolgono? Non hanno forse corso su strade piene di sassi per obbedire ai richiami dell'avarizia?

Ma il Verbo di Dio ha guarito anche gli zoppi!

Ecco - tu dici ora - io ho i - piedi sani, ma non vedo la via.

Eppure egli ha illuminato anche i ciechi!

Agostino, Commento al Vangelo

10. - Io sono la via, la verità e la vita

Se il Signore Dio tuo ti avesse detto soltanto: Io sono la verità e la vita, tu, desiderando la verità, anelando alla vita, cercheresti la via per pervenire ad esse, e diresti a te stesso: É un grande dono la verità, è un grande dono la vita; se la mia anima sapesse come arrivarvi! Cerchi la via per giungervi?

Ascolta il Signore; è lui che per primo te lo dice: « Io sono la via ».

Prima che tu chieda qual è la via, egli te lo dice: « Io sono la via ». La via per dove?

« E la verità e la vita ». Prima dice per dove devi andare, poi dice dove.

« Io sono la via, io sono la verità, io sono la vita ».

In quanto resta presso il Padre, è la verità e la vita; in quanto si è rivestito di carne mortale è la via.

Non ti è stato detto: Sforzati di cercare la via per giungere alla verità e alla vita. Non ti è stato detto questo.

Pigro, alzati! La via stessa è venuta da te, per svegliare dal sonno te che dormivi; e se egli ti ha svegliato, alzati e cammina.

Può darsi che tu tenti di camminare, ma non ci riesci perché ti dolgono i piedi.

E perché ti dolgono? Non hanno forse corso su strade piene di sassi per obbedire ai richiami dell'avarizia?

Ma il Verbo di Dio ha guarito anche gli zoppi!

Ecco - tu dici ora - io ho i - piedi sani, ma non vedo la via.

Eppure egli ha illuminato anche i ciechi!

Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni, 34,8-9

11. - Cristo semente

Cristo è il re, perché è la fonte di ogni dominio.

Cristo è il regno, perché in lui è tutta la gloria del regno.

Cristo è l'uomo, perché tutta l'umanità in lui è rinnovata.

Cristo è la semente in cui tutta la grandezza di Dio appare così piccola, in tutta la piccolezza dell'uomo.

E che ancor più? Egli è diventato tutto, per rinnovare tutto in sé.

Cristo, l'uomo, prese la semente: cioè l'umanità di Cristo prese il regno di Dio, che egli, come Dio, possedeva da sempre.

La gettò nel suo orto, cioè nella Chiesa.

La Chiesa è l'orto, ben curato, esteso su tutta la terra per la predicazione del Vangelo; circondato dalla siepe della disciplina, ripulito, col lavoro apostolico, da tutte le male erbe, allietato dai frutti dei fedeli: i gigli delle vergini, le rose dei martiri, il verde dei confessori; profuma dei fiori dell'eternità.

Pietro Crisologo, Sermoni sul Vangelo di san Luca, 35

12. - Liberazione dell'umanità da parte di Cristo

Quale vantaggio ricevette Simeone dal vedere il Cristo?

La promessa non riguardò semplicemente il fatto di contemplare il Cristo, senza ricavarne alcuna utilità?

Oppure essa nasconde una ricompensa degna di Dio, meritata e riscossa dal beato Simeone?

Una donna toccò l'orlo del mantello di Gesù e fu tosto guarita ( Lc 8,43-48 ).

Ora, se questa donna, nel toccare l'estremità del mantello del Signore, ne ricevette tale beneficio, che pensare allora di Simeone, che prese tra le sue braccia ( Lc 2,28 ) il Bambino Gesù e, così facendo, si abbandonò alla gioia, vedendo che egli stringeva il bimbo venuto a liberare i prigionieri e che lui stesso stava per esser liberato dai legami del corpo?

Simeone era ben a conoscenza del fatto che nessuno avrebbe mai potuto far uscire alcun'anima dalla prigione del corpo con la speranza della vita futura, se non colui che egli stesso stringeva nelle proprie braccia.

Ed è, appunto, a Gesù che Simeone si rivolge, allorché dice: É tempo, o Signore, che tu consenta che il tuo servitore se ne vada in pace ( Lc 2,29 ).

É come se dicesse, infatti: « Era da tanto tempo che non toccavo il Cristo, da tanto tempo che non lo stringevo fra le mie braccia: ero prigioniero e non riuscivo a liberarmi dalle mie catene ».

Né parole come queste, d'altronde, appartengono unicamente a Simeone; esse, al contrario, vanno riferite all'intero genere umano.

Se qualcuno, dunque, abbandona il mondo, se qualcuno viene liberato dalla prigione e dalla dimora dei reclusi per ottenere il regno, ebbene costui prenda Gesù fra le sue mani e lo circondi con le sue braccia e lo stringa tutt'intero sul suo cuore: saltellando di gioia, egli potrà allora andarsene ovunque vorrà …

Così anche noi, stando nel tempio e stringendo fra le nostre braccia il Figlio di Dio, saremo in grado di scioglierci dai nostri legami corporali e di elevarci verso l'alto.

Preghiamo, dunque, il Signore onnipotente, preghiamo anche il Bambino Gesù, come se parlassimo con lui tenendolo fra le nostre braccia.

Origene, Commento al Vangelo di San Luca, 15,1.5

13. - L'invio del Figlio

Colui che è veramente onnipotente, creatore dell'universo e Dio invisibile, egli stesso fece scendere dal cielo, tra gli uomini, la sua Verità, la sua Parola santa e incomprensibile, e la stabilì nei loro cuori.

E lo fece non mandando - come si poteva pensare - qualche suo servo, o angelo, o principe preposto al governo sulla terra, o all'amministrazione in cielo, ma mandando lo stesso Artefice e Fattore di tutte le cose, per cui creò i cieli e chiuse il mare nelle sue sponde e le cui leggi misteriose sono fedelmente custodite da tutti gli elementi.

Da lui, infatti, ebbe il sole la misura del suo corso quotidiano, a lui obbediscono la luna - quando splende nella notte - e le stelle - quando le fanno corteo nel suo viaggio -; da lui tutto fu stabilito, disposto, ordinato: il cielo e gli esseri celesti, la terra e le creature terrestri, il mare e gli animali marini, il fuoco, l'aria, l'abisso; quello che sta in alto, quello che è nel profondo e quello che sta nel mezzo ( 1 Cor 11,27-28; Ef 1,22; Fil 3,21; Eb 2,8 ).

Costui Iddio mandò!

Qualcuno potrebbe pensare: lo inviò per tiranneggiare o per spaventare o colpire gli uomini. No davvero!

Lo inviò con mitezza e con bontà come un re manda suo figlio, lo inviò come Dio e come uomo fra gli uomini; e questo fece per salvare, per persuadere, non per violentare; a Dio non conviene la violenza!

Lo inviò per chiamare, non per castigare; lo inviò per amare, non per giudicare …

Di quale gioia sarai ricolmo quando lo avrai conosciuto, e come amerai colui che per primo ti ha amato! ( 1 Gv 4,19 ).

E amandolo diventerai imitatore della sua bontà.

Non meravigliarti che un uomo possa diventare imitatore di Dio: lo può perché egli lo vuole.

Non lo si imita, certo, né si è felici dominando il prossimo, o cercando di possedere più degli altri, o arricchendosi e tiranneggiando gli inferiori: tutte queste cose sono lontane dalla sua grandezza!

Ma chi prende su di sé il fardello del prossimo ( Gal 4,2 ) e cerca di servire anche gli inferiori; chi, donando ai bisognosi ciò che gli fu dato, diventa come un Dio per i suoi beneficati, costui è imitatore di Dio.

Lettera a Diogneto, 7.10

14. - L'elargitore della bevanda spirituale

Gesù rispose e disse: In verità, in verità vi dico, voi cercate me non perché avete veduto dei miracoli, ma perché avete mangiato i miei pani ( Gv 6,26 ).

Cioè, mi cercate spinti dalla vostra carne, non dallo spirito.

Quanti sono coloro che cercano Gesù solo per averne dei favori temporali!

Uno deve combinare un affare e cerca perciò la mediazione del chierico; un altro è perseguitato da qualche pezzo grosso e cerca rifugio in chiesa; un altro vuole essere raccomandato presso qualche potente, di fronte al quale egli conta poco.

Uno vuole questo, uno vuole quell'altro: la Chiesa è piena di gente simile.

Di rado si trova qualcuno che cerca Gesù per Gesù.

Voi cercate me non perché avete veduto dei miracoli, ma perché avete mangiato i miei pani.

Procacciatevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna ( Gv 6,26-27 ).

Voi mi cercate per qualcosa che mi è estraneo; cercatemi per me stesso.

E fa capire che egli stesso è quel nutrimento per la vita eterna, che nelle parole seguenti renderà chiaro: che vi darà il Figlio dell'uomo ( Gv 6,27 ).

Tu attendevi, credo, altro pane da mangiare, per sederti di nuovo e saziarti.

Ma Gesù ha detto: « Non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna », nello stesso senso in cui aveva detto alla samaritana, quando la donna gli aveva fatto osservare che egli non aveva di che attingere l'acqua, mentre il pozzo era profondo: Se tu sapessi chi è colui che ti chiede da bere, ne chiederesti tu a lui, ed egli ti darebbe l'acqua viva ( Gv 4,10 ).

Gesù le disse: « Se tu sapessi chi è colui che ti ha chiesto da bere, ne chiederesti tu a lui, ed egli ti darebbe un'acqua, che se tu la bevi, non avrai più sete; mentre chi beve di quest'acqua avrà di nuovo sete ».

La donna si allietò a sentire quelle parole, e voleva avere quell'acqua, perché con quella non avrebbe più sofferto la sete e non avrebbe più dovuto faticare per venire ad attingere: e attraverso queste considerazioni giunse a capire che si trattava di un'acqua spirituale.

Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni, 25,10

EMP I-59. - Il Signore si rivela a coloro che accettano di « spezzare il pane »

Dopo la risurrezione il Signore Gesù incontrò per via due dei suoi discepoli che parlavano tra loro di ciò che era accaduto, e disse loro: Che sono questi discorsi che state facendo tra voi durante il cammino? ( Lc 24,17 ).

Questo brano evangelico ci dà una grande lezione, se lo comprendiamo rettamente.

Gesù appare, si mostra ai discepoli e non viene riconosciuto.

Il Maestro li accompagna sulla via ed è lui stesso la Via; ma essi non sono ancora sulla vera Via: quando Gesù li incontra hanno perduto la Via.

Quando viveva con loro, prima della sua passione, egli aveva predetto tutto: le sofferenze, la morte, la risurrezione il terzo giorno.

Aveva annunciato tutto, ma la sua morte ne aveva fatto perdere il ricordo …

Noi speravamo, dicono, che fosse lui a liberare Israele ( Lc 24,21 ).

Come mai, o discepoli, speravate e ora non sperate più?

Cristo vive e la vostra speranza è morta! Sì, Cristo vive.

Ma il Cristo vivente ha trovato morti i cuori dei suoi discepoli.

Appare ai loro occhi ed essi non lo scorgono: si mostra e rimane nascosto.

Se non si mostrasse, come potrebbero sentire la sua domanda e rispondergli?

Cammina con loro e sembra che li segua, in realtà è lui che li guida.

Lo vedono, ma non lo riconoscono, i loro occhi, dice il testo, erano incapaci di riconoscerlo ( Lc 24,16 ).

Ebbene, fratelli, quando Gesù ha voluto manifestarsi? Nello spezzare il pane ( Lc 24,35 ).

Possiamo esserne certi: dividendo il pane, riconosciamo il Signore.

Egli non ha voluto essere riconosciuto se non a questo momento a cagion nostra, che non lo avremmo visto nella carne e tuttavia avremmo mangiato la sua carne.

Chiunque tu sia, o cristiano che non porti invano tale nome e non entri inutilmente in chiesa, tu che ascolti con timore la parola di Dio, trova il tuo conforto nello « spezzare il pane ».

Credi, e colui che non vedi è con te.

Quando Gesù parlava, i discepoli non avevano la fede e, non sperando di vederlo risorto, non speravano nemmeno di poter rivivere.

Avevano perduto la fede, avevano perduto la speranza.

Morti, camminavano con un vivente; morti, camminavano con la Vita.

Tu, se vuoi la vita, fa' quello che essi hanno fatto, e riconoscerai il Signore.

Hanno accolto lo straniero: il Signore era come un viaggiatore che va lontano, ma hanno saputo trattenerlo.

Quando essi arrivarono a destinazione, gli dissero: Resta con noi perché si fa sera ( Lc 24,29 ).

Ospita lo straniero, se vuoi incontrare il Salvatore.

Ciò che il dubbio aveva fatto perdere è stato restituito dall'ospitalità.

Il Signore ha manifestato la sua presenza nell'atto di spezzare il pane.

Agostino, Discorsi, 235,1-3

15. - Il sommo sacerdote

Noi adoriamo il Dio unico e il suo unico Figlio, Logos e Immagine; attraverso le nostre sincere suppliche e orazioni, offriamo le nostre preghiere al Dio dell'universo per il tramite del suo unico Figlio.

É a quest'ultimo, infatti, che noi ci rivolgiamo in primo luogo, chiedendogli di intercedere per i nostri peccati e di presentare al Dio supremo, in guisa di gran sacerdote, le nostre preghiere, i nostri sacrifici e le nostre suppliche ( 1 Gv 4,10; Gv 2,2; Eb 2,17 ).

Questa è la fede che noi abbiamo in Dio, attraverso il Figlio che la fortifica in noi stessi.

Noi adoriamo il Padre, nutrendo ammirazione nei rispetti del Figlio suo, Logos, Sapienza, Verità, Giustizia, insieme con tutti gli altri attributi che abbiamo appreso a riguardo del Figlio di Dio.

Origene, Contro Celso, 8,13

16. - Il sacrificio del vero sommo pontefice

Come avrebbe potuto esservi riconciliazione tra Dio e il genere umano, se il mediatore tra Dio e gli uomini non avesse preso su di sé il debito di tutti?

In che altro modo avrebbe potuto compiere una vera mediazione se, simile al Padre nella sua natura divina, non fosse stato anche uno di noi nella sua natura di servo?

Solo così il vincolo della morte, dovuto alla colpa di uno ( Adamo ), fu sciolto dalla morte di uno ( Cristo ), che solo non era meritevole di morte.

Fu tale la potenza redentrice del sangue di Cristo versato per gli ingiusti, che se tutti gli uomini stretti nei vincoli credono al loro Redentore, i ceppi del demonio non possono resistere.

Dice infatti l'Apostolo: Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia ( Rm 5,20 ).

Gli uomini nati sotto il giogo del peccato hanno avuto la possibilità di rinascere alla giustizia: perciò il dono della libertà è più potente che la colpa della servitù.

Chi è, dice l'Apostolo, che per noi ha dato se stesso quale oblazione e sacrificio di soave odore? ( Ef 5,2 ).

Quale sacrificio fu più santo di quello che il vero e unico sommo sacerdote ha offerto sull'altare della croce, sacrificando la sua carne?

Perché, anche se la morte di molti santi fu preziosa al cospetto del Signore ( Sal 115,15 ), tuttavia la morte di nessuno di questi innocenti arrecò al mondo la riconciliazione.

I giusti ricevettero la corona, ma non la diedero; dal coraggio dei credenti noi riceviamo esempio di pazienza, ma non certo grazia di giustizia.

La morte dei singoli ebbe importanza solo per loro, ma nessuno redense con la propria morte le colpe dell'altro.

Tra tutti gli uomini, solo in nostro Signore Gesù Cristo, il vero agnello senza macchia, tutti sono stati crocifissi, tutti uccisi, tutti sepolti e tutti anche sono risorti.

Di loro disse il Signore stesso: Quando io sarò sollevato da terra, attrarrò tutti a me ( Gv 12,32 ).

Infatti la vera fede, che rende giusti gli empi, raggiunge la salvezza solo in colui in cui l'umanità è priva di peccato, in quanto egli, per la grazia di Dio, può gloriarsi del potere di colui che, nella bassezza della nostra carne, fece guerra al nemico del genere umano e a questo elargì la vittoria, nella cui carne raggiunse il trionfo.

Leone Magno Lettera all'imperatore Leone, 4-5

17. - Il donatore di purezza e santità

Che cosa rispose il Signore a coloro i cui pensieri erano soltanto terreni?

E diceva loro: Voi siete di quaggiù, io sono di lassù ( Gv 8,23 ).

Poiché voi non sapete che di terra, come il serpente mordete la terra.

Cosa significa mordere la terra?

Vi cibate di cose terrene, di cose terrene vi dilettate, godete dei piaceri terreni, e non sapete innalzare il vostro cuore.

« Voi siete di quaggiù, io sono di lassù. Voi siete di questo mondo; io non sono di questo mondo ».

In che modo poteva essere di questo mondo colui, per mezzo del quale il mondo è stato fatto?

Tutte le cose che sono di questo mondo sono posteriori al mondo, perché il mondo fu fatto prima di esse e fra queste è anche l'uomo; prima ancora è Cristo, poi il mondo, perché prima del mondo c'è Cristo e niente c'è prima di Cristo: poiché in principio era il Verbo; e tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui ( Gv 1,1.3 ).

In questo senso egli era di lassù.

Da quali cose di lassù? Dall'aria? No certo! Là vi sono anche gli uccelli che volano.

Dal cielo che vediamo? Neppure; là vi sono anche le stelle, il sole e la luna.

Dagli angeli? Neppure così devi intendere: gli angeli sono stati fatti per mezzo di lui, come per mezzo di lui sono state fatte tutte le cose.

Da quali cose di lassù era dunque Cristo? Egli veniva dal seno del Padre.

Niente infatti è più alto di Dio che generò il Verbo uguale a se stesso, coeterno con lui, unigenito, senza tempo, e per mezzo del quale avrebbe creato tutti i tempi.

Perché tu bene intenda che in questo senso Cristo è di lassù, devi elevarti col pensiero al di sopra di tutto ciò che è creato, al di sopra di ogni creatura dell'universo, di ogni corpo, di ogni spirito creato, di ogni cosa che in qualsiasi modo è mutevole: sali al di sopra di tutto, così come vi salì Giovanni che toccò questa verità: « In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, ed era Dio il Verbo ».

Io - disse - sono di lassù. Voi siete di questo mondo!

Io non sono di questo mondo. Per questo vi ho detto che morrete nei vostri peccati ( Gv 8,23-24 ).

Che nessuno dunque dica, fratelli: Io non sono di questo mondo.

Qualsiasi uomo è di questo mondo: ma a te è venuto colui che fece il mondo e dal mondo ti ha liberato.

Se ami il mondo, è segno che vuoi essere sempre immondo: ma se non ami questo mondo, allora sei mondato, cioè sei puro.

E anche se, per la tua debolezza, ancora ami il mondo, sia in te chi ti può mondare e allora sarai puro.

Se sarai puro, non rimarrai nel mondo e non ti sentirai dire ciò che si sentirono dire i giudei: « Morrete nel vostro peccato ».

Tutti infatti siamo nati col peccato: tutti, vivendo, aggiungiamo qualcosa a ciò che eravamo quando siamo nati, e quindi apparteniamo al mondo ancora di più di quanto gli appartenevamo quando siamo nati dai nostri genitori.

E dove saremmo noi, se non fosse venuto colui che non aveva peccato, per assolvere ogni peccato?

In quanto non credevano a lui, i giudei giustamente si sentirono dire: « Morrete nel vostro peccato ».

Vi è impossibile essere senza peccato, dato che col peccato siete nati: ma tuttavia - egli dice in sostanza - se in me crederete pur essendo nati nel peccato, non morrete nel vostro peccato.

La sciagura dei giudei era non l'avere il peccato, ma morire nel peccato.

É questo quanto deve fuggire ogni cristiano; per questo si corre a farsi battezzare.

Per questo chi è in pericolo per una malattia o per qualche altra ragione, chiede di essere aiutato; per questo il fanciullo che ancora succhia il latte dalla mamma è portato da pie mani alla chiesa, nel timore che esca dalla vita senza il battesimo, e che muoia in quel peccato nel quale è nato.

Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni, 38,4-6

18. - Il soccorritore nella nostra debolezza

La via che ci conduce alla salvezza, o carissimi, è Gesù Cristo, il sommo sacerdote delle nostre offerte, il nostro protettore, colui che ci soccorre nella nostra debolezza.

É attraverso di lui che noi fissiamo il nostro sguardo nell'alto dei cieli;

attraverso di lui contempliamo, come in uno specchio, l'immagine pura e altissima di Dio;

per il suo tramite si sono aperti gli occhi del nostro cuore;

è grazie a lui che la nostra intelligenza, fino a quel momento miope e ottenebrata, rifiorisce alla sua mirabile luce.

Servendosi di lui il regale Padrone si compiacque di farci gustare la scienza immortale: Questo figlio, essendo lo splendore riflesso della gloria del Padre … è tanto più sublime degli angeli, quanto più eccellente del loro è il nome che egli ha ricevuto in eredità ( Eb 1,3-4 ).

Sta infatti scritto:

Egli ha fatto dei venti i suoi messaggeri e delle fiamme di fuoco i suoi ministri; del suo Figlio, invece, così dice il Signore ( Eb 1,7-8; Sal 104,4 ):

Tu sei il mio Figliolo, oggi ti ho generato ( Eb 1,5; cf. anche Sal 2,7 ).

Rivolgiti a me e ti concederò i popoli in eredità, diverranno tuo possedimento i confini della terra ( Sal 2,8 ).

Siedi alla mia destra, gli dice ancora, perché io faccia dei tuoi nemici lo sgabello dei tuoi piedi ( Eb 1,13; Sal 110,1 ).

Chi sono, poi, questi nemici? Sono i malvagi che si ribellano alla sua volontà.

Fratelli, poniamoci con tutto il nostro zelo ai suoi ordini, come soldati ( 2 Cor 10,3; 1 Tm 1,18; 2 Tm 2,3; Ef 6,11-17 ).

Guardiamo a quanti, nel nostro esercito, militano agli ordini degli ufficiali: con che disciplina, con che solerzia, con quale sottomissione eseguono i comandi.

Non tutti sono proconsoli né tribuni né centurioni né quinquagenari e via dicendo; ciascuno tuttavia, al suo posto, esegue gli ordini dell'imperatore e degli ufficiali superiori.

Questi ultimi, d'altronde, nulla potrebbero senza gli inferiori, né costoro senza di quelli.

In tutte le cose esiste un rapporto scambievole, che le rende utili a vicenda.

Prendiamo esempio dal nostro corpo ( 1 Cor 12,21-31; Rm 12,4 ).

Il capo senza i piedi non serve a nulla, così come nulla sono i piedi senza il capo.

Persino le più piccole membra del nostro corpo risultano indispensabili e rivelano la loro utilità in funzione dell'insieme: tutte si subordinano all'unico scopo, tutte concorrono al benessere e alla funzionalità dell'intero organismo.

Orbene, adoperiamoci a conservare integro e sano anche il corpo che noi formiamo in Gesù Cristo; ciascuno stia sottomesso al suo prossimo ( Ef 5,21; 1 Pt 5,5 ), conformemente al grado nel quale, per dono del Signore, è stato posto.

Il forte protegga il debole, mentre chi è debole rispetti colui che è più forte;

il ricco presti soccorso al povero e quest'ultimo rivolga a Dio il suo ringraziamento per avergli fatto incontrare chi assista la sua indigenza;

il sapiente dimostri la propria saggezza non con le parole, ma attraverso le opere buone;

chi è umile non sia lui a dirlo, ma lasci che siano gli altri ad accorgersene;

chi è casto non ne meni vanto, nella consapevolezza che non è per merito proprio, bensì per l'aiuto d'altri che egli riceve il dono della continenza.

Rendiamoci conto, fratelli, della qualità della materia di cui siamo formati.

Che cosa eravamo mai al principio di questa nostra esistenza terrena?

Da quale fossa ci ha tratto, allorché siamo venuti al mondo, il nostro Creatore, dopo averci preparato i suoi benefici ancor prima che noi nascessimo!

Tutto abbiamo ricevuto da lui; di tutto, allora, rendiamogli grazie!

Gloria a lui nei secoli dei secoli. Amen.

Clemente di Roma, Lettera ai Corinzi, 36-38

19. - Il medico dell'anima

Accogliamo il Signore Iddio, il solo autentico medico che sia in grado di guarire le anime nostre, dopo aver tanto sofferto per noi!

Egli, infatti, bussa continuamente alla porta del nostro cuore perché noi gli apriamo e, una volta entrato, possa riposare nelle anime nostre; perché, altresì, noi laviamo e ungiamo i suoi piedi ed egli ponga la propria dimora presso di noi.

Il Signore, infatti, rimprovera chi non abbia lavato i suoi piedi ( Lc 7,44 ).

Altrove poi dice: Ecco, io sto alla porta e busso: se uno sente la mia voce e mi apre l'uscio, entrerò da lui ( Ap 3,20 ).

Per questo motivo, infatti, il Signore accettò di soffrire molte pene, giungendo a consegnare il proprio corpo nelle mani della morte, allo scopo di riscattarci dalla schiavitù e di venire a prender dimora nell'anima nostra.

A coloro i quali, perciò, trovandosi durante il giudizio alla sinistra del Signore, vengono da lui cacciati nella geenna assieme al demonio, così si rivolge Gesù: Ero pellegrino, e non mi avete dato ospitalità.

Ero affamato, e non mi avete dato da mangiare.

Avevo sete, e non mi avete dato da bere ( Mt 25,42-43 ).

Il cibo del Signore, infatti, così come la sua bevanda, gli indumenti, la casa, la sua pace, si trovano nelle anime nostre.

Perciò egli non si stanca di bussare, tanto grande è il suo desiderio di entrare dentro di noi.

Accogliamolo, dunque, e introduciamolo nella nostra intimità: egli, infatti, è il nostro cibo, la nostra bevanda, la nostra vita eterna.

Ogni anima, pertanto, che non avrà accolto, nel corso della vita presente, il Signore e non avrà trovato in lui la propria pace o, meglio, la propria rigenerazione, non entrerà in possesso dell'eredità nel regno dei cieli ( Ef 5,5 ) assieme con i santi, né potrà fare il proprio ingresso nella città celeste.

Signore Gesù Cristo, introduci allora tu stesso nel tuo regno noi, che rendiamo gloria al tuo nome, assieme con il Padre e lo Spirito Santo, nei secoli. Amen.

Pseudo-Macario, Omelie spirituali, 30,9

20. - Cristo il Maestro

Non è contrario alla natura del Logos salvifico rivolgere premurosi rimproveri: anche questo, anzi, è un rimedio messo in atto dalla bontà di Dio nei confronti dell'uomo, onde suscitargli il rossore della vergogna e donargli lo scandalo del peccato.

Il rimprovero si mostra necessario nel momento in cui occorre un po' ferire l'anima che si sia lasciata andare, per darle non già la morte, bensì la salvezza: lieve sofferenza che fa risparmiare una morte eterna.

Grande è la sapienza della divina pedagogia; molteplici sono i modi attraverso i quali essa si prende cura della nostra salvezza.

Il pedagogo testimonia in favore di coloro che compiono il bene e chiama gli eletti a operare sempre meglio; egli distoglie dalla loro inclinazione coloro che corrono verso i peccati, incoraggiandoli a intraprendere una vita migliore.

Nessuno è lasciato senza che gli venga resa testimonianza: ciascuno, a qualsiasi delle due categorie descritte appartenga, riceve una piena confermazione e incommensurabile risulta il beneficio che si ricava da tali testimonianze.

Lo stesso accesso di collera di Dio - se davvero « collera » devono chiamarsi i rimproveri ch'egli ci rivolge - è un segno della sua bontà nei rispetti dell'uomo: è Dio che acconsente a rivestirsi dei sentimenti umani per il bene dell'uomo, nell'interesse del quale anche il logos di Dio si è incarnato.

Con tutte le sue forze, dunque, il Pedagogo dell'umanità, il nostro Logos divino, si serve delle più diverse manifestazioni della propria sapienza e si dà premura per salvare gli sprovveduti: li corregge, li biasima, li riprende, li accusa, li minaccia, li guarisce, fa delle promesse, accorda grazie e, « come servendosi di tanti morsi, egli imbriglia » [ Platone, Leggi, VII, 808 ] gli slanci irrazionali dell'umanità.

In breve, il Signore agisce nei nostri confronti allo stesso modo come noi ci comportiamo con i nostri figli quando sono piccoli: Tu hai dei bambini? Educali, raccomanda la Sapienza, e traili fuori dalla loro infanzia.

Hai delle figlie? Veglia sui loro corpi e non mostrar loro un viso ridente ( Sir 7,23-24 ).

E ciò nondimeno, i nostri figli, maschi o femmine che siano, noi li amiamo molto e al di sopra di tutto.

Tutti possiamo constatare come talune persone, la cui sola preoccupazione consiste nel rendersi gradite al prossimo, in realtà, pur non rivolgendo loro alcuna critica, nutrono scarsa premura verso gli altri; al contrario, ve ne sono altre che, rivolgendo al prossimo ogni utile rimprovero, producono con il loro comportamento un effetto costruttivo per l'avvenire, ancorché, sul momento, si mostrino sgradevoli. Così il Signore non tiene presente il piacere attuale ma la felicità futura.

Clemente Alessandrino, Il pedagogo, 1,74-75

21. - La perfetta sapienza del divino pastore e maestro

I sani, finché rimangono in buone salute, non hanno bisogno del medico ( Mt 9,12; Mc 2,17; Lc 5,31 ); i malati, al contrario, richiedono il suo intervento.

Allo stesso modo noi, che in questa vita siamo ammalati dei nostri desideri insani, delle nostre colpevoli intemperanze, di tutte le altre infiammazioni delle nostre passioni, abbiamo bisogno del Salvatore.

Egli ci somministra dei rimedi dolci, come egualmente dei rimedi amari: le amare radici del timore tamponano le ferite dei peccati.

Il timore infatti, anche se amaro, è salutare.

Abbiamo dunque bisogno, noi malati, del Salvatore; noi traviati, di colui che ci guiderà; noi ciechi, di chi ci donerà la luce; noi assetati, della sorgente d'acqua viva, e coloro che ne berranno non avranno mai più sete ( Gv 4,14 ); noi morti, abbiamo bisogno della vita; noi che siamo un gregge, abbiamo bisogno del pastore; noi fanciulli, del maestro.

L'umanità tutta ha bisogno di Gesù, per paura che, privi di un'educazione, noi peccatori non cadiamo nella definitiva condanna; occorre, invece, che veniamo separati dalla paglia e ammassati nel granaio del Padre.

Il ventilabro è nella mano del Signore e con esso egli separa dal grano la pula destinata al fuoco ( Mt 3,12; Lc 3,17 ).

Se voi lo volete, noi possiamo comprendere la suprema saggezza del santissimo pastore e pedagogo, che è il Signore dell'universo e il Logos del Padre, allorché egli si serve di un'allegoria e chiama se stesso con il nome di pastore del gregge ( Gv 10,2 ); ma egli è altresì il maestro degli sprovveduti.

É così che egli si rivolge assai a lungo, attraverso Ezechiele, agli anziani, recando loro il salutare esempio di un'accortissima sollecitudine: Io sosterrò chi è zoppo e risolleverò chi è prostrato; cercherò chi si è smarrito ( Ez 34,16 ) e lo condurrò a pascolare sulla mia santa montagna ( Ez 34,15 ).

Tale è la promessa di un buon pastore.

Facciamoci pascere, noi piccoli esseri, a guisa d'un gregge; sì, Maestro, somministraci copiosamente il tuo cibo, che è la giustizia; sì, Pedagogo, sii nostro pastore fino alla tua montagna santa, fino alla Chiesa che s'innalza, che sovrasta le nuvole, che tocca i cieli ( Sal 15,1; Sal 48,2-3; Mt 5,14; Ap 21,2 )!

E io sarò, egli dice, il loro pastore e rimarrò presso di loro ( Ez 34,23 ), come la tunica sulla loro pelle.

Egli vuole salvare la mia carne, rivestendola della tunica d'incorruttibilità ( 1 Cor 15,53 ); per questo ha unto la mia pelle.

Essi mi chiameranno, egli dice, e io risponderò: eccomi ( Is 58,9 ).

Tu hai ascoltato più presto di quanto io non mi attendessi, Signore.

Se attraverserai le acque, non ti sommergeranno ( Is 43,2 ), dice il Signore.

Non cadremo nella corruzione, infatti, noi che ci dirigiamo verso l'incorruttibilità ( 1 Cor 15,42 ), dal momento che egli ci sosterrà.

Egli l'ha detto e l'ha voluto.

Tale è il nostro pedagogo: buono e giusto.

Non sono venuto per essere servito, egli dice, ma per servire: è per questo che talora il Vangelo ce lo mostra stanco, mentre si affatica per noi e promette di donare la sua anima in riscatto d'una moltitudine ( Mt 20,28 ).

Solo il buon pastore, egli dice, si comporta a questo modo ( Gv 10,11 ).

Che donatore generoso, ad offrire per noi ciò che egli possiede di più prezioso: la sua anima ( Gv 15,13 )!

O benefattore, amico degli uomini, che ha voluto essere loro fratello, quando poteva divenirne il Signore!

Egli spinse altresì la sua bontà sino al punto di morire per noi!

Ma la sua giustizia ha gridato: Se voi venite a me con rettitudine, anch'io sarò leale con voi; se vi incamminerete invece lungo strade tortuose, anch'io diverrò tortuoso, dice il Signore delle potenze ( Lv 26,21.23.27 ).

Ciò che egli chiama allegoricamente « strade tortuose », sono i rimproveri che rivolgerà ai peccatori.

La sua bontà è spontanea e naturale ( essa è simboleggiata dalla lettera « iota » del nome di Gesù ); essa è immutabile e incrollabile nei confronti di coloro i quali, attraverso l'obbedienza, siano pervenuti alla fede ( Rm 1,5 ).

Poiché io vi ho chiamato, dice il Signore, e voi non avete risposto … avete trascurato i miei consigli e non avete accolto le mie rimostranze ( Pr 1,24-25 ).

É così che il rimprovero del Signore si dimostra assai utile.

Egli dice altresì a loro riguardo, per il tramite di Davide: Generazione scellerata e tracotante, generazione che non ha un cuore sincero, né lo spirito, verso Dio, fedele …

Non mantennero il patto con Dio e si rifiutarono di seguire la sua legge ( Sal 78,8.10 ).

Sono queste le colpe che il giudice viene a contestare a coloro che non hanno voluto scegliere la buona condotta.

Anzi, egli ha manifestato verso costoro una durezza ancor più intransigente, onde poter frustrare l'inclinazione che li conduce alla morte.

Attraverso la voce di Davide egli chiarisce efficacemente il significato e lo scopo delle sue minacce: Essi non prestarono fede ai suoi portenti …

Allorché egli li prostrava, lo cercavano e tornavano a volgersi verso di lui.

Ricordavano che Dio è il loro scampo e l'Altissimo è il loro redentore ( Sal 78,32.34-35 ).

Egli sa che, benché si convertano per effetto della paura, essi tengono in dispregio il suo amore per loro.

Generalmente, infatti, il bene che si mostra servizievole in ogni occasione, è tenuto in mediocre stima, mentre, al contrario, viene serbato un profondo rispetto per chi ravviva il ricordo suscitando quel timore gravido di bontà che è proprio della giustizia.

Clemente Alessandrino, Il pedagogo, 1,83-86

22. - Maestro del perfetto amore

In tutto il Signore viene in nostro aiuto, in tutto ci fa del bene, sia come uomo che, a un tempo, come Dio.

Come Dio, egli rimette i nostri peccati; come uomo, diviene nostro educatore perché noi desistiamo dal peccare.

É ben naturale che l'uomo, creatura di Dio com'è, sia da questi amato.

Le altre parti della sua creazione, Dio le ha chiamate all'esistenza unicamente con un comando; l'uomo, al contrario, egli l'ha fabbricato con le sue proprie mani e gli ha soffiato dentro qualcosa di particolare ( Gen 2,7 ) …

L'uomo, dunque, è amato da Dio.

Come potrebbe non essere amato, infatti, colui per il quale il Figlio unico, il Logos, ragione della nostra fede ( La Lettera di Barnaba, 16,9 ), è disceso dal seno del Padre ( Gv 1,18 )?

Ragione della nostra fede, il Signore lo è in modo eminente, egli che proclama e afferma: Il Padre stesso vi ama perché voi avete amato me ( Gv 16,27 ); e altrove: Tu li hai amati come hai amato me ( Gv 17,23 ).

Che vuole dunque il Pedagogo e cosa promette?

Attraverso le sue parole e il suo stesso comportamento egli ci prescrive assai chiaramente ciò che è nostro dovere compiere, proibendoci, invece, il contrario.

Per quanto riguarda l'altro aspetto, più spirituale e sottile, del suo insegnamento, e concernente la contemplazione, lo lasceremo, per il momento, da parte.

Occorre che noi amiamo a nostra volta colui che, per amore, ci guida verso la via migliore; che noi viviamo secondo i suoi comandamenti, non soltanto compiendo quanto egli ci ordina e astenendoci da quanto ci proibisce, ma rifuggendo altresì da taluni modelli e imitandone, il più possibile, certi altri; è così che noi compiremo, per analogia, le opere del Pedagogo, facendo sì che pienamente si realizzi quella formula: Secondo l'immagine e la somiglianza ( Gen 1,26 ).

Avvolti in questa vita come da una notte profonda, abbiamo bisogno, infatti, di una guida infallibile e accorta.

Ora, la guida migliore non è il cieco che, secondo la Scrittura, conduce per mano altri ciechi verso il precipizio ( Mt 15,14; Lc 6,39 ); è il Logos, il cui sguardo penetrante va fino al fondo dei cuori ( Ger 17,10; Rm 8,27 ).

Allo stesso modo come non esiste alcuna luce che non illumini né oggetto in movimento che non si muova realmente, così, a più forte ragione, non si dà valore autentico senza che questo non rechi anche del bene e non conduca alla salvezza.

Amiamo dunque i precetti del Signore, mettendoli in pratica attraverso le nostre azioni: il Logos, diventando carne ( Gv 1,14 ), ha manifestamente dimostrato come la medesima virtù riguardi, a un tempo, sia la vita pratica che la contemplazione.

Sì, prendiamo il Logos come legge; riconosciamo che i suoi precetti e i suoi consigli sono dei cammini abbreviati e rapidi verso l'eternità: i suoi comandi, infatti, sono ricchi di forza persuasiva, non di timore.

Clemente Alessandrino, Il Pedagogo, 1,7-9

23. - Il buon pastore

Chi si avvicina a Dio e aspira ad essere davvero un compagno di Cristo, deve farlo con un solo scopo: convertirsi e trasformarsi rispetto alla sua condizione iniziale, mostrandosi come un uomo giusto e nuovo, che più nulla abbia da spartire con l'uomo vecchio.

Dice infatti l'Apostolo: Se qualcuno è in Cristo, egli è una creatura nuova ( 2 Cor 5,17 ).

A questo fine, appunto, è venuto fra noi il Signore nostro Gesù Cristo, per convertire e trasformare e rinnovare la natura nostra, acquetando, per mezzo dell'unione con il suo Spirito divino, quest'anima travolta dalle passioni a seguito del peccato.

Il Signore è venuto per donarci una nuova mente, una nuova anima, occhi nuovi, orecchie nuove, un nuovo linguaggio spirituale e per renderci, in una parola, uomini nuovi animati dalla fede in lui; otri nuovi, cioè, da ungere con la luce della sua sapienza e nei quali versare quel vino nuovo che è il suo Spirito.

Dice infatti il Signore: Occorre versare vino nuovo in otri nuovi ( Mt 9,17 ).

Come infatti il nemico, dopo aver ghermito e soggiogato l'uomo, lo rese, a suo modo, nuovo, avvolgendolo di vizi e di passioni, ungendolo con lo spirito del peccato e versando in lui il vino d'ogni empietà e perversa dottrina; così anche il Signore, dopo aver redento l'uomo dal nemico, lo rese nuovo, ungendolo con il proprio Spirito e versando in lui il vino della vita e la nuova dottrina dello Spirito.

Colui che ha trasformato i cinque pani in una quantità incommensurabile ( Mt 14,13-21; Mc 6,33-44; Lc 9,11-17 ), e ha dato la voce a un'asina priva di ragione ( Nm 22,28ss ), e ha convertito una meretrice alla temperanza ( Gs 2,1ss ), e ha reso il fuoco ardente capace di rinfrescare coloro che si trovavano nella fornace ( Dn 3 ) e, per Daniele, ha trasformato in mansuetudine la ferocia dei leoni ( Dn 6,17-23 ); ebbene, costui è anche in grado di convertire alla sua stessa bontà e clemenza e pace, con la promessa del divino e santo Spirito, un'anima alla deriva in balìa del peccato.

Come, infatti, anche il pastore può curare la pecora ammalata di scabbia e proteggerla dai lupi, allo stesso modo Cristo, il vero pastore, con la sua venuta poté guarire e convertire la pecorella smarrita e ammalata, cioè l'uomo, risanandola dalla lebbra del peccato.

Prima d'allora né i sacerdoti né i leviti né i dottori erano riusciti a restituire la salute all'anima con le offerte di dono e di sacrifici e con gli spargimenti di sangue, non potendo guarire, anzi, neppure se stessi ( dal momento che erano anch'essi ricoperti di malattie ).

É infatti impossibile, ammonisce l'Apostolo, che il sangue di tori e di capri possa cancellare i peccati ( Eb 10,4 ).

Il Signore, poi, per dimostrare l'incapacità dei medici di quel tempo, disse una volta: Certamente voi mi applicherete questo proverbio: « Medico, cura te stesso »! ( Lc 4,23 ).

E aggiunse: « Io non sono come coloro che non riescono a guarire neppure se stessi. Io sono il vero medico, il buon pastore che dona la sua vita per le sue pecorelle ( Gv 10,11 ), colui che è in grado di guarire qualsiasi malattia e incapacità dell'anima.

Io sono l'agnello immacolato che è stato sacrificato una sola volta: chi ricorre a me, io posso risanarlo ».

Infatti leggiamo: Ecco l'agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo ( Gv 1,29 ), i peccati di quell'anima, cioè, che creda in lui e lo ami con tutto il cuore.

Il buon pastore, dunque, guarisce la pecora ammalata.

La pecora invece non può curarne un'altra simile a lei.

E d'altronde, se la pecora razionale, cioè l'uomo, non ottiene la guarigione, non può fare il suo ingresso nella Chiesa celeste del Signore.

Pseudo-Macario, Omelie spirituali, 44,1-4

EMP P-1. - Siamo veramente le sue pecore?

Conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me ( Gv 10,14 ).

Esaminatevi, fratelli carissimi, per vedere se siete veramente le sue pecore; esamimatevi per vedere se lo conoscete e se non ignorate la luce della verità.

Io intendo dire: se conoscete, non nella fede, ma nell'amore; se conoscete, dico, non a parole, ma a fatti.

Lo stesso evangelista Giovanni, che ci ha detto queste cose, conferma dicendo: Chi afferma di conoscere Dio e non segue i suoi comandamenti, è mentitore ( 1 Gv 2,4 ).

E nel nostro testo il Signore aggiunge: Così come il Padre conosce me, io conosco il Padre e do la mia vita per le mie pecore ( Gv 10,15 ).

É come se dicesse chiaramente: in questo si manifesta che io conosco il Padre e che sono da lui conosciuto, perché do la mia vita per le mie pecore.

In altri termini: questa carità che mi fa morire per le mie pecore, dimostra quanto io ami il Padre …

E di queste pecore dice ancora: Le mie pecore odono la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono e io do loro la vita eterna ( Gv 10,27-28 ).

Un po' sopra aveva detto di loro: Se qualcuno entra per mezzo mio sarà salvo; entrerà, uscirà e troverà pascoli ( Gv 10,9 ).

Entrerà con la fede, uscirà invece passando dalla fede alla visione, dalla facilità a credere alla contemplazione e troverà pascoli nell'eterno festino.

Le sue pecore troveranno pascoli, perché chiunque lo segue con cuore semplice, è nutrito con pascoli eternamente ubertosi.

E quali sono i pascoli di queste pecore se non le gioie intime di un paradiso sempre verdeggiante?

Infatti il pascolo degli eletti è il volto sempre presente di Dio.

Mentre lo si contempla in maniera indefettibile, la mente si sazia in eterno del cibo della vita …

Cerchiamo dunque, fratelli carissimi, questi pascoli, per godere con tutti i cittadini del cielo.

Ci inviti la loro stessa gioia …

Fratelli, riempiamo d'ardore il nostro cuore; che la nostra fede si consolidi e si infiammi il nostro desiderio per le cose celesti: amare così è già mettersi in cammino.

Nessuna avversità ci distolga dall'intima gioia di questa festa, perché se qualcuno desidera raggiungere il fine che si è stabilito, nessuna asperità del cammino potrà arrestare il suo ardore.

Nessuna seducente prosperità ci lusinghi, perché sarebbe stolto il viaggiatore che - guardando l'ameno paesaggio - dimenticasse di andare dove voleva.

Gregorio Magno, Omelia 14, sui vangeli

24. - Cristo: il contadino celeste

Guai alla via, se nessuno vi cammina né ascolta in essa alcuna voce umana! Poiché è un rifugio di bestie.

Guai all'anima, quando non vi sia il Signore a camminare in essa e a scacciare, con la sua voce, le bestie spirituali della malizia!

Guai alla dimora, in cui non sia presente il padrone di casa!

Guai alla terra, che non abbia il contadino che la lavori!

Guai alla nave senza nocchiero: travolta dalle onde tempestose del mare, va incontro alla distruzione!

Guai all'anima che non abbia Cristo come suo vero nocchiero!

Essa infatti, immersa nel sinistro mare delle tenebre e sconvolta dalle onde delle passioni e dal vento della dissolutezza, come se fosse investita da una tempesta invernale, finirà col trovare la morte.

Guai all'anima priva di colui che la lavori con cura, cioè di Cristo, perché possa produrre i buoni frutti dello Spirito!

In stato di abbandono, tutta ricoperta di spine e di triboli, in luogo di produrre frutti, verrà alla fine arsa dal fuoco.

Guai all'anima, infine, che non abbia Cristo che abiti in essa come suo Signore!

Abbandonata a se stessa e piena del puzzo delle passioni, diverrà ricettacolo di vizi.

Come il contadino, infatti, allorché intraprenda a lavorare la terra, deve recare con sé gli strumenti e indossare gli abiti adatti allo scopo, così Cristo, re celeste e autentico agricoltore, nell'accostarsi all'umanità isterilita dal peccato, si rivestì di un corpo e si munì, a mo' di strumento, d'una croce.

Si diede a dissodare, così, l'anima incolta, strappando da essa le spine e i triboli delle maligne ispirazioni, estirpando la zizzania del peccato e bruciando, con il proprio fuoco, tutto il fieno dei peccati.

Dopo averla così lavorata con il legno della croce, vi piantò lo splendido giardino dello Spirito, perché producesse a Dio, come al suo Signore, ogni sorta di dolcissimi e graditissimi frutti.

Pseudo-Macario Omelie spirituali, 28,2-3

25. - Il Signore si duole d'un cuore sterile

Il contadino semina ovunque e, allorché pianta una vigna, il suo augurio è che sia feconda in ogni sua più piccola parte.

Qualche tempo dopo, perciò, quando ritorna per mietere o vendemmiare, se non trova frutti, il contadino si rattrista.

Così anche il Signore nutre l'auspicio di poter seminare la sua parola nel cuore degli uomini.

Ora, come il contadino si duole per la sterilità della terra, così il Signore stesso si rattrista nel vedere un cuore vuoto che non produce frutti.

Allo stesso modo come i venti investono con il loro soffio tutt'intera la creazione e il sole rischiara con la sua luce tutta quanta la terra, non diversamente la divinità è presente ovunque, ovunque può essere incontrata.

Se cerchi Dio nei cieli, si trova nei pensieri degli angeli; se lo cerchi sulla terra, lo potrai incontrare anche quaggiù, nel cuore degli uomini.

In mezzo a un gran numero di cristiani, invece, ben pochi se ne trovano che piacciano a Dio.

Pseudo-Macario, Omelie spirituali, 32,11

EMP D-2. - Il tempio di Dio sia bello in ogni sua pietra

Fra tutti i giorni dell'anno che la devozione cristiana onora in vari modi, non ve n'è uno che superi per importanza la festa di Pasqua, perché, nella Chiesa di Dio, questa rende sacre tutte le altre solennità.

Anche la nascita del Signore è orientata verso questo mistero: il Figlio di Dio non ebbe altra ragione di nascere, che quella di essere inchiodato alla croce.

Nel grembo della Vergine, infatti, egli prese carne mortale; in questa carne mortale fu realizzato interamente il disegno della passione; e così avvenne che, per un piano ineffabile della misericordia di Dio, questa diventasse per noi sacrificio redentore, abolizione del peccato e inizio di risurrezione alla vita eterna.

Ora, se consideriamo ciò che l'universo ha ricevuto dalla croce del Signore, noi riconosceremo che per celebrare il giorno di Pasqua, è giusto prepararci con un digiuno di quaranta giorni, per poter partecipare degnamente ai divini misteri.

Non solo i vescovi, i sacerdoti e i diaconi devono purificarsi da tutte le macchie, ma l'intero corpo della Chiesa e tutti quanti i fedeli: perché il tempio di Dio, che ha come base il suo stesso fondatore, deve essere bello in tutte le sue pietre e luminoso in ogni sua parte …

Certamente non si può intraprendere, né terminare la purificazione di questo tempio senza il suo costruttore, tuttavia colui che lo ha edificato gli ha dato anche la capacità di trovare il proprio perfezionamento con la propria opera.

Infatti per la costruzione di questo tempio è stato usato materiale vivo e dotato di ragione, che lo Spirito della grazia incita a cementarsi spontaneamente in un unico blocco.

Questo materiale è stato amato e ricercato da Dio perché imparasse a cercare e ad amare, lui che non sapeva né cercare né amare, come dice l'apostolo Giovanni: « Noi perciò amiamoci, poiché Dio per primo ci ha amati » ( 1 Gv 4,19 ).

Dunque, poiché tutti i fedeli, nel loro insieme, e ciascuno in particolare, sono un solo e identico tempio di Dio, è necessario che questo sia perfetto in ciascuno, come deve essere perfetto nel suo insieme.

E anche se la bellezza non è uguale in tutte le membra, né i meriti sono identici in una così grande varietà di parti, il legame della carità crea tuttavia la comunione nella bellezza.

Coloro che sono uniti da un amore santo, anche se non partecipano ai medesimi doni di grazia, si allietano tuttavia reciprocamente dei loro beni; ciò che essi amano non può essere loro estraneo, perché trovare la gioia nel progresso degli altri è un modo per accrescere la ricchezza del proprio essere.

Leone Magno, Sermoni, 48,1

26. - Dio ha cura di noi come l'agricoltore del suo campo

Noi ci occupiamo di Dio nel culto, e Dio ha cura di noi.

Ma noi non ce ne occupiamo in modo che il nostro culto lo renda migliore: lo facciamo adorandolo, non curandolo.

Egli invece ha cura di noi come l'agricoltore del campo.

E in quanto ha cura ci rende migliori, proprio come l'agricoltore rende migliore il campo coltivandolo.

E anche in noi cerca frutto: che noi abbiamo cura di lui.

La cura per il suo campo, che siamo noi, consiste in ciò: egli non cessa di strappare dal nostro cuore, con la sua parola, le sementi cattive, di aprire il nostro cuore con l'aratro della predicazione, di spargervi la semente dei comandamenti, attendendo il frutto della pietà.

Se noi accogliamo nel nostro cuore questa sua cura in modo da dedicarci a lui, non siamo ingrati al nostro agricoltore, ma gli porgiamo i frutti di cui possa rallegrarsi.

E i nostri frutti non fanno più ricco lui, ma rendono più beati noi.

Agostino, Discorsi, 87,1,1

27. - Cristo Re

Il Figlio di Dio è il re dei cieli; anzi, essendo la verità stessa e la stessa sapienza e giustizia, con ragione asseriamo che egli si identifica nel regno stesso.

Questo regno, poi, non ha sede né al di sotto né al di sopra della nostra dimensione, ma in tutto ciò che viene chiamato « cielo ».

Anche se, infatti, tu eliminassi quel passo in cui si legge: Di essi è il regno dei cieli ( Mt 5,3 ); potresti tuttavia affermare che il regno di costoro, finché dura, è Cristo stesso, dal momento che egli estende il suo potere persino su ciascun pensiero di colui che non sia più schiavo del peccato; quel peccato che, al contrario, la fa da padrone nel corpo mortale di coloro che vi si sono prostituiti.

Nel dire, poi, che Cristo domina su ogni pensiero di qualcuno, intendo significare che, ovunque vi sia giustizia e sapienza e verità assieme a tutte le altre virtù, là il Signore esercita il suo potere su colui che è divenuto egli stesso « cielo », recando in sé l'immagine di realtà celesti.

Origene, Commento al Vangelo di san Matteo, 14,7

28. - La regalità di Cristo

Che verrà un messia, sappiamo che neppure i giudei lo negano, che anzi pongono in lui tutta la loro speranza.

Tutti i profeti del passato hanno predetto di lui, come per esempio Isaia: Così dice il Signore Dio all'Unto, mio signore, la cui destra tengo perché i popoli pagani lo ascoltino: Abbatterò la forza dei re, aprirò davanti a lui la porta e le città non gli staranno chiuse ( Is 45,1 ).

E lo vediamo adempiuto.

A chi il Padre tiene la destra, infatti, se non a Cristo, suo figlio?

Chi tutte le genti hanno ascoltato, cioè in chi tutte hanno creduto, i cui predicatori vengono così dipinti nei salmi di Davide: In tutta la terra uscì la loro voce e fino ai confini della terra le loro parole ( Sal 19,5 )?

In chi altro tutte le genti hanno mai creduto, se non in Cristo, già venuto?

In chi hanno creduto tutte le stirpi, come i parti, i medi, gli elamiti e coloro che abitano la Mesopotamia, l'Armenia, la Frigia e la Cappadocia; e gli abitanti del Ponto, dell'Asia Minore, e della Panfilia; coloro che stanno nell'Egitto e nelle regioni dell'Africa al di là di Cirene, romani e stranieri; i giudei che allora erano a Gerusalemme e tutti gli altri popoli: le varie tribù di getuli, le province dei mauri, i confini della Spagna, le varie nazionalità della Gallia, le regioni della Britannia a cui i romani non sono ancora giunti e sono invece suddite a Cristo, le stirpi dei sarmati, dei daci, dei germani, degli sciti e di molte altre genti; e province e isole molte che non conosciamo e che non possiamo numerare?

In tutti questi luoghi regna il nome di Cristo già venuto; avanti a lui si sono aperte le porte di tutte le città e nessuna è rimasta chiusa; i catenacci ferrei si sono sciolti e i battenti si sono spalancati.

Anche se tutto ciò è da intendere in senso spirituale, nel senso che l'intimo degli uomini, oppresso in vario modo dal diavolo, si è spalancato a Cristo, tuttavia tutto ciò si è adempiuto apertamente, perché in tutti i luoghi abita il popolo che ha nome da Cristo.

E chi altri avrebbe potuto regnare ovunque, se non Cristo, Figlio di Dio?

Egli è stato preannunciato come colui che avrebbe regnato in eterno su tutte le genti.

Salomone fu re, ma entro i confini della Giudea: i termini del suo regno erano tracciati da Bersabea a Dan.

Dario regnò sui babilonesi e sui parti, ma non ebbe potere su tutte le genti.

Sugli egiziani regnò il faraone o chiunque gli è successo nel regno: ma il suo dominio si estende solo a quel territorio.

Nabucodonosor estese il suo potere, con i suoi satrapi, dall'India fino all'Etiopia; e così Alessandro il Macedone non ebbe affatto tutta l'Asia e tutte le altre regioni dopo la sua vittoria.

I germani non riescono a uscire dai loro confini; i britanni sono chiusi nell'ambito del loro oceano.

I romani si oppongono alle stirpi maure e alle barbare tribù dei getuli, perché non trascendano i confini delle loro regioni.

E che dirò dei romani, che difendono il loro impero con la barriera delle loro legioni, ma non possono diffonderlo tra le genti ricordate?

Ma il regno, ma il nome di Cristo si diffonde ovunque, ovunque in lui si ha fede, da tutte le genti ricordate viene venerato, ovunque regna, ovunque è adorato e ovunque gli viene tribuito eguale onore.

Nessun onore regale è troppo grande davanti a lui; nessuna brama barbarica gli è troppo inferiore, nessun merito di dignità o di nobiltà di fronte a lui troppo si distingue: a tutti è uguale, su tutti è re, per tutti è giudice, di tutti è Signore e Dio.

Non dubitare a credere ciò che insegniamo, perché lo vedi con i tuoi occhi.

Tertulliano, Contro i giudei, 7

29. - Cristo, Signore e Re

Dal momento che noi uomini non abbiamo voluto riconoscere Dio attraverso il suo Verbo e ci siamo rifiutati di servire il Verbo di Dio, nostro naturale signore, è piaciuto a Dio di manifestare in un uomo la sua autorità e di attrarre tutti a sé.

Non era conveniente, peraltro, che ciò avvenisse in virtù di un uomo come tutti gli altri, onde evitare che, avendo un uomo come signore, onorassimo la dimensione umana in quanto tale.

É questo il motivo per cui il Verbo stesso si fece carne, assumendo il nome di Gesù, e il Padre lo rese Signore e Cristo, destinandolo, cioè, a dominare e a regnare.

Nel nome di Gesù, pertanto, mentre ogni ginocchio si piega, noi riconosciamo altresì lo stesso Figlio come Signore e Re e, per il suo tramite, perveniamo alla conoscenza del Padre.

Atanasio, Contro gli ariani, 2,16

30. - Cristo, il nocchiero

Occorre che l'anima che abbia davvero fede nel Cristo, sia distolta dalla sua condizione di peccato ed entri in uno stato di bontà, sia spogliata della sua misera natura e ne rivesta una divina, venga insomma rinnovata in grazia dello Spirito Santo.

In questo modo, l'anima apparirà degna del regno dei cieli.

Realizzare un simile obiettivo è il nostro compito, dal momento che noi crediamo nel Signore e lo amiamo, comportandoci, in tutto, in conformità ai suoi santi comandamenti. Se infatti, al tempo di Eliseo, il legno, a dispetto della sua leggerezza, una volta gettato in acqua, fece ritornare a galla il ferro, così pesante ( 2 Re 6,5 ); quanto più il Signore invierà quaggiù il suo buono e celeste Spirito, lieve e impalpabile com'è, perché con il suo intervento risollevi l'anima, immersa nelle acque del male, trasformando la sua natura e facendola ascendere verso la sommità dei cieli!

Come nessuno ( secondo un paragone desunto dalla realtà materiale ) è capace, con le sole sue forze, di attraversare il mare, senza servirsi di una sia pur minuscola e leggera barchetta, fatta di legno, in grado di navigare da sola sopra le acque ( finisce con l'essere sommerso e col morire, infatti, chiunque si provi a camminare sul mare ); allo stesso modo, l'anima non è all'altezza, con le sole sue risorse, di passare attraverso il tempestoso mare del peccato e di superare l'aspro abisso delle cattive ispirazioni, avvolto dall'oscurità delle passioni, senza aver ricevuto il sottile, celeste e alato Spirito di Cristo.

Esso è in grado, infatti, di muoversi e camminare sopra qualsiasi malizia e, con il suo aiuto, l'anima, dopo un viaggio diretto e spedito verso il divino porto della pace, potrà giungere presso la Gerusalemme celeste.

E come, poi, coloro che si trovano a bordo di una nave, non attingono né bevono l'acqua del mare, né traggono da questo indumenti o cibo, ma da altre fonti approvvigionano la nave di tutto ciò; similmente le anime dei cristiani non ricevono da questo secolo, bensì dall'alto dei cieli, il cibo divino e gl'indumenti spirituali; vivendo, poi, di questi, camminano sulla nave del santo e salutare Spirito, spuntandola sulle opposte e maligne potenze dei demoni e delle potestà infernali.

E come, con un medesimo legno, sono costruite le navi, che consentono agli uomini di attraversare il crudele mare; così le anime tutte dei cristiani, corroborate dalla luce celeste che proviene da un'unica divinità e dalle grazie molteplici elargite dal medesimo Spirito, passano indenni attraverso il male universale.

La nave però, per navigare felicemente, ha bisogno del nocchiero e di un vento favorevole; ora, il Signore, quando dimora in un'anima fedele, corrisponde a tutte queste cose, dal momento che aiuta quella a superare le perigliose tempeste e le violente onde della malizia, sottraendola agli impetuosi venti del peccato, dopo averne sapientemente calmato la veemenza, come egli solo può fare.

Senza il nocchiero celeste, cioè Cristo, infatti, nessuno è in grado di navigare attraverso il procelloso mare delle potenze oscure né di sostenere l'assalto delle tentazioni maligne.

Salgono, infatti, sino al cielo e discendono fin negli abissi ( Sal 107,26 ), Cristo, però, procedendo sopra le onde tempestose, è esperto d'ogni arte di governo e d'ogni strategia di lotta, pronto a sostenere qualsiasi prova.

Dal momento che egli stesso, infatti, ha sperimentato la tentazione e la sofferenza, può venire in aiuto a coloro che siano messi alla prova ( Eb 2,18 ).

É necessario, perciò, che le nostre anime operino una conversione e un mutamento, passando dall'attuale condizione in un'altra e assumendo così una natura divina.

Da vecchie, come sono adesso, dovranno divenire nuove, vale a dire buone, generose e fedeli, da ostinate e incostanti che sono state sino ad ora.

In tal modo, una volta per sempre, diventeranno degne del regno dei cieli.

Pseudo-Macario, Omelie spirituali, 44,5-8

31. - Il salvatore dalla tempesta

Quando prende a imperversare violentemente un vento contrario e la nave stessa viene sommersa, ecco allora che il desiderio d'un porto tranquillo fa apparire dinanzi agli occhi, da tutte le parti, la terra.

Non riuscendo ad approdarvi, però, i naufraghi cercano in ogni modo di raggiungere un'altra isola che si trova da presso, nell'intento, se possibile, di salvarsi.

Nell'avvicinarsi ad essa e agli scogli che le affiorano intorno nel mare circostante, tuttavia, riescono a stento a rimanere a galla, travolti dalle onde e da ostacoli d'ogni sorta.

Lo stesso accade adesso a noi, allorché, dopo esser stati istruiti nella salutare parola di Dio, desideriamo ardentemente di esser liberati dalla tempestosa violenza del mondo e di rifugiarci con la nostra navicella nel tranquillo porto di Cristo.

Sbattuti dalla furia delle onde e dall'impeto della tempesta … siamo anche noi costretti a gridare: Maestro, salvaci! ( Lc 8,24; Mt 8,25 ).

Epifanio di Salamina, Ancoratus, Introduzione

32. - La tempesta sedata

Ogni volta che Cristo nella barca della nostra vita dorme, quando il nostro pigro riposo lo fa addormentare in noi, si scatena la tempesta con tutte le forze dei venti.

Infuriano i flutti annunciatori di morte e, ora elevandosi eccelsi ricoperti di spuma, ora inabissandosi, portano la rovina al nocchiero che palpita nell'aspettativa più angosciosa.

Se la Scrittura dipinge un fatto del passato, questo esempio tuttavia indica la nostra triste situazione in questo mondo.

Veramente una tempesta grande, possente ci minaccia da tutte le parti, ci assale un uragano terrificante e rovinoso.

Le onde mugghiano, le isole stesse vengono scosse dalle fondamenta e tutti i lidi elevano un fracasso orrendo.

Ma perché, come abbiamo detto, Cristo dorme nella nostra barca, rivolgiamoci a lui, non materialmente, ma con animo credente.

Scuotiamolo, non con gesti di disperazione, ma con opere di misericordia.

Svegliamolo, non con grida scomposte, ma con cantici spirituali; non con lamenti oltraggiosi, ma con lacrime perseveranti.

Consacriamo a Dio una piccola parte della nostra vita.

Non consumiamo tutto il giorno in vanità infelici e cure biasimevoli!

Non trascorriamo tutta la notte in sonno inutile, in pigrizia dannosa, ma consacriamo parte uguale del giorno e della notte al Creatore del tempo.

Veglia, o uomo, veglia! Ascolta ciò che dice il profeta: Di notte, l'anima mia aspira a te, o Dio! ( Is 26,9 ), e il salmista: La notte, innalzo le mie mani a te e non mi inganno ( Sal 77,3 ).

Ed egualmente parte del giorno lo stesso salmista consacra a Dio, dicendo: Mattina, sera e in pieno giorno racconterò e annuncerò; e la mia voce sarà ascoltata ( Sal 55,18 ).

E proprio in questi momenti del giorno anche Daniele pregava incessantemente Dio tra le lacrime, e così non solo ottenne la conoscenza del futuro, ma meritò anche di contemplare il giorno in cui il suo popolo sarebbe stato liberato.

Diciamo dunque col profeta: Svegliati, Signore! Perché dormi?

Svegliati, e non rigettarci per sempre! ( Sal 44,23 ).

Gridiamo dunque con gli apostoli: Maestro, non t'importa che periamo? ( Mc 4,38 ).

Sì, veramente maestro.

Egli, infatti, è non solo il creatore di tutti gli elementi, ma anche la loro guida e il loro moderatore.

Se egli ci ascolta, se si degna di svegliarsi, le onde si placano, i cavalloni altissimi si appianano.

Svaniscono le tempeste, i venti cessano e il minaccioso uragano, anche il più tremendo, si tramuta in grande bonaccia.

Pietro Crisologo, Sermoni sul Vangelo di san Marco, 25

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