Pietà popolare e Liturgia |
94. L'Anno liturgico è la struttura temporale entro la quale la Chiesa celebra l'intero mistero di Cristo: « dall'Incarnazione e dalla Natività fino all'Ascensione, al giorno di Pentecoste, all'attesa della beata speranza e della venuta del Signore ».109
Nell'Anno liturgico « la celebrazione del mistero pasquale [ … ] costituisce il momento privilegiato del culto cristiano nel suo sviluppo quotidiano, settimanale e annuale ».110
Ne consegue che nel rapporto tra Liturgia e pietà popolare deve essere ritenuto un punto fermo la priorità della celebrazione dell'Anno liturgico su ogni altra espressione e pratica di devozione.
Il « giorno del Signore », in quanto « festa primordiale » e « fondamento e nucleo di tutto l'Anno liturgico »,111 non deve essere subordinato alle manifestazioni di pietà popolare.
Non è pertanto il caso di insistere su pii esercizi per il cui svolgimento viene scelta la domenica come punto di riferimento cronologico.
Per il bene pastorale dei fedeli è lecito riprendere nelle domeniche "per annum" quelle celebrazioni del Signore, in onore della beata Vergine Maria o dei Santi che ricorrono in settimana e sono particolarmente sentite dalla pietà dei fedeli, purché nell'elenco delle precedenze, abbiano la preminenza sulla domenica stessa.112
Poiché, talvolta, tradizioni popolari e culturali rischiano di invadere la celebrazione della domenica, inquinandone lo spirito cristiano, « occorre in questi casi far chiarezza, con la catechesi e opportuni interventi pastorali, respingendo quanto è inconciliabile col Vangelo di Cristo.
Non bisogna tuttavia dimenticare che spesso tali tradizioni - ciò vale analogamente per nuove proposte culturali della società civile - non mancano di valori che si coniugano senza difficoltà con le esigenze della fede.
Spetta ai Pastori operare un discernimento che salvi i valori presenti nella cultura di un determinato contesto sociale e soprattutto nella religiosità popolare, facendo in modo che la celebrazione liturgica, specie quella delle domeniche e delle feste, non ne soffra, ma piuttosto ne sia avvantaggiata ».113
L'Avvento è tempo di attesa, di conversione, di speranza:
attesa-memoria della prima, umile venuta del Salvatore nella nostra carne mortale;
attesa-supplica dell'ultima, gloriosa venuta di Cristo, Signore della storia e Giudice universale;
conversione, alla quale spesso la Liturgia di questo tempo invita con la voce dei profeti e soprattutto di Giovanni Battista: « Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino » ( Mt 3,2 );
speranza gioiosa che la salvezza già operata da Cristo ( cf. Rm 8,24-25 )
e le realtà di grazia già presenti nel mondo giungano alla loro maturazione e pienezza, per cui la promessa si tramuterà in possesso, la fede in visione, e « noi saremo simili a lui e lo vedremo così come egli è » ( 1 Gv 3,2 ).
97. La pietà popolare è sensibile al tempo di Avvento soprattutto in quanto memoria della preparazione alla venuta del Messia.
Nel popolo cristiano è saldamente radicata la coscienza della lunga attesa che precedette la nascita del Salvatore.
I fedeli sanno che Dio sosteneva con profezie la speranza di Israele nella venuta del Messia.
Alla pietà popolare non sfugge l'evento straordinario, anzi essa lo rileva piena di stupore, per cui il Dio della gloria si è fatto bambino nel grembo di una donna vergine, umile e povera.
I fedeli sono particolarmente sensibili alle difficoltà che la Vergine Maria dovette affrontare durante la gravidanza e si commuovono al pensiero che nell'albergo non vi fu un posto per Giuseppe e per Maria, che stava per dare alla luce il Bambino ( cf. Lc 2,7 ).
In riferimento all'Avvento sono sorte varie espressioni di pietà popolare che sostengono la fede del popolo e trasmettono, da una generazione all'altra, la coscienza di alcuni valori di questo tempo liturgico.
La disposizione di quattro ceri su una corona di rami sempre verdi, in uso soprattutto nei paesi germanici e nell'America del Nord, è divenuta simbolo dell'Avvento nelle case dei cristiani.
La corona di Avvento, con il progressivo accendersi delle sue quattro luci, domenica dopo domenica, fino alla solennità del Natale, è memoria delle varie tappe della storia della salvezza prima di Cristo e simbolo della luce profetica che via via illuminava la notte dell'attesa fino al sorgere del Sole di giustizia ( cf. Ml 3,20; Lc 1,78 ).
Nel tempo di Avvento si celebrano, in diverse regioni, processioni di vario genere, che sono ora annuncio per le strade cittadine della prossima nascita del Salvatore ( la "chiara stella" di alcune contrade italiane ), ora rappresentazione del cammino di Giuseppe e di Maria verso Betlemme e della loro ricerca di un luogo ospitale per la nascita di Gesù ( le "posadas" della tradizione ispanica e latino-americana ).
Nell'emisfero boreale, nel tempo di Avvento, ricorrono le "tempora d'inverno".
Esse segnano un passaggio di stagione e un momento di tregua in alcuni settori dell'attività umana.
La pietà popolare è molto attenta allo svolgimento del ciclo vitale della natura: mentre si celebrano le "tempora d'inverno", il seme giace sotto la terra in attesa che la luce e il calore del sole, che proprio nel solstizio d'inverno riprende il suo cammino, lo faccia germogliare.
Là dove la pietà popolare abbia istituito espressioni celebrative del cambio di stagione, esse vanno conservate e valorizzate come momenti di supplica al Signore e di riflessione sul significato del lavoro umano, che è collaborazione all'opera creatrice di Dio, autorealizzazione della persona, servizio al bene comune, attuazione del progetto della redenzione.114
Nel tempo di Avvento la Liturgia celebra frequentemente e in modo esemplare la beata Vergine:115
ricorda alcune donne dell'Antica Alleanza, che erano figura e profezia della sua missione;
esalta l'atteggiamento di fede e di umiltà con cui Maria di Nazaret aderì prontamente e totalmente al progetto salvifico di Dio;
mette in luce la sua presenza negli avvenimenti di grazia che precedettero la nascita del Salvatore.
Anche la pietà popolare dedica, nel tempo di Avvento, una particolare attenzione a santa Maria; lo attestano inequivocabilmente i vari pii esercizi, soprattutto le novene dell'Immacolata e del Natale.
Tuttavia, la valorizzazione dell'Avvento « quale tempo particolarmente adatto per il culto della Madre del Signore »116 non significa che questo tempo liturgico venga presentato come un "mese di Maria".
Nei calendari liturgici dell'Oriente cristiano, il periodo di preparazione al mistero della manifestazione ( Avvento ) della salvezza divina ( Teofania ) nei misteri della Natività-Epifania del Figlio Unigenito di Dio Padre, appare segnatamente mariano.
L'attenzione si concentra sulla preparazione alla venuta del Signore nel mistero della Deipara.
Per l'Oriente, tutti i misteri mariani sono misteri cristologici, cioè riferiti al mistero della nostra salvezza in Cristo.
Così nel rito copto durante questo periodo si cantano le Lodi di Maria nei Theotokia.
Nell'Oriente siriano il tempo è chiamato Subbara, ossia Annunciazione, per sottolineare in tal modo la sua fisionomia mariana.
Nel rito bizantino ci si prepara al Natale con una serie crescente di feste e di ritornelli mariani.
102. La solennità dell'Immacolata ( 8 dicembre ), profondamente sentita dai fedeli, dà luogo a molte manifestazioni di pietà popolare, la cui precipua espressione è la novena dell'Immacolata.
Non c'è dubbio che il contenuto della festa della Concezione pura e senza macchia di Maria, in quanto preparazione fontale alla nascita di Gesù, si armonizza bene con alcuni temi portanti dell'Avvento: anch'essa rinvia alla lunga attesa messianica e richiama profezie e simboli dell'Antico Testamento, usati pure dalla Liturgia dell'Avvento.
Dove si celebri la novena dell'Immacolata si dovranno mettere in luce i testi profetici, che partendo dal vaticinio di Genesi 3,15 sfociano nel saluto di Gabriele alla "piena di grazia" ( Lc 1,28 ) e nell'annuncio della nascita del Salvatore ( cf. Lc 1,31-33 ).
Accompagnata da molteplici manifestazioni popolari, nel Continente Americano si celebra, all'approssimarsi del Natale, la festa di Nostra Signora di Guadalupe ( 12 dicembre ), la quale ben favorisce la disposizione ad accogliere il Salvatore: Maria, « unita intimamente alla nascita della Chiesa in America, fu la Stella radiosa che illuminò l'annuncio di Cristo Salvatore ai figli di questi popoli ».117
La novena del Natale è sorta per comunicare ai fedeli le ricchezze di una Liturgia alla quale essi non avevano facile accesso.
La novena natalizia ha svolto effettivamente una funzione salutare e può continuare ancora a svolgerla.
Tuttavia nel nostro tempo, in cui è stata resa più agevole la partecipazione del popolo alle celebrazioni liturgiche, sarà auspicabile che nei giorni 17-23 dicembre sia solennizzata la celebrazione dei Vespri con le "antifone maggiori" e i fedeli siano invitati a parteciparvi.
Tale celebrazione, prima o dopo della quale potranno essere valorizzati alcuni elementi cari alla pietà popolare, costituirebbe un'eccellente "novena del Natale" pienamente liturgica e attenta alle esigenze della pietà popolare.
All'interno della celebrazione dei Vespri si possono sviluppare alcuni elementi già previsti ( es. omelia, uso dell'incenso, adattamento delle intercessioni ).
Come è noto, oltre alle rappresentazioni del presepio betlemita, esistenti fin dall'antichità nelle chiese, a partire dal secolo XIII si è diffusa la consuetudine, influenzata senza dubbio dal presepe allestito a Greccio da san Francesco d'Assisi nel 1223, di costruire piccoli presepi nelle abitazioni domestiche.
La loro preparazione ( in cui saranno coinvolti particolarmente i bambini ) diviene occasione perché i vari membri della famiglia si pongano in contatto con il mistero del Natale, e si raccolgano talora per un momento di preghiera o di lettura delle pagine bibliche riguardanti la nascita di Gesù.
La pietà popolare, per la sua comprensione intuitiva del mistero cristiano, può contribuire efficacemente alla salvaguardia di alcuni valori dell'Avvento, minacciati da un costume in cui la preparazione del Natale si risolve in una "operazione commerciale" con mille vacue proposte provenienti da una società consumistica.
La pietà popolare, infatti, percepisce che non si può celebrare il Natale del Signore se non in un clima di sobrietà e di gioiosa semplicità e con un atteggiamento di solidarietà verso i poveri e gli emarginati; l'attesa della nascita del Salvatore la rende sensibile al valore della vita e al dovere di rispettarla e di proteggerla fin dal suo concepimento; essa intuisce pure che non si può celebrare coerentemente la nascita di colui « che salverà il suo popolo dai suoi peccati » ( Mt 1,21 ) senza compiere uno sforzo per eliminare da se stessi il male del peccato, vivendo nella vigile attesa di Colui che ritornerà alla fine dei tempi.
Nel tempo di Natale la Chiesa celebra il mistero della manifestazione del Signore:
la sua umile nascita a Betlemme, annunciata ai pastori, primizia dell'Israele che accoglie il Salvatore;
l'epifania ai Magi, « giunti da Oriente » ( Mt 2,1 ), primizia dei gentili, che nel neonato Gesù riconoscono e adorano il Cristo Messia;
la teofania presso il fiume Giordano, in cui Gesù è proclamato dal Padre « figlio prediletto » ( Mt 3,17 ) e inaugura pubblicamente il suo ministero messianico;
il segno compiuto a Cana con il quale Gesù « manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui » ( Gv 2,11 ).
107. Nel tempo natalizio, oltre a queste celebrazioni che ne danno il senso primordiale, ne ricorrono altre che hanno stretto rapporto con il mistero della manifestazione del Signore:
il martirio dei Santi Innocenti ( 28 dicembre ), il cui sangue fu versato a causa dell'odio verso Gesù e del rifiuto della sua signoria da parte di Erode;
la memoria del Nome di Gesù, il 3 gennaio;
la festa della Santa Famiglia ( domenica fra l'ottava ), in cui viene celebrato il santo nucleo familiare nel quale « Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini » ( Lc 2,52 );
la solennità del 1° gennaio, memoria intensa della maternità divina, verginale e salvifica di Maria;
e, se pure fuori dai limiti del tempo natalizio, la festa della Presentazione del Signore ( 2 febbraio ), celebrazione dell'incontro del Messia con il suo popolo, rappresentato da Simeone e Anna, e momento della profezia messianica di Simeone.
108. Gran parte del ricco e complesso mistero della manifestazione del Signore trova ampia eco ed espressioni proprie nella pietà popolare.
Essa è particolarmente attenta agli avvenimenti dell'infanzia del Salvatore, nei quali si è manifestato il suo amore per noi.
La pietà popolare infatti coglie intuitivamente:
il valore della "spiritualità del dono", propria del Natale: « è nato per noi un bambino, un figlio ci è stato donato » ( cf. Is 9,5 ), dono che è espressione dell'infinito amore di Dio, che « ha tanto amato il mondo da donare il suo unico Figlio » ( Gv 3,16 );
il messaggio di solidarietà che l'evento del Natale porta con sé: solidarietà con l'uomo peccatore, per cui, in Gesù, Dio si è fatto uomo « per noi uomini e per la nostra salvezza »;118 solidarietà con i poveri, perché il Figlio di Dio « da ricco che era si e fatto povero » per arricchire noi « per mezzo della sua povertà » ( 2 Cor 8,9 );
il valore sacro della vita e l'evento mirabile che si compie in ogni parto di donna, poiché attraverso il parto di Maria il Verbo della vita è venuto tra gli uomini e si è fatto visibile ( cf. 1 Gv 1,2 );
il valore della gioia e della pace messianica, a cui aspirano profondamente gli uomini di ogni tempo: gli Angeli annunciano ai pastori che è nato il Salvatore del mondo, il « Principe della pace » ( Is 9,5 ), e formulano l'augurio di « pace in terra agli uomini che Dio ama » ( Lc 2,14 );
il clima di semplicità e di povertà, di umiltà e di fiducia in Dio, che avvolge gli avvenimenti della nascita del bambino Gesù.
La pietà popolare, appunto perché intuisce i valori insiti nel mistero del Natale, è chiamata a cooperare alla salvaguardia della memoria della manifestazione del Signore, sì che la forte tradizione religiosa connessa con il Natale non divenga terreno per operazioni di consumismo e per infiltrazioni di neopaganesimo.
Nello spazio di tempo che va dai I Vespri del Natale alla celebrazione eucaristica della mezzanotte, insieme alla tradizione dei canti natalizi, che sono tra i più potenti veicoli del messaggio di gioia e di pace del Natale, la pietà popolare propone alcune sue espressioni di preghiera, diverse da paese a paese, che è opportuno valorizzare e, se è il caso, armonizzare con le celebrazioni stesse della Liturgia.
Tali sono ad esempio:
lo svolgersi di "presepi viventi" e
l'inaugurazione del presepio domestico, che può dare luogo a un momento di preghiera di tutta la famiglia: preghiera che comprenda la lettura del racconto lucano della nascita di Gesù, in cui risuonino i canti tipici del Natale e si levi la supplica e la lode, soprattutto dei bambini, protagonisti di questo incontro familiare;
l'inaugurazione dell'albero di Natale.
Essa si presta pure a istituire un momento simile di preghiera familiare.
Infatti, a prescindere dalle sue origini storiche, l'albero di Natale è oggi un simbolo fortemente evocativo, assai diffuso negli ambienti cristiani; evoca sia l'albero della vita piantato al centro dell'Eden ( cf. Gen 2,9 ), sia l'albero della croce, ed assume quindi un significato cristologico: Cristo è il vero albero della vita, nato dalla nostra stirpe, dalla vergine terra santa Maria, albero sempre verde, fecondo di frutti.
L'ornamentazione cristiana dell'albero, secondo gli evangelizzatori dei paesi nordici, consiste in mele e ostie sospese ai rami.
Si possono aggiungere dei "doni"; tuttavia, tra i doni posti sotto l'albero di Natale non dovrà mancare il dono per i poveri: essi fanno parte di ogni famiglia cristiana; la cena di Natale.
La famiglia cristiana che ogni giorno, secondo la tradizione, benedice la mensa e ringrazia il Signore per il dono del cibo, compirà questo gesto con maggiore intensità ed attenzione nella cena di Natale, in cui si manifestano con tutta la loro forza la saldezza e la gioia dei vincoli familiari;
110. La Chiesa auspica che i fedeli partecipino la notte del 24 dicembre possibilmente all'Ufficio delle letture, come preparazione immediata alla celebrazione dell'Eucaristia di mezzanotte.119
Ove ciò non avvenga, ispirandosi ad esso, potrà essere opportuno disporre una veglia fatta di canti, letture, elementi della pietà popolare.
111. Nella Messa di mezzanotte, di grande significato liturgico e di forte ascendente popolare potranno essere valorizzati:
all'inizio della Messa, il canto dell'annuncio della nascita del Signore, nella formula del Martirologio Romano;
la preghiera dei fedeli dovrà assumere un carattere veramente universale, espresso anche, ove ciò sia pertinente, attraverso il segno della pluralità delle lingue;
e nella presentazione dei doni all'offertorio vi sarà sempre un concreto ricordo dei poveri;
al termine della celebrazione potrà aver luogo il bacio dei fedeli all'immagine del Bambino Gesù e la collocazione di essa nel presepio allestito in chiesa o nelle adiacenze.
La festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe ( Domenica fra l'ottava del Natale ) offre un ambito celebrativo adatto per lo svolgimento di alcuni riti o momenti di preghiera propri della famiglia cristiana.
Il ricordo di Giuseppe, di Maria e del fanciullo Gesù che si recano a Gerusalemme, come ogni osservante famiglia ebrea, per compiere i riti della Pasqua ( cf. Lc 2,41-42 ), incoraggerà l'accoglimento della proposta pastorale che, in quel giorno, tutta la famiglia riunita partecipi alla celebrazione dell'Eucaristia.
E saranno pure significativi, in tale festività, la rinnovazione dell'affidamento della compagine familiare al patrocinio della santa Famiglia di Nazaret,120 la benedizione dei figli, prevista nel Rituale,121 e, ove se ne dia l'occasione, il rinnovo degli impegni assunti dagli sposi, ora genitori, nel giorno del matrimonio, nonché lo scambio delle promesse sponsali con cui i fidanzati formalizzano il progetto di costituire una nuova famiglia.122
Ma al di là del giorno della festa, i fedeli amano ricorrere alla Famiglia di Nazaret in molte circostanze della vita: volentieri si iscrivono all'Associazione della Santa Famiglia per configurare il proprio nucleo familiare sul modello della Famiglia nazaretana123 e rivolgono ad essa frequenti giaculatorie con cui affidano se stessi al suo patrocinio e ne richiedono l'assistenza nell'ora della morte.124
Fin dal VI secolo, la Chiesa celebra il 28 dicembre la memoria dei bambini uccisi a causa di Gesù dal cieco furore di Erode ( cf. Mt 2,16-17 ).
La tradizione liturgica li chiama i "Santi Innocenti" e li qualifica come martiri.
Lungo i secoli nell'arte, nella poesia, nella pietà popolare sentimenti di tenerezza e di simpatia hanno avvolto la memoria di questo « tenero gregge di agnelli immolati »;125 a tali sentimenti si è sempre accompagnato un moto di indignazione per la violenza con cui essi furono strappati dalle braccia delle loro madri e consegnati alla morte.
Ai nostri giorni i bambini subiscono ancora innumerevoli forme di violenza, che attentano alla loro vita, dignità, moralità e diritto all'educazione.
È da tener presente in quel giorno l'innumerevole schiera di bambini non ancora nati e precocemente trucidati con la copertura delle leggi che permettono l'aborto, che è un crimine abominevole.
Attenta ai problemi concreti, la pietà popolare, in non pochi luoghi, ha dato vita a manifestazioni cultuali e a forme di carità quali l'assistenza alle madri incinte, l'adozione di bambini, la promozione della loro istruzione.
Dalla pietà popolare provengono alcuni pii esercizi che caratterizzano il 31 dicembre.
Nella maggior parte dei paesi dell'Occidente in tale giorno si celebra la fine dell'anno civile.
La ricorrenza induce i fedeli a riflettere sul "mistero del tempo" che corre veloce e inesorabile.
Ciò suscita nel loro animo un duplice sentimento: di pentimento e di rammarico per le colpe commesse e per le occasioni di grazia perdute lungo l'anno che volge al termine; di gratitudine per i benefici ricevuti da Dio.
Questo duplice atteggiamento ha dato origine rispettivamente a due pii esercizi:
all'esposizione prolungata del Santissimo Sacramento, che offre spazio alle comunità religiose e ai fedeli per momenti di preghiera prevalentemente silenziosa;
al canto del Te Deum, come espressione comunitaria di lode e di ringraziamento per i benefici ottenuti da Dio nel corso dell'anno che sta per finire.126
In alcuni luoghi, soprattutto in comunità monastiche e in associazioni laicali di forte impegno eucaristico, la notte del 31 dicembre ha luogo una veglia di preghiera che si conclude abitualmente con la celebrazione dell'Eucaristia.
Tale veglia è da incoraggiare, e deve essere celebrata in armonia con i contenuti liturgici dell'Ottava del Natale e vissuta non solo come giustificata reazione alla dissipata spensieratezza con cui la società vive il momento del passaggio da un anno all'altro, ma anche come vigile offerta al Signore delle primizie del nuovo anno.
Il 1° gennaio, Ottava del Natale, la Chiesa celebra la solennità della beata Vergine Maria, Madre di Dio.
La maternità divina e verginale di Maria costituisce un singolare evento salvifico: per la Vergine fu premessa e causa della sua gloria straordinaria; per noi è sorgente di grazia e di salvezza, perché « per mezzo di lei abbiamo ricevuto l'Autore della vita ».127
La solennità del 1° gennaio, eminentemente mariana, offre uno spazio particolarmente adatto per un incontro della pietà liturgica con la pietà popolare: la prima celebra quell'evento con i moduli che le sono propri; la seconda, se debitamente educata, non mancherà di dare vita a espressioni di lode e di felicitazione alla Vergine per la nascita del suo Figlio divino, e di approfondire il contenuto di tante formule di preghiera, a cominciare da quella tanto cara ai fedeli: « Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori ».
116. In Occidente il 1° gennaio è un giorno augurale: l'inizio dell'anno civile.
I fedeli sono anch'essi coinvolti nel clima festoso del Capo d'anno e scambiano con tutti gli auguri di "buon anno".
Ma essi devono saper dare a tale consuetudine un senso cristiano e farne quasi un'espressione di pietà.
I fedeli infatti sanno che l'"anno nuovo" è posto sotto la signoria di Cristo e perciò, scambiandosi gli auguri, lo pongono anch'essi, implicitamente o esplicitamente, sotto il dominio di Cristo, a cui appartengono i giorni e i secoli eterni ( cf. Ap 1,8; Ap 22,13 ).128
A questa consapevolezza si riallaccia la consuetudine molto diffusa di cantare, il 1° gennaio, l'inno Veni, creator Spiritus, perché lo Spirito del Signore diriga i pensieri e le azioni dei singoli fedeli e delle comunità cristiane durante il corso dell'anno.129
117. Tra gli auguri che uomini e donne si scambiano il 1° gennaio emerge quello della pace.
L'"augurio della pace" ha profonde radici bibliche, cristologiche, natalizie; il "bene della pace" è sommamente invocato dagli uomini di ogni tempo, che pure attentano ad esso frequentemente, nel modo più violento e distruttore: la guerra.
La Sede Apostolica, partecipe delle aspirazioni profonde dei popoli, fin dal 1967, ha indetto per il 1° gennaio la celebrazione della "Giornata mondiale della pace".
La pietà popolare non è rimasta insensibile a questa iniziativa della Sede Apostolica e, nella luce del neonato Principe della pace, fa di questo giorno un momento intenso di preghiera per la pace, di educazione alla pace e ai valori con essa indissolubilmente congiunti, quali
la libertà,
la solidarietà e la fratellanza,
la dignità della persona umana,
il rispetto della natura,
il diritto al lavoro, e
la sacralità della vita,
di denuncia di situazioni ingiuste, che turbano le coscienze e minacciano la pace.
Attorno alla solennità dell'Epifania, di antichissima origine e di ricchissimo contenuto, sono sorte e si sono sviluppate molte tradizioni e genuine espressioni di pietà popolare.
Tra esse si possono ricordare:
il solenne annuncio della Pasqua e delle principali feste dell'anno; il suo ripristino, in atto in diversi luoghi, va opportunamente favorito; esso infatti aiuta i fedeli a scoprire il collegamento tra l'Epifania e la Pasqua e l'orientamento di tutte le feste verso la massima solennità cristiana;
lo scambio dei "doni dell'Epifania"; tale consuetudine affonda le sue radici nell'episodio evangelico dei doni offerti dai Magi al bambino Gesù ( cf. Mt 2,11 ) e, più radicalmente, nel dono fatto da Dio Padre all'umanità con la nascita tra noi dell'Emanuele ( cf. Is 7,14; Is 9,6; Mt 1,23 ).
È auspicabile pertanto che lo scambio dei doni in occasione dell'Epifania mantenga una caratterizzazione religiosa, mostri cioè la sua motivazione ultima nel ricordo del racconto evangelico: ciò aiuterà a fare del dono un'espressione anche di pietà cristiana e a sottrarlo da elementi condizionanti di lusso, di sfarzo, di sperpero, estranei alle sue origini;
la benedizione delle case, sulle cui porte vengono segnate la croce del Signore, la cifra dell'anno appena iniziato, le lettere iniziali dei tradizionali nomi dei santi Magi ( c+m+b ), spiegate anche come abbreviazione di "Christus mansionem benedicat", scritte con gesso benedetto; tali gesti, compiuti da cortei di bambini accompagnati da adulti, esprimono l'invocazione della benedizione di Cristo per intercessione dei santi Magi e insieme sono occasione per raccogliere offerte da devolvere a scopi caritativi e missionari;
le iniziative di solidarietà in favore di uomini e donne che, come i Magi, provengono da regioni lontane; nei loro confronti, siano essi cristiani o non, la pietà popolare assume un atteggiamento di accogliente comprensione e di fattiva solidarietà l'aiuto all'evangelizzazione dei popoli;
la forte caratterizzazione missionaria dell'Epifania è stata colta dalla pietà popolare, per cui, in quel giorno fioriscono iniziative in favore delle missioni, in particolare quelle legate all'"Opera missionaria della Santa Infanzia" istituita dalla Sede Apostolica;
l'assegnazione dei Santi Patroni; in non poche comunità religiose e confraternite vige la consuetudine di assegnare ai singoli membri un Santo, sotto il cui patrocinio porre l'anno appena iniziato.
Strettamente collegati all'evento salvifico dell'Epifania del Signore sono i misteri del Battesimo di Gesù e della sua manifestazione alle nozze di Cana.
La festa del Battesimo del Signore chiude il Tempo natalizio.
Essa, rivalutata solo in tempi recenti, non ha dato origine a particolari espressioni della pietà popolare.
Tuttavia, affinché i fedeli siano sensibili a tutto ciò che riguarda il Battesimo e la memoria della loro nascita come figli di Dio, essa può costituire un momento opportuno per efficaci iniziative, quali:
l'adozione del Rito dell'aspersione domenicale con l'acqua benedetta in tutte le messe che si celebrano con concorso di popolo;
la concentrazione della predicazione omiletica e della catechesi sui temi e sui simboli battesimali.
Fino al 1969 l'antica festa del 2 febbraio, di origine orientale,130 recava in Occidente il titolo di « purificazione della beata Vergine Maria » e chiudeva, nel quarantesimo giorno dopo il Natale, il ciclo natalizio.
Tale festa ha avuto sempre una forte caratterizzazione popolare.
I fedeli infatti: partecipano volentieri alla processione commemorativa dell'ingresso di Gesù nel Tempio e del suo incontro anzitutto con Dio Padre, nella cui dimora entra per la prima volta, poi con Simeone ed Anna.
Tale processione, che in Occidente aveva sostituito cortei pagani di impronta licenziosa ed era di indole penitenziale, successivamente fu caratterizzata dalla benedizione delle candele, portate accese nella processione in onore di Cristo « luce per illuminare le genti » ( Lc 2,32 ); sono sensibili al gesto compiuto dalla Vergine Maria, che presenta il suo Figlio al Tempio e si sottomette, secondo il precetto della Legge di Mosè ( cf. Lv 12,1-8 ), al rito della purificazione; nella pietà popolare l'episodio della purificazione era visto come manifestazione dell'umiltà della Vergine, per cui il 2 febbraio era spesso ritenuto festa di coloro che nella Chiesa compiono servizi umili.
121. La pietà popolare è sensibile all'evento, provvido e misterioso, della concezione e della nascita di una vita nuova.
In particolare le madri cristiane avvertono il legame esistente, nonostante le notevoli differenze - la concezione e il parto di Maria sono fatti unici -–, tra la maternità della Vergine, la purissima, madre del Capo del Corpo mistico, e la loro maternità: sono infatti madri anch'esse secondo il piano di Dio, avendo generato le future membra di quello stesso Corpo mistico.
Da questa intuizione e da una certa mimesis del rito compiuto da Maria ( cf. Lc 2,22-24 ) era derivato il rito della purificazione della puerpera, di cui alcuni elementi riflettevano una visione negativa dei fatti connessi con il parto.
Nel rinnovato Rituale Romanum è prevista la benedizione di una madre sia prima del parto131 sia dopo il parto,132 quest'ultima solo nel caso che la puerpera non abbia potuto partecipare al battesimo del figlio.
È tuttavia ottima cosa che le madri e i congiunti, chiedendo tali benedizioni, si adeguino alle prospettive della preghiera della Chiesa: comunione di fede e di carità nella preghiera perché si compia felicemente il tempo dell'attesa ( enedizione prima del parto ) e per ringraziare Dio del dono ricevuto ( benedizione dopo il parto ).
122. In alcune Chiese locali la valorizzazione di elementi insiti nel racconto evangelico della festa della Presentazione del Signore ( Lc 2,22-40 ), quali l'obbedienza di Giuseppe e di Maria alla Legge del Signore, la povertà dei santi sposi, la condizione verginale della Madre di Gesù hanno suggerito di fare del 2 febbraio anche la festa di coloro che sono dedicati al servizio del Signore e dei fratelli nelle varie forme di vita consacrata.
123. La festa del 2 febbraio conserva un carattere popolare.
È tuttavia necessario che sia pienamente rispondente al genuino senso della festa.
Non sarebbe giusto che la pietà popolare, celebrando la Presentazione del Signore, ne trascurasse il precipuo oggetto cristologico, per soffermarsi quasi esclusivamente sugli aspetti mariologici; il fatto che essa debba « essere considerata [ … ] come memoria congiunta del Figlio e della Madre »133 non favorisce una simile possibile inversione di prospettiva; la candela, conservata nelle case, deve essere per i fedeli un segno di Cristo "luce del mondo", e quindi motivo per una espressione di fede.
La Quaresima è tempo che precede e dispone alla celebrazione della Pasqua.
Tempo di ascolto della Parola di Dio e di conversione, di preparazione e di memoria del Battesimo, di riconciliazione con Dio e con i fratelli, di ricorso più frequente alle « armi della penitenza cristiana »:134 la preghiera, il digiuno, l'elemosina ( cf. Mt 6,16-18 ).
Nell'ambito della pietà popolare non viene facilmente percepito il senso misterico della Quaresima e non ne sono colti alcuni grandi valori e temi, quali il rapporto tra il "sacramento dei quaranta giorni" e i sacramenti dell'iniziazione cristiana, come pure il mistero dell'"esodo" presente lungo tutto l'itinerario quaresimale.
Secondo una costante della pietà popolare, portata a soffermarsi sui misteri dell'umanità di Cristo, nella Quaresima i fedeli concentrano la loro attenzione sulla Passione e Morte del Signore.
125. L'inizio dei quaranta giorni di penitenza, nel Rito romano, è qualificato dall'austero simbolo delle Ceneri, che contraddistingue la Liturgia del Mercoledì delle Ceneri.
Appartenente all'antica ritualità con cui i peccatori convertiti si sottoponevano alla penitenza canonica, il gesto di coprirsi di cenere ha il senso del riconoscere la propria fragilità e mortalità, bisognosa di essere redenta dalla misericordia di Dio.
Lontano dall'essere un gesto puramente esteriore, la Chiesa lo ha conservato come simbolo dell'atteggiamento del cuore penitente che ciascun battezzato è chiamato ad assumere nell'itinerario quaresimale.
I fedeli, che accorrono numerosi per ricevere le Ceneri, saranno dunque aiutati a percepire il significato interiore implicato in questo gesto, che apre alla conversione e all'impegno del rinnovamento pasquale.
Nonostante la secolarizzazione della società contemporanea, il popolo cristiano avverte chiaramente che durante la Quaresima bisogna orientare gli animi verso le realtà che veramente contano; che si richiede impegno evangelico e coerenza di vita, tradotta in opere buone, in forme di rinuncia a ciò che è superfluo e voluttuario, in manifestazioni di solidarietà con i sofferenti e i bisognosi.
Anche i fedeli che frequentano scarsamente i sacramenti della Penitenza e dell'Eucaristia sanno, per lunga tradizione ecclesiale, che il tempo di Quaresima-Pasqua è in rapporto al precetto della Chiesa di confessare i propri peccati gravi almeno una volta all'anno e di ricevere la Santa Comunione almeno una volta all'anno, preferibilmente durante il tempo pasquale.135
126. Il divario esistente tra la concezione liturgica e la visione popolare della Quaresima non impedisce che il tempo dei "Quaranta giorni" costituisca dunque uno spazio efficace per una feconda interazione tra Liturgia e pietà popolare.
Un esempio di questa interazione sta nel fatto che la pietà popolare privilegia alcuni giorni, alcuni pii esercizi, alcune attività apostoliche e caritative che la stessa Liturgia quaresimale prevede e raccomanda.
La pratica del digiuno, così caratteristica fin dall'antichità in questo tempo liturgico, è "esercizio" che libera volontariamente dai bisogni della vita terrena per riscoprire la necessità della vita che viene dal cielo: « Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio » (cf. Dt 8,3; Mt 4,4; Lc 4,4; antifona alla comunione della I Domenica di Quaresima ).
Il cammino quaresimale termina con l'inizio del Triduo pasquale, vale a dire con la celebrazione della Messa In Cena Domini.
Nel Triduo pasquale il Venerdì Santo, dedicato a celebrare la Passione del Signore, è il giorno per eccellenza dell'« Adorazione della santa Croce ».
Ma la pietà popolare ama anticipare la venerazione cultuale della Croce.
Infatti, lungo l'intero arco della Quaresima il venerdì che, per antichissima tradizione cristiana, è giorno commemorativo della Passione di Cristo, i fedeli orientano volentieri la loro pietà verso il mistero della Croce.
Essi, contemplando il Salvatore crocifisso, afferrano più facilmente il significato del dolore immenso e ingiusto che Gesù, il Santo e l'Innocente, patì per la salvezza dell'uomo, e comprendono pure il valore del suo amore solidale e l'efficacia del suo sacrificio redentore.
128. Le espressioni di devozione a Cristo crocifisso, numerose e varie, acquistano particolare rilievo nelle chiese dedicate al mistero della Croce o nelle quali si venerano reliquie ritenute autentiche del lignum Crucis.
Il "rinvenimento della Croce" infatti, avvenuto secondo la tradizione nella prima metà del IV secolo, con la susseguente diffusione nel mondo intero di veneratissime particelle, determinò un notevole incremento del culto alla Croce.
Nelle manifestazioni di devozione a Cristo crocifisso gli elementi consueti della pietà popolare come canti e preghiere, gesti come l'ostensione, il bacio, la processione e la benedizione con la croce, si intrecciano in vario modo, dando luogo a pii esercizi, talora pregevoli per valore contenutistico e formale.
Tuttavia la pietà verso la Croce ha spesso bisogno di essere illuminata.
Si deve cioè mostrare ai fedeli l'essenziale riferimento della Croce all'evento della Risurrezione: la Croce e il sepolcro vuoto, la Morte e la Risurrezione di Cristo sono inscindibili nella narrazione evangelica e nel disegno salvifico di Dio.
Nella fede cristiana, la Croce è espressione del trionfo sul potere delle tenebre, e perciò la si presenta impreziosita di gemme ed è diventata segno di benedizione sia quando viene tracciata su di sé che su altre persone e oggetti.
129. Il testo evangelico, singolarmente particolareggiato nella narrazione dei vari episodi della Passione, e la tendenza alla specificazione e alla differenziazione propria della pietà popolare, hanno fatto sì che i fedeli rivolgessero l'attenzione anche ad aspetti singoli della Passione di Cristo e ne facessero quindi oggetto di devozioni particolari:
all'« Ecce Homo », il Cristo vilipeso, « con la corona di spine e il mantello di porpora » ( Gv 19,5 ), che Pilato mostra al popolo;
alle sante piaghe del Signore, soprattutto alla ferita del costato e al sangue vivificante da essa sgorgato ( cf. Gv 19,34 );
agli strumenti della Passione, quali la colonna della flagellazione, la scala del pretorio, la corona di spine, i chiodi, la lancia della trafittura;
alla santa sindone o lenzuolo della deposizione.
Queste espressioni di pietà, promosse in alcuni casi da persone eminenti per santità, sono legittime.
Tuttavia, per evitare un frazionamento eccessivo nella contemplazione del mistero della Croce, sarà conveniente sottolineare la considerazione complessiva dell'evento della Passione secondo la tradizione biblica e patristica.
La Chiesa esorta i fedeli alla lettura frequente, individuale e comunitaria, della Parola di Dio.
Ora non v'è dubbio che tra le pagine bibliche il racconto della Passione del Signore ha un particolare valore pastorale, per cui, ad esempio, l'Ordo unctionis infirmorum eorumque pastoralis curae suggerisce di leggere, nell'ora dell'agonia del cristiano, la narrazione della Passione del Signore per intero o alcune pericopi di essa.136
Nel tempo di Quaresima l'amore verso Cristo crocifisso dovrà condurre le comunità cristiane a prediligere, soprattutto il mercoledì e il venerdì, la lettura della Passione del Signore.
Tale lettura, di alto significato dottrinale, attira l'attenzione dei fedeli sia per il contenuto sia per l'impianto narrativo, e suscita in essi sentimenti di genuina pietà:
pentimento delle colpe commesse, poiché i fedeli percepiscono che la Morte di Cristo è avvenuta per la remissione dei peccati di tutto il genere umano e quindi anche dei propri;
compassione e solidarietà verso l'Innocente ingiustamente perseguitato;
gratitudine per l'amore infinito che Gesù, il Fratello primogenito, ha dimostrato nella sua Passione verso tutti gli uomini, suoi fratelli;
impegno a seguire gli esempi di mitezza, pazienza, misericordia, perdono delle offese, abbandono fiducioso nelle mani del Padre, che Gesù diede con grande abbondanza ed efficacia nella sua Passione.
Al di fuori della celebrazione liturgica la lettura della Passione potrà essere opportunamente "drammatizzata", affidando a vari lettori i testi corrispondenti ai vari personaggi; come pure potrà essere intervallata da canti e da momenti di silenzio meditativo.
Tra i pii esercizi con cui i fedeli venerano la Passione del Signore pochi sono tanto amati quanto la Via Crucis.
Attraverso il pio esercizio i fedeli ripercorrono con partecipe affetto il tratto ultimo del cammino percorso da Gesù durante la sua vita terrena: dal Monte degli Ulivi, dove nel « podere chiamato Getsemani » ( Mc 14,32 ) il Signore fu « in preda all'angoscia » ( Lc 22,44 ), fino al Monte Calvario dove fu crocifisso tra due malfattori ( cf. Lc 23,33 ), al giardino dove fu deposto in un sepolcro nuovo, scavato nella roccia ( cf. Gv 19,40-42 ).
Testimonianza dell'amore del popolo cristiano per il pio esercizio sono le innumerevoli Via Crucis erette nelle chiese, nei santuari, nei chiostri e anche all'aperto, in campagna o lungo la salita di una collina, alla quale le varie stazioni conferiscono una fisionomia suggestiva.
132. La Via Crucis è sintesi di varie devozioni sorte fin dall'alto Medioevo:
il pellegrinaggio in Terra Santa, durante il quale i fedeli visitano devotamente i luoghi della Passione del Signore;
la devozione alle "cadute di Cristo" sotto il peso della croce;
la devozione ai "cammini dolorosi di Cristo", che consiste nell'incedere processionale da una chiesa all'altra in memoria dei percorsi compiuti da Cristo durante la sua Passione;
la devozione alle "stazioni di Cristo", cioè ai momenti in cui Gesù si ferma lungo il cammino verso il Calvario perché costretto dai carnefici, o perché stremato dalla fatica, o perché, mosso dall'amore, cerca di stabilire un dialogo con gli uomini e le donne che assistono alla sua Passione.
Nella sua forma attuale, attestata già nella prima metà del secolo XVII, la Via Crucis, diffusa soprattutto da san Leonardo da Porto Maurizio ( † 1751 ), approvata dalla Sede Apostolica ed arricchita da indulgenze,137 consta di quattordici stazioni.
133. La Via Crucis è una via tracciata dallo Spirito Santo, fuoco divino che ardeva nel petto di Cristo ( cf. Lc 12,49-50 ) e lo sospinse verso il Calvario; ed è una via amata dalla Chiesa, che ha conservato memoria viva delle parole e degli avvenimenti degli ultimi giorni del suo Sposo e Signore.
Nel pio esercizio della Via Crucis confluiscono pure varie espressioni caratteristiche della spiritualità cristiana:
la concezione della vita come cammino o pellegrinaggio;
come passaggio, attraverso il mistero della Croce, dall'esilio terreno alla patria celeste;
il desiderio di conformarsi profondamente alla Passione di Cristo;
le esigenze della sequela Christi, per cui il discepolo deve camminare dietro il Maestro, portando quotidianamente la propria croce ( cf. Lc 9,23 ).
Per tutto ciò la Via Crucis è un esercizio di pietà particolarmente adatto al tempo di Quaresima.
134. Per un fruttuoso svolgimento della Via Crucis potranno risultare utili le indicazioni seguenti:
la forma tradizionale, con le sue quattordici stazioni, deve ritenersi la forma tipica del pio esercizio; tuttavia, in alcune occasioni, non è da escludere la sostituzione dell'una o dell'altra "stazione" con altre riflettenti episodi evangelici del cammino doloroso di Cristo, non considerati nella forma tradizionale; in ogni caso esistono forme alternative della Via Crucis, approvate dalla Sede Apostolica138 o pubblicamente usate dal Romano Pontefice:139 esse sono da ritenersi forme genuine, cui far ricorso secondo l'opportunità;
la Via Crucis è pio esercizio relativo alla Passione di Cristo; è opportuno tuttavia che esso si concluda in modo tale che i fedeli si aprano all'attesa, piena di fede e di speranza, della risurrezione; sull'esempio della sosta all'Anastasis al termine della Via Crucis a Gerusalemme, si può concludere il pio esercizio con la memoria della risurrezione del Signore.
135. I testi per la Via Crucis sono innumerevoli.
Essi sono stati composti da pastori mossi da sincera stima per il pio esercizio, convinti della sua efficacia spirituale; talvolta hanno per autore fedeli laici, eminenti per santità di vita o per dottrina o per doti letterarie.
La scelta del testo, tenuto conto delle eventuali indicazioni dei Vescovi, dovrà essere fatta tenendo presenti soprattutto la condizione dei partecipanti al pio esercizio e il principio pastorale di contemperare saggiamente continuità e innovazione.
In ogni caso saranno da preferire testi in cui risuoni, correttamente applicata, la parola biblica e che siano scritti in un linguaggio nobile e semplice.
Uno svolgimento sapiente della Via Crucis, in cui parola, silenzio, canto, incedere processionale e sostare riflessivo si alternino in modo equilibrato contribuisce al conseguimento dei frutti spirituali del pio esercizio.
Associati nel progetto salvifico di Dio ( cf. Lc 2,34-35 ), Cristo crocifisso e la Vergine addolorata sono associati anche nella Liturgia e nella pietà popolare.
Come Cristo è l'"uomo dei dolori" ( Is 53,3 ), per mezzo del quale piacque a Dio « riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce [ … ] le cose che stanno sulla terra e quelle dei cieli » ( Col 1,20 ), così Maria è la "donna del dolore", che Dio volle associata a suo Figlio come madre e partecipe della sua Passione ( socia passionis ).
Fin dai giorni dell'infanzia di Cristo, la vita della Vergine, coinvolta nel rifiuto di cui era oggetto suo Figlio, trascorse, tutta, sotto il segno della spada ( cf. Lc 2,35 ).
Tuttavia la pietà del popolo cristiano ha individuato nella vita dolorosa della Madre sette episodi principali e li ha contraddistinti come i "sette dolori" della beata Vergine Maria.
Così, sul modello della Via Crucis, è sorto il pio esercizio della Via Matris dolorosæ o semplicemente Via Matris, anch'esso approvato dalla Sede Apostolica.140
Forme embrionali della Via Matris sono individuabili fin dal secolo XVI, ma nella sua forma attuale, essa non risale oltre il secolo XIX.
L'intuizione fondamentale è quella di considerare l'intera vita della Vergine, dall'annuncio profetico di Simeone ( cf. Lc 2,34-35 ) fino alla morte e sepoltura del Figlio, come un cammino di fede e di dolore: cammino articolato appunto in sette "stazioni", corrispondenti ai "sette dolori" della Madre del Signore.
137. Il pio esercizio della Via Matris si armonizza bene con alcune tematiche proprie dell'itinerario quaresimale.
Infatti, essendo il dolore della Vergine causato dal rifiuto di Cristo da parte degli uomini, la Via Matris rinvia costantemente e necessariamente al mistero di Cristo servo sofferente del Signore ( cf. Is 52,13-53,12 ), rifiutato dal suo popolo ( cf. Gv 1,11; Lc 2,17; Lc 2,34-35; Lc 4,28-29; Mt 26,47-56; At 12,15 ).
E rinvia ancora al mistero della Chiesa: le stazioni della Via Matris sono tappe di quel cammino di fede e di dolore, nel quale la Vergine ha preceduto la Chiesa e che questa dovrà percorrere fino alla fine dei secoli.
La Via Matris ha come massima espressione la "Pietà", tema inesauribile dell'arte cristiana sin dal Medioevo.
« Nella Settimana Santa la Chiesa celebra i misteri della salvezza portati a compimento da Cristo negli ultimi giorni della sua vita, a cominciare dal suo ingresso messianico in Gerusalemme ».141
Forte è il coinvolgimento del popolo nei riti della Settimana Santa.
Alcuni di essi recano ancora le tracce della loro provenienza dall'ambito della pietà popolare.
È accaduto tuttavia che, nel corso dei secoli, si sia prodotta, nei riti della Settimana Santa, una sorta di parallelismo celebrativo, per cui si hanno quasi due cicli con diversa impostazione: uno rigorosamente liturgico, l'altro caratterizzato da particolari pii esercizi, specialmente le processioni.
Tale divario dovrebbe essere orientato verso una corretta armonizzazione delle celebrazioni liturgiche e dei pii esercizi.
Relativamente alla Settimana Santa, infatti, l'attenzione e l'amore verso le manifestazioni di pietà tradizionalmente care al popolo devono portare al necessario apprezzamento delle azioni liturgiche, sostenute certo dagli atti di pietà popolare.
139. Le palme e i rami di ulivo o di altri alberi
« La Settimana Santa ha inizio la Domenica delle Palme "della Passione del Signore" che unisce insieme il trionfo regale di Cristo e l'annuncio della Passione ».142
La processione che commemora l'ingresso messianico di Gesù in Gerusalemme ha un carattere festoso e popolare.
I fedeli amano conservare nelle loro abitazioni e talora nei luoghi di lavoro le palme o i rami di ulivo o di altri alberi che sono stati benedetti e portati in processione.
È necessario tuttavia che i fedeli siano istruiti sul significato della celebrazione, perché sia capito il suo senso.
Sarà opportuno, ad esempio, ribadire che ciò che è veramente importante è la partecipazione alla processione e non procurarsi soltanto la palma o il ramoscello di ulivo; che questi non vanno conservati a guisa di un amuleto, o a scopo soltanto terapeutico o apotropaico, per tenere lontani cioè gli spiriti cattivi e stornare da case e campi i danni da essi causati, il che potrebbe essere una forma di superstizione.
Palma e ramoscello di ulivo vanno conservati innanzitutto come testimonianza della fede in Cristo, re messianico, e nella sua vittoria pasquale.
Ogni anno, nel « sacratissimo triduo del crocifisso, del sepolto e del risorto »143 o Triduo pasquale, che va dalla Messa vespertina del Giovedì nella Cena del Signore fino ai Vespri della Domenica di Risurrezione, la Chiesa celebra, « in intima comunione con Cristo suo Sposo »,144 i grandi misteri dell'umana redenzione.
141.La visita al luogo della reposizione
La pietà popolare è particolarmente sensibile all'adorazione del santissimo Sacramento, che segue la celebrazione della Messa nella Cena del Signore.145
Per un processo storico, non ancora del tutto chiarito nelle sue varie fasi, il luogo della reposizione è stato considerato quale "santo sepolcro"; i fedeli vi accorrevano per venerare Gesù che dopo la deposizione dalla Croce fu collocato nella tomba, dove rimase per circa Quaranta ore.
È necessario che i fedeli siano illuminati sul senso della reposizione: compiuta con austera solennità e ordinata essenzialmente alla conservazione del Corpo del Signore per la comunione dei fedeli nell'Azione liturgica del Venerdì Santo e per il Viatico degli infermi,146 è un invito all'adorazione, silenziosa e prolungata, del mirabile Sacramento istituito in questo giorno.
Pertanto, in riferimento al luogo della reposizione, si eviti il termine di "sepolcro", e nel suo allestimento, non venga conferito ad esso l'aspetto di un luogo di sepoltura; infatti il tabernacolo non deve avere la forma di un sepolcro o di un'urna funeraria: il Sacramento venga custodito in un tabernacolo chiuso, senza farne l'esposizione con l'ostensorio.147
Dopo la mezzanotte del Giovedì Santo, l'adorazione si compie senza solennità, essendo già iniziato il giorno della Passione del Signore.148
Al Venerdì Santo la Chiesa celebra la Morte salvifica di Cristo.
Nell'Azione liturgica pomeridiana essa medita la Passione del suo Signore, intercede per la salvezza del mondo, adora la Croce e commemora la propria origine dal costato aperto del Salvatore (cf. Gv 19,34 ).149
Tra le manifestazioni di pietà popolare del Venerdì Santo, oltre la Via Crucis, spicca la processione del "Cristo morto".
Essa ripropone, nei moduli propri della pietà popolare, il piccolo corteo di amici e discepoli che, dopo aver deposto dalla Croce il corpo di Gesù, lo portarono al luogo in cui era la "tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno era stato ancora deposto" ( Lc 23,53 ).
La processione del "Cristo morto" si svolge generalmente in un clima di austerità, di silenzio e di preghiera e con la partecipazione di numerosi fedeli, i quali percepiscono non pochi significati del mistero della sepoltura di Gesù.
143. È necessario tuttavia che tale manifestazione di pietà popolare né per la scelta dell'ora, né per le modalità di convocazione dei fedeli, appaia agli occhi di questi come un surrogato delle celebrazioni liturgiche del Venerdì Santo.
Pertanto nella progettazione pastorale del Venerdì Santo dovrà essere dato il primo posto e il massimo rilievo alla solenne Azione liturgica e si dovrà illustrare ai fedeli che nessun altro pio esercizio deve sostituire oggettivamente nel suo apprezzamento questa celebrazione.
Infine è da evitare l'inserimento della processione del "Cristo morto" nell'ambito della solenne Azione liturgica del Venerdì Santo, perché ciò costituirebbe un distorto ibridismo celebrativo.
In molti paesi, durante la Settimana Santa, soprattutto il Venerdì, hanno luogo rappresentazioni della Passione di Cristo.
Si tratta spesso di vere "sacre rappresentazioni", che a buon diritto possono essere considerate un pio esercizio.
Le sacre rappresentazioni, infatti, affondano le loro radici nella stessa Liturgia.
Alcune di esse, nate per così dire nel coro dei monaci, attraverso un processo di progressiva drammatizzazione, sono passate al sagrato della chiesa.
In molti luoghi la preparazione e l'esecuzione della rappresentazione della Passione di Cristo è affidata a confraternite, i cui membri hanno assunto particolari impegni di vita cristiana.
In tali rappresentazioni attori e spettatori sono coinvolti in un movimento di fede e di pietà genuine.
È vivamente auspicabile che le sacre rappresentazioni della Passione del Signore non si discostino da questa pura linea di espressione sincera e gratuita di pietà, per assumere i caratteri propri delle manifestazioni folcloristiche, che richiamano non tanto lo spirito religioso quanto l'interesse dei turisti.
In riferimento alle sacre rappresentazioni va illustrata ai fedeli la profonda differenza che intercorre tra la "rappresentazione", che è mimesi e "l'azione liturgica", che è anamnesi, presenza misterica dell'evento salvifico della Passione.
Sono da rigettare le pratiche penitenziali che portano a farsi crocifiggere con chiodi.
Per la sua importanza dottrinale e pastorale, si raccomanda di non trascurare « la memoria dei dolori della beata Vergine Maria ».150
La pietà popolare, seguendo il racconto evangelico, ha rilevato l'associazione della Madre alla Passione salvifica del Figlio (cf. Gv 19,25-27; Lc 2,34s ) e ha dato vita a vari pii esercizi, tra cui sono da ricordare:
il Planctus Mariæ, intensa espressione di dolore, talora avvalorata da alti pregi letterari e musicali, in cui la Vergine piange non solo la morte del Figlio, innocente e santo, il sommo suo bene, ma anche lo smarrimento del suo popolo e il peccato dell'umanità;
l'Ora della Desolata, nella quale i fedeli, con espressioni di commossa devozione, "fanno compagnia" alla Madre del Signore, rimasta sola, immersa in un profondo dolore, dopo la morte del suo unico Figlio; essi, contemplando la Vergine con il Figlio sul grembo, - la Pietà -, comprendono che in Maria si concentra il dolore dell'universo per la morte di Cristo; in lei essi vedono la personificazione di tutte le madri che, lungo la storia, hanno pianto la morte di un figlio.
Tale pio esercizio, che in alcuni luoghi dell'America Latina è chiamato El pésame, non dovrà limitarsi tuttavia ad esprimere il sentimento umano davanti a una madre desolata, ma nella fede della risurrezione, saprà aiutare a comprendere la grandezza dell'amore redentore di Cristo e la partecipazione ad esso della sua Madre.
146. « Il Sabato Santo la Chiesa sosta presso il sepolcro del Signore, meditando la sua Passione e Morte, la discesa agli inferi ed aspettando nella preghiera e nel digiuno la sua Risurrezione ».151
La pietà popolare non deve rimanere estranea al carattere peculiare del Sabato Santo; pertanto le consuetudini e le tradizioni festive collegate con questo giorno, in cui un tempo veniva anticipata la celebrazione pasquale, si devono riservare per la notte e il giorno di Pasqua.
In Maria, secondo l'insegnamento della tradizione, è come radunato tutto il corpo della Chiesa: ella è la « credentium collectio universa ».152
Perciò la Vergine Maria che sosta presso il sepolcro del Figlio, come la rappresenta la tradizione ecclesiale, è icona della Vergine Chiesa che veglia presso la tomba del suo Sposo, in attesa di celebrarne la Risurrezione.
A questa intuizione del rapporto tra Maria e la Chiesa si ispira il pio esercizio dell'Ora della Madre: mentre il corpo del Figlio riposa nel sepolcro e la sua anima è scesa negli inferi per annunciare ai suoi antenati l'imminente liberazione dalla regione dell'ombra, la Vergine, anticipando e impersonando la Chiesa, attende piena di fede la vittoria del Figlio sulla morte.
Anche nella Domenica di Pasqua, massima solennità dell'anno liturgico, hanno luogo non poche manifestazioni di pietà popolare: esse sono tutte espressioni cultuali che esaltano la condizione nuova e la gloria del Cristo risorto, nonché le energie divine che scaturiscono dalla sua vittoria sul peccato e sulla morte.
La pietà popolare ha intuito che l'associazione del Figlio alla Madre è costante: nell'ora del dolore e della morte, nell'ora del gaudio e della risurrezione.
L'affermazione liturgica, secondo cui Dio ha riempito di gioia la Vergine nella risurrezione del Figlio,153 è stata, per così dire, tradotta e quasi rappresentata dalla pietà popolare nel pio esercizio dell'Incontro della Madre con il Figlio risorto: la mattina di Pasqua due cortei, l'uno recante l'immagine della Madre addolorata, l'altro quella del Cristo risorto, si incontrano per significare che la Vergine fu la prima e piena partecipe del mistero della risurrezione del Figlio.
Per questo pio esercizio vale l'osservazione fatta per la processione del "Cristo morto": il suo svolgimento non deve assumere aspetti di maggiore rilevanza delle stesse celebrazioni liturgiche della domenica di Pasqua né dare luogo ad inappropriate commistioni.154
Un senso di novità percorre l'intera Liturgia pasquale:
nuova è la natura, poiché nell'emisfero boreale la Pasqua coincide con il risveglio primaverile;
nuovi il fuoco e l'acqua;
nuovi i cuori dei cristiani, rinnovati dal sacramento della Penitenza e, come è auspicabile dagli stessi sacramenti dell'Iniziazione cristiana;
nuova, per così dire, l'Eucaristia: sono segni e realtà-segno della nuova condizione di vita inaugurata da Cristo con la sua risurrezione.
Tra i pii esercizi che si collegano all'evento della Pasqua vi sono la tradizionale benedizione delle uova, simbolo della vita, e la benedizione del desco familiare; quest'ultima, che in molte famiglie cristiane è quotidiana consuetudine da incoraggiare,155 acquista particolare significato nel giorno di Pasqua: con l'acqua benedetta nella Veglia pasquale, che lodevolmente i fedeli recano nelle loro abitazioni, il capofamiglia o un altro membro della comunità domestica benedice la mensa festiva.
In alcuni luoghi, al termine della Veglia pasquale o dopo i II Vespri della Domenica di Pasqua, si compie un breve pio esercizio: si benedicono dei fiori, che saranno distribuiti ai fedeli in segno di gioia pasquale, e si rende un omaggio all'immagine dell'Addolorata, che talora viene incoronata, mentre si canta il Regina caeli.
I fedeli, che si erano associati al dolore della Vergine per la Passione del Figlio, vogliono così rallegrarsi con lei per l'evento della risurrezione.
Tale pio esercizio, che non deve essere frammisto all'azione liturgica, è consono ai contenuti del Mistero pasquale e costituisce una ulteriore prova di come la pietà popolare percepisca l'associazione della Madre all'opera salvifica del Figlio.
Durante il tempo pasquale o in altri periodi dell'anno - si svolge l'annuale benedizione delle famiglie, visitate nelle loro case.
Raccomandata alla cura pastorale dei parroci e dei loro collaboratori, questa consuetudine molto sentita dai fedeli è una preziosa occasione per far risonare nelle famiglie cristiane il ricordo della costante presenza benedicente di Dio, l'invito a vivere in conformità al Vangelo, l'esortazione a genitori e figli di custodire e promuovere il mistero del loro essere "chiesa domestica".156
In tempi recenti, in varie regioni, si è venuto diffondendo un pio esercizio denominato Via lucis.
In esso, a guisa di quanto avviene nella Via Crucis, i fedeli, percorrendo un cammino, considerano le varie apparizioni in cui Gesù - dalla Risurrezione all'Ascensione, in prospettiva della Parusia - manifestò la sua gloria ai discepoli in attesa dello Spirito promesso ( cf. Gv 14,26; Gv 16,13-15; Lc 24,49 ), ne confortò la fede, portò a compimento gli insegnamenti sul Regno, definì ulteriormente la struttura sacramentale e gerarchica della Chiesa.
Attraverso il pio esercizio della Via lucis, i fedeli ricordano l'evento centrale della fede - la Risurrezione di Cristo - e la loro condizione di discepoli che nel Battesimo, sacramento pasquale, sono passati dalle tenebre del peccato alla luce della grazia ( cf. Col 1,13; Ef 5,8 ).
Per secoli la Via Crucis ha mediato la partecipazione dei fedeli al primo momento dell'evento pasquale - la Passione - e ha contribuito a fissarne i contenuti nella coscienza del popolo.
Analogamente, nel nostro tempo, la Via lucis, a condizione che si svolga con fedeltà al testo evangelico, può mediare efficacemente la comprensione vitale dei fedeli del secondo momento della Pasqua del Signore, la Risurrezione.
La Via lucis può divenire altresì un'ottima pedagogia della fede, perché, come si dice, « per crucem ad lucem ».
Infatti con la metafora del cammino, la Via lucis conduce dalla constatazione della realtà del dolore, che nel disegno di Dio non costituisce l'approdo della vita, alla speranza del raggiungimento della vera meta dell'uomo: la liberazione, la gioia, la pace, che sono valori essenzialmente pasquali.
La Via lucis, infine, in una società che spesso reca l'impronta della "cultura della morte", con le sue espressioni di angoscia e di annientamento, è uno stimolo per instaurare una "cultura della vita", una cultura cioè aperta alle attese della speranza e alle certezze della fede.
Connessa con l'ottava di Pasqua, in tempi recenti e a seguito dei messaggi della religiosa Faustina Kowalska, canonizzata il 30 aprile 2000, si è progressivamente diffusa una particolare devozione alla misericordia divina elargita da Cristo morto e risorto, fonte dello Spirito che perdona il peccato e restituisce la gioia di essere salvati.
Poiché la Liturgia della "Domenica II di Pasqua o della divina misericordia" - come viene ora chiamata157 - costituisce l'alveo naturale in cui esprimere l'accoglienza della misericordia del Redentore dell'uomo, si educhino i fedeli a comprendere tale devozione alla luce delle celebrazioni liturgiche di questi giorni di Pasqua.
Infatti, « il Cristo pasquale è l'incarnazione definitiva della misericordia, il suo segno vivente: storico-salvifico e insieme escatologico.
Nel medesimo spirito, la Liturgia del tempo pasquale pone sulle nostre labbra le parole del salmo: "Canterò in eterno le misericordie del Signore" ( Sal 89,2 ) ».158
La Scrittura attesta che nei nove giorni intercorrenti tra l'Ascensione e la Pentecoste, gli apostoli « erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, Madre di Gesù, e con i fratelli di lui » ( At 1,14 ), in attesa di essere « rivestiti di potenzala dall'alto » ( Lc 24,49 ).
Dalla riflessione orante su questo evento salvifico è sorto il pio esercizio della novena di Pentecoste, molto diffuso nel popolo cristiano.
In realtà nel Messale e nella Liturgia delle Ore, soprattutto nei Vespri, tale "novena" è già presente: testi biblici ed eucologici richiamano, in vario modo, l'attesa del Paraclito.
Pertanto, quando è possibile, la novena della Pentecoste sia fatta consistere nella celebrazione solennizzata dei Vespri.
Ove invece questa soluzione non sia attuabile, si faccia in modo che la novena di Pentecoste rispecchi i temi liturgici dei giorni che vanno dall'Ascensione alla Vigilia di Pentecoste.
In alcuni luoghi viene celebrata in questi giorni la settimana di preghiera per l'unità dei cristiani.159
Il tempo pasquale si conclude, al 50° giorno, con la domenica di Pentecoste, commemorativa dell'effusione dello Spirito Santo sugli apostoli ( cf. At 2,14 ), dei primordi della Chiesa e dell'inizio della sua missione ad ogni lingua, popolo e nazione.
Significativa importanza ha assunto, specie nella chiesa cattedrale ma anche nelle parrocchie, la celebrazione protratta della Messa della Vigilia, che riveste il carattere di intensa e perseverante orazione dell'intera comunità cristiana, sull'esempio degli apostoli riuniti in preghiera unanime con la Madre del Signore.160
Esortando alla preghiera e al coinvolgimento nella missione, il mistero della Pentecoste rischiara la pietà popolare: anch'essa « è una dimostrazione continua della presenza dello Spirito Santo nella Chiesa.
Egli accende nei cuori la fede, la speranza e l'amore, virtù eccelse che danno valore alla pietà cristiana.
Lo stesso Spirito nobilita le numerose e svariate forme di trasmettere il messaggio cristiano secondo la cultura e le consuetudini di ogni luogo in tutti i tempi ».161
Con formule note, che provengono dalla celebrazione della Pentecoste ( Veni, creator Spiritus, Veni, Sancte Spiritus )162 o con brevi suppliche ( Emitte Spiritum tuum et creabuntur … ), i fedeli sono soliti invocare lo Spirito soprattutto all'inizio di un'attività o di un lavoro, come in particolari situazioni di smarrimento.
Anche il Rosario, nel terzo mistero glorioso, invita a meditare l'effusione dello Spirito Santo.
I fedeli poi sanno di aver ricevuto, particolarmente nella Confermazione, lo Spirito di sapienza e di consiglio che li guida nella loro esistenza, lo Spirito di fortezza e di luce che li aiuta a prendere le decisioni importanti e a sostenere le prove della vita.
Sanno che il loro corpo, dal giorno del Battesimo, è tempio dello Spirito Santo, e dunque va rispettato e onorato, anche nella morte, e che nell'ultimo giorno la potenza dello Spirito lo farà risorgere.
Mentre apre alla comunione con Dio nella preghiera, lo Spirito Santo spinge verso il prossimo con sentimenti di incontro, riconciliazione, testimonianza, desiderio di giustizia e di pace, rinnovamento della mentalità, vero progresso sociale, slancio missionario.163
In questo spirito, la solennità di Pentecoste è celebrata in alcune comunità come « giornata della sofferenza per le missioni ».164
La domenica dopo Pentecoste la Chiesa celebra la solennità della Santissima Trinità.
Nel tardo Medioevo, la crescente devozione dei fedeli verso il mistero di Dio Uno e Trino, la quale fin dall'epoca carolingia aveva avuto un posto rilevante nella pietà privata e aveva dato origine a espressioni di pietà liturgica, indusse Giovanni XXII ad estendere, nel 1334, la festa della Trinità a tutta la Chiesa latina.
Questo avvenimento ebbe, a sua volta, un influsso determinante nella nascita e nello sviluppo di alcuni pii esercizi.
Relativamente alla pietà popolare verso l'augusta Trinità, « il mistero centrale della fede e della vita cristiana »,165 non è qui tanto il caso di ricordare questo o quel pio esercizio, quanto di sottolineare che ogni forma genuina di pietà cristiana deve avere il necessario riferimento al solo vero Dio Uno e Trino, « il Padre onnipotente e il suo Figlio unigenito e lo Spirito Santo ».166
Tale è il mistero di Dio, quale ci è stato rivelato in Cristo e per mezzo di lui.
Tale è il suo manifestarsi nella storia della salvezza.
Essa infatti non è altro che « la storia del rivelarsi del Dio vero e unico: Padre, Figlio e Spirito Santo, il quale riconcilia e unisce a sé coloro che sono separati dal peccato ».167
Effettivamente sono numerosi i pii esercizi che hanno un'impronta e una dimensione trinitaria.
La maggior parte di essi incomincia con il segno della croce e « nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo », la stessa formula con cui i discepoli di Gesù sono battezzati ( cf. Mt 28,19 ) e iniziano una vita di intimità con Dio, quali figli del Padre, fratelli del Figlio incarnato, tempio dello Spirito.
Altri pii esercizi, adottando formule iniziali simili a quella dell'attuale Liturgia delle Ore, si aprono rendendo « Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo ».
Altri ancora si concludono con la benedizione impartita nel nome delle tre Persone divine.
E non sono pochi i pii esercizi le cui preghiere, seguendo lo schema tipico della preghiera liturgica, sono rivolte « al Padre per Cristo nello Spirito » e presentano formule dossologiche ispirate ai testi liturgici.
158. Come è stato detto nella Prima Parte del presente Direttorio, la vita cultuale è dialogo di Dio con l'uomo per Cristo nello Spirito Santo.168
Perciò è necessario che l'orientamento trinitario sia un elemento costante anche nella pietà popolare.
Ai fedeli deve risultare manifesto che i pii esercizi in onore della beata Vergine, degli Angeli e dei Santi hanno come termine ultimo il Padre, dal quale tutto procede e al quale tutto conduce; il Figlio, incarnato morto risorto, unico mediatore ( cf. 1 Tm 2,5 ) senza il quale è impossibile accedere al Padre ( cf. Gv 14,6 ); lo Spirito, sola sorgente di grazia e di santificazione.
È importante evitare il pericolo di nutrire l'idea di una "divinità" che faccia astrazione delle Divine Persone.
159. Tra i pii esercizi rivolti direttamente al Dio Trino ed Uno è da ricordare, accanto alla recita della piccola dossologia ( Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo … ) e della grande dossologia ( Gloria a Dio nell'alto dei cieli … ), il Trisagio biblico ( Santo, Santo, Santo ) e liturgico ( Santo Dio, Santo Forte, Santo Immortale, abbi pietà di noi ), molto diffuso in Oriente ed anche in alcuni Paesi, Ordini e Congregazioni dell'Occidente.
Il Trisagio liturgico, che si ispira ad altri canti liturgici basati sul Trisagio biblico come il Santo nella celebrazione dell'Eucaristia, nell'inno Te Deum, negli improperia del rito dell'adorazione della Croce il Venerdì Santo, derivati a loro volta da Isaia 6,3 e da Apocalisse 4,8 è un pio esercizio in cui gli oranti, in comunione con le potenze angeliche, glorificano ripetutamente Dio Santo, Forte, e Immortale con espressioni di lode tratte dalla divina Scrittura e dalla Liturgia.
Il giovedì che segue la solennità della santissima Trinità la Chiesa celebra la solennità del sacratissimo Corpo e Sangue del Signore.
La festa, estesa nel 1264 da papa Urbano IV a tutta la Chiesa latina, da una parte costituì una risposta di fede e di culto a dottrine ereticali sul mistero della presenza reale di Cristo nell'Eucaristia, dall'altra fu il coronamento di un movimento di ardente devozione verso l'augusto Sacramento dell'altare.
La pietà popolare, dunque, favorì il processo istitutivo della festa del Corpus Domini; a sua volta, questa fu causa e motivo del sorgere di nuove forme di pietà eucaristica nel popolo di Dio.
Per secoli, la celebrazione del Corpus Domini è stata il principale punto di convergenza della pietà popolare verso l'Eucaristia.
Nei secoli XVI-XVII, la fede, ravvivata dal bisogno di reagire alle negazioni del movimento protestante, e la cultura - arte, letteratura, folklore - hanno concorso a rendere vive e significative molte espressioni della pietà popolare verso il mistero dell'Eucaristia.
161. La devozione eucaristica, così radicata nel popolo cristiano, deve tuttavia essere educata a cogliere due realtà di fondo:
che supremo punto di riferimento della pietà eucaristica è la Pasqua del Signore; la Pasqua infatti, secondo la visione dei Padri, è la festa dell'Eucaristia, come, d'altra parte, l'Eucaristia è anzitutto celebrazione della Pasqua, ossia della Passione, Morte e Risurrezione di Gesù;
che ogni forma di devozione eucaristica ha un intrinseco riferimento al Sacrifico eucaristico o perché dispone alla sua celebrazione o perché prolunga gli orientamenti cultuali ed esistenziali da essa suscitati.
Perciò il Rituale Romano ammonisce: « I fedeli, quando venerano Cristo presente nel Sacramento, ricordino che questa presenza deriva dal Sacrificio e tende alla comunione sacramentale e spirituale ».169
162. La processione nella solennità del Corpo e Sangue di Cristo è, per così dire, la "forma tipo" delle processioni eucaristiche.
Essa infatti prolunga la celebrazione dell'Eucaristia: subito dopo la Messa, l'Ostia, che in essa è stata consacrata, viene portata fuori dall'aula ecclesiale perché il popolo cristiano « renda pubblica testimonianza di fede e di venerazione verso il santissimo Sacramento ».170
I fedeli comprendono e amano i valori insiti nella processione del Corpus Domini: essi si sentono "popolo di Dio" che cammina con il suo Signore proclamando la fede in lui, divenuto veramente il "Dio-con-noi".
È necessario tuttavia che nelle processioni eucaristiche siano osservate le norme che ne regolano lo svolgimento,171 in particolare quelle che ne garantiscono la dignità e la riverenza dovuta al santissimo Sacramento;172 ed è pure necessario che gli elementi tipici della pietà popolare, come l'addobbo delle vie e delle finestre, l'omaggio dei fiori, gli altari dove verrà collocato il Santissimo nelle soste del percorso, i canti e le preghiere, « portino tutti a manifestare la loro fede in Cristo, unicamente intenti alla lode del Signore »,173 e alieni da forme di competizione.
163. Le processioni eucaristiche si concludono ordinariamente con la benedizione del santissimo Sacramento.
Nel caso specifico della processione del Corpus Domini, la benedizione costituisce la conclusione solenne dell'intera celebrazione: al posto della consueta benedizione sacerdotale viene impartita la benedizione con il santissimo Sacramento.
È importante che i fedeli comprendano che la benedizione con il santissimo Sacramento non è un forma di pietà eucaristica a sé stante, ma è il momento conclusivo di un incontro cultuale sufficientemente prolungato.
Perciò la norma liturgica vieta « l'esposizione fatta unicamente per impartire la benedizione ».174
L'adorazione del santissimo Sacramento è una espressione particolarmente diffusa di culto all'Eucaristia, a cui la Chiesa vivamente esorta i Pastori e i fedeli.
La sua forma primigenia si può far risalire all'adorazione che, il Giovedì Santo, segue la celebrazione della Messa In cena Domini e la reposizione delle sacre Specie.
Essa è altamente espressiva del legame esistente tra la celebrazione del memoriale del sacrificio del Signore e la sua presenza permanente nelle Specie consacrate.
La conservazione delle sacre Specie, motivata soprattutto dalla necessità di poter disporre di esse in ogni momento per amministrare il Viatico agli infermi, fece sorgere nei fedeli la lodevole consuetudine di raccogliersi davanti al tabernacolo per adorare Cristo presente nel Sacramento.175
Infatti, « la fede nella presenza reale del Signore conduce naturalmente alla manifestazione esterna e pubblica di quella fede medesima.
( … ) La pietà, dunque, che spinge i fedeli a prostrarsi presso la santa Eucaristia, li attrae a partecipare più profondamente al mistero pasquale e a rispondere con gratitudine al dono di colui che con la sua umanità infonde incessantemente la vita divina nelle membra del suo Corpo.
Trattenendosi presso Cristo Signore, essi godono della sua intima familiarità e dinanzi a lui aprono il loro cuore per loro stessi e per tutti i loro cari e pregano per la pace e la salvezza del mondo.
Offrendo tutta la loro vita con Cristo al Padre nello Spirito Santo, attingono da quel mirabile scambio un aumento di fede, di speranza e di carità.
Alimentano quindi così le giuste disposizioni per celebrare, con la devozione conveniente, il memoriale del Signore e ricevere frequentemente quel Pane che ci è dato dal Padre ».176
165. L'adorazione al santissimo Sacramento, in cui convergono forme liturgiche ed espressioni di pietà popolare di cui non è facile distinguere nettamente i confini, può rivestire diverse modalità:177
la semplice visita al santissimo Sacramento riposto nel tabernacolo: breve incontro con Cristo suggerito dalla fede nella sua presenza e caratterizzato dall'orazione silenziosa;
l'adorazione dinanzi al santissimo Sacramento esposto, secondo le norme liturgiche, nell'ostensorio o nella pisside, in forma prolungata o breve;178
la cosiddetta Adorazione perpetua e quella delle Quaranta Ore, che investono un'intera comunità religiosa, o un'associazione eucaristica, o una comunità parrocchiale, e forniscono l'occasione per numerose espressioni di pietà eucaristica.179
Per questi momenti di adorazione i fedeli dovranno essere aiutati a servirsi della Sacra Scrittura quale impareggiabile libro di preghiera, a utilizzare canti e preci idonee, a familiarizzarsi con alcune strutture semplici della Liturgia delle Ore, a seguire il ritmo dell'Anno liturgico, a sostare in preghiera silenziosa.
In tal modo essi comprenderanno progressivamente che durante l'adorazione del Santissimo Sacramento non si devono compiere altre pratiche devozionali in onore della Vergine Maria e dei Santi.180
Tuttavia, per lo stretto vincolo che unisce Maria a Cristo, la recita del Rosario potrebbe aiutare a dare alla preghiera un profondo orientamento cristologico, meditando in esso i misteri dell'Incarnazione e della Redenzione.181
Il venerdì che segue la seconda domenica dopo Pentecoste la Chiesa celebra la solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù.
Oltre alla celebrazione liturgica, molte altre espressioni di pietà hanno come oggetto il Cuore di Cristo.
Non v'è dubbio infatti che la devozione al Cuore del Salvatore è stata ed è tuttora una delle espressioni più diffuse e più amate della pietà ecclesiale.
Intesa alla luce della divina Scrittura, l'espressione "Cuore di Cristo" designa il mistero stesso di Cristo, la totalità del suo essere, la sua persona considerata nel suo nucleo più intimo ed essenziale: Figlio di Dio, sapienza increata; carità infinita, principio di salvezza e di santificazione per l'intera umanità.
Il "Cuore di Cristo" è Cristo, Verbo incarnato e salvatore, intrinsecamente proteso, nello Spirito, con infinito amore divino-umano verso il Padre e verso gli uomini suoi fratelli.
167. Come hanno spesso ricordato i Romani Pontefici, la devozione al Cuore di Cristo ha un solido fondamento nella Scrittura.182
Gesù, che è uno con il Padre ( cf. Gv 10,30 ), invita i suoi discepoli a vivere in intima comunione con lui, ad assumere la sua persona e la sua parola come norma di condotta e rivela se stesso come maestro « mite e umile di cuore » ( Mt 11,29 ).
Si può dire, in un certo senso che la devozione al Cuore di Cristo è la traduzione in termini cultuali dello sguardo che, secondo la parola profetica ed evangelica, tutte le generazioni cristiane volgeranno a colui che è stato trafitto ( cf. Gv 19,37; Zc 12,10 ), cioè al costato di Cristo, trafitto dalla lancia, dal quale scaturì sangue ed acqua ( cf. Gv 19,34 ), simbolo del « mirabile sacramento di tutta la Chiesa ».183
Il testo giovanneo che narra l'ostensione delle mani e del costato di Cristo ai discepoli ( cf. Gv 20,20 ) e l'invito da lui rivolto a Tommaso di stendere la sua mano e di metterla nel suo costato ( cf. Gv 20,27 ) ha avuto anch'esso un notevole influsso nell'origine e nello sviluppo della pietà ecclesiale verso il Sacro Cuore.
168. Quei testi e altri che presentano il Cristo quale Agnello pasquale, vittorioso se pur immolato ( cf. Ap 5,6 ), furono oggetto di assidua meditazione da parte dei Santi Padri, che ne svelarono le ricchezze dottrinali e talora invitarono i fedeli a penetrare nel mistero di Cristo per la porta aperta nel suo fianco.
Così sant'Agostino: « L'ingresso è accessibile: Cristo è la porta.
Anche per te si aprì quando il suo fianco fu aperto dalla lancia.
Ricorda che cosa ne uscì; quindi scegli per dove tu possa entrare.
Dal fianco del Signore che pendeva e moriva sulla croce uscì sangue ed acqua, quando fu aperto dalla lancia.
Nell'acqua è la tua purificazione, nel sangue la tua redenzione ».184
169. Il Medioevo è stato un'epoca particolarmente feconda per lo sviluppo della devozione al Cuore del Salvatore.
Uomini insigni per santità e dottrina, come san Bernardo ( † 1153 ), san Bonaventura ( † 1274 ), e mistici come santa Lutgarda ( † 1246 ), santa Matilde di Magdeburgo ( † 1282 ), le sante sorelle Matilde ( † 1299 ) e Gertrude ( † 1302 ) del monastero di Helfta, Ludolfo di Sassonia ( † 1378 ), santa Caterina da Siena ( † 1380 ) approfondirono il mistero del Cuore di Cristo, in cui videro la "casa di rifugio" ove ripararsi, la sede della misericordia, il luogo per l'incontro con lui, la sorgente dell'infinito amore del Signore, la fonte dalla quale sgorga l'acqua dello Spirito, la vera terra promessa e il vero paradiso.
170. Nell'epoca moderna il culto al Cuore del Salvatore conobbe nuovi sviluppi.
In un tempo in cui il giansenismo proclamava i rigori della giustizia divina, la devozione al Cuore di Cristo costituì un efficace antidoto per suscitare nei fedeli l'amore al Signore e la fiducia nella sua infinita misericordia, di cui il Cuore è pegno e simbolo.
San Francesco di Sales ( † 1622 ), che assunse come norma di vita e di apostolato l'atteggiamento fondamentale del Cuore di Cristo, cioè l'umiltà, la mansuetudine ( cf. Mt 11,29 ), l'amore tenero e misericordioso; santa Margherita Maria Alacoque ( † 1690 ), a cui il Signore mostrò ripetutamente le ricchezze del suo Cuore; san Giovanni Eudes ( † 1680 ), promotore del culto liturgico al Sacro Cuore; san Claudio la Colombière ( † 1682 ), san Giovanni Bosco ( † 1888 ) e altri santi e sante sono stati insigni apostoli della devozione al Sacro Cuore.
171. Le forme di devozione al Cuore del Salvatore sono molto numerose; alcune sono state esplicitamente approvate e frequentemente raccomandate dalla Sede Apostolica.
Tra esse sono da ricordare:
la consacrazione personale, che, secondo Pio XI, « fra tutte le pratiche riferentisi al culto del Sacro Cuore è senza dubbio la principale »;185
la consacrazione della famiglia, mediante la quale il nucleo familiare, già partecipe in virtù del sacramento del matrimonio del mistero di unità e di amore fra Cristo e la Chiesa, viene dedicato al Signore, perché egli regni nel cuore di ognuno dei suoi membri;186
le Litanie del Cuore di Gesù, approvate nel 1891 per tutta la Chiesa, di contenuto segnatamente biblico e arricchite di indulgenze;
l'atto di riparazione, formula di preghiera con cui il fedele, memore dell'infinita bontà di Cristo, intende implorare misericordia e riparare le offese recate in tanti modi al suo Cuore dolcissimo;187
la pratica dei nove primi venerdì del mese, che trae origine dalla "grande promessa" fatta da Gesù a santa Margherita Maria Alacoque.
In un'epoca in cui la comunione sacramentale era molto rara presso i fedeli, la pratica dei nove primi venerdì del mese contribuì significativamente al ripristino della frequenza ai sacramenti della Penitenza e dell'Eucaristia.
Nel nostro tempo la devozione dei primi venerdì del mese, se praticata in modo pastoralmente corretto, può recare ancora indubbi frutti spirituali.
È necessario tuttavia che i fedeli siano convenientemente istruiti: sul fatto che non si deve riporre in tale pratica una fiducia che rasenta la vana credulità, la quale, in ordine alla salvezza, annulla le insopprimibili esigenze della fede operante e l'impegno di condurre una vita conforme al Vangelo; sul valore assolutamente predominante della domenica, la « festa primordiale »,188 che deve essere caratterizzata dalla piena partecipazione dei fedeli alla celebrazione eucaristica.
172. La devozione al Sacro Cuore costituisce una grande espressione storica della pietà della Chiesa per Gesù Cristo, suo Sposo e Signore; essa richiede un atteggiamento di fondo fatto di conversione e riparazione, di amore e gratitudine, di impegno apostolico e di consacrazione nei confronti di Cristo e della sua opera salvifica.
Perciò la Sede Apostolica e i Vescovi la raccomandano, ne promuovono il rinnovamento: nelle espressioni linguistiche ed iconografiche; nella presa di coscienza delle sue radici bibliche e del suo collegamento con le massime verità della fede; nell'affermazione del primato dell'amore a Dio e al prossimo, come contenuto essenziale della devozione stessa.
173. La pietà popolare tende ad identificare una devozione con la sua rappresentazione iconografica.
Ciò è un fatto normale, che ha senza dubbio aspetti positivi, ma può anche dar luogo ad alcuni inconvenienti: un tipo iconografico, non più rispondente al gusto dei fedeli, può condurre ad un minor apprezzamento dell'oggetto della devozione, indipendentemente dal suo fondamento teologico e dai suoi contenuti storicosalvifici.
Così è avvenuto per la devozione al Sacro Cuore: certe immagini di tipo oleografico, talvolta sdolcinate, inadeguate ad esprimere il robusto contenuto teologico, non favoriscono l'approccio dei fedeli al mistero del Cuore del Salvatore.
Nel nostro tempo è visto con favore l'orientamento a rappresentare il Sacro Cuore rapportandosi al momento della Crocifissione, in cui si manifesta in sommo grado l'amore di Cristo.
Il Sacro Cuore è Cristo crocifisso, con il costato aperto dalla lancia dal quale scaturiscono sangue ed acqua ( cf. Gv 19,34 ).
All'indomani della solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, la Chiesa celebra la memoria del Cuore immacolato di Maria.
La contiguità delle due celebrazioni è già in se stessa un segno liturgico della loro stretta connessione: il mysterium del Cuore del Salvatore si proietta e si riverbera nel Cuore della Madre, che è anche socia e discepola.
Come la solennità del Sacro Cuore celebra i misteri salvifici di Cristo in modo sintetico e riconducendoli alla loro sorgente - il Cuore, appunto -, così la memoria del Cuore immacolato di Maria è celebrazione complessiva dell'associazione "cordiale" della Madre all'opera salvifica del Figlio: dall'incarnazione, alla morte e risurrezione, al dono dello Spirito.
La devozione al Cuore immacolato di Maria si è molto diffusa a seguito delle apparizioni della Vergine a Fatima, nel 1917.
Nel 25° anniversario di esse, nel 1942, Pio XII consacrava la Chiesa e il genere umano al Cuore immacolato di Maria, e nel 1944 la festa del Cuore immacolato di Maria veniva estesa a tutta la Chiesa.
Le espressioni della pietà popolare verso il Cuore di Maria ricalcano, pur salvando l'invalicabile distanza tra il Figlio, vero Dio, e la Madre, soltanto creatura, quelle rese al Cuore di Cristo: la consacrazione dei singoli fedeli, delle famiglie, di comunità religiose, di nazioni;189 la riparazione, compiuta attraverso la preghiera, la mortificazione, le opere di misericordia; la pratica dei Cinque primi sabati del mese.
Per quanto concerne la devozione della comunione sacramentale in Cinque primi sabati consecutivi, valgono le osservazioni fatte a proposito dei Nove primi venerdì:190 eliminata ogni sopravvalutazione del segno temporale e collocata correttamente la comunione nel contesto celebrativo dell'Eucaristia, la pia pratica deve essere attuata come occasione propizia per vivere intensamente, con atteggiamento ispirato alla Vergine, il Mistero pasquale che si celebra nell'Eucaristia.
Nella rivelazione biblica, sia nella fase figurale dell'Antico Testamento sia in quella di compimento e di perfezione del Nuovo, il sangue appare intimamente connesso con la vita e, per antitesi, con la morte, con l'esodo e la pasqua, con il sacerdozio e i sacrifici cultuali, con la redenzione e l'alleanza.
Le figure veterotestamentarie relative al sangue e al suo valore salvifico si sono compiute in modo perfetto in Cristo, soprattutto nella sua Pasqua di morte e di risurrezione.
Perciò il mistero del Sangue di Cristo è al centro della fede e della salvezza.
Al mistero del Sangue salvifico richiamano o ad esso rinviano:
l'evento dell'incarnazione del Verbo ( cf. Gv 1,14 ) e
il rito dell'inserimento del neonato Gesù nel popolo dell'Antica Alleanza attraverso la circoncisione ( cf. Lc 2,21 );
la figura biblica dell'Agnello, ricca di aspetti e di implicazioni:
« Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo » ( Gv 1,29.36 ),
in cui confluisce l'immagine del « Servo sofferente » di Isaia 53, che porta su di sé le sofferenze e il peccato dell'umanità ( cf. Is 53,4-5 );
« Agnello pasquale » ( cf. Es 12,1; Gv 12,36 ), simbolo della redenzione di Israele ( cf. At 8,31-35; 1 Cor 5,7; 1 Pt 1,18-20 );
il "calice della passione", di cui parla Gesù, con allusione alla sua imminente morte redentrice, chiedendo ai figli di Zebedeo: « Potete bere il calice che io sto per bere? » ( Mt 20,22; cf. Mc 10,38 )
e il calice dell'agonia dell'orto degli ulivi ( cf. Lc 22,42-43 ), accompagnata da sudore di sangue ( cf. Lc 22,44 );
il calice eucaristico che, nel segno del vino, contiene il Sangue della nuova ed eterna Alleanza, versato per la remissione dei peccati, ed è memoriale della Pasqua del Signore ( cf. 1 Cor 11,25 ) e
bevanda di salvezza secondo la parola del Maestro: « chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno » ( Gv 6,54 );
l'evento della morte, perché con il sangue versato sulla croce, Cristo pacificò il cielo e la terra ( cf. Col 1,20 );
il colpo di lancia che trafisse l'Agnello immolato, dal cui costato aperto sgorgarono sangue ed acqua ( cf. Gv 19,34 ), documento dell'avvenuta redenzione, indicazione della vita sacramentale della Chiesa - acqua e sangue, Battesimo ed Eucaristia -, simbolo della Chiesa nata dal Cristo dormiente sulla croce.191
176. Al mistero del Sangue si riallacciano in modo particolare i titoli cristologici di Redentore:
Cristo, infatti, con il suo sangue innocente e prezioso ci ha riscattato dall'antica schiavitù ( cf. 1 Pt 1,19 ) e « ci purifica da ogni peccato » ( 1 Gv 1,7 );
di Sacerdote sommo « dei beni futuri », poiché Cristo « non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci una redenzione eterna » ( Eb 9,11-12 );
di Testimone fedele ( cf. Ap 1,5 ),
vindice del sangue dei martiri ( cf. Ap 6,10 ) che « furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano resa » ( Ap 6,9 );
di Re, il quale, Dio, "regna dal legno", ornato con la porpora del proprio sangue; di Sposo e di Agnello di Dio, nel cui sangue i membri della comunità ecclesiale – la Sposa – hanno lavato le loro vesti ( cf. Ap 7,14; Ef 5,25-27 ).
177. La straordinaria importanza del Sangue salvifico ha fatto sì che la sua memoria occupi un luogo centrale ed essenziale nella celebrazione del mistero del culto: anzitutto nel centro stesso dell'assemblea eucaristica, in cui la Chiesa innalza a Dio Padre, in rendimento di grazie, il « calice della benedizione » ( 1 Cor 10,16; cf. 115-116,13 ) e lo porge ai fedeli come sacramento di reale « comunione con il sangue di Cristo » ( 1 Cor 10,16 ); e poi, nel corso dell'Anno liturgico.
La Chiesa infatti commemora il mistero del Sangue non solo nella solennità del Corpo e Sangue del Signore ( Giovedì dopo la solennità della santissima Trinità ), ma anche in numerose altre celebrazioni, sì che la memoria cultuale del Sangue del nostro riscatto ( cf. 1 Pt 1,18 ) pervade l'intero arco dell'Anno.
Così, ad esempio, nel Tempo di Natale, all'Ora del Vespro, la Chiesa, rivolgendosi a Cristo, canta: « Nos quoque, qui sancto tuo/ redempti sumus sanguine,/ ob diem natalis tui/ hymnum novum concinimus ».192
Ma soprattutto nel Triduo pasquale, il valore e l'efficacia redentrice del Sangue di Cristo sono oggetto di costante e adorante memoria.
Il Venerdì Santo, durante l'adorazione della Croce, risuona il canto: « Mite corpus perforatur, sanguis unde profluit;/ terra, pontus, astra, mundus quo lavantur flumine! »193; e nel giorno stesso di Pasqua: « Cuius corpus sanctissimum/ in ara crucis torridum,/ sed et cruorem roseum/ gustando, Deo vivimus ».194
In alcuni luoghi e in Calendari particolari, la festa del Preziosissimo Sangue di Cristo è ancora celebrata il 1° luglio: in essa si ricordano i titoli del Redentore.
178. Dal culto liturgico la venerazione del Sangue di Cristo è passata alla pietà popolare, in cui essa ha un largo spazio e numerose espressioni.
Tra queste sono da ricordare:
la Corona del Sangue prezioso di Cristo, nella quale attraverso letture bibliche e preghiere, sono oggetto di pia meditazione "sette effusioni di sangue" di Cristo, esplicitamente o implicitamente ricordate nei Vangeli:
il sangue versato nella circoncisione,
nell'orto degli ulivi,
nella flagellazione,
nell'incoronazione di spine,
nella salita al Monte Calvario,
nella crocifissione,
nel colpo inferto dalla lancia;
le Litanie del Sangue di Cristo: il formulario attuale, approvato da papa Giovanni XXIII il 24 febbraio 1960,195 si snoda su una trama in cui la linea storico-salvifica è ben visibile e i riferimenti a passi biblici sono numerosi;
l'Ora di adorazione al Sangue prezioso di Cristo, che assume una grande varietà di forme, ma si prefigge un unico scopo:
la lode e l'adorazione del Sangue di Cristo presente nell'Eucaristia,
il ringraziamento per i benefici della redenzione,
l'intercessione per ottenere misericordia e perdono, l'offerta del Sangue prezioso per il bene della Chiesa;
la Via Sanguinis: un pio esercizio di recente istituzione che, per motivi antropologici e culturali, ha avuto origine in Africa, ove oggi è particolarmente diffuso tra le comunità cristiane.
Nella Via Sanguinis i fedeli, trasferendosi da un luogo all'altro come avviene nella Via Crucis, rivivono i vari avvenimenti in cui il Signore Gesù effuse il suo Sangue per la nostra salvezza.
179. La venerazione del Sangue del Signore, versato per la nostra salvezza, e la consapevolezza del suo valore immenso hanno favorito la diffusione di rappresentazioni iconografiche, accolte dalla Chiesa.
In esse si distinguono essenzialmente due tipi: quello che fa riferimento alla coppa eucaristica, contenente il Sangue della nuova ed eterna Alleanza, e quello che pone al centro della rappresentazione Gesù crocifisso, dalle cui mani, piedi e costato sgorga il Sangue salvifico.
Talora il Sangue inonda copioso la terra, come torrente di grazia che lava i peccati; talora accanto alla croce sono raffigurati cinque Angeli, che reggono ciascuno un calice in cui raccolgono il Sangue che sgorga dalle cinque piaghe; questo ufficio a volte è compiuto da una figura femminile, raffigurante la Chiesa Sposa dell'Agnello.
Nello svolgimento del Tempo ordinario spicca, per i suoi molteplici significati teologici, la solennità dell'Assunzione della beata Vergine Maria ( 15 agosto ).
Essa è memoria antica della Madre del Signore, cifra e sintesi di molte verità della fede.
Infatti la Vergine assunta al cielo:
appare come « il frutto più eccelso della redenzione »,196 testimonianza suprema dell'ampiezza e dell'efficacia dell'opera salvifica di Cristo ( significato soteriologico );
costituisce il pegno della futura partecipazione di tutti i membri del Corpo mistico, alla gloria pasquale del Risorto ( aspetto cristologico );
è per tutti gli uomini « il consolante documento dell'avverarsi della speranza finale: ché tale piena glorificazione è il destino di quanti Cristo ha fatto fratelli, avendo con loro "in comune il sangue e la carne" ( Eb 2,14; cf. Gal 4,4 ) »197 ( aspetto antropologico );
è l'icona escatologica di ciò che la Chiesa « tutta, desidera e spera di essere »198 ( aspetto ecclesiologico );
è la garanzia della fedeltà del Signore alla sua promessa: egli riserva una ricompensa munifica alla sua umile Serva per la sua adesione fedele al progetto divino, cioè un destino di pienezza e di beatitudine, di glorificazione dell'anima immacolata e del corpo verginale, di perfetta configurazione al Figlio risorto ( aspetto mariologico.199
181. Nella pietà popolare la festa mariana del 15 agosto è molto sentita.
In molti luoghi essa è ritenuta la festa per antonomasia della Vergine: il "giorno di santa Maria", così come l'Immacolata per la Spagna e per l'America Latina.
Nei paesi germanici è diffusa la consuetudine di benedire erbe aromatiche il 15 agosto.
Tale benedizione, accolta un tempo nel Rituale Romanum,200 costituisce un chiaro esempio di genuina evangelizzazione di riti e credenze precristiane: a Dio, per la cui parola « la terra produsse germogli, erbe che producono seme [ … ] e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie » ( Gen 1,12 ), bisognava rivolgersi per ottenere ciò che i pagani intendevano conseguire con i loro riti magici: arginare i danni causati dalle erbe venefiche, potenziare l'efficacia delle erbe curative.
A questa visione si riallaccia in parte l'uso antico di applicare alla santa Vergine, richiamandosi alla Scrittura, simboli e appellativi tolti dal mondo vegetale, quali vite, spiga, cedro e giglio, e di veder in essa un fiore olezzante per le sue virtù e più ancora il « virgulto germogliato dalla radice di Iesse » ( Is 11,1 ) che avrebbe generato il frutto benedetto Gesù.
Cosciente della preghiera di Gesù « come tu, Padre, sei me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato » ( Gv 17,21 ), la Chiesa invoca in ogni Eucaristia il dono dell'unità e della pace.201
Lo stesso Messale Romano - tra le Messe per varie necessità contiene tre formulari di Messa "per l'unità dei cristiani".
Tale intenzione è richiamata pure nelle intercessioni della Liturgia delle Ore.202
Per la diversa sensibilità dei « fratelli da noi separati »,203 anche le espressioni della pietà popolare devono tener presente il criterio ecumenico.204
In effetti, « la conversione del cuore e la santità della vita, insieme con le preghiere private e pubbliche per l'unità dei cristiani, si devono ritenere come l'anima di tutto il movimento ecumenico e si possono giustamente chiamare ecumenismo spirituale ».205
Uno speciale luogo di incontro dei cattolici con cristiani appartenenti ad altre Chiese e Comunità ecclesiali, è costituito dunque dalla preghiera in comune per impetrare la grazia dell'unità e per presentare a Dio le necessità e le preoccupazioni comuni o per rendere grazie a Dio e implorare il suo aiuto.
« La preghiera comune è particolarmente raccomandata durante la "Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani" o nel periodo che intercorre tra l'Ascensione e Pentecoste ».206
La preghiera per l'unità dei cristiani è arricchita da indulgenze.207
Indice |
109 | SC 102 |
110 | Paolo VI, Lettera apostolica Mysterii paschalis |
111 | SC 106. Cf. Calendarium Romanumex decreto Sacrosancti Oecumenici Concilii Vaticani II instauratum auctoritate Pauli PP. VI promulgatum, Typis Polyglottis Vaticanis 1969, Normae universales, 4 |
112 | Cf. ibid., 58 |
113 | Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Dies Domini, 80 ( 31.5.1998 ) |
114 | Cf. Conc. Vat. II, Costituzione Gaudium et spes, 34, n. 35, n. 67 |
115 | Cf. Paolo VI, Esortazione apostolica Marialis cultus, 4 |
116 | Ibid. |
117 | Giovanni Paolo II, Discorso all'Angelus Domini del 24 gennaio 1999, Città del Messico |
118 | DS 150; Missale Romanum, Ordo Missae, Symbolum Nicaeno-Constantinopolitanum |
119 | Cf. Institutio generalis de Liturgia Horarum, 215 |
120 | Cf. Actus consecrationis familiarum, in EI, Aliae concessiones, 1, p. 50 |
121 | Cf. Rituale Romanum, De Benedictionibus, Ordo benedictionis filiorum, Editio Typica, Typis Polyglottis Vaticanis 1985, 174-194 |
122 | Cf. ibid., Ordo benedictionis desponsatorum, 195-204 |
123 | Eretta da Leone XIII con la Lettera apostolica Neminem fugit ( 14 giugno 1892 ), in Leonis XIII Pontificis Maximi Acta, XII, Typographia Vaticana, Romae 1893, pp. 149-158; confermata da Giovanni Paolo II con decreto del Pontificium Consilium pro Laicis ( 25 novembre 1987 ) |
124 | Cf. EI, Piae invocationes, p. 83 |
125 | Prudenzio, Cathemerinon XII, 130: CCL 126, Turnholti 1966, p. 69; Liturgia Horarum: die 28 decembris, Ss. Innocentium, martyrum, Ad Laudes, Hymnus "Audit tyrannus anxius" |
126 | Cf. EI, Aliae concessiones, 26, p. 71 |
127 | Missale Romanum, die 1 ianuarii, In octava Nativitatis Domini, Sollemnitas sanctae Dei Genetricis Mariae, Collecta |
128 | Cf. ibid., In Vigilia paschali, Praeparatio cerei |
129 | Cf. EI, Aliae concessiones, 26, p. 70 |
130 | Nell'Oriente bizantino la festa è concentrata sul mistero della Hypapante, ossia sull'Incontro del Salvatore con coloro che è venuto a salvare, rappresentati nelle persone di Simeone e Anna, secondo le parole del Nunc dimittis ( Lc 2,29-32 ), riprese incessantemente nei canti liturgici della festa: « Luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele » |
131 | Rituale Romanum, De Benedictionibus, Ordo benedictionis mulieris ante partum, cit., 219-231 |
132 | Ibid., Ordo benedictionis mulieris post partum, 236-253 |
133 | Paolo VI, Esortazione apostolica Marialis cultus, 7 |
134 | Missale Romanum, Feria IV Cinerum, Collecta |
135 | Cf. CIC, can. 989 e can. 920 |
136 | Cf. Rituale Romanum, Ordo unctionis infirmorum eorumque pastoralis curae, Editio Typica, Typis Polyglottis Vaticanis 1972, nn. 224-229 |
137 | Cf. EI Aliae concessiones, 13, pp. 59-60 |
138 | È il caso della "Via Crucis" contenuta nel Libro del pellegrino preparato dal Comitato Centrale per la celebrazione dell'Anno Santo 1975 |
139 | Tale è il formulario usato dal Santo Padre Giovanni Paolo II per la "Via Crucis al Colosseo" negli anni 1991, 1992 e 1994 |
140 | Cf. Leone XIII, Lettera apostolica Deiparae Perdolentis, in Leonis XIII Pontificis Maximi Acta, III, Typographia Vaticana, Romae 1884, pp. 220-222 |
141 | Congr. Culto, Lettera circolare sulla preparazione e celebrazione delle feste pasquali, 27 ( 16.1.1988 ) |
142 | Ibid., 28 |
143 | S. Agostino,
Epistula 55, 24 Cf. S. Congr. Riti, Decreto generale Maxima redempionis nostrae mysteria, in AAS 47 (1955) 338 |
144 | Congr. Culto, Lettera circolare sulla preparazione e celebrazione delle feste pasquali, 38 |
145 | La processione e la reposizione del Santissimo Sacramento non si facciano in quelle chiese in cui il Venerdì Santo non si celebra la Passione del Signore: Cf.Congr. Culto, Lettera circolare sulla preparazione e celebrazione delle feste pasquali, 54 |
146 | Cf. Congr. Culto, Lettera circolare sulla preparazione e celebrazione delle feste pasquali, 55; S. Congr. Riti, Istruzione sul culto eucaristico Eucharisticum mysterium, 49, in AAS 59 (1967) 566-567 |
147 | Cf. Congr. Culto, Lettera circolare sulla preparazione e celebrazione delle feste pasquali, 55 |
148 | Cf. ibid., 56 |
149 | Cf. SC 5; S. Agostino, Enarratio in Psalmum 139, 2 |
150 | Congr. Culto, Lettera circolare sulla preparazione e celebrazione delle feste pasquali, 72 |
151 | Ibid., 73 |
152 | Ruperto di Deutz, De glorificatione Trinitatis, VII, 13: PL 169, 155D |
153 | Cf. Liturgia Horarum, Commune beatae Mariae Virginis, II Vesperae, Preces; Collectio missarum de beata Maria Virgine, I, Form. 15 : Beata Maria Virgo in Resurrectione Domini, Praefatio |
154 | Cf. sopra n. 143 |
155 | Cf. Rituale Romanum, De Benedictionibus, Ordo benedictionis mensae, cit., 782-784, 806-807 |
156 | Cf. Ibid., Ordo benedictionis annuae familiarum in propris domibus, 68-89 |
157 | Cf. Notificazione della Congr. Culto e la Disciplina dei Sacramenti ( 5.5.2000 ): cf. L'Osservatore Romano 24 maggio 2000, p. 4 |
158 | Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Dives in misericordia, 8 |
159 | Cf. Pontificio Consiglio per l'unità dei cristiani, Directoire pour l'application des Principes et des Normes sur l'Oecuménisme, 110 ( 25.3.1993 ): AAS 85 (1993) 1084 |
160 | Cf. Congr. Culto, Lettera circolare sulla preparazione e celebrazione delle feste pasquali, 107; le modalità, i testi biblici e le orazioni per la veglia di Pentecoste – già presenti in alcune edizioni del Messale Romano nelle varie lingue sono indicati in Notitiae 24 (1988) 156-159 |
161 | Giovanni Paolo II, Omelia Celebrazione della Parola, 2 a La Serena ( Chile ) |
162 | Cf. EI, Aliae concessiones 26, pp. 70-71 |
163 | Cf. Gal 5,16.22; Conc. Vat. II, Ad gentes, 4; Gaudium et spes, 26 |
164 | Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Redemptoris missio, 78 |
165 | CCC 234 |
166 | Ibid., 233 |
167 | Ibid., 234 |
168 | Cf. nn. 76-80 |
169 | Rituale Romanum, De sacra communione et de cultu mysterii eucharistici extra Missam, Editio Typica, Typis Plyglottis Vaticanis 1973, 80 |
170 | Ibid., 101; cf. CIC, can. 944 |
171 | Cf. Rituale Romanum, De sacra communione et de cultu mysterii eucharistici extra Missam, cit., 101-108 |
172 | Cf. ibid., 101-102 |
173 | Ibid., 104 |
174 | Ibid., 81 |
175 | Cf. Pio XII, Lettera enciclica
Mediator Dei; Paolo VI, Lettera enciclica Mysterium fidei; S. Congr. Riti, Istruzione Eucharisticum mysterium, nn. 49-50, in AAS 59 (1967) 566-567; Rituale Romanum, De sacra communione et de cultu mysterii eucharistici extra Missam, cit., 5 |
176 | S. Congr. Riti, Istruzione Eucharisticum mysterium, n. 49 e n. 50 |
177 | Sulle indulgenze concesse all'adorazione e processione eucaristica, cf. EI, Aliae concessiones, 7, pp. 54-55 |
178 | Cf. Rituale Romanum, De sacra communione et de cultu mysterii eucharistici extra Missam, cit., 82-90; CIC, can. 941 |
179 | Cf. CIC, can. 942 |
180 | Cf. Risposta al dubium sul n. 62 dell'Istruzione Eucharisticum mysterium, in Notitiae 4 (1968) pp. 133-134; circa il Rosario vedi la nota seguente |
181 | Cf. Paolo VI, Esortazione apostolica
Marialis cultus, 46; Lettera della Congr. Culto e la Disciplina dei Sacramenti ( 15.1.1997 ), in Notitiae 34 (1998) 506-510; si veda anche il rescritto della Penitenzieria Apostolica dell'8 marzo 1996, in Notitiae 34 (1998) 511 |
182 | Cf. Leone XIII, Lettera enciclica
Annum sacrum ( 25.5.1899 ), sulla consacrazione del genere umano al culto del Sacro Cuore; Pio XII, Lettera enciclica Haurietis aquas; Paolo VI, Lettera apostolica Investigabiles divitias Christi ( 6.2.1965 ); Giovanni Paolo II, Messaggio in occasione del centenario della consacrazione del genere umano al Cuore divino di Gesù ( 11.6.1999 ), in L'Osservatore Romano 12 giugno 1999 |
183 | SC 5; cf. S. Agostino, Enarratio in Psalmum 139,2 |
184 | S. Agostino, Sermo 311, 3 |
185 | Pio XI, Lettera enciclica Miserentissimus Redemptor |
186 | Cf. EI, Aliae concessiones 1, p. 50 |
187 | Cf. EI, Aliae concessiones, 3, pp. 51-53 |
188 | SC 106 |
189 | Tra le consacrazioni al Cuore Immacolato di Maria spicca quella del mondo compiuta da Pio XII il
31 ottobre 1942, rinnovata da Giovanni Paolo II, con tutti i vescovi della Chiesa, il 25 marzo 1984 |
190 | Cf. sopra n. 171 |
191 | Cf. SC 5 |
192 | Liturgia Horarum, Tempus Nativitatis I, Ad Vesperas, Hymnus "Christe, Redemptor omnium" |
193 | Missale Romanum, Feria VI in Passione Domini, Adoratio sanctae Crucis, Hymnus "Crux fidelis" |
194 | Liturgia Horarum, Tempus paschale I, Ad Vesperas, Hymnus "Ad coenam Agni providi". Analogamente nell'inno alternativo "O rex aeterne, Domine": Tu crucem propter hominem / suscipere dignatus es; / dedisti tuum sanguinem / nostrae salutis pretium |
195 | Testo in AAS 52 (1960) 412-413; cf. EI, Aliae concessiones 22, p. 68 |
196 | SC 103 |
197 | Paolo VI, Esortazione apostolica Marialis cultus, 6 |
198 | SC 103 |
199 | Cf. Paolo VI, Esortazione apostolica Marialis cultus, 6 |
200 | Cf. Rituale Romanum Pauli V Pontificis Maximi iussu editum ¼ SS.mi D.N. Pii Papae XII auctoritate auctum et ordinatum, Editio iuxta Typicam, Desclée, Romae 1952, pp. 444-449 |
201 | Cf. Missale Romanum, Ordo Missae, la preghiera Domine Iesu Christe, prima dello scambio di pace |
202 | Vedi ad esempio: intercessioni ai Vespri della domenica e del lunedì della I settimana, del mercoledì della III settimana; le invocazioni alle Lodi del mercoledì della IV settimana |
203 | Cf. Conc. Vat. II, Decreto Unitatis redintegratio, 3 |
204 | Cf. Paolo VI, Esortazione apostolica Marialis cultus, 32-33 |
205 | Conc. Vat. II, Decreto Unitatis redintegratio, 8 |
206 | Pontificio Consiglio per l'unità dei cristiani, Directoire pour l'application des Principes et des Normes sur l'Oecuménisme, 110 (25.3.1993): AAS 85 (1993) 1084 |
207 | Cf. EI, Aliae concessiones, 11, p. 58 |