Contro Fausto manicheo |
Chi non si ecciterebbe, chi non si rafforzerebbe o confermerebbe nella fede nel vedere benedetti quei due che avevano rispettato la nudità del padre pur volgendogli la schiena essendosi dispiaciuti della vicenda legata alla scellerata vigna?
Sia benedetto - disse Noè - il Signore, il Dio di Sem.
Benché infatti sia Dio di tutte le genti, in certo qual modo tuttavia con un termine che gli appartiene e già fra gli stessi Gentili è detto Dio di Israele.
E donde deriva questo se non dalla benedizione accordata a Iafet?
Infatti nel popolo dei Gentili occupò tutto il mondo la Chiesa.
Questo veniva annunziato con le parole: Il Signore dia gioia a Iafet e viva nelle case di Sem. ( Gen 9,26-27 )
Guardate, guardate Manichei: ecco al vostro cospetto tutto il mondo.
Di questo vi stupite, di questo vi dispiacete fra i nostri popoli perché Dio dà spazio a Iafet.
Vedete se non abita nelle case di Sem, cioè nelle Chiese che gli apostoli, figli dei profeti, hanno costruito.
Udite ciò che dice Paolo ai Gentili divenuti oramai fedeli: Voi - dice - che in quel tempo eravate senza Cristo, privi di ogni rapporto con Israele, privi dei Testamenti, senza la speranza della promessa, e senza Dio in questo mondo.
Con queste parole si mostra che ancora Iafet non abitava nelle case di Sem.
Ma considerate come conclude poco dopo: Oramai non siete più né pellegrini né inquilini, ma siete concittadini dei santi, della casa di Dio, collocati sopra il fondamento degli Apostoli e dei Profeti, con Cristo che fa da somma pietra d'angolo. ( Ef 2, 12.19-20 )
Ecco in che modo si dilata Iafet e abita nelle case di Sem.
E pur tuttavia voi tenete, leggete e predicate le lettere degli apostoli che testimoniano tutto questo.
E dove io potrei collocarvi se non in quel maledetto muro divisorio che non ha Cristo come pietra angolare?
In effetti non vi riconosciamo né nella parete, che dopo la circoncisione credette in Cristo e di cui facevano parte anche gli apostoli, né nella parete costituita dai non circoncisi quali sono tutti i pagani che si incontrano tutti nella medesima unità della fede come nella pace dell'angolo.
Ma anche tutti coloro che accettano e leggono un libro qualsiasi del nostro canone dove si mostra come Cristo è nato ed ha sofferto come un uomo mortale e pur tuttavia, per il patto di unità che li unisce, non velano pudicamente la stessa mortalità rivelatasi nella passione, ma pur ignorando cosa siano pietà e carità proclamano la nostra comune origine, ebbene costoro, pur dissentendo fra loro - ebrei da eretici ed eretici fra loro - ma restando nella stessa condizione di servi, possono essere utili alla Chiesa o per la loro testimonianza o per l'apporto di prove.
Anche degli eretici infatti è stato detto: È necessario che vi siano degli eretici in modo che i veri credenti si manifestino fra voi. ( 1 Cor 11,19 )
Andate ora e calunniate i vecchi Libri Santi.
Fate questo, servi di Cam, andate, voi che avete disprezzato nella sua nudità la carne da cui siete nati.
Non vi sarebbe infatti alcun modo perché voi possiate chiamarvi Cristiani se Cristo, come era stato predetto dai profeti, non fosse venuto nel mondo, se non avesse bevuto dalla sua vigna quel calice che non poté passare lontano da lui, se non avesse dormito nella sua passione come nell'ebbrezza di una follia che è più saggia della sapienza degli uomini e si denudasse così la debolezza della carne mortale per un occulto disegno di Dio, debolezza più forte della forza degli uomini e senza la cui assunzione da parte del verbo di Dio il nome di cristiano, del quale anche voi vi vantate, non sussisterebbe sulla terra.
Ma voi fate questo, come ho detto: tradite senza riguardo ciò che noi onoriamo con riverenza, la Chiesa si serva di voi come di sudditi in modo che si manifestino in essa i veri credenti.
A tal punto i profeti tacquero ciò che essa avrebbe avuto e sofferto che noi ritroviamo voi nelle loro pagine tutti presi da una vanità fatale per i reprobi che si lasciano sedurre e utile per far emergere i giusti.
Voi sostenete che Cristo non fu predetto dai profeti israeliti alla cui predizione vegliano tutte quelle pagine, sempre che voi preferiate scrutarle con pietà anziché sfogliarle con leggerezza.
Chi altro dunque nella figura di Abramo esce dalla sua terra e lascia i suoi parenti per arricchirsi presso degli stranieri ( Gen 12,1-3 ) se non colui che, abbandonata la terra ed i parenti Giudei dai quali era nato secondo la carne acquisita, come vediamo, credito e autorità presso i Gentili?
Chi nella figura di Isacco portava il legno per il suo sacrificio ( Gen 22,6 ) se non colui che portava la croce per la sua passione?
Chi altro era rappresentato dall'ariete del sacrificio che si era impigliato con le corna in un roveto se non chi, per offrirsi in sacrificio per noi, veniva inchiodato sul patibolo della croce?
Chi altro è figurato nell'angelo che aveva lottato con Giacobbe quando questi prevalse su di lui e l'angelo da più debole verso il più forte, da vinto verso il vincitore lo benedisse, ma al tempo stesso lo rese zoppo toccandogli il femore? ( Gen 32,24-31 )
Chi raffigurava se non colui che accettò che il Popolo d'Israele prevalesse su di lui e benedisse alcuni di quel popolo che credettero in lui?
Il femore di Giacobbe claudicò comunque in tutta la sua larghezza in mezzo alla massa carnale di quel popolo.
Chi rappresenta la pietra posta sul capo di Giacobbe che l'aveva unta perché potesse essere chiamata con un proprio nome se non Cristo, capo dell'uomo?
Chi infatti non sa che il nome di Cristo prende il nome da una unzione?
E anche Cristo ricordando nel Vangelo questa circostanza e testimoniando il suo rapporto con quella figura, avendo chiamato un certo Natanaele vero Israelita in cui non c'è inganno ed avendolo costui chiamato Figlio di Dio e Re d'Israele ( quasi che portasse sul capo quella pietra ungendola in un certo qual modo con l'olio ricorrendo a quella dichiarazione, cioè proclamando ch'egli era Cristo ), a questo punto il Signore molto opportunamente ricordò quello che allora aveva visto Giacobbe che grazie alla benedizione fu chiamato Israele: Pace dico a voi, disse, vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e discendere sopra il Figlio dell'uomo. ( Gv 1,47-51 )
Questo infatti aveva visto Israele quando teneva quella pietra sul capo: delle scale che portavano dalla terra al Cielo per le quali salivano e discendevano gli angeli di Dio. ( Gen 28,11-18 )
Gli angeli sono figura degli Evangelisti predicatori di Cristo.
Sono comunque in ascesa quando, per comprendere la sua altissima divinità, si portano al di sopra di ogni creatura ai fini di trovare, nel principio, Dio presso Dio, per il quale ogni cosa è stata creata; ( Gv 11,1-3 ) sono in discesa per trovare un uomo nato da donna, nato sotto la legge per redimere quelli che erano sotto la legge. ( Gal 4,4-5 )
In lui infatti vi sono scale che salgono dalla terra verso il cielo, cioè dalla carne verso lo spirito.
Infatti gli uomini carnali progredendo in lui come in salita divengono spirituali.
Per essere nutriti col latte anche gli stessi spirituali in certo qual modo discendono poiché non è possibile parlar loro come a spirituali ma solo come a carnali. ( 1 Cor 3,1-3 )
Così si sale e si scende sopra il figlio dell'uomo.
Infatti il Figlio dell'uomo è in alto, dentro il nostro capo, poiché è egli stesso il Salvatore; e il Figlio dell'uomo è in basso, nel suo corpo che è la Chiesa.
Per lui intendiamo anche le scale poiché lui stesso ha detto: Io sono la via. ( Gv 14,6 )
A lui dunque si sale perché si comprenda che è nell'alto dei cieli e a lui si discende perché noi stessi, piccoli come siamo, ci nutriamo nelle sue membra.
Attraverso di lui si sale e si scende: seguendo infatti il suo esempio i suoi predicatori innalzano il loro tono per vederlo nell'alto, ma lo abbassano per annunziarlo in modo meno elevato.
Vedete l'Apostolo che si eleva dicendo: Se andiamo troppo oltre con la mente, lo facciamo per Dio; e quando si abbassa dice: Se moderiamo il tono lo facciamo per voi.
Ci dica anche per chi è salito e disceso: Ci spinge la carità di Cristo e questo è il nostro giudizio: se uno è morto per tutti, tutti hanno partecipato della sua morte: ed è morto per tutti perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto per loro ed è risuscitato. ( 2 Cor 5,13-15 )
Colui che non apprezza queste sante visioni che ci offrono le sacre Scritture, non riuscendo a sostenere più la sana dottrina si volge alle favole. ( 2 Tm 4,3-4 )
E quelle favole sollazzano piacevolmente ed in modi diversi le anime che rimangono puerili in qualsiasi età del corpo.
Ma noi che già siamo corpo di Cristo riconosciamo nel Salmo la nostra voce e diciamogli: Gli ingiusti mi hanno narrato favole dilettevoli, ma non come la tua legge, Signore. ( Sal 119,85 )
Mentre ansimando vado percorrendo tutti quei libri e quelle scritture, madido di quel sudore cui l'uomo è stato condannato o apertamente o di nascosto, Cristo mi viene incontro e mi ristora.
Egli stesso per la difficoltà che incontro nel trovarlo infiamma il mio desiderio in modo che io beva avidamente quello che riesco a trovare e per la mia salvezza lo tenga ben nascosto nel mio midollo.
Lo stesso Cristo mi si presenta nella figura di Giuseppe che, dopo essere stato perseguitato e venduto dai fratelli, fu onorato in Egitto. ( Gen 37.47 )
Siamo venuti a conoscenza delle sofferenze di Cristo nel mondo dei Gentili, prefigurato dall'Egitto, attraverso le passioni dei martiri.
E ora vediamo che lo stesso Cristo è onorato in quello stesso mondo grazie alla distribuzione del suo frumento capace di mettere tutto ai suoi piedi.
Ancora Cristo mi si presenta nella verga di Mosè che, gettata a terra e divenuta serpente, configura la morte della terra che viene dal serpente.
Il fatto poi che il serpente, preso per la coda, torna ad essere verga ( Es 4,2-4 ) significa che in seguito Cristo, compiuti tutti gli atti della sua missione, torna risorgendo ad essere ciò che era quando, distrutta la morte attraverso la riparazione della vita, non resta più nulla del serpente.
Anche noi, che siamo il suo corpo, rotoliamo nella stessa mortalità attraverso lo scorrere del tempo; ma alla fine ultima, essendo la coda del secolo afferrata dalla forza delle mani, cioè dal potere del giudizio, per non ricadere più, saremo riparati e risorgendo, una volta distrutta la morte, l'ultima nemica, ( 1 Cor 15,26 ) saremo la verga del regno nella mano destra di Dio.
Sull'uscita di Israele dall'Egitto lasciamo che parli non la mia persona, ma l'Apostolo: Non voglio che voi ignoriate, fratelli, che tutti i nostri padri furono sotto la nube e passarono tutti attraverso il mare e che tutti furono battezzati in Mosè, nella nube e nel mare e tutti mangiarono il medesimo cibo spirituale e tutti bevvero la medesima bevanda spirituale.
Bevevano infatti da una roccia spirituale che li seguiva e quella roccia era Cristo. ( 1 Cor 10,1-4 )
Chiarendo un solo punto ha reso chiaro tutto il resto.
Se infatti la pietra era Cristo per la sua fermezza, perché la manna non sarebbe stato il pane vivo che discende dal cielo ( Gv 6,42 ) mangiando del quale si vive spiritualmente?
Infatti quegli uomini assumendo nella carne l'antica figura sono morti.
Ma quando l'Apostolo dice mangiarono lo stesso cibo spirituale mostra che si deve intenderlo di Cristo in senso spirituale.
Allo stesso modo chiarì perché aveva definito spirituale la bevanda quando aggiunse che la pietra era Cristo.
Chiarito un punto risultò chiaro tutto il resto.
Perché dunque non sarebbero Cristo anche la nube e la colonna, essendo egli ritto in piedi e ben fermo e capace di rafforzare la nostra debolezza, risplendente nella notte e non risplendente nel giorno in modo che vedano quelli che non vedono e diventino ciechi i vedenti? ( Gv 9,39 )
Il Mar Rosso che si tinge di rosso rappresenta il battesimo consacrato dal sangue di Cristo.
I nemici che seguono alle spalle e muoiono rappresentano la morte dei peccati del passato.
Il popolo è condotto attraverso il deserto. ( Es 17,1 )
Tutti i battezzati che ancora non fruiscono della terra promessa, ma sperando in ciò che non vedono e attendendo con pazienza, ( Rm 8,25 ) si trovano come in un deserto.
E lì si devono sostenere penose e pericolose tentazioni a tornare col cuore in Egitto.
Neppure lì tuttavia Cristo li abbandona: infatti anche quella colonna non torna indietro. ( Nm 14,14 )
E le acque amare si addolciscono col legno volendo significare che i popoli nemici si ammansiscono per aver onorato il segno della croce di Cristo.
E le sette fonti irriganti settanta palme ( Es 15,23-27 ) prefigurano la grazia degli apostoli che irriga i popoli in numero di sette moltiplicato per dieci perché il decalogo della legge sia completato attraverso i sette doni dello Spirito.
E il nemico che aveva tentato di bloccare la strada viene vinto dalle mani di Mosè tese nel segno della croce del Signore. ( Es 17 )
E i morsi dei mortiferi serpenti vengono sanati dalla vista del serpente di bronzo che era stato innalzato come dichiarato dalle parole stesse del Signore: Come Mosè esaltò il serpente nel deserto, così occorre che sia esaltato il Figlio dell'Uomo in modo che chiunque abbia creduto in lui non perisca, ma abbia la vita eterna. ( Nm 21,9; Gv 3,14 )
E anche questi fatti non gridano a voi? È così grande la sordità nei vostri cuori?
È Pasqua quando viene ucciso l'agnello e a Pasqua viene ucciso anche Cristo del quale si dice nel Vangelo: Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo! ( Gv 1,29 )
A coloro che fanno la Pasqua è proibito di spezzare le ossa e al Signore non vengono spezzate le ossa sulla croce.
L'evangelista attesta che per questo fu detto: Non gli spezzerete un solo osso. ( Es 12,46; Gv 19,39 )
Le porte vengono spalmate di sangue per evitare la rovina ( Es 12,22-23 ) e i popoli ricevono sulla fronte il segno della passione del Signore a tutela della loro salvezza.
La legge fu data cinquanta giorni dopo la celebrazione della Pasqua ( Es 20 ) e lo Spirito Santo venne dopo cinquanta giorni dalla passione del Signore. ( At 2,1-4 )
Si dice che ivi la legge fu scritta col dito di Dio ( Es 31,18 ) e il Signore dice dello Spirito Santo: Nel dito di Dio caccio i demoni. ( Lc 11,20 )
E Fausto grida ad occhi chiusi di non aver trovato in quegli scritti nulla che riguardi il preannuncio di Cristo!
Che c'è da meravigliarsi se ha gli occhi per leggere e non ha il cuore per capire, lui che posto dinanzi alla porta chiusa del mistero divino, non batte con la fede della pietà, ma picchia con l'arroganza dell'empietà?
Sia così e vada pure così perché è giusto. Si chiuda per i superbi la porta della salvezza.
Venga il mansueto cui il Signore insegna le sue vie, ( Sal 25,9 ) veda anche queste cose in quei libri o tutte o alcune, quelle che crede, in tutti.
Veda Gesù che introduce il popolo nella terra della promessa. ( Gs 3 )
Non è per un errore che in quel tempo non venisse chiamato così, ma è per una decisione della provvidenza che, mutato il nome, fu chiamato Gesù.
Veda il grappolo d'uva che pendeva dal legno nella terra della promessa. ( Nm 13,24 )
Veda in Gerico, come in questa generazione mortale, le meretrici delle quali dice il Signore che precederanno i superbi nel regno dei cieli ( Mt 21,31 ) e veda la meretrice far scendere attraverso la finestra della sua casa, come attraverso la bocca del suo corpo, un nastro scarlatto ( Gs 2,18 ) che è sempre segno del sangue per la remissione dei peccati che si devono confessare per la salvezza.
Veda le mura della stessa città cadere come le difese mortali del tempo dopo che l'arca del Testamento l'aveva circumnavigata sette volte ( Gs 6,7-9 ) come sono i nostri tempi che scorrono attraverso l'alternarsi di periodi di sette giorni.
L'alleanza di Dio gira attorno al mondo affinché alla fine dei tempi venga distrutta per ultima la morte ( 1 Cor 15,26 ) e in seguito alla perdizione degli empi sia liberata l'unica casa come unica Chiesa purificata della turpitudine della fornicazione attraverso la finestra della confessione nel sangue della remissione.
Veda prima i tempi dei Giudici, poi quelli dei re e per conseguenza vi sarà prima il tempo del giudizio, poi quello del regno; e veda che nei tempi dei giudici e dei re sempre di nuovo e in vari modi vengono figurati Cristo e la Chiesa.
Chi era in Sansone che uccise un leone che aveva incontrato mentre si recava da gente straniera per prender moglie ( Gdc 14 ) se non colui che dovendo chiamare la Chiesa dal seno delle Nazioni disse: Gioite perché io ho vinto il mondo? ( Gv 16,33 )
Che cosa significa il favo costruito nella bocca del leone ucciso ( Gdc 14,8 ) se non che noi vediamo che le stesse leggi del regno terreno, che in precedenza congiuravano contro Cristo, oggi, del tutto ammansita la loro crudeltà, offrono anche un appoggio alla predicazione della dolcezza evangelica?
Chi rappresenta quella donna piena di fiducia che trafigge col legno le tempie dei nemici ( Gdc 4,21 ) se non la fede della Chiesa che distrugge con la croce di Cristo il regno del demonio?
Che significa la pelle che è umida quando l'aria è secca e secca quando l'aria è umida ( Gdc 6,37-40 ) se non che dapprima il solo popolo ebraico possedeva il mistero di Dio, che è Cristo, mentre tutti gli altri uomini ne erano privi; ora invece che quel mistero si è manifestato tutto il mondo lo possiede e solo il popolo ebraico ne è privo.
Tanto per rifarci ancora brevemente al tempo dei re, il sacerdozio trasferito fin dall'inizio in Samuele in seguito alla riprovazione di Eli ( 1 Sam 2,27-36 ) e il regno passato a Davide in seguito alla riprovazione di Saul ( 1 Sam 16,1-14 ) non gridano forse che si annuncia un nuovo sacerdozio e un nuovo regno che appariranno in nostro Signore Gesù Cristo del cui sacerdozio quello precedente, che era stato riprovato, non rappresentava che l'ombra?
Forse che Davide, dopo aver mangiato il pane della proposizione che solo i sacerdoti avevano il diritto di mangiare, ( 1 Sam 21,6 ) non figurava la presenza delle due cariche in un'unica persona, cioè la presenza del sacerdozio e del regno nell'unica persona di Cristo?
Il fatto che due tribù furono separate dal Tempio e due abbandonate ( 1 Re 12, 16.20 ) non indica forse a sufficienza ciò che l'Apostolo dice di tutto il popolo: Il residuo fu scelto per grazia? ( Rm 11,5 )
Elia viene nutrito nel tempo della fame dai cervi che gli recano il pane la mattina e la carne la sera. ( 1 Re 17,6 )
E i Manichei non comprendono che in quei libri si parla di Cristo.
A lui, in certo qual modo affamato della nostra salvezza, si confessano i peccatori, possedendo per ora la fede quale primizia dello spirito e alla fine, che potremmo definire sera del mondo, anche la risurrezione della carne.
Elia fu affidato, per essere nutrito, presso una vedova straniera che voleva riunire due legni prima di morire.
Ora è evidente che non dal solo termine " legno ", ma anche dal numero di legni utilizzati è espresso il segno della croce.
La farina e l'olio della vedova sono benedetti: ( 1 Re 17,9-16 ) il frutto e la gioia non mancano quando la carità viene dispensata poiché Dio ama chi dà con gioia. ( 2 Cor 9,7 )
Delle belve divorano dei bambini che deridono Eliseo al grido di: Zucca pelata, Zucca pelata; ( 2 Re 2,23-24 ) quelli che con infantile stoltezza deridono Cristo crocifisso sul Calvario periscono invasi dai demoni.
Eliseo invia un servo a collocare un bastone sul corpo esanime di un fanciullo, ma quello non ritorna in vita.
Eliseo stesso si reca allora personalmente sul posto e si pone sopra di lui adattando le sue membra a quelle del bambino e il bambino riprende vita. ( 2 Re 4,29-37 )
Il Verbo di Dio inviò la legge per tramite di un suo servo, ma non giovò al genere umano morto per i peccati.
Non la mandò tuttavia senza motivo: la mandò infatti uno che sapeva di doverla mandare in anticipo.
Venne lui in persona, si adattò a noi, si fece partecipe della nostra morte e noi avemmo la vita.
Mentre si tagliava la legna con delle scuri un ferro, balzato fuori dal manico ligneo, piombò in un fiume profondo.
Eliseo allora gettò un legno nel fiume e il ferro vi si agganciò e fu recuperato. ( 2 Re 6,4-7 )
Allo stesso modo quando la concreta ed operante presenza di Cristo tagliava gli empi Giudei come alberi infruttuosi ( Giovanni aveva detto di lui: Ecco che la scure viene posta alle radici dell'albero ( Mt 3,10 ) ) in seguito alla passione subita per opera loro abbandonò il suo proprio corpo discendendo nelle profondità degli inferi; risalito di lì il suo spirito, reinserendosi nel suo corpo deposto nel sepolcro, come un ferro che si reinserisce nel suo manico, risorse a nuova vita.
Coloro che leggono non sanno quante cose io ometto costretto dalla necessità di esser breve.
Consideriamo anche la trasmigrazione degli Israeliti in Babilonia, dove lo stesso Spirito di Dio, per tramite del profeta Geremia, aveva loro ordinato di recarsi perché pregassero per quegli stessi nel cui regno andavano peregrinando ( essendo la loro pace anche pace per quelli ) e perché costruissero nuove case e piantassero nuove vigne e coltivassero nuovi giardini. ( Ger 29,1-7 )
Chi non riconoscerebbe di che cosa tale esilio sia la prefigurazione, ove consideri che i veri Israeliti che sono senza inganno ( Gv 1,47 ) sono trasmigrati col sacramento evangelico nel regno dei Gentili attraverso la predicazione degli apostoli?
Perciò l'Apostolo, quasi copiasse Geremia, vi dice: Voglio che prima di tutto si facciano suppliche, preghiere, richieste, azioni di grazia per tutti gli uomini, per i re, per tutti costoro che hanno un'alta dignità perché noi possiamo condurre una vita quieta e tranquilla, facendo ogni cosa nella pietà e nella carità.
Questa è una cosa buona e apertamente accetta al nostro Dio e Salvatore il quale vuole che tutti gli uomini si salvino e giungano alla conoscenza del vero. ( 1 Tm 2,1-4 )
Per questo sono costruite da quei credenti le dimore della pace, le basiliche per le congregazioni cristiane, e sono state rinnovate le vigne del popolo dei fedeli e coltivati gli orti.
Ivi fra tutti i legumi regna quel grano di senape sotto la cui ombra, orientata in lungo e in largo, anche la presuntuosa superbia dei Gentili si rifugia fuggendo come capita agli uccelli del cielo. ( Mt 13,31-32 )
Quanto poi al fatto che anche dopo settanta anni, come dice la profezia dello stesso Geremia, si ritorna dalla prigionia e il tempio viene rinnovato, ( Ger 29,10; Esd 1 ) quale fedele di Cristo non comprenderebbe che dopo la rivoluzione del tempo, che si opera attraverso il continuo succedersi di un gruppo di sette giorni, anche noi, cioè la Chiesa di Dio, dovremo ritornare, dopo la peregrinazione in questo mondo, alla Gerusalemme Celeste?
E con l'aiuto di chi faremo questo se non attraverso Gesù Cristo, sacerdote veramente grande, la cui figura fu gestita da quel Gesù, gran sacerdote di questo tempo, che provvide dopo la prigionia alla ricostruzione del tempio?
Chi vide il profeta Zaccaria nell'uomo in sporche vesti che gli furono tolte dopo la vittoria sul diavolo che lo accusava e sostituite con un abbigliamento onorevole e glorioso? ( Zc 3 )
Evidentemente ciò ch'egli vide era il corpo di Cristo, cioè la Chiesa, che dopo aver superato il suo avversario in un giudizio pronunciato alla fine dei tempi, passò dal dolore della peregrinazione alla gloria della salvezza eterna.
Questo evento è cantato in modo chiarissimo nel salmo della dedicazione della casa: Hai trasformato il mio pianto in una grande gioia, hai spezzato il mio sacco e mi hai cinto di gioia affinché la mia gloria canti il tuo nome senza impedimenti. ( Sal 30,12-13 )
Chi mai, con la scusa di scrivere una seconda opera, sarebbe in grado di segnalare quanto più brevemente possibile tutto ciò che negli antichi libri della Legge e dei Profeti preannuncia Cristo ( e sempre che non si ritenga che sia dovuto all'industria umana l'interpretazione rivolta a Cristo di tutti i fatti ordinatamente svoltisi nel corso del tempo )?
Questo possono forse dirlo sia i Giudei che i Pagani, ma coloro che vogliono passare per Cristiani devono piegare la testa di fronte a ciò che impone l'autorità degli apostoli che così si esprime: Tutti questi esempi si presentarono loro come figure; e: Tutti questi eventi furono figure per noi. ( 1 Cor 10,11 )
Se infatti due uomini, Ismaele ed Isacco, significano i due Testamenti, ( Gal 4,22-24 ) che si deve credere di quei fatti che non avevano alcuna utilità e nessuna necessità che avvenissero?
Non significano nulla? Se qualcuno di noi, che ignoriamo le lettere ebraiche, cioè i caratteri con cui scrivono, li vedesse scritti in una parete o in altro luogo di rispetto, chi sarebbe tanto sciocco da pensare che così è stata dipinta la parete?
Non capirebbe piuttosto che si tratti di uno scritto e, pur non essendo in grado di capirlo, non dubiterebbe che quei segni esprimano qualcosa?
Allo stesso modo chiunque leggerà con animo retto tutte le cose che sono contenute nel Vecchio Testamento delle sacre Scritture non potrà dubitare che qualcosa significhino.
Per esempio: forse che, se occorreva che si creasse una donna quale aiuto per l'uomo, qualche necessità costringeva a questo o qualche utilità induceva a plasmarlo ricorrendo al fianco dell'uomo che dormiva? ( Gen 2, 18.21-22 )
Se per sfuggire al diluvio occorreva che si fabbricasse un'arca, che bisogno c'era o di osservare proprio quelle misure o di ricordarle affidandole a degli scritti che li trasmettessero alla posterità per rafforzarne la fede?
Se occorreva chiudere gli animali nell'arca per trasmetterne la specie, che bisogno c'era che se ne scegliessero precisamente sette fra i puri e sette fra gli impuri?
Se la necessità richiedeva in ogni caso che si aprisse un varco per penetrare nell'arca, che cosa imponeva che fosse collocato nel fianco o anche che fosse tramandato per iscritto? ( Gen 6,14; Gen 7,3 )
Ad Abramo fu ordinato di sacrificare il figlio: gli sarebbe stato dato quest'ordine perché la sua obbedienza, sottoposta anche a questa prova, fosse nota ai posteri?
Sarebbe stato più conveniente che il figlio portasse la legna per evitare che la portasse il padre già vecchio?
Non gli sarebbe poi stato permesso di colpire il figlio perché non si ferisse con una così grave perdita?
Forse che, anche se fosse tornato senza versare sangue, Abramo sarebbe stato meno apprezzato?
O se occorreva che oramai si compisse il sacrificio, contribuiva forse ad aumentare il peso della vittima l'apparizione di quell'ariete incastrato con le corna in un cespuglio? ( Gen 22 )
Così quando si considerano tutti i particolari e si scopre che particolari superflui sono commisti con altri necessari, ne viene l'invito rivolto all'anima umana, cioè all'anima razionale, a indicare che c'è una figura e a cercarne poi il significato.
Gli stessi Giudei che deridono Cristo, del quale abbiamo conosciuto la passione, non vorrebbero che nelle figure espresse da tante parole e da tanti fatti siano celate delle profezie, ma sono costretti ad apprendere da noi che cosa esse significhino.
Se infatti non accettassero che significano qualcosa, non potrebbero difendere quei libri di autorevolezza divina dalla vergogna di favole tanto sciocche.
Ha compreso questo un certo Filone, uomo di altissima cultura, uno di quelli il cui eloquio i Greci non esitano a paragonare a quello di Platone.
Ha provato ad interpretare alcuni passi non perché si intendessero riferiti a Cristo, al quale non credeva, ma in modo che maggiormente apparisse la differenza fra il riferire tutto a Cristo, in riferimento al quale realmente certe cose furono scritte, e l'andare alla ricerca, magari con soluzioni ingegnose, di congetture qualsiasi diverse dalla sua figura.
Dal che si ricava quanto siano vere le parole dell'Apostolo: Quando ti recherai dal Signore sarà tolto il velo. ( 2 Cor 3,16 )
Per riferire qualcosa d'altro, sempre a proposito dello stesso Filone, ricorderemo che, volendo far intendere che l'arca del diluvio era stata fabbricata tenendo conto delle misure del corpo umano, ne esaminò tutti i particolari pezzo per pezzo.
Mentre considerava con grande cura anche l'aspetto aritmetico, tutti i particolari si presentavano coerenti e nulla impediva che fossero riferiti a Cristo in quanto anche Cristo, salvatore del genere umano, era apparso in un corpo d'uomo.
Non erano però cogenti in quanto il corpo umano è comune a tutti gli uomini.
Ma quando si giunse alla porta, che era costruita sul fianco dell'arca, ogni congettura dell'ingegno umano venne meno e per dire qualcosa Filone osò credere, osò dire e osò scrivere che con quella porta venivano indicate le parti inferiori del corpo attraverso le quali vengono evacuate l'urina e lo sterco.
Né c'è da meravigliarsi se sbagliò per non aver trovato la porta.
Se fosse passato a Cristo, tolto il velo avrebbe scoperto i sacramenti della Chiesa uscenti dal corpo di quell'uomo. ( Gv 19,34 )
Poiché infatti è stato predetto che saranno due in una carne sola, ( Gen 2,24 ) anche nell'arca alcuni particolari si riferiscono a Cristo e altri alla Chiesa, ma in realtà tutto riguarda Cristo.
Così anche nelle interpretazioni delle figure diffuse in tutta la sacra Scrittura è possibile considerare e paragonare l'opinione di coloro che vi scorgono sempre Cristo con quella di coloro che anziché riportarla a Cristo la deviano verso altre interpretazioni.
Anche i pagani in questo non ci contrastano.
Non osano infatti opporsi alla nostra interpretazione che considera riferite a Cristo le figure di tanti eventi non solo raccontati, ma anche realmente avvenuti.
E ciò avviene poiché riusciamo a dimostrare che quelle che comprendiamo essere delle profezie si sono anche realizzate.
Per farci invece accettare in qualche modo le loro favole, si sforzano con la loro interpretazione di riferirle a non si sa quali fisiologie o teologie, in altre parole di darne delle spiegazioni coinvolgenti la natura o la divinità.
Da una parte mettono chiaramente in evidenza la natura di quei racconti, dall'altra li lasciano nell'ombra: essi infatti deridono a teatro ciò che venerano nei templi essendo troppo liberi nei loro vizi e troppo schiavi nella superstizione.
Se poi qualcuno ci dicesse che quelle cose non sono state scritte o dette perché in esse si riconoscesse Cristo, nonostante la perfetta coincidenza delle cose preannunciate ed ora compiute, sarà certamente colpito da altri presagi profetici chiari e manifesti come questo: Nella tua stirpe saranno benedette tutte le genti.
Questo è stato detto ad Abramo, questo ad Isacco, questo a Giacobbe. ( Gen 22,18; Gen 26,4; Gen 28,14 )
Dice perciò non a torto: Io sono il Dio di Abramo e il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe. ( Es 3,6 )
Egli avrebbe completato nella benedizione di tutte le nazioni ciò che aveva promesso della loro stirpe.
Non a torto lo stesso Abramo, in seguito al giuramento di un suo servo, gli ordinò di porre la mano sotto la sua coscia ( Gen 24, 2.9 ) sapendo che di lì sarebbe derivata la carne di Cristo nel quale non diciamo che sono state ora benedette tutte le genti, ma che ora vediamo ciò che allora fu preannunziato.
Vorrei sapere - anzi, ancor meglio, ignorare - per quale accecamento dello spirito Fausto abbia letto il passo in cui Giacobbe chiamava i suoi figli dicendo: Riunitevi perché io possa annunciarvi i fatti che vi accadranno negli ultimi giorni: riunitevi e ascoltate, figli di Giacobbe, ascoltate, Israele, vostro padre. ( Gen 49,1-2 )
Qui certamente nessuno dubiterà che viene messa in piena luce la figura di un profeta.
Ascoltiamo dunque cosa dice a suo figlio Giuda dalla cui tribù venne Cristo: Del sangue di Davide secondo la carne, come attesta l'insegnamento degli apostoli. ( Rm 1,3 )
Giuda, - dice - ti lodino i tuoi fratelli; le tue mani si appoggeranno sul dorso dei tuoi nemici, ti adoreranno i figli di tuo padre.
Giuda è come il cucciolo di un leone, figlio della mia stirpe.
Tu eri sdraiato e tu ti sei rialzato, hai dormito come un leone e come un cucciolo. Chi lo ridesterà?
Non mancherà un principe del sangue di Giuda e un condottiero della sua discendenza in attesa che venga ciò che è stato riservato per lui; egli sarà l'attesa dei Gentili, legherà alla vigna il suo cucciolo e il figlio dell'asina al cilicio.
Laverà nel vino la sua stola e nel sangue dell'uva il suo mantello; rifulgeranno i suoi occhi per il vino e saranno più bianchi i suoi denti per il latte. ( Gen 49,8-12 )
Tutto ciò sarebbe falso, tutto ciò sarebbe oscuro se non avesse trovato in Cristo un'illuminante spiegazione.
Se non lo lodano gli apostoli, suoi fratelli, e tutti i suoi coeredi che cercano la gloria non per sé ma per lui; se le sue mani non sono sulla schiena dei suoi nemici; se tutti coloro che gli sono contrari non si abbassano e non si curvano verso terra per il moltiplicarsi dei popoli cristiani; se i figli di Giacobbe non lo hanno adorato nel resto che si è conservato per l'elezione della grazia; ( Rm 11,5 ) se non è il cucciolo di un leone poiché nascendo s'è fatto piccino, è per questo che si aggiunge: Mio figlio della mia stessa generazione.
Si dà una spiegazione dell'immagine del cucciolo di leone laddove è scritto in sua lode: cucciolo del leone, più forte dei giumenti ( Pr 30,30 ) vale a dire: benché piccolo, più forte dei più grandi.
Se non salì in croce per riposare quando, inclinato il capo, rese lo spirito; se non dormì come un leone, poiché nella stessa morte non fu vinto, ma ne uscì vittorioso, e come un cucciolo di leone ( è infatti morto perché era nato ) se non lo ha risuscitato dai morti colui che mai nessuno vide né può vedere. ( 1 Tm 6,16 )
Da ciò infatti che è stato detto - chi lo risusciterà? - è sufficientemente espresso il segno di uno sconosciuto se venne a mancare un principe della casa di Giuda e un condottiero della sua discendenza, in attesa che si realizzassero nel momento opportuno gli eventi promessi e in un certo senso messi da parte.
Esistono infatti opere attendibilissime relative alla storia degli stessi Ebrei dalle quali si apprende che al tempo in cui nacque Cristo fu re dei Giudei lo straniero Erode. ( Mt 2,2-7 )
Perciò non mancò un re della stirpe di Giuda in attesa che si verificassero gli eventi che erano stati stabiliti per lui.
Ma poiché non giovò ai soli Giudei rimasti fedeli ciò che era stato promesso, considera ciò che segue: Ed egli, attesa dei Gentili, egli legò alla vigna il suo cucciolo, cioè il suo popolo, predicando e gridando nel cilicio: Fate penitenza perché il Regno dei cieli è vicino. ( Mt 3,2 )
Sappiamo che il popolo dei Gentili a lui sottomesso è paragonato ad un puledro d'asina sul quale egli siede e che lo conduce a Gerusalemme, ( Mt 21,2-10 ) cioè nella visione della pace, insegnando ai mansueti le loro vie.
Se non ha lavato nel vino la sua stola: essa significa infatti la Chiesa gloriosa che gli si presenta senza macchia o ruga. ( Ef 5,27 )
Ad essa viene pure detto per mezzo di Isaia: Se i vostri peccati saranno di color scarlatto li imbiancherò come neve. ( Is 1,18 )
Di che si tratta se non della remissione dei peccati?
In quale vino se non in quello del quale si dice che sarà versato per molti in remissione dei peccati? ( Mt 26,28 )
Si trattava infatti di quel grappolo che pendeva dal bastone.
E vedi inoltre che cosa aggiunge a questo punto: E nel sangue dell'uva il suo mantello. ( Nm 13,24 )
Ora, che i loro occhi risplendano per il vino lo sanno le membra che si trovano nel suo corpo alle quali è concesso vedere, grazie ad una santa ebbrezza della mente che la astrae da ciò che è immerso nella corporeità del tempo, l'eterna luce della sapienza.
Per questo abbiamo ricordato il passo di Paolo: Se siamo usciti da noi stessi, è per Dio.
Questo significano gli occhi splendenti per il vino.
Poiché tuttavia seguono le parole se siamo temperanti è per voi ( 2 Cor 5,13 ) non sono tralasciati neanche i bambini che devono ancora essere nutriti con il latte, ( Eb 5,12 ) poiché anche qui seguono le parole: e i suoi denti più bianchi per il latte.
Cosa potreste rispondere a questo, folli che siete?
Eppure si tratta di testimonianze manifeste che possono annientare non dico tanto le calunnie e le contraddizioni, quanto le nebbie stesse del dubbio.
Cercate prima di tutto testimonianze di questo tipo tratte da quei libri e credete innanzi tutto a quelle.
Quanto a me né posso ricordarle tutte, poiché sarebbero troppe, né ricordarne molte, perché richiederebbero molto tempo, né vorrei d'altra parte prenderne in considerazione poche per evitare che coloro che non le leggono ritengano che esistono solo quelle.
Vorrei anche evitare che il fedele e diligente lettore, scoprendone di più numerose e convincenti, mi rimproveri di prendere in considerazione soprattutto quelle delle quali mi ricordo al momento.
Ne troverete infatti molte che non hanno assolutamente bisogno di un commento, come quello di cui mi sono servito per spiegare le parole di Giacobbe.
Chi chiederebbe subito l'intervento di un esegeta leggendo una frase come questa: Fu condotto al sacrificio come un agnello, ( Is 53,7 ) e tutto ciò che in quel testo è detto più volte e con molta chiarezza come nelle frasi seguenti: Poiché siamo stati guariti dalle sue piaghe; poiché egli stesso si è caricato dei nostri peccati? ( Is 53,5 )
Chi non riterrebbe che si stesse in qualche modo cantando un testo evangelico udendo espressioni come queste: Hanno forato le mie mani e i miei piedi e contarono tutte le mie ossa; essi stessi mi guardarono e valutarono, si divisero i miei indumenti e sorteggiarono la mia tunica.
Chi, se non un cieco incurabile, non vedrebbe come si è compiutamente realizzata la profezia che dice: Saranno ricordati e si convertiranno al Signore tutti i confini della terra e tutte le nazioni dei Gentili si prostreranno alla sua presenza? ( Sal 22, 17-19.28 )
Prendiamo un passo evangelico: La mia anima è triste fino alla morte; ( Mt 26,38 ) o l'altro: Ora la mia anima è turbata. ( Gv 12,27 )
Non si legge già in un salmo: dormii turbato? E perché gli capitò di dormire?
Per le voci di coloro che gridarono: Crocifiggi, crocifiggi. ( Lc 23,21-22 )
Continuando nel salmo non si dice forse: figli degli uomini, i loro denti sono armi e frecce, e la loro lingua è una spada affilata?
Che cosa fecero, in che cosa nocquero al colui che sarebbe risuscitato e salito oltre il cielo e avrebbe posseduto a gloria del suo nome tutta la terra?
Vedi un po' se il salmo aveva taciuto su questo.
No certo, continua infatti così: Sei esaltato, o Dio, sopra i cieli e sopra tutta la terra per la tua gloria. ( Sal 57,5-6 )
E chi mai dubiterà che si parla di Cristo così: Il Signore ha detto a me: tu sei mio figlio, oggi ti ho generato; chiedimelo e ti darò i Gentili come tua eredità e come tuo possesso i confini della terra. ( Sal 2,7-8 )
Chi ha il diritto di intendere un altro diverso da Cristo dove questo dice Geremia della sapienza: La tramandò a Giacobbe suo figlio e ad Israele suo eletto.
In seguito fu visto sulla terra e visse assieme agli uomini. ( Bar 3,37-38 )
Chi non riconoscerebbe lo stesso Salvatore in Daniele quando il figlio dell'uomo si presenta al vegliardo e ne riceve il regno senza fine in modo che lo servano tutte le genti? ( Dn 7,13-14 )
Se a questo punto consideriamo il passo che ricordò il Signore rifacendosi alla stessa profezia di Daniele che dice: quando vedrete l'abominio della desolazione che fu predetta da Daniele e la colloca in un luogo santo ( chi vuole intendere intenda ) ( Dn 9,27; Mt 24,15 ) e se, calcolato lo spazio delle settimane, si considera quel numero, non solo si arriva a Cristo, ma si individua anche il tempo nel quale fu opportuno ch'egli venisse per subire la passione.
Eppure anche senza calcolare i tempi, ma sulla sola base dei fatti avvenuti, siamo soliti confondere i Giudei, coi quali non è tra noi in discussione se Cristo sia la nostra salvezza, ma si nega la sua stessa venuta e la passione.
Sono convinti dall'evidenza dei fatti e non solo per la conversione di tutte le genti che, secondo la stessa Scrittura cui sono costretti a cedere, si porranno al suo servizio visto che la Scrittura stessa s'è fatta così chiara in tutto il mondo da ferire gli occhi dei contraddittori.
In realtà ancor più vengono convinti da tutto ciò che è avvenuto fra lo stesso loro popolo come la distruzione del sacrario e la cessazione dei sacrifici, del sacerdozio e dell'unzione primitiva: tutti eventi che Daniele aveva previsto per quando si sarebbe celebrata l'unzione del santo dei santi. ( Dn 9,24-27 )
Essendosi dunque già compiuti tutti quei fatti si chiede dove sia il Santo dei Santi e non sanno che rispondere.
Del resto come potrebbero discutere con noi non di Cristo, ma del suo arrivo, se non sapessero che era stato profetato nei loro libri?
Perché chiedono a Giovanni s'egli sia Cristo? ( Gv 1,19 )
Perché dicono allo stesso Signore: Fino a quando terrai la nostra anima in sospeso?
Se sei il Cristo diccelo apertamente. ( Gv 10,24 )
Perché Pietro, Andrea e Filippo dicono a Natanaele: Abbiamo trovato il Messia, cioè Cristo, ( Gv 1,41 ) se non perché questo nome fra quella gente era conosciuto per tramite delle Scritture ed anche atteso?
Nessun altro popolo ebbe dei re o dei sacerdoti col nome di Cristo la cui simbolica unzione non era lecito che cessasse se non dopo l'arrivo di colui di cui era simbolo. ( 1 Sam 10,1-2; Es 29 )
I Giudei infatti conoscevano i loro Cristi, ma speravano in uno solo che li avrebbe liberati.
Resi ciechi però per un misterioso disegno della giustizia divina, presero in considerazione solo la sua potenza e non compresero il senso della debolezza nella quale è morto per noi.
Sappiamo così che è di loro che si profetizza nelle seguenti parole del libro della Sapienza: Condanniamolo ad una morte ignominiosa.
Sarà infatti trattato secondo le sue parole. Se è veramente figlio di Dio, Dio lo accoglierà e lo libererà dalle mani dei suoi nemici.
Questo pensarono e sbagliarono: li accecò infatti la loro malizia. ( Sap 2,18-21 )
Questo si può con grande sincerità dire di coloro che nonostante una tale massa di testimonianze, una così ampia disponibilità di previsioni e una così manifesta dimostrazione che si sono verificate sostengono ancora che nelle sacre Scritture non è profetato Cristo.
Se continuano a dire questo noi possiamo continuare a produrre documenti con l'aiuto di colui che ne offrì tanta abbondanza contro le calunnie e gli errori degli uomini che ci esenta dal tornare a quanto abbiamo detto.
Mi rincresce a questo punto di dover confutare un altro sotterfugio di Fausto ch'egli stesso ha ritenuto di poter trovare, avvedutissimo per il riflettersi in esso della luce della profezia.
Lo faccio con disgusto nel timore che si possa ritenere che Fausto abbia detto qualcosa cui valga la pena di rispondere.
Chi può essere tanto insensato da sostenere che è debole la fede di chi non crede a Cristo senza un testimone?
Vorrei che i Manichei mi rispondessero a chi abbiano creduto a proposito di Cristo.
Hanno forse udito una voce dal cielo che diceva: questo è mio figlio? ( Mt 3,17; Mt 17,5 )
In realtà Fausto ci invita a credere soprattutto a quella voce, lui che non ammette che vi siano testimonianze umane su Cristo, come se a noi la notizia di quella stessa voce non fosse giunta attraverso la testimonianza di un uomo sì da indurre l'Apostolo a pronunziarsi così: Come invocheranno colui nel quale non hanno creduto?
O come crederanno a colui che non hanno udito? Come udranno senza che qualcuno parli? O come predicheranno senza essere inviati?
Così è scritto: quanto sono belli i piedi di coloro che annunziano la pace, che annunziano il bene! ( Rm 10,14-15 )
Voi vedete certamente come una testimonianza profetica accompagni la predicazione della dottrina degli apostoli.
Perché quindi non fossero disprezzati né ritenuti frutto di invenzione gli eventi annunziati dagli apostoli si dimostrava che questi stessi eventi erano stati predetti dai profeti.
Anche di fronte all'attestazione di veri miracoli ( come anche ora alcuni vanno mormorando ) non sarebbe mancato il tentativo di attribuire quegli eventi al potere della magia se un tale modo di pensare non fosse stato contestato dalle profezie.
Nessuno infatti avrebbe osato dire che gli apostoli si erano creati dei profeti a mezzo delle arti magiche, ancora prima che queste nascessero, per fare quelle predizioni.
Ma evidentemente Fausto ci proibisce di credere alle testimonianze profetiche degli Ebrei a proposito del vero Cristo, mentre egli crede alle errate informazioni dei Persiani sul falso Cristo.
Al contrario l'insegnamento cattolico insegna che la mente cristiana deve essere dapprima educata con la semplice fede che la renda poi capace di comprendere le realtà superiori ed eterne.
Così dice infatti il profeta: Se non avrete creduto non comprenderete. ( Is 7,9b )
Ma questa è la semplice fede per la quale, prima di conoscere la sublime scienza dell'amore di Cristo e di riempirci della pienezza di Dio, ( Ef 3,19 ) crediamo che non senza ragione la prova di umiltà con la quale egli nacque e soffrì da uomo era stata predetta con molto anticipo dai profeti attraverso una stirpe profetica, un popolo profetico, un regno profetico.
E ciò avviene perché in quella stoltezza che è più saggia della sapienza umana e in quella debolezza che è più forte della fortezza umana ( 1 Cor 1,25 ) si cela qualcosa di grande in vista della nostra giustificazione e glorificazione.
Ed ivi si nascondono tutti i tesori di sapienza e di scienza ( Col 2,3 ) che non si aprono per chi ha disprezzato il cibo a lui trasmesso attraverso la carne materna, cioè il nutriente latte sgorgato dalle poppe degli apostoli e dei profeti, e quasi disdegnando per la sua età avanzata un cibo infantile, si è gettato sui veleni degli eretici anziché sul cibo di sapienza al quale si ritiene poco adatto.
Il fatto che diciamo necessaria una fede semplice non contrasta dunque con quanto diciamo perché si creda ai profeti.
È anzi più importante che si creda ai profeti prima che con una mente purificata e fortificata si possa comprendere chi parlava attraverso i profeti.
Ma - dite voi - se hanno profetato Cristo non sono vissuti degnamente e in coerenza con la loro dignità di profeti.
Ma come sapete questo? Siete forse in grado di giudicare cosa sia vivere bene o vivere male voi la cui giustizia consiste nel venire in aiuto, non mangiandolo, di un insensibile melone piuttosto che nel dare qualcosa da mangiare a chi ha fame?
Ai bambini cattolici, prima ancora che sappiano quale sia la perfetta giustizia dell'anima umana e che differenza ci sia fra la giustizia stessa per la quale si sospira e quella con la quale si vive su questa terra, è sufficiente pensare di quegli uomini ciò che raccomanda la sana dottrina apostolica: Chi è giusto vive di fede. ( Rm 1,17 )
Abramo confidò in Dio e ciò gli fu imputato a giustizia.
Infatti la provvida Scrittura, poiché Dio giustifica i Gentili sulla base della fede, fece ad Abramo questa predizione: nel tuo nome saranno benedette tutte le genti: ( Gal 3, 6.8 ) sono parole dell'Apostolo.
Se vi svegliaste dai vostri sogni fallaci seguireste le orme del nostro padre Abramo ascoltandone la chiara voce a tutti nota e nel sue seme sareste benedetti con tutte le genti.
Egli infatti - dice l'Apostolo - ricevette il segno della circoncisione, sigillo della giustizia della fede, che ha sede nel prepuzio perché egli attraverso il prepuzio sia padre di tutti i credenti, perché ciò sia imputato loro a giustizia, perché sia padre della circoncisione non soltanto per i circoncisi, ma anche per coloro che ne seguono le orme che sono nel prepuzio della fede del nostro padre Abramo. ( Rm 4,11-12 )
La sua giustizia della fede ci è stata proposta ad esempio perché noi, giustificati per la fede, fossimo in pace con Dio; e noi dobbiamo comprendere come è vissuto, non criticarlo.
Dobbiamo evitare di scivolare come in un aborto dall'utero della madre nostra Chiesa prima di essere formati e perfezionati in una concezione più coerente.
Questo risponderei brevemente a Fausto a favore dei costumi dei Patriarchi e dei Profeti e per bocca dei nostri bambini, fra i quali porrei anche me, dal momento che non criticherei il comportamento dei santi di un tempo pur non comprendendo il mistero della loro vita.
Gli apostoli col loro Vangelo ci hanno parlato della loro vita in termini elogiativi allo stesso modo in cui quegli antichi maestri hanno profetizzato che ci sarebbero stati gli apostoli.
Di qui il reciproco richiamo fra i due Testamenti, come fra due serafini: Santo, Santo, Santo il Signore Dio degli eserciti. ( Is 6,3 )
Quando Fausto incomincerà ad accusare i Patriarchi e i Profeti, non però con un attacco globale e vago come fa in questo libro, ma adducendo concretamente i fatti di cui li accusa, il Signore loro Dio, che è anche il nostro, mi aiuterà a rispondere alle singole accuse in modo congruo e conveniente.
Ora però il manicheo Fausto vitupera quegli uomini, mentre l'apostolo Paolo li loda: scelga ciascuno a chi credere
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