Bacio
1) Manifestazione d'affetto che consiste nel toccare con le labbra qualcuno o qualcosa
forma codificata per attestare pubblicamente un legame personale, un accordo raggiunto ecc.
2) figg. bacio di Giuda, simulazione di affetto che nasconde un tradimento
Il bacio consiste tipicamente nel contatto tra le labbra di una persona e quelle di un'altra, ma più in generale il contatto può avvenire anche verso una qualsiasi altra parte del corpo di un'altra persona.
Durante questo contatto, le labbra della persona baciante possono o meno aspirare leggermente dell'aria, creando il tipico rumore dello "schiocco".
Il bacio è un'importante fonte di contatto fisico fra due persone ed è per questo che assume diverse caratteristiche e significati a seconda del contesto, e oggi è diventata in molte culture del mondo una comune forma di espressione di affetto, ma anche di amore, passione, amicizia, rispetto, un saluto, e molte altre ancora.
Esistono diverse opinioni e teorie riguardo alle possibili funzioni del bacio e ai suoi legami con la sfera emotiva e sociale umana, anche in seguito all'osservazione di comportamenti simili di altre specie animali.
Attualmente si ritiene che il bacio abbia anche la funzione di cercare partner con sistema immunitario diverso dal proprio, al fine, in termini evolutivi di favorire lo scambio di geni ( riassortimento genetico ) e aumentare le probabilità di sopravvivenza della prole.
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Il bacio sulla bocca è un bellissimo simbolo d'amore ed un segno insieme di dono e di accoglienza.
Da qui la necessità, in una relazione amorosa, di un'attesa prudente per fare a tempo debito questo gesto importante.
I baci sono a volte svalutati, impoveriti, standardizzati: baci per fare come tutti gli altri, per sedurre, per giocare all'adulto, o baci narcisisti, dove l'altro è solo uno strumento del proprio godimento.
Eppure, in ogni gesto d'amore si nasconde una certa gravità.
Essere innamorati è come giocare a scacchi
Il bacio è troppo bello per essere sprecato.
Come si può negare la densità, l'impatto del gesto in generale in ogni relazione umana?
Il gesto è un formidabile mezzo di comunicazione: rende visibili e "palpabili" i sentimenti più profondi e forti.
Allo stadio, guardate gli abbracci deliranti dei giocatori che hanno appena segnato un gol!
Nell'amore, credere che un gesto non abbia conseguenze è ingenuità: il gesto modifica il rapporto, c'è una singolare differenza tra il desiderare e il fare.
Realizzare il desiderio è passare all'atto, fare un gesto d'amore significa cambiare qualcosa nel corso della relazione: passare dagli sguardi alle innocue carezze, dalle carezze al bacio, dal bacio ai rapporti sessuali, è ogni volta attraversare tappe che spesso comportano l'impossibilità di tornare indietro.
Per l'innamorato è la stessa cosa che per il giocatore di scacchi: non appena ha mosso una pedina, la partita è iniziata, da qui la necessità di una lentezza prudente per mantenere in sospeso la mossa decisiva.
Per quanto il gesto abbia il suo posto normale nella relazione amorosa cominciata che poi alimenta, fortifica e celebra, deve essere messo in atto, in un rapporto iniziale, con cautela.
Troppe persone che ricevono un bacio spesso tendono a pensare di essere follemente amate … e per sempre!
"Perché mi hai baciato se non era una cosa seria?" dirà la donna il giorno in cui il suo spasimante metterà fine alla relazione.
Il bacio è spesso visto come un vero e proprio impegno.
Il bacio può turbare, creare senso di colpa e segnare il futuro, portando a paragoni dannosi nella vita matrimoniale di domani e infine, rende le rotture più dolorose e più ci saremo spinti oltre, più dura sarà la separazione.
Rompere con un rapporto platonico fa male, dopo uno scambio di baci appassionati, fa molto male, ma quando si è arrivati al punto del dono di sé, fa molto, molto male.
Dopo mesi di convivenza, fa molto, molto, molto male, tanto male quanto il divorzio!
Certo, non bisogna drammatizzare le possibili conseguenze di gesti amorosi, come quelle di un bacio.
Ma se sono vissuti "senza problemi", è forse un segno che si sono terribilmente banalizzati: svuotati di ogni significato, hanno perso in qualità ciò che hanno trovato in quantità.
"Il bacio migliore", ha detto un giovane, "non quello più profondo, ma quello che dice di più "ti amo".
Se si desiderano gesti d'amore ricchi e appaganti che portino piacere e gioia, s'impongono tre necessità:
– Una necessità di senso: gesti che esprimono un amore autentico.
– Una necessità di verità: è importante che il corpo non parli una lingua diversa dal cuore, la verità nella relazione preserverà da molte sofferenze.
– Una necessità di autocontrollo: fare un passo indietro per vedere se c'è una corrispondenza tra gesti e sentimenti.
Solo a queste condizioni il bacio diventa allora un bellissimo simbolo d'amore, il segno sia di dono che di accoglienza.
Credere nell'amore, nelle sue gioie, nella sua voluttà, significa rispettarne i segni, i riti, e vietarsi i simulacri e le profanazioni.
Il bacio è un gesto straordinario, per questo non si deve né prostituirlo né giocare con esso, ma preservarlo.
È lo scambio dei respiri che significa lo scambio delle nostre profondità: "Mi allontano da me stesso per non essere più il mio proprio centro, ma che d'ora in poi tu sia il mio centro".
Amare è vivere per l'altro ( donarsi ) e vivere attraverso l'altro ( accogliersi ), e il bacio ne è il segno meraviglioso!
Non c'è da stupirsi che i Padri della Chiesa abbiano potuto chiamare lo Spirito Santo "il bacio del Padre e del Figlio"!
La letteratura mistica, ispirandosi al Cantico dei Cantici interpretato religiosamente, ha attribuito al b. una valenza soprannaturale massima.
S. Giovanni della Croce scrive: « Mi baci con il b. della sua bocca… affinché con la bocca della mia anima ti baci…
Questo avviene quando l'anima gode di quei beni divini ( le verità divine ) con gustosa e intima pace e con grande libertà di spirito, senza che la parte sensitiva o il demonio, per mezzo di questa, valgano ad impedirlo ».
Il b. tra l'anima e Dio, « sola a solo », ha luogo di solito nel matrimonio spirituale.
Allora viene sperimentata la fruizione della sapienza e scienza dell'amore teandrico.
Anche Teresa d'Avila chiede: « Signor mio, l'unica cosa che chiedo in questa vita è che tu mi baci con il b. della tua bocca, poiché - ella spiega - il b. è segno di pace e di amicizia ».
Può essere un tocco sostanziale di Dio all'anima che le fa sperimentare il più alto grado di orazione contemplativa; però è una grazia attuale di tempo limitato e che si esaurisce, lasciando la persona nel desiderio di risperimentarlo.
Quando il b. invece designa uno stato di intimità vitale tra l'anima e Cristo, tra l'anima e Dio, allora può essere descritto come una condizione stabile di pace e di rapporto amoroso che rende la persona estranea alle turbolenze del mondo, tranquilla nell'area della propria sensualità, felice in Dio.
S. Giovanni della Croce lo riconosce come l'elemento più significativo del matrimonio spirituale, la cui essenziale componente è l'unione tra lo Sposo ( Cristo, Dio ) e la sposa ( la persona in grazia contemplativa ).
Nel b. lo Sposo comunica direttamente alla sposa l'effluvio silenzioso dell'amore divinizzante, persuadendola che tutto le è stato perdonato, che è fatta oggetto di predilezione ed è elevata ad efficace strumento di salvezza dei fratelli; le fa gustare la bellezza delle verità che si riferiscono alla vita di Cristo e della Chiesa.
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« Salutatevi a vicenda con il bacio santo.
Tutti i santi vi salutano.
La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi » ( 2 Cor 13,12-13 ).
Credere nel dogma trinitario non esclude però l'opportunità di domandarsi quale rapporto intercorra tra l'espressione che augura la presenza della grazia, dell'amore e della comunione e l'invito a salutarsi a vicenda con il bacio santo che immediatamente la precede ( cf. Rm 16,16; 1 Cor 16,20; 1 Ts 5,26; 1 Pt 5,14 ).
Alla nostra percezione sembrano due orizzonti profondamente diversi; tuttavia per Paolo non lo erano.
Che cosa ha di particolare il bacio sulla bocca con cui si salutavano tra loro santamente i fedeli?
La risposta immediata sta nell'evidenziarne la perfetta reciprocità.
Se ci riferiamo alla fronte o alle guance, per non parlare della mano c'è chi bacia e chi è baciato; quando entra in gioco la bocca, il baciare e l'essere baciato formano un tutt'uno.
Per questo Paolo invita i credenti a salutarsi « gli uni gli altri ( allelous ) con un bacio santo ».
Oggi il gesto susciterebbe sconcerto – del resto questa fu già la reazione di Tertulliano –, tuttavia non ci sono dubbi che nella liturgia cristiana del I secolo la con-spiratio, vale a dire il bacio sulla bocca, divenne un atto solenne con il quale i partecipanti al culto condividevano lo spirito gli uni degli altri.
Il gesto venne a designare la reciproca unione nello Spirito Santo, espressione di una comunità che prende forma e vive nella pace in virtù del soffio di Dio.
Come ben si espresse Ivan Illich: la pace è il « risultato della conspiratio, richiede un'intimità esigente ».
A partire dal III secolo l'osculum pacis fu evocato sotto il semplice nome di pax.
Oggi la « pace » prima della comunione fa parte integrante della messa nel rituale romano, slavo, greco e siriaco.
Non ci sono certo più le condizioni culturali per ripristinare l'uso dell'antico bacio.
Ora c'è la stretta di mano o al più l'abbraccio.
Pur non essendoci più la con-spiratio, rimane qualche forma di reciprocità degli uni rispetto agli altri: entrambi abbracciano, entrambi si stringono la mano.
Vivere questo gesto, sostituto indebolito del bacio, come un segno autentico di comunione sarebbe un modo consono per esprimere una « spiritualità trinitaria ».
Secondo la formula latina, lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio; liberamente si potrebbe perciò affermare che lo Spirito è la conspiratio del Padre e del Figlio, vale dire il « bacio di Dio ».
Il Cantico dei Cantici inizia con l'espressione Mi baci egli con i baci della sua bocca.
Credo che affermazione più profonda e più bella non ci possa essere, per vivere l'esperienza dell'incontro d'amore all'insegna del gusto, del piacere e della tenerezza.
Come già nel titolo ( Cantico dei Cantici ), anche qui assistiamo alla ripetizione del medesimo concetto attraverso un verbo e un sostantivo del medesimo significato.
Nella lingua ebraica la ripetizione dei termini e delle parole, anche attraverso l'utilizzo di sinonimi, indica sempre il superlativo, il non plus ultra.
Questo è il cantico per eccellenza, dal momento che parla d'amore; e che cosa è più trasparente nell'amore se non il bacio della bocca?
L'espressione Mi baci egli con i baci della sua bocca è tale da provocare davvero una grandissima emozione.
Nel bacio si fa l'esperienza estrema della tenerezza, della vicinanza, dell'affetto.
Il bacio, infatti, è l'espressione più intima dell'amore.
E nel ripetere il concetto, utilizzando dapprima il verbo e poi il sostantivo, si crea nel testo una sorta di dialettica, che dà all'esperienza del bacio un'intimità tutta particolare e tutta da scoprire e verso cui tendere.
Si tratta – avverte G. Ravasi – di "una raffinata "onomatopea" del bacio, ritmata su un gioco di sibilanti e con un vocabolo ( pîhû, « sua bocca » ), la cui pronuncia costringe le labbra a porsi nell'atteggiamento del bacio".
Il suono dell'intera costruzione lessicale sembra richiamare esattamente il rumore del bacio, plasticamente espresso dall'ultima parola ebraica.
"La ripetizione – continua il Ravasi – crea una sorta di superlativo, di intensità nel bacio", per cui il significato finale equivale esattamente ad un "Baciami con grande amore".
Espressa alla terza persona del congiuntivo presente, l'espressione acquista di fatto una sorta di profondo desiderio, cui la sposa si sente profondamente legata.
Questa particolare forma grammaticale esprime chiaramente l'idea di un desiderio, a cui la sposa aspira, ma che diventa, di fatto, un programma di vita.
Sembra che questo desiderio di essere baciata è ciò che lei esattamente vuole e la cui tensione rimane presente per l'intera opera: Che mi baci pure egli con i baci della sua bocca.
Nella sua traduzione dalla Vulgata Antonio Martini scrive: « Questo esordio pieno di affetto e questa maniera di parlare tutta nuova sveglia l'attenzione di chiunque legge od ascolta [ … ] non si dice chi è chi parla né a chi parla, ma quello che chiede con istudiata ripetizione vien detto: Mi baci e di poi Col bacio e finalmente Col bacio della sua bocca, donde apparisce e l'ardentissimo desiderio di lei che domanda e la grandezza del bene ch'ella domanda ».
Ma chi è colei che desidera il bacio sulla bocca e chi è colui, al quale è richiesto il bacio amoroso?
Al di là delle tante possibili interpretazioni esegetiche, a me piace vedere qui la Santissima Trinità: il Padre bacia me, suo figlio, con il bacio del suo Spirito.
È lo Spirito Santo che imprime a me i suoi baci d'amore e questo bacio è il bacio del Padre, che mi viene donato, perché figlio nel Figlio suo Gesù Cristo.
In questa interpretazione trinitaria lo Spirito Santo è la bocca di Dio, che bacia con amore il proprio prediletto e il proprio amato.
Si tratta, pertanto, della contemplazione del bacio di Dio nel Figlio suo, che è lo stesso suo Spirito, che bacia con riverenza e delizia e con l'amore totale e gratuito l'oggetto desiderato del suo amore.
Su questa particolare esperienza del bacio divino, i Padri della Chiesa e, più in generale, i mistici forniscono delle stupende pennellate ascetiche, dove però la "bocca che bacia" è sempre quella del Verbo.
Scrive San Bernardo di Chiaravalle nel commento al Cantico dei Cantici: « Queste parole: Mi baci con il bacio della sua bocca esprimono per me l'ardente desiderio e l'affetto della pia attesa di quegli antichi giusti ( ossia dei Patriarchi e dei profeti ).
Non altri dunque, sia angelo, sia uomo, ma lui prego di baciarmi con il bacio della sua bocca.
Comprendete!
La bocca che bacia è, per noi, il Verbo che assume la natura umana ».
E Santa Caterina da Siena nel Dialogo della divina Provvidenza, in riferimento alla sua teologia del Cristo ponte tra Dio e l'umanità, parla del contatto con il Crocifisso a tre livelli e gradualità:
il primo livello, quello dei prospicienti, è con i piedi del Crocifisso, il cui contatto eleva l'uomo dalle passioni della terra;
il secondo, quello dei perfetti, è con il costato di Cristo;
il terzo, infine, quello dei perfettissimi, è con la bocca del Cristo: « Dove è passata l'anima per arrivare sino alla bocca del Cristo?
Per la via del cuore … costoro sono giunti alla bocca, e ne danno prova mettendosi a svolgere l'ufficio della bocca.
La bocca infatti parla grazie alla lingua che possiede, mentre il gusto ha il potere di sentire il sapore.
La bocca inoltre trattiene il cibo, porgendolo poi allo stomaco, e i denti lo schiacciano perché, diversamente, il cibo non potrebbe essere inghiottito.
Così fa l'anima: prima parla rivolgendosi a me con la lingua che sta nella bocca del suo santo desiderio, ossia con la lingua della santa e continua orazione [ … ] tu sai che proprio sulla bocca si da la pace.
In questo terzo stato l'anima trova la pace nel modo così saldo che nessuno la potrebbe turbare, in quanto ha perduta e annegata la propria volontà; e quando la volontà è morta ne vengono pace e quiete ».
Origene, da parte sua, vede qui l'anima, « che desidera soltanto congiungersi ed unirsi col Verbo di Dio ed entrare nei misteri della sua sapienza e della sua scienza come nel talamo dello sposo celeste ».
E insiste: « Anche quest'anima ha i doni che da lui le sono stati dati a titolo di dote [ … ] e si parla al plurale di baci, proprio perché noi comprendiamo che l'illuminazione di ogni concetto oscuro è un bacio che il Verbo di Dio dà all'anima perfetta [ … ] perciò ogni volta che nel nostro cuore scopriamo qualcosa che ricercavamo sulle dottrine e gli argomenti divini, altrettanti baci crediamo che ci siano stati dati dallo Sposo, il Verbo di Dio [ … ] il Padre conosce la capacità di ogni anima e sa a quale anima quali baci del Verbo a suo tempo debba porgere ».
Anche Gregorio di Nissa vede l'anima che « viene ornata come una sposa [ … ] e si avvia al congiungimento incorporeo e spirituale e incontaminato con Dio »; ed esorta: « Penetrate all'interno dell'immacolata stanza nuziale e indossate le bianche vesti dei vostri puri e incontaminati pensieri ».
Questo primo versetto del Cantico dei Cantici sembra avere una tale portata e densità da far pensare a una sorta di titolo all'intera opera.
L'attenzione è posta sulle due immagini molto significative del bacio ( nšq ) e della bocca baciante ( peh ), perché attraverso l'esperienza del bacio "bocca a bocca" i due amanti esprimano l'intenso desiderio di entrare in una particolare e profonda intimità, che permetta loro di sentire l'ebbrezza della loro relazione.
Del bacio, quale segno d'amore, nell'Antico Testamento si parla assai poco.
A parte l'accenno in Gen 29,11 ( Giacobbe baciò Rachele )
e in 1 Sam 20,41 ( Davide e Gionata si baciarono l'un l'altro e piansero l'uno insieme all'altro; cfr anche Pr 24,26 ),
per il resto si parla del bacio o in riferimento al legame di parentela ( Gen 27,26.27; Gen 29,11.13; Gen 31,28; Gen 32,1; Gen 33,4; Gen 45,15; Gen 48,10; Gen 50,1; Es 4,27; Es 18,7; 2 Sam 14,33; 1 Re 19,20 )
o come segno di affetto ( cfr 1 Sam 10,1; Es 4,27; 2 Sam 19,40; Rt 1,9.14 );
nel libro dei Proverbi, poi, il bacio è un elemento delle arti seduttrici della donna adultera ( Pr 7,13 );
esiste anche qualche accenno all'idea del bacio in vista di un qualche interesse, come ad esempio il bacio di Assalonne verso i postulanti, motivato da una chiara tattica politica ( 2 Sam 15,5 );
il bacio del generale Ioab nei confronti del suo giovane successore Amasa è semplicemente un inganno e perciò definito il bacio di Giuda dell'Antico Testamento ( 2 Sam 19,14; 2 Sam 20,9; cfr anche Pr 27,6 ).
Interessante, infine, è il bacio messianico tra giustizia e pace alla fine dei tempi ( cfr Sal 84,11 ).
Anche il Nuovo Testamento ignora del tutto il bacio erotico e presenta fondamentalmente tre tipi di baci:
quello del padre, che accoglie il figlio ( Lc 15,20 ), da considerare essenzialmente come bacio di riconciliazione ( katefílēsan );
i molti baci della peccatrice, da interpretare come segni profondi della conversione ( Lc 7,38.45 );
e, infine, il bacio di commiato dei presbiteri efesini, da considerare come espressione della riconoscenza per tutto ciò che Paolo aveva fatto per le sue comunità ( At 20,37 ).
All'interno dell'espistolario paolino si parla del bacio santo ( fílēma aghion ), che i fratelli possono scambiarsi con tenerezza e amore come segno di fraternità nella fede ( Rm 16,16; 1 Cor 16,20; 2 Cor 13,12; 1 Ts 5,26; cfr anche 1 Pt 5,14 ).
Una questione a sé è data dal bacio di Giuda ( Mt 26,49; Mc 14,45; Lc 22,48 ), raccontato con dinamiche differenti nei Sinottici e totalmente ignorato da Giovanni, segno questo che sin dai primordi della cristianità il bacio di Giuda ha costituito un particolare e grave problema.
Pertanto, è solo qui in tutta la Bibbia che si parla del bacio tra l'uomo e la donna in senso positivo e attraente.
Il tutto, poi, è accentuato dalla particolare enfasi, con cui il bacio viene presentato; ed è soprattutto un dato notevole il fatto che la scena del bacio sia posta all'inizio del libro come un qualcosa di dinamico, significativo e profondamente intenso.
È, di fatto, la scena che apre il Cantico d'amore e nello stesso tempo gli dà una forte portata ermeneutica e significativamente lo orienta.
Del resto, è l'unico caso in tutta la Bibbia, in cui si parla esplicitamente del bacio "bocca a bocca", dove la bocca che bacia è corrisposta amorevolmente dall'altra bocca, che nello stesso tempo bacia.
Si tratta, quindi, di un intreccio di baci, amorevolmente corrisposti.
Nell'esprimere l'azione amorosa del bacio, l'autore del Cantico dei Cantici utilizza esplicitamente la parola "bocca".
Solo due casi nell'Antico Testamento si avvicinano al nostro testo, dal momento che viene esplicitamente menzionata la bocca, per richiamare questa particolare azione d'amore.
Si tratta di 1 Re 19,18, dove però si parla del bacio idolatrico, fatto con la bocca; e soprattutto di Gb 31,27 ( si è lasciato sedurre in segreto il mio cuore e con la mano alla bocca ho mandato un bacio ).
Per il resto, oltre ad essere normalmente utilizzato per indicare l'organo della comunicazione vocale ( Gen 45,12; Ger 32,4; Ger 34,3; Sal 49,4; Sal 63,12 ),
il sostantivo peh nell'Antico Testamento si riferisce spesso al dialogo tra l'uomo e Dio ( Is 57,4; Ger 9,7; Sal 10,7; Sal 37,30; Sal 39,2; Sal 50,19; Gb 15,5; Gb 20,12; Pr 10,31; Pr 15,2; Pr 26,28 )
e con il tocco della bocca l'uomo è reso profeta ( Is 6,7; cfr anche Ez 3,26 ).
C'è, inoltre, un particolare rapporto tra la bocca e l'interno dell'uomo, dal momento che ciò che la bocca pronuncia viene dalla sua intimità ( Sal 5,10; Dt 30,14 ):
la bocca e le labbra possono muoversi, ma è il cuore che parla ( 1 Sam 1,12ss );
la bocca forma con il ventre un'unione più organica e materiale che con il cuore ( Ez 3,3; Pr 18,20 ).
La bocca, inoltre, è l'organo che esprime e comunica sentimenti di lode ( Sal 51,17; Sal 71,8 ),
di ringraziamento in risposta alle promesse venute dalla bocca di Dio ( Sal 109,30; Sal 138,4 ).
È, ancora, con la sua bocca, che Dio trasmette la legge ( cfr Sal 119,72 )
e pronuncia gli oracoli profetici ( cfr Dt 8,3; cfr Mt 4,4; Lc 4,4 );
ed è con la bocca che l'uomo nei Salmi entra a contatto con Dio mediante la preghiera.
In questa complessa e ampia prospettiva veterotestamentaria, la "bocca" viene ad esprimere la totalità dell'azione comunicativa di Dio nei confronti dell'uomo.
Anche il Nuovo Testamento si apre proprio con il riferimento alla bocca di Dio da parte di Gesù, che cita al diavolo il testo di Dt 8,3 = Mt 4,4 ( Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio ).
Pertanto si realizza una chiara identificazione tra la bocca di Dio e quella di Gesù, che è altrettanto autorevole e significativa.
L'espressione Dalla sua bocca ( Lc 4,22; Lc 11,54; Lc 22,71 )
o Aperta la bocca ( Mt 5,2 ) risveglia automaticamente l'idea della sublimità di questa bocca e della validità e verità di ciò che dice, ossia parole piene di grazia e di autorevolezza, che escono dalla bocca del Cristo.
E l'apostolo Pietro, ricalcando il testo profetico di Is 53,9 e vedendolo pienamente compiuto in Cristo, afferma che non si trovò inganno nella sua bocca ( cfr anche Ap 14,5 );
quella bocca, secondo Mt 13,34, avrebbe parlato, portando a compimento il Sal 78,2, rivelando all'umanità i segreti arcani e i misteri del Regno.
Quella del Cristo è, infine, la bocca potente, che vomita il tiepido ( Ap 3,16 ) e il cui soffio spazza via l'empio ( 2 Ts 2,8 ).
All'interno, dunque, di questa profonda e complessa immagine della bocca all'interno del mondo biblico si percepisce come la bocca baciante del Cantico dei Cantici esprima un'intensa intimità e una relazione amorosa del tutto particolare con delle connotazioni teologiche di una forte valenza simbolica
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La suddivisione simbolica del Cantico in diverse stagioni ha un significato profondo: prima di arrivare ai frutti maturi è necessario passare attraverso diversi stadi di trasformazione e purificazione quasi totale.
Tutto ciò io l'ho vissuto nel corpo, nella psiche e nell'anima; per questo ho cercato, nella luce dello Spirito Santo, di trasmetterlo in forma semplice ad altre anime, affinché imparino ad essere costanti nella ricerca dell'Amato, anche dopo cadute, negligenze ed oscurità.
Lui è lo Sposo fedele, che ha posto su di me il suo sigillo di Sangue; anche se mi sento molto debole vuole che, lentamente, entri nella pienezza dell'Amore, fino a quando arriverò allo sposalizio completo nella vita eterna.
Allora cesseranno le stagioni e splenderà solo l'Amore infuocato dell'Amato nell'unione e visione perfette.
Cantico dei Cantici, che è di Salomone.
Mi baci con i baci della sua bocca!
Sì, le tue tenerezze sono più dolci del vino.
Per la fragranza sono inebrianti i tuoi profumi, profumo olezzante è il tuo nome, per questo le giovinette ti amano.
Attirami dietro a te, corriamo!
M'introduca il re nelle sue stanze: gioiremo e ci rallegreremo per te, ricorderemo le tue tenerezze più del vino.
A ragione ti amano!
È la sposa che parla: cioè la Chiesa, l'umanità che parla a Dio, e sono io che parlo al Signore.
In tutte le culture, il bacio sulla bocca è il preludio dell'ebbrezza dell'amore; le labbra, infatti, sono in rapporto con ciò che c'è di più intimo nella persona umana.
S. Bernardo fa osservare che non tutte le anime possono aspirare subito al bacio di bocca, ma ci deve essere un progresso graduale.
Quindi entriamo in noi stessi, esaminiamo la nostra coscienza su quanto stiamo facendo.
Chissà che a qualcuno non sia dato di dire: "baciami con i baci della tua bocca …".
Colui che almeno una volta ha ricevuto questo bacio spirituale dalla bocca di Cristo, sollecita e ripete volentieri la sua esperienza.
Nessuno può sapere che cosa sia questo bacio se non colui che lo riceve: è un mistero.
Io conosco però delle anime che sono entrate in questo mistero e sanno cosa vuol dire questo bacio spirituale.
È, infatti, una manna nascosta, e solo chi ne mangia ne avrà ancora fame.
È una fonte sigillata cui non comunica un estraneo; solamente chi ne riceve avrà ancora sete.
Rendimi, Signore, la gioia della tua salvezza: non pretenda troppo un'anima come la mia, carica di peccati, ancora soggetta alla passione della sua carne, che non sente ancora la soavità dello Spirito, e ancora del tutto inesperta dei gaudi interiori.
C'è un cammino senza fine nella vita spirituale; noi ci fermiamo troppo sui nostri piagnistei, ci laviamo troppo con le nostre lacrime, e non ci espandiamo in questa vita dello Spirito, che richiede una profonda purificazione; sono montagne da scalare, più alte dell'Everest.
Assumiamo l'atteggiamento a cui ci invita san Bernardo: per il primo bacio, indica un posto conveniente alla nostra salvezza; non ci si accosti temerariamente alla bocca del serenissimo sposo; prostriamoci, con timore, ai piedi del Signore.
E come fece il pubblicano, non al cielo ma alla terra volgiamo gli occhi tremanti, onde evitare che la nostra faccia abituata alle tenebre sia confusa dal luminare dei cieli, abbagliata dallo splendore sia come oppressa dalla gloria, e veniamo avvolti da dense caligini di tenebra.
Non ti sembri, anima che ti trovi in queste condizioni, chiunque tu sia, spregevole quel posto dove la Santa peccatrice depose i suoi peccati, e si rivestì di santità.
S. Bernardo dice: prima di tutto bacia i piedi di Gesù, questo è il primo passo.
Prostrati e bacia i piedi di Gesù come la peccatrice ha baciato i piedi di Gesù.
Il primo bacio ti farà come da gradino per salire ad un altro bacio che ti sarà concesso in un secondo luogo.
Se Gesù mi avrà detto: "… ti sono rimessi i tuoi peccati …" che mi gioverà, se io non cesserò di peccare?
Se di nuovo sporcherò i piedi che avevo lavato, che mi gioverà averli lavati?
Guai a me anche quando sono pentito, se subito Gesù toglierà da me la sua mano, senza la quale non posso far nulla.
Ascolta pertanto ciò che consiglia il Signore: nell'orazione non osare molto parlare.
Prima di presumere cose di più alte e sante, devo chiedere questo, di non voler diventare troppo grande in fretta; voglio progredire poco alla volta; S. Bernardo continua nella sua predica e dice: prima bacia il piede, poi bacia la mano del Signore.
Questa mano del Signore che ha santificato e guarito, benedirà, santificherà, guarirà anche te.
S. Bernardo parla di un triplice progresso, sotto il nome di baci.
Baci che vengono concessi ai piedi, alla mano, e alla bocca.
Il primo bacio si riferisce ai nemici della nostra conversione: baciare i piedi di Gesù vuol dire convertirsi; il secondo viene concesso ai proficienti, a tutti coloro che vanno avanti nella vita spirituale; il terzo viene sperimentato solo veramente dai perfetti.
Da questo ultimo solo prende inizio la Scrittura che stiamo trattando.
Gli altri due li abbiamo aggiunti noi; se con giusta ragione lo giudicherete voi.
Pensiamo però che la stessa forma del discorso ci inviti pienamente a farlo.
Se in tutte le culture il bacio prelude all'ebbrezza dell'amore, nella vita spirituale il bacio prelude alla profonda intimità con Dio.
Nell'interpretazione cristiana in questo bacio abbiamo un riferimento implicito alla SS. Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo.
Al Padre origine dell'amore, al Figlio che è la bocca, il rivelatore del Padre, il Verbo; allo Spirito Santo che è la bocca del Figlio, ovvero il bacio tra il Padre e il Figlio.
Il Bacio in Dio è lo Spirito Santo.
Quando noi diciamo "Mi baci con i baci della sua bocca", noi diciamo: "Signore, donami il bacio dello Spirito Santo".
Che tenerezza, che amore, che donazione!
Con grettezza spirituale noi ci fermiamo su delle stoltezze e facciamo il Signore piccolo, piccolo, che guarda le nostre imperfezioni stupide.
Sono grandi davanti a Dio, però sono piccole se le mettiamo nel fuoco dell'amore.
S. Teresa dice: "Correrò nella via dei tuoi comandamenti quando avrai dilatato il mio cuore, quando mi avrai fatto comprendere che al di là di tutto c'era l'amore".
C'è anche un'altra interpretazione di questo bacio: è la santa Comunione, dove non soltanto riceviamo il bacio, ma riceviamo Dio stesso, il Verbo di Dio.
La Vergine Maria, ha avuto Gesù nel suo seno, l'ha nutrito, gli ha dato il suo sangue, ma nella comunione - perdonatemi quello che dico - c'è qualcosa di più grande ancora di quel che ha vissuto Maria: la carne di Gesù diventa la mia carne; il sangue di Gesù diventa il mio sangue … anche su un letto di dolore, anche per una malattia terminale.
Ma pensate la forza che dà l'Eucarestia: noi ragioniamo con parametri troppi umani, abbiamo paura di queste altezze.
Gesù stesso tocca la mia bocca.
S. Ambrogio diceva: "… tu non hai avuto orrore del ventre della Vergine Maria, e non hai orrore della mia bocca, delle mie mani, del mio essere"
Oh! Che bacio, questo è il bacio di Dio.
S. Caterina da Siena esclamava sovente: "Fuoco e sangue".
Sì, le tue tenerezze sono più dolci del vino.
Il termine tenerezze comprende in ebraico tutte le manifestazioni di tenerezza, come le carezze, i baci, le strette amorose.
L'unione tra lo sposo e la sposa è come la comunione, perché l'uno dà il suo corpo all'altra.
Quindi è santità, una santità carnale che diventa spirituale perché santificata da Dio.
Dio riserva questa tenerezza per me, per la mia anima, per il mio essere.
Alle tenerezze sono uniti il profumo e il nome.
Le tre cose che rivelano la presenza dello sposo: la tenerezza, il profumo, e il nome.
Padre Pio si rivelava col profumo, ormai è santo e bisogna dirlo con franchezza: in questo modo rivelava la tenerezza di Dio.
Il profumo di Dio è lo Spirito Santo, è l'amore; se Dio ha creato tutti i profumi, anche il profumo è santo.
E chissà come profuma Dio!
Il santo profumo di Dio è l'amore: ecco perché la carne dei santi diventa trasparente, perché sono pieni di Dio, e Dio trasforma anche il corpo, così come la comunione può trasformare anche il corpo.
Il vino significa tutto quanto vi è di inebriante e gioioso; il vino fa parte della vita, però Dio si esprime in questa ebbrezza d'amore attraverso l'immagine del vino.
"Profumo olezzante è il tuo nome per questo le giovinette ti amano".
Qui si apre uno scenario enorme, non possiamo non soffermarci.
Quante ragazze, quanti ragazzi hanno seguito questo profumo, quante persone hanno dato la vita per Gesù, per il nome di Gesù, per la santità di questo nome.
Quante sante hanno fissato fisicamente sul loro petto il nome di Gesù, come scolpito sul cuore.
Questo nome santo davanti al quale tremano i demoni.
Il profumo penetra dappertutto, e il nome di Gesù è profumo olezzante che penetra dappertutto e ne caratterizza la presenza.
Presenza, profumo e nome.
Lasciamo che lo Spirito entri dentro di noi, leggiamo il Cantico in questa visione, meditiamolo, preghiamolo …
Il Cantico dei Cantici cita dieci specie di profumi.
Notiamo che il Cantico dei Cantici è stato scritto, con tutta probabilità, nella regione di Engaddi, in cima al mar Morto.
E sono monti pieni di profumi: il Nardo, la Mirra, la Cipria, l'Incenso, lo Zafferano …
Tu sei il profumo di Dio; il tuo profumo non è il profumo di un altro: per questo Dio ti ama, perché conosce il tuo profumo, anche se è mirra, anche se questo profumo è bagnato di sangue, però profumo olezzante è il tuo nome, per questo sei amato.
Il nome di Gesù penetra la nostra vita, il nome dello Sposo è Dio che si diffonde.
Lo Sposo non ha un nome preciso nel Cantico dei Cantici: il suo nome è l'amore, con il suo amore egli supera ogni fascino umano, penetra e possiede totalmente la Sposa, penetra e addolcisce tutte le amarezze.
Questo amore di Gesù non attutisce per nulla l'amore umano, l'amore tra lo sposo o la sposa, anzi lo perfeziona.
L'amore tra lo sposo e la sposa è il simbolo più perfetto dell'amore di Dio, con l'amore di consacrazione.
"Per questo le giovinette ti amano".
Qui ci sono due quadri: c'è innanzitutto il quadro della Sposa, di colei che diventerà Sposa, ma non lo è ancora.
È un lungo cammino.
Prima dello Sposalizio, vedremo le persone che fanno il corteo.
Ma non c'è invidia in loro, perché lei è l'amata, e le giovinette sono amate in grado diverso.
E lo vedrete in tutto il Cantico dei Cantici: queste ragazze sono sempre attorno a danzare, ma senza invidie, senza gelosie.
Ora la Sposa dice: per questo ti amano queste ragazze, perché tu sei il profumo e attiri.
La Sposa non è gelosa; notate che qui non è ancora Sposa, ma è orgogliosa di come lo Sposo susciti l'ammirazione e l'amore delle coetanee, perché lei è la prediletta.
La prediletta è lei; allo stesso modo se tu sei la Sposa non devi inorgoglirti, devi essere contenta che altri partecipino, perché tu sei la Sposa, ma ci sono le giovinette del corteo, ci sono i fratelli e le sorelle.
Ma la ragione è un'altra: la Sposa non può amare lo Sposo e non desiderare che il suo nome, il suo amore si diffondano nel mondo.
Non può fare altro che questo, desiderare che il suo amato sia amato, che il suo nome sia conosciuto, anzi è ben felice di essere ella stessa lo strumento di questa salvezza universale.
Come diventa grande il discorso, come diventa bello: ognuno di noi va in questo sposalizio e attira con sé migliaia e migliaia di altre persone.
Quanta responsabilità nel matrimonio, nella vita quotidiana, nella vedovanza …
Dal tuo "sì" dipende un "sì" universale di salvezza.
C'è una frase: "… attirami dietro a te, e corriamo …".
S. Agostino dice: "Date ad un bambino una manciata di noci e lui vi corre dietro".
Per venire a te ho bisogno che tu mi attiri Signore, attirami a te e correremo.
La sposa è cosciente di essere "in esilio".
Che stupendo questo cammino, è come un cammino di Esercizi Spirituali: è lontana dallo sposo e ne soffre, ecco perché aspira alla sua venuta.
La sposa sente la sua incapacità di correre dietro allo sposo; senza la grazia di Dio non possiamo fare nulla di bene, soprattutto nella via della santità; ecco perché abbiamo bisogno di essere attirati dall'amore.
C'è una persona da amare che ci attira, ed è il Signore Gesù.
Voi giovani non pentitevi di dare tutto a Gesù, nella via dove Lui vi chiama.
Dopo essere stati attirati è possibile correre, corri in sintonia con il passo di Dio; corriamo la corsa che si realizza poco alla volta.
"Mi introduca il Re nelle sue stanze".
Cos'è questa stanza benedetta?
È il Cuore di Gesù.
Volete un segreto di Santità?
Guardate a questo Cuore misericordioso.
Santa Faustina, dopo Santa Margherita Maria, ci ha rivelato questa ferita aperta.
Ma chi mi introduce in questa stanza benedetta?
Chi mi introduce in questa stanza regale?
Soltanto Maria.
Maria può introdurmi in questa stanza regale, e questa stanza regale ha una porta: il Cuore di Gesù.
Il Re mi ha introdotta nelle sue stanze; questo Re per eccellenza è Jahvè, è lo sposo dell'anima.
La stanza è la parte più intima della casa, chiusa a chiave.
Il Re ha introdotto la Sposa nel segreto di tutti i suoi tesori, la sua intimità; nell'intimità più recondita, ecco dove ci introduce Dio: ci introduce in questa stanza che è l'abitazione più intima, che potrebbe essere il cuore di Gesù, potrebbe essere anche l'intimità con la Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo.
In questa stanza il Re offre alla sua sposa l'ebbrezza del vino, del suo amore.
Dio ti riempie del vino del suo amore, ti inebria del suo amore.
"Sangue di Cristo inebriami".
Come mi inebria il Sangue di Cristo?
Trasformandomi lentamente in Dio.
S. Filippo Neri, quando celebrava l'Eucarestia, stava anche un'ora davanti al calice, prima di fare la Comunione, per poi inebriarsi di questo Sangue di Dio.
È il Verbo che mi ha introdotto: non sono io che entro nella stanza, non sono io che apro la serratura, ma è il Re che mi introduce … l'iniziativa è sempre di Dio, non dell'anima.
Non possiamo pretendere di salire questi gradini se non veniamo presi per mano da Dio medesimo, non entriamo in questa stanza se Dio in persona non apre la porta.
Quindi in questa stanza egli introduce soltanto chi vuole.
Qualcuno potrebbe dire, allora non introdurrà me?
Introduce tutti, ma in gradi diversi e non in modo uguale.
Come ognuno di noi ha la sua fisionomia così ognuno di noi ha un timbro particolare dell'amore di Dio.
E nessuno deve invidiare l'altro.
Vi porto un esempio: qualcuno di noi può essere un bicchiere, un altro una bottiglia, un altro un'anfora … il Signore riempie tutti.
Ogni recipiente d'acqua, ogni bicchiere è pieno, ogni bottiglia è piena, l'anfora è piena, nessuno può invidiare l'altro, tutti abbiamo la pienezza secondo il disegno di Dio.
Nella spiritualità ebraica questi versi del Cantico sono stati frequentemente associati al tema del pentimento, in quanto ne individuano la vera essenza.
Teniamo presente che, in ebraico, la parola "pentimento" equivale alla parola "conversione"; essa individua la necessità di un itinerario di conversione e di ricerca di Dio.
Un itinerario che non si compie una volta per tutte, ma si percorre tutti i giorni alla presenza accogliente e affidabile di Dio, nel suo palazzo solido e sicuro.
Ecco cosa scrive il famoso rabbino contemporaneo Adin Steinsaltz: "L'essenza del pentimento é stata frequentemente individuata nei versi poetici del Cantico dei Cantici: "Il Re mi ha portato nelle sue stanze".
Questo verso é stato interpretato nel senso che colui la cui ricerca ha raggiunto un certo livello sente di essere entrato nel palazzo del Re.
Egli va di stanza in stanza, di sala in sala, cercandoLo.
Tuttavia il palazzo del Re é un'infinita serie di mondi, l'uomo procede nella sua ricerca di stanza in stanza; egli ha in mano solo un'estremità del filo che lo guida.
È un continuo procedere, un cercare Dio, un andare verso di lui, giorno dopo giorno, anno dopo anno".
Il Re mi ha introdotto nella sua stanza, ma non mi introduce per chiudermi dentro, come in una prigione: mi introduce per riempirmi del suo amore, perché io poi esca ad evangelizzare.
La contemplazione e la pienezza di Dio sono in funzione dell'evangelizzazione: non puoi tenere per te l'ebbrezza del vino ma la devi comunicare.
"gioiremo e ci rallegreremo per te".
Gioia ed allegrezza: anche se i due termini sono usati spesso in modo promiscuo, l'uno al posto dell'altro, essi presentano sfumature diverse; la gioia infatti esprime esultanza che sfocia nella danza; la danza è espressione di gioia.
La gioia ha un aspetto esteriore: normalmente se uno è gioioso si vede sul volto; l'allegrezza invece esprime la gioia interiore e profonda.
Questa allegrezza è compatibile anche con il dolore, perché è nell'interiorità, nella pace.
Quando Maria va a salutare Elisabetta il bambino esulta nel seno della Madre e Maria stessa esulta: questa è gioia.
Invece quando Giovanni Battista dice: "Quando lo sposo è presente c'è allegrezza", la gioia è dentro perché c'è la voce dello sposo.
"Ricorderemo le tue tenerezze più del vino".
Cioè al di sopra di ogni gioia e di ogni ebbrezza.
Perché queste possono comunque essere sempre segni esteriori, ma l'amore è ancora al di sopra di tutto.
E vedremo alla fine che l'amore è forte più della morte.
Paolo dice: "Chi ci separerà dall'amore di Cristo?
Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?
Ma in tutte queste cose, noi siamo vincitori per virtù di Colui che ci ha amato" ( Rm 8,35-37 ).
Non è un'ascetica giusta quella che vorrebbe vedere le anime sempre in euforia: c'è tempo di gioia e tempo di mestizia.
A volte noi non siamo abbastanza comprensivi di fronte ad un dolore; la prendiamo troppo in modo spirituale, dimenticando che Gesù ha pianto sulla tomba di Lazzaro …
Summa Teologica |
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Moralità del … | II-II,q154,a4 |
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