Ripartire da Cristo |
Un'esistenza trasfigurata dai consigli evangelici diventa testimonianza profetica e silenziosa, ma insieme eloquente protesta contro un mondo disumano.
Essa impegna alla promozione della persona e risveglia una nuova fantasia della carità.
Lo abbiamo visto nei santi fondatori.
Si manifesta non solo nell'efficacia del servizio, ma soprattutto nella capacità di farsi solidali con chi soffre, così che il gesto di aiuto sia sentito come condivisione fraterna.
Questa forma di evangelizzazione, compiuta attraverso l'amore e la dedizione nelle opere, assicura una testimonianza inequivocabile alla carità delle parole.105
A sua volta la vita di comunione rappresenta il primo annuncio della vita consacrata, poiché è segno efficace e forza persuasiva che conduce a credere in Cristo.
La comunione, allora, si fa essa stessa missione, anzi « la comunione genera comunione e si configura essenzialmente come comunione missionaria ».106
Le comunità si ritrovano desiderose di « seguire Cristo sulle vie della storia dell'uomo »,107 con un impegno apostolico e una testimonianza di vita coerente al proprio carisma.108
« Chi ha incontrato veramente Cristo, non può tenerselo per sé, deve annunciarlo.
Occorre un nuovo slancio apostolico che sia vissuto quale impegno quotidiano delle comunità e dei gruppi cristiani ».109
34. Quando si riparte da Cristo la spiritualità di comunione diventa una solida e robusta spiritualità dell'azione dei discepoli ed apostoli del suo Regno.
Per la vita consacrata ciò significa impegnarsi nel servizio ai fratelli nei quali si riconosce il volto di Cristo.
Nell'esercizio di questa missione apostolica, essere e fare sono inseparabili perché il mistero di Cristo costituisce il fondamento assoluto di ogni azione pastorale.110
Il contributo dei consacrati e delle consacrate all'evangelizzazione « sta ( perciò ) innanzi tutto nella testimonianza di una vita totalmente donata a Dio e ai fratelli, ad imitazione del Salvatore che, per amore dell'uomo, si è fatto servo ».111
Nel partecipare alla missione della Chiesa le persone consacrate non si limitano a dare una parte di tempo, ma l'intera vita.
Nella Novo millennio ineunte sembra che il Papa voglia spingere ancora più avanti nell'amore concreto verso i poveri: « Il secolo e il millennio che si avviano dovranno ancora vedere, ed anzi è auspicabile che lo vedano con forza maggiore, a quale grado di dedizione sappia arrivare la carità verso i più poveri.
Se siamo ripartiti davvero dalla contemplazione di Cristo, dovremo saperlo scorgere soprattutto nel volto di coloro con i quali egli stesso ha voluto identificarsi: "Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi" ( Mt 25,35-36 ).
Questa pagina non è un semplice invito alla carità: è una pagina di cristologia, che proietta un fascio di luce sul mistero di Cristo.
Su questa pagina, non meno che sul versante dell'ortodossia, la Chiesa misura la sua fedeltà di Sposa di Cristo ».112
Il Papa offre anche un concreto indirizzo di spiritualità quando invita a riconoscere nella persona dei poveri una presenza speciale di Cristo che impone alla Chiesa un'opzione preferenziale per loro.
È attraverso tale opzione che anche i consacrati113 devono testimoniare « lo stile dell'amore di Dio, la sua provvidenza, la sua misericordia ».114
35. Il campo in cui il Santo Padre invita a lavorare è vasto quanto il mondo.
Affacciandosi su questo scenario, la vita consacrata « deve imparare a fare il suo atto di fede in Cristo decifrandone l'appello che egli manda da questo mondo della povertà ».115
Armonizzare il respiro universale di una vocazione missionaria con l'inserimento concreto entro un contesto e una Chiesa particolare sarà esigenza primaria di ogni attività apostolica.
Alle antiche forme di povertà se ne sono aggiunte di nuove: la disperazione del non senso, l'insidia della droga, l'abbandono nell'età avanzata o nella malattia, l'emarginazione o la discriminazione sociale.116
La missione, nelle sue forme antiche e nuove, è prima di tutto un servizio alla dignità della persona in una società disumanizzata, perché la prima e più grave povertà del nostro tempo è calpestare con indifferenza i diritti della persona umana.
Con il dinamismo della carità, del perdono e della riconciliazione, i consacrati si adoperano per costruire nella giustizia un mondo che offra nuove e migliori possibilità alla vita e allo sviluppo delle persone.
Perché questo intervento sia efficace, occorre avere uno spirito da povero, purificato da interessi egoistici, pronto ad esercitare un servizio di pace e nonviolenza, in atteggiamento solidale e pieno di compassione per la sofferenza altrui.
Uno stile di proclamare le parole e di attuare le opere di Dio, inaugurato da Gesù ( cfr. Lc 4,15-21 ) e vissuto dalla Chiesa primitiva, che non può essere dimenticato con il concludersi del Giubileo o il passaggio di un millennio, ma incalza con maggiore urgenza per realizzare nella carità un diverso avvenire.
Occorre essere pronti a pagare il prezzo della persecuzione, perché ai nostri tempi la causa più frequente del martirio è la lotta per la giustizia in fedeltà al Vangelo.
Giovanni Paolo II ricorda che questa testimonianza, « anche di recente, ha condotto al martirio alcuni vostri fratelli e sorelle in varie parti del mondo ».117
Attraverso i secoli, la carità ha sempre costituito per i consacrati l'ambito dove il Vangelo è vissuto concretamente.
In essa hanno valorizzato la forza profetica dei loro carismi e la ricchezza della loro spiritualità nella Chiesa e nel mondo.118
Si riconoscevano, infatti, chiamati ad essere « epifania dell'amore di Dio ».119
È necessario che questo dinamismo continui ad esercitarsi con fedeltà creativa, poiché costituisce una risorsa insostituibile nel lavoro pastorale della Chiesa.
Nell'ora in cui si invoca una nuova fantasia della carità ed una autentica riprova e conferma della carità della parola con quella delle opere,120 la vita consacrata guarda con ammirazione la creatività apostolica che ha fatto fiorire i mille volti della carità e della santità in forme specifiche; tuttavia non può non sentire l'urgenza di continuare, con la creatività dello Spirito, a sorprendere il mondo con nuove forme di fattivo amore evangelico per le necessità del nostro tempo.
La vita consacrata vuole riflettere sui propri carismi e sulle proprie tradizioni, per metterli anche al servizio delle nuove frontiere dell'evangelizzazione.
Si tratta di farsi vicini ai poveri, agli anziani, ai tossicodipendenti, ai malati di AIDS, agli esuli, persone che subiscono ogni sorta di sofferenze per la loro particolare realtà.
Con un'attenzione incentrata sul cambio dei modelli, poiché non è più ritenuta sufficiente l'assistenza, si cerca di sradicare le cause da cui trae origine il bisogno.
La povertà dei popoli è causata dall'ambizione e dall'indifferenza di molti e da strutture di peccato che devono essere eliminate, anche con un serio impegno nel campo dell'educazione.
Tante antiche e recenti fondazioni portano i consacrati là dove abitualmente altri non possono andare.
In questi anni consacrati e consacrate sono stati capaci di lasciare le sicurezze del già noto per lanciarsi verso ambienti e occupazioni a loro sconosciuti.
Grazie alla loro totale consacrazione sono infatti liberi per intervenire ovunque vi siano situazioni critiche, come mostrano le recenti fondazioni nei nuovi Paesi che presentano sfide particolari, coinvolgendo più province religiose allo stesso tempo e creando comunità internazionali.
Con occhi penetranti e cuore grande121 hanno raccolto l'appello di tante sofferenze in una concreta diaconia della carità.
Dappertutto costituiscono un legame tra Chiesa e gruppi emarginati e non raggiunti dalla pastorale ordinaria.
Persino alcuni carismi che sembravano rispondere a tempi ormai trapassati, acquistano rinnovato vigore in questo mondo che conosce la tratta delle donne o il traffico dei bambini schiavi, mentre l'infanzia, sovente vittima di abusi, corre i pericoli dell'abbandono sulla strada e dell'arruolamento negli eserciti.
Oggi si riscontra una maggiore libertà nell'esercizio dell'apostolato, una irradiazione più consapevole, una solidarietà che si esprime col saper stare dalla parte della gente, assumendone i problemi per rispondere, quindi, con una forte attenzione ai segni dei tempi e alle loro esigenze.
Questa moltiplicazione delle iniziative ha dimostrato l'importanza che la progettualità riveste nella missione, quando la si vuole attuare non in maniera improvvisata, ma organica ed efficiente.
Il primo compito che va ripreso con entusiasmo è l'annuncio di Cristo alle genti.
Esso dipende soprattutto dai consacrati e dalle consacrate che s'impegnano a far giungere il messaggio del Vangelo alla moltitudine crescente di coloro che lo ignorano.
Tale missione è ancora agli inizi e dobbiamo impegnarci con tutte le forze per realizzarla.122
L'azione fiduciosa e intraprendente dei missionari e delle missionarie dovrà sempre meglio rispondere all'esigenza dell'inculturazione, così che gli specifici valori di ogni popolo non siano rinnegati, ma purificati e portati alla loro pienezza.123
Restando nella totale fedeltà all'annuncio evangelico, il cristianesimo del terzo millennio sarà caratterizzato anche dal volto delle tante culture e dei tanti popoli in cui è accolto e radicato.124
Secondo una gloriosa tradizione, un gran numero di persone consacrate, soprattutto donne, esercitano l'apostolato negli ambienti sanitari, continuando il ministero di misericordia di Cristo.
Sull'esempio di lui, Divino Samaritano, si fanno vicine a chi soffre per lenire il dolore.
La loro competenza professionale, vigile nell'attenzione a umanizzare la medicina, apre uno spazio al Vangelo che illumina di fiducia e bontà anche le esperienze più difficili del vivere e del morire umano.
Perciò i pazienti più poveri e abbandonati saranno i preferiti nella prestazione amorevole delle loro cure.125
Per l'efficacia della testimonianza cristiana, è importante, specie in alcuni ambiti delicati e controversi, saper spiegare i motivi della posizione della Chiesa, sottolineando soprattutto che non si tratta di imporre ai non credenti una prospettiva di fede, ma di interpretare e difendere i valori radicati nell'essere umano.126
La carità si fa allora, specialmente nei consacrati che lavorano in questi ambiti, servizio all'intelligenza, perché dappertutto vengano rispettati i principi fondamentali dai quali dipende una civiltà degna dell'uomo.
Anche il mondo dell'educazione richiede una presenza qualificata dei consacrati.
Nel mistero dell'Incarnazione sono poste le basi per un'antropologia che può andare, oltre i propri limiti e le proprie incoerenze, verso Gesù « l'uomo nuovo » ( Ef 4,24; cfr Col 3,10 ).
Poiché il Figlio di Dio è diventato veramente uomo, l'uomo può, in lui e attraverso di lui, divenire realmente figlio di Dio.127
Grazie alla peculiare esperienza dei doni dello Spirito nell'assiduo ascolto della Parola e nell'esercizio del discernimento, al ricco patrimonio di tradizioni educative accumulato nel tempo dal proprio Istituto, consacrati e consacrate sono in grado di sviluppare un'azione particolarmente incisiva.
Questo carisma può dar vita ad ambienti permeati dallo spirito evangelico di libertà, giustizia e amore, nei quali i giovani sono aiutati a crescere in umanità sotto la guida dello Spirito, proponendo allo stesso tempo la santità quale meta educativa per tutti, docenti e alunni.128
Bisogna promuovere all'interno della vita consacrata un rinnovato impegno culturale che consenta di elevare il livello della preparazione personale e prepari al dialogo fra mentalità contemporanea e fede, per favorire, anche attraverso proprie istituzioni accademiche, un'evangelizzazione della cultura intesa come servizio alla verità.129
In tale prospettiva, risulta quanto mai opportuna la presenza nei mezzi della comunicazione sociale.130
Ogni sforzo in questo nuovo e strategico campo apostolico va incoraggiato, affinché le iniziative nel settore siano meglio coordinate e raggiungano livelli superiori di qualità ed efficacia.
Ricominciare da Cristo vuol dire infine, seguirlo fin dove si è reso presente con la sua opera di salvezza e vivere sulla vastità di orizzonti da lui aperta.
La vita consacrata non può contentarsi di vivere nella Chiesa e per la Chiesa.
Essa si protende con Cristo verso le altre Chiese cristiane, verso le altre religioni, verso ogni uomo e donna che non professa alcuna convinzione religiosa.
La vita consacrata è quindi chiamata ad offrire il proprio contributo specifico in tutti i grandi dialoghi a cui il Concilio Vaticano II ha aperto l'intera Chiesa.
« Impegnati nel dialogo con tutti » è il significativo titolo dell'ultimo capitolo di Vita consecrata, quasi logica conclusione dell'intera Esortazione apostolica.
41. Il documento ricorda innanzitutto come il Sinodo sulla Vita Consacrata abbia messo in luce il profondo legame tra la vita consacrata e l'ecumenismo.
« Se infatti l'anima dell'ecumenismo è la preghiera e la conversione, non v'è dubbio che gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica hanno un particolare dovere di coltivare questo impegno ».131
È urgente che nella vita delle persone consacrate si aprano spazi maggiori all'orazione ecumenica ed alla testimonianza, affinché con la forza dello Spirito Santo si possano abbattere i muri delle divisioni e dei pregiudizi.
Nessun Istituto di vita consacrata può sentirsi dispensato dal lavorare per questa causa.
Parlando poi delle forme del dialogo ecumenico Vita consecrata, addita come particolarmente adatte ai membri delle comunità religiose, la condivisione della lectio divina, la partecipazione alla preghiera comune, nella quale il Signore garantisce la sua presenza ( cfr. Mt 18,20 ).
L'amicizia, la carità e la collaborazione in iniziative comuni di servizio e di testimonianza faranno vivere l'esperienza di come è bello che i fratelli vivano insieme ( cfr. Sal 133 ).
Non meno importanti sono la conoscenza della storia, della dottrina, della liturgia, dell'attività caritativa e apostolica degli altri cristiani.132
42. Per il dialogo interreligioso, Vita consecrata pone due requisiti fondamentali: la testimonianza evangelica e la libertà di spirito.
Suggerisce, poi, alcuni strumenti particolari quali la mutua conoscenza, il vicendevole rispetto, la cordiale amicizia e reciproca sincerità, con gli ambienti monastici di altre religioni.133
Un ulteriore ambito di collaborazione è costituito dalla comune sollecitudine per la vita umana, che va dalla compassione per la sofferenza fisica e spirituale, all'impegno per la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato.134
Giovanni Paolo II ricorda, come campo particolare di incontro con persone di altre tradizioni religiose, la ricerca e la promozione della dignità della donna, a cui sono chiamate a contribuire in modo particolare le donne consacrate.135
43. Infine va tenuto presente il dialogo con quanti non professano particolari confessioni religiose.
Le persone consacrate, per la natura stessa della loro scelta, si pongono come interlocutori privilegiati di quella ricerca di Dio che da sempre agita il cuore dell'uomo e lo conduce a molteplici forme di spiritualità.
La loro sensibilità ai valori ( cfr. Fil 4,8 ) e la disponibilità all'incontro testimoniano i caratteri di un'autentica ricerca di Dio.
« Per questo - conclude il documento - le persone consacrate hanno il dovere di offrire generosamente accoglienza e accompagnamento spirituale a quanti, mossi dalla sete di Dio e desiderosi di vivere le esigenze della fede, si rivolgono a loro ».136
44. Questo dialogo si apre necessariamente all'annuncio di Cristo.
Nella comunione vi è infatti la reciprocità del dono.
Quando l'ascolto dell'altro è autentico, offre l'occasione propizia per proporre la propria esperienza spirituale e i contenuti evangelici che alimentano la vita consacrata.
Si testimonia così la speranza che è in noi ( cfr. 1 Pt 3,15 ).
Non dobbiamo temere che il parlare della propria fede possa costituire offesa a chi ha altre credenze, è, invece, occasione di annuncio gioioso del dono che è per tutti e che va proposto a tutti, pur con il più grande rispetto della libertà di ciascuno: il dono della rivelazione del Dio-Amore che « ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito » ( Gv 3,16 ).
Il dovere missionario, d'altra parte, non ci impedisce di andare al dialogo intimamente disposti a ricevere, poiché, tra le risorse e i limiti di ogni cultura, i consacrati possono cogliere i semi del Verbo, nei quali incontrano valori preziosi per la propria vita e missione.
« Non raramente lo Spirito di Dio, che "soffia dove vuole" ( Gv 3,8 ), suscita nell'esperienza umana universale segni della sua presenza, che aiutano gli stessi discepoli di Cristo a comprendere più profondamente il messaggio di cui sono portatori ».137
Non è possibile tenersi in disparte di fronte ai grandi e inquietanti problemi che attanagliano l'intera umanità, nella prospettiva di un dissesto ecologico, che rende inospitali e nemiche dell'uomo vaste aree del pianeta.
I paesi ricchi consumano risorse a un ritmo insostenibile per l'equilibrio del sistema, facendo sì che i paesi poveri diventino sempre più poveri.
Né si possono dimenticare i problemi della pace, spesso minacciata con l'incubo di guerre catastrofiche.138
L'ingordigia dei beni, la bramosia del piacere, l'idolatria del potere, cioè la triplice concupiscenza che segna la storia ed è all'origine anche dei mali attuali può essere vinta solo se si riscoprono i valori evangelici della povertà, della castità e del servizio.139
I religiosi devono saper proclamare, con la vita e con le parole, la bellezza della povertà dello spirito e della castità del cuore che liberano il servizio verso i fratelli e dell'obbedienza che rende duraturi i frutti della carità.
Come si potrebbe, infine, rimanere passivi di fronte al vilipendio dei diritti umani fondamentali?140
Un impegno speciale deve essere dato ad alcuni aspetti della radicalità evangelica che sono spesso meno compresi, ma che non possono per questo essere meno presenti nell'agenda ecclesiale della carità.
Primo fra tutti, il rispetto della vita di ciascun essere umano dal concepimento fino al suo naturale tramonto.
In questa apertura al mondo da ordinare a Cristo così che le realtà tutte trovino in Lui il proprio autentico significato, le laiche e i laici consacrati degli Istituti Secolari occupano un posto privilegiato: essi, infatti, nelle comuni condizioni di vita, partecipano al dinamismo sociale e politico e, in forza della loro sequela di Cristo, vi infondono nuovo valore, operando così efficacemente per il Regno di Dio.
Proprio in forza della loro consacrazione vissuta senza segni esteriori, da laici tra i laici, essi possono essere sale e luce anche in quelle situazioni in cui una visibilità della loro consacrazione costituirebbe un impedimento o addirittura un rifiuto.
Anche tra i consacrati si trovano le sentinelle del mattino: i giovani e le giovani.141
Abbiamo veramente bisogno di giovani coraggiosi che, lasciandosi configurare dal Padre con la forza dello Spirito e diventando « persone cristiformi »,142 offrano a tutti una limpida e gioiosa testimonianza della loro « specifica accoglienza del mistero di Cristo »143 e della peculiare spiritualità del proprio Istituto.144
Siano, dunque, più decisamente riconosciuti autentici protagonisti della loro formazione.145
Poiché essi dovranno portare avanti, per motivi generazionali, il rinnovamento dei propri Istituti, conviene che - opportunamente preparati - vadano gradualmente assumendo compiti di orientamento e di governo.
Forti, soprattutto, della loro spinta ideale, diventino validi testimoni dell'aspirazione alla santità quale misura alta dell'essere cristiani.146
Sull'immediatezza di questa loro fede, sulle attitudini che hanno gioiosamente rivelato e su quanto lo Spirito vorrà dire loro, poggia in buona parte, il futuro della vita consacrata e della sua missione.
E guardiamo a Maria, Madre e Maestra per ciascuno di noi.
Lei, la prima Consacrata, ha vissuto la pienezza della carità.
Fervente nello spirito, ha servito il Signore; lieta nella speranza, forte nella tribolazione, perseverante nella preghiera; sollecita per le necessità dei fratelli ( cfr. Rm 12,11-13 ).
In Lei si rispecchiano e si rinnovano tutti gli aspetti del Vangelo, tutti i carismi della vita consacrata.
Ci sostenga nell'impegno quotidiano, così da farne una splendida testimonianza d'amore, secondo l'invito di San Paolo: « Abbiate una condotta degna della vocazione a cui siete stati chiamati! » ( Ef 4,1 ).
A conferma di questi orientamenti, desideriamo riprendere, ancora una volta, le parole di Giovanni Paolo II, perché in esse troviamo l'incoraggiamento e la fiducia di cui tutti abbiamo bisogno nel far fronte a un compito che sembra superare le nostre forze: « Un nuovo Secolo, un nuovo Millennio si aprono alla luce di Cristo.
Non tutti però vedono questa luce.
Noi abbiamo il compito stupendo di esserne il riflesso ( … )
È un compito che fa trepidare, se guardiamo alla debolezza che ci rende spesso opachi e pieni di ombre.
Ma è un compito possibile se, esponendoci alla luce di Cristo, sappiamo aprirci alla Grazia che ci rende uomini nuovi ».147
È questa la speranza proclamata nella Chiesa dai consacrati e dalle consacrate, mentre con i fratelli e sorelle, attraverso i secoli, vanno incontro al Cristo Risorto.
Il 16 maggio 2002, il Santo Padre ha approvato il presente Documento della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica.
Roma 19 maggio 2002, Solennità della Pentecoste.
Eduardo Card. Martínez Somalo Prefetto
Piergiorgio Silvano Nesti, CP Segretario
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