Gesù Cristo
Sommario
Se « per i cristiani il dizionario è Gesù Cristo » ( A. M. Hunter ), il riferimento a lui è strutturalmente costitutivo di ogni elemento della vita quotidiana, e quindi diviene indispensabile in ogni voce di un « dizionario di spiritualità » il quale intenda descrivere e orientare in modo autentico l'esistenza cristiana. In realtà tutti i lemmi del presente dizionario si richiamano a Gesù Cristo, sottolineando il contenuto cristologico della spiritualità vissuta oggi nella chiesa; in particolare la voce ( v. ) cristocentrismo fa emergere a livello storico l'imprescindibilità del riferimento radicale del cristiano alla realtà di Gesù e presenta modelli antichi e recenti di spiritualità cristocentrica. Qui intendiamo affrontare un discorso globale, dove le altre voci si inseriscano e apportino un contributo specifico, sulla persona di Cristo e sul suo significato essenziale per la spiritualità del cristiano del nostro tempo. Poiché la nostra prospettiva è decisamente esperienziale, partiremo dalla presenza di Gesù nel mondo contemporaneo descrivendo un fenomeno ricco di stimoli e non esente da ambiguità o deviazioni ( I ); guarderemo poi nel caleidoscopio delle cristologie del NT per attingere le profondità del mistero di Cristo nel loro perenne valore normativo ( II ); infine ritorneremo al nostro tempo per inserire più adeguatamente Gesù Cristo nel vocabolario dell'uomo moderno mediante una rilettura della vita attuale in luce cristiana ( III ). Il nostro intento resta quello espresso in una pagina ammirevole del card. de Bérulle, che ha suggerito a Bremond il conio del termine "cristocentrico": « Uno spirito eletto del nostro secolo ha sostenuto che il sole, e non la terra, è al centro del mondo… Questa nuova opinione, poco seguita nella scienza degli astri, è utile e deve essere seguita nella scienza della salvezza. Gesù infatti è il sole immobile nella sua grandezza e movente tutte le cose… Gesù è il vero centro del mondo, e il mondo deve essere in continuo movimento verso di lui. Gesù è il sole delle anime, che da lui ricevono ogni grazia, illuminazione e influsso. E la terra dei nostri cuori deve ruotare continuamente intorno a lui ».1 I - Provocazioni contemporaneeeGesù Cristo costituisce un mistero cosi profondo che nessun laser riesce a penetrare, così sconvolgente da risvegliare l'interesse dei più indifferenti, così ricco che nessuno schema potrà mai monopolizzare. La prestigiosa concentrazione di valori, interrogativi, eventi e promesse, nella persona di Gesù di Nazaret, spiega come gli uomini di diverse aree culturali si siano rivolti a lui e abbiano tentato di cogliere ed esprimere il suo mistero secondo i modi rappresentativi del proprio tempo. Ne è risultata un'inarrestabile varietà di interpretazioni, che il trovatore medioevale Goffredo di Strasburgo ( + 1220 ) ha cantato con accento ironico: « Il gloriosissimo Cristo / si piega come una stoffa con cui ci si veste: / si adatta al gusto di tutti, / sia alla sincerità, sia all'inganno. / È sempre come si vuole che sia ». Considerando la storia del cristianesimo ci si rende conto che ogni epoca registra un modo particolare di considerare Cristo e di rappresentarlo. Se i primi secoli insistono sul Verbo divino apportatore di salvezza, le lotte trinitarie e cristologiche sottolineano energicamente la divinità di Cristo lasciando in ombra la sua umanità e la sua vicenda evangelica. Dopo il Mille la pietà si orienta alla realtà umana e alla vita terrena di Cristo con speciale accento sulle fasi del natale e della passione; ma anche allora il Gesù glorificato è decurtato della sua umanità, tornando a essere semplicemente la seconda persona della Trinità. Inizia così un processo che offusca la funzione mediatrice di Cristo: Dio torna a essere l'infinitamente remoto, gli uomini peccatori sono di nuovo esposti inermi alla sua giustizia e sentono il bisogno di ricorrere a mediatori secondari. Nonostante la scoperta luterana del Cristo dolcissimo e misericordioso, la concezione del giudice severo attraversa i secoli sotto la spinta del giansenismo e viene controbattuta dalla devozione al ( v. ) Sacro Cuore, simbolo dell'amore di Cristo. Romanticismo e razionalismo degli ultimi secoli convergono nel ravvisare in Gesù un uomo eccezionale, che ha predicato una morale elevata, ma che si è illuso circa l'imminente fine del mondo. Il successo di tante vite di Cristo denota l'interesse verso l'approccio storico, che permette un incontro con il Salvatore senza eludere lo scandalo della sua carne. Contemporaneamente liturgisti e pastoralisti protestano contro un Cristo dimezzato e insistono sul ( v. ) mistero pasquale, che fa di lui il recapitolatore e il capo dell'universo, il sacramento dell'incontro con Dio e con i fratelli.2 Senza soffermarci al Cristo dei letterati, dei dogmatici e dei mistici, basta gettare un rapido sguardo alla storia dell'arte per notare che « il gracile Salvatore delle catacombe di Priscilla, il Pantocrator dei mosaici bizantini, i crocifissi giotteschi delle chiese francescane, il muscoloso atleta del "giudizio" di Michelangelo, il femmineo s. Cuore del Batoni e i Cristi carbonizzati di Rouault non segnano soltanto le tappe di un itinerario di ricerca stilistica, ma esprimono ciascuno un'epoca del divenire della spiritualità cristiana, un atteggiamento della coscienza collettiva nel suo porsi dinanzi al Cristo ».3 Aggiungiamo che una lettura sociologica rivela a taluni negli spostamenti d'accento operati circa la figura di Cristo l'intervento di meccanismi ideologici dalle conseguenze disastrose per la pietà cristiana. Quando ad es. Gesù di Nazaret cessa di essere raffigurato come l'amico dei poveri per assumere gli abiti dell'imperatore, la sua immagine funzionerebbe da copertura dell'ordine gerarchico stabilito: la chiesa stessa « soccombette alla tentazione del potere di stile pagano, con dominazione e titoli onorifici, appresi nelle corti romane e bizantine. Tutta la vita umile del Cristo povero fu riletta dentro le categorie di potere… Invece di fiducioso abbandono nelle mani del Padre, subentrò la paura; invece di spontaneità filiale, vigeva il timore dinanzi al Cristo-imperatore; invece di sentirsi tutti fratelli, si vedevano inseriti in una trama gerarchica che si frapponeva fra Cristo e i fedeli ».4 In prospettiva di dinamica culturale, ci rivolgiamo ora al nostro tempo per mostrare il rilievo sociale e religioso assunto dal "fenomeno Gesù". Il nostro sondaggio si limita a tre settori, significativi nella loro Varietà: i giovani ( 1 ), la cultura laica ( 2 ) e la cultura popolare ( 3 ). 1. Il Gesù delle nuove generazioniNell'ambito del movimento dell'anticultura vissuto dalla gioventù hippy, sorse inopinatamente verso il 1970 un interesse nuovo per Gesù, scavalcando le scorie accumulate sulla sua persona e sul suo messaggio. L'approdo a Gesù da parte dei giovani della beat generation, dedita alla droga e al sesso, si manifesta in una serie di espressioni che vanno dalle canzoni agli spettacoli Jesus Christ Superstar, al manifesto su Gesù ricercato,5 agli slogans che invitano ad accogliere Cristo e a compiere una rivoluzione d'amore, e addirittura al lancio di una moda che scrive il nome Jesus sui vestiti per giovani. Al di là di taluni segni bizzarri o di strumentalizzazioni commerciali, ciò che sorprende « è il senso di gioia che i giovani convertiti a questo Cristo riescono a comunicare, tanto da rendere tollerabili anche le approssimazioni, le ingenuità e perfino le punte di fanatismo cui questa gioia si accompagna ».6 Soprattutto è interessante nel Jesus People il superamento dei miti imperanti ( come la sublimazione dell'LDS, la droga, la liberazione sessuale, la contestazione violenta ) e l'impegno spesso coraggioso nel promuovere in nome di Gesù l'amore, i valori morali, il vangelo. La figura di Cristo reclamizzata dalla Jesus revolution presenta aspetti inediti, originali, sconcertanti; è un Gesù senza incenso, diverso da quello più ieratico della predicazione tradizionale, perché riportato sulle strade del mondo, più a misura d'uomo, più scanzonato e giovanile. La rivoluzione di Gesù - afferma S. Zavoli - rifiuta non solo i valori materiali della società convenzionale, ma anche la dominante saggezza della tradizione teologica. Dio torna sulla terra nella persona di Gesù perché « l'uomo da sé non sa cavarsela - dicono i giovani - perché ha bisogno di miracoli ». La rivoluzione di Gesù nega le virtù della società secolare e rifiuta un Dio che « si è sempre aggirato non si sa dove, comunque lontano dall'uomo ».7 La presa di contatto con questi movimenti e con le nuove generazioni porta alla costatazione che Gesù è l'argomento elettrizzante dell'esistenza di tanti giovani, i quali si appellano a lui come a un ideale di vita e a una realtà vivente e liberatrice. 2. Il Gesù laicoPercorrendo la letteratura del nostro tempo si è costretti a sottoscrivere l'affermazione di B. Croce: « La polemica antichiesastica più violenta che percorre i secoli dell'età moderna si è sempre arrestata e ha taciuto riverente al ricordo della persona di Gesù, sentendo che l'offesa a lui sarebbe stata offesa a se medesima, alle ragioni del suo ideale, al cuore del suo cuore ».8 È un fatto che, per quanto severamente critici verso la chiesa, « creduli o increduli - osserva A. Oriani -, nessuno sa sottrarsi all'incanto della sua figura [ Gesù ], nessun dolore ha rinunciato sinceramente al fascino della sua promessa ».9 Il Gesù laico è sganciato dalla mediazione ecclesiale e insieme dalla visione teologica: « So con certezza - sostiene L. Lombardo-Radice - che, anche il giorno in cui nessun uomo credesse più a una ss. Trinità ne a una seconda persona divina, la dottrina di Gesù, Figlio dell'uomo, la sua vita e la sua morte conserverebbero tutta la loro importanza per l'umanità intera ».10 Rimane Gesù nella sua umanità, con le sue scelte e i suoi valori, ma riletto da un'ottica secolare: « Tutti gli eventi fondamentali della vita di Cristo, che sono diventati simboli basilari della fede cristiana, sono traducibili in un linguaggio puramente umano e laicizzato ».11 L'esclamazione di R. Garaudy: « Uomini di chiesa, restituiteci Gesù Cristo! »12 indica il desiderio di un recupero del Gesù autentico, liberato dalla polvere dei secoli e tale da poter dare un significato all'esistenza: « La sua vita e la sua morte appartengono anche a noi, a tutti coloro per cui esse hanno un senso ».13 Il denominatore comune cui i pensatori marxisti conducono la figura di Gesù è il suo carattere liberatore defatalizzante la storia. « A me sembra che l'unico ammaestramento irrefutabilmente dateci dal Cristo sia appunto l'esigenza di questo amore, per il quale non abbiamo alcun criterio, ma che sperimentiamo vitalmente come la forza che ci rende aperti. In esso, come in ogni altro campo. Gesù appare come liberatore: non già che egli abbia inteso enunciare un determinato programma politico o anche morale, bensì per aver messo in questione tutti i valori fino ad allora vigenti. Egli rompe con ogni sistema costituito ».14 Caricando le tinte, K. Farner presenta Gesù come « l'agitatore, il rivoluzionario per eccellenza, che non conosce gerarchie, moralità tradizionali, privilegi di sorta… l'incendiario dello spirito in massima misura »; in base a questo criterio la chiesa viene giudicata e condannata come l'istituzione che reprime o smorza la protesta contro il falso mondo e trasforma Gesù nel Cristo, l'incendiario nell'estintore d'incendi; si salva solo una minoranza, « il partito sconosciuto dei successori di Gesù » che protesta e non può tacere « di fronte alla miseria dell'uomo e nemmeno di fronte alla miseria della chiesa e della religione ».15 Taluni marxisti non dubitano di schierarsi tra i legittimi eredi di Gesù e di difendere la sua "causa", intesa come totale dedizione al prossimo, soprattutto ai sofferenti, ai socialmente depressi e deboli: « Nel caso che dovessi vivere - ipotizza M. Machovec - in un mondo che abbia potuto dimenticare totalmente la "causa di Gesù", allora io preferirei non vivere più… ».16 La lettura marxista della figura di Gesù, che ha cercato un'espressione scientifica nell'esegesi materialista del vangelo di Marco operata da F. Belo,17 non esaurisce la letteratura contemporanea. Esistono poeti, come Ungaretti, che si elevano liricamente fino all'invocazione di fede: « Cristo, pensoso palpito / Astro incarnato nell'umane tenebre, / Fratello che t'immoli / Perennemente per riedificare / Umanamente l'uomo / Santo, santo che soffri, / Maestro e fratello e Dio che ci sai deboli… ».18 Le testimonianze marxiste assumono tuttavia una chiara rilevanza non solo per la convergenza ( da verificare criticamente ) con il Cristo della teologia della liberazione, ma anche perché mostrano come la cultura atea non ha potuto prendere le distanze da Gesù, ma è giunta a dichiararlo modello e ispiratore di vita impegnata.19 3. Il Gesù della religione popolareIl rifiorire di studi sulla cultura popolare comincia a sollevare il velo sulle varie espressioni religiose di cui è ricca la sua visione organica del mondo. Si parla già di vangelo popolare, dove rivivono, come nativi della regione, i personaggi evangelici più noti e dove convergono « storie, naturalmente morali, ma di una moralità non usuale, ne bigotta: rispettose verso Cristo e Maria, non mancano di spregiudicatezza e talvolta d'irriverenza nei riguardi degli apostoli e in modo speciale di Pietro, per non parlare delle autorità civili e dei loro sbirri ».20 Un lavoro di sintesi sulla figura popolare di Gesù non è stato finora affrontato; ma sono offerti vari tasselli che introducono nelle prospettive da cui il popolo guarda a Cristo.21 Una serie di racconti presenta gli episodi accaduti a Gesù « quando camminava per il mondo »; ma il mondo in cui egli è situato non è la Palestina, bensì l'ambiente e i luoghi dove vive il popolo. Il Cristo folklorico è sentito come un maestro di sapienza contemporaneo e corregionale, non lontano ma inserito nella vita quotidiana. A livello devozionale la presenza di Gesù entra nella stessa casa, dove la sua immagine implica una partecipazione affettiva e un ricorso orante soprattutto nei momenti difficili. Il mondo contadino trova nel Cristo un punto di riferimento e una base giustificativa e valutativa della sua struttura. Il quadro oggettivo di negatività, lavoro, sofferenza, povertà e ingiustizia si rispecchia nei canti e nelle leggende popolari, dove Cristo è colto nella sua umanità bisognosa di nutrimento, ospitalità, accoglienza. Il Cristo folklorico è a volte presentato come il sacralizzatore dei valori fondamentali della società contadina: per es. quando maledice chi disprezza il pane, simbolo della stessa sopravvivenza e quindi da rispettare. Si ricorre a Cristo perfino per ratificare l'ingiusto assetto sociale e per fornire una giustificazione di una situazione altrimenti inaccettabile. Più spesso Cristo assurge a una funzione critica e liberatrice. A un villano che subisce l'ingiustizia di un cavaliere, che gli ruba il raccolto e perfino la moglie, Cristo consiglia di fare il poeta onde poter dire la verità senza aver paura di nessuno: si supera così l'alternativa tra il silenzio e la denuncia, resa impossibile in un contesto di dominio e di censura. Altre volte il Cristo folklorico interviene contro l'ordine vigente, ecclesiastico o morale, sia prolungando i giorni del carnevale per un pecoraio in ritardo, sia legittimando il furto in particolari circostanze a favore dei poveri. In un canto popolare siciliano, Cristo si pente addirittura del suo comportamento non violento e risponde a un servo strapazzato dal padrone: « Forse hai le braccia paralizzate, oppure inchiodate come le mie? Chi vuole giustizia se la faccia, ne sperare che un altro la faccia per tè. Se tu sei uomo e non una testa matta, metti a profitto questa mia sentenza: Non sarei sopra questa grossa croce, se avessi fatto quanto dico a tè ». La contestazione sociale appoggiata a Cristo trova riscontro nella tradizione popolare italiana circa "Gesù socialista", sorta in un contesto anticlericale. « Il socialismo campagnolo - afferma A. Nesti - si proclama ammiratore di Cristo che definisce "primo socialista", per aver difeso i poveri e condannato i ricchi. In polemica coi "clericali" richiama l'episodio dei mercanti cacciati dal tempio a frustate, dichiara di ispirarsi ai primi cristiani che mettevano in comune le proprie sostanze rinfacciando la proprietà privata difesa dai "novelli farisei" ».22 Gesù socialista è, nel pensiero popolare, una denuncia della chiesa storica alleata con i potenti e dimentica delle sue umili origini e insieme un'apertura a proposte politiche di progresso, uguaglianza e condivisione dei beni: un modello culturale diverso da quello dei ceti dominanti. L'immagine di Gesù emergente da questi sondaggi è quella di un importante personaggio estremamente attuale nel suo insegnamento morale, nella sua carica liberatrice, nella sua umanità solidale. Si tratta di un ritorno a Gesù senza dubbio significativo, ma non esente da ambiguità o unilateralità e pertanto bisognoso di una verifica e di un confronto con l'annuncio cristiano primitivo contenuto nel NT. Alla luce della bibbia apparirà il valore e i limiti del Gesù contemporaneo, ispiratore di vita, ma troppo terreno e individualistico, poco divino e del tutto separato dalla comunità ecclesiale. La parola di Dio ci dirà quando un cristiano può ritenere di avere incontrato Cristo in modo autentico e di avergli fatto uno spazio adeguato nella propria vita spirituale. II - Gesù Cristo nella vita spirituale alla luce del NTChi si accosta ai libri neotestamentari non fatica a convincersi che il loro punto focale, il centro del loro interesse, l'oggetto primario del loro annuncio non è una dottrina ne una morale, ma una persona: Gesù Cristo. Dalle lettere di s. Paolo che lo nominano 900 volte, ai vangeli che riferiscono la sua vicenda storica, all'Apocalisse che lo celebra con culto uguale a quello reso a Dio ( Ap 5,13 ), tutto ruota intorno a Cristo, centro e compimento del disegno salvifico. Ma il lettore nel NT si accorge pure che l'immagine di Cristo delineata dalle testimonianze scritturistiche è quanto mai diversificata, sia negli aspetti accentuati o trascurati ( mistero pasquale, ministero terreno, concezione verginale, preesistenza ), sia nei mezzi espressivi ( narrazioni, titoli, formule di fede, inni liturgici, figurazioni simboliche ). Questo pluralismo si spiega non solo con il riferimento alle personalità dei singoli scrittori e alla situazione spirituale delle comunità, ma anche con l'ampiezza del mistero di Gesù Cristo: esso non può essere afferrato mediante una definizione, può divenire accessibile solo per via di una molteplice testimonianza. Ai fini di un ricupero della presenza e della funzione di Cristo nella vita spirituale del cristiano sembra indispensabile delineare almeno le vie percorse dalle prime comunità per approfondire vitalmente il mistero di Cristo ( 1 ), discernere i punti basilari della cristologia biblica ( 2 ), enucleare infine gli atteggiamenti assunti dai cristiani in risposta alla presentazione di Cristo nella storia della salvezza ( 3 ). 1. Alla scoperta di Gesù Cristo nel NTL'incontro con Gesù Cristo avviene nella chiesa dei primi tempi mediante due procedimenti che hanno dato origine alla "cristologia dal basso" e alla "cristologia dall'alto". a. "Cristologia dal basso"Il primo procedimento comincia dal Gesù di Nazaret in tutta la sua vicenda terrena per concludere con la fede in Cristo Signore. La traiettoria seguita dai testimoni della vita di Gesù è espressa in modo plastico dal prologo della 1 Gv, dove, contro le tendenze gnostiche, si afferma il reale contatto con Cristo quale punto di partenza dell'annuncio cristiano: « Ciò che era dal principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita ( poiché la vita si è fatta visibile, noi l'abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna che era presso il Padre e si è resa visibile a noi ), quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi » ( 1 Gv 1,1-3 ). In questo brano i verbi sensoriali ( udire, vedere, toccare ) indicano un'esperienza spirituale che va oltre i dati fenomenici e ne coglie il significato profondo; il contatto diretto dei testimoni resta tuttavia fondamentale e sorregge l'edificio della fede ( Lc 1,2 ). I discorsi degli Atti degli apostoli, e in forma più estesa i vangeli, presentano questo schema: ministero terreno di Gesù di Nazaret per mezzo di miracoli, prodigi e segni, sua crocifissione per opera degli uomini, sua risurrezione per intervento di Dio, proclamazione di fede da parte dei testimoni: « Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso! » ( At 2,36; At 2,14-39; At 3,13-26; At 10,36-43; At 13,17-41 ). È chiaro in questo schema il passaggio dal Gesù di Nazaret, nella sua individualità storica e nel suo cammino tra gli uomini, al Cristo glorificato e costituito signore, salvatore e datore dello Spirito. Continuando questo cammino si scopre la concezione verginale di Gesù ( Mt 1,18-20; Lc 1,34-35 ), la sua preesistenza e la sua relazione con il cosmo ( Gv 1,1-18 ). b. "Cristologia dall'alto"Diverso è il procedimento seguito da Paolo, profondamente segnato e trasformato dall'apparizione del Cristo sulla via di Damasco. Dinanzi al suo sguardo primeggia l'immagine del Signore, costituito Figlio di Dio in potenza ( Rm 1,4 ), vivo, glorificato e penetrante come forza personale nella sua vita ( Gal 1,15; 2 Cor 3,12 ). Questa concentrazione sul Cristo pasquale e sulla sua presenza viva nella chiesa impedisce a Paolo di valorizzare il Gesù terreno, con i suoi prodigi e insegnamenti. L'evento della risurrezione getta luce sulla morte di Gesù, che diviene parte essenziale del kerigma: « Cristo morì per i nostri peccati secondo le scritture… ed è risuscitato il terzo giorno secondo le scritture » ( 1 Cor 15,3-4 ). Per Paolo, dunque, « sono decisivi solo l'atto salvifico sulla croce e il risuscitamento ad opera di Dio mediante il quale Cristo raggiunge questa posizione come sovrano sopra le potenze nemiche di Dio e come Signore della sua comunità. Per l'attività terrena di Gesù, la sua dottrina e la sua predicazione, le sue azioni e i suoi miracoli, sembra mancargli quasi interamente l'interesse ».23 Anzi Paolo distingue e oppone i due modi di essere del Cristo « secondo la carne » e « secondo lo spirito » ( Rm 1,3-4 ), significando così l'esistenza fragile e mortale di Gesù in contrasto con la condizione immortale e vivificante del Signore glorificato. Pur richiamando i cristiani ad avere « gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù » ( Fil 2,5 ), la vita di Gesù rimane quasi del tutto fuori dell'ottica paolina; in compenso. Paolo spinge il suo sguardo contemplativo sul mistero di Cristo risorto, fonte di vita per quanti si uniscono a lui mediante la fede e i sacramenti ( Rm 10,9; Tt 3,5 ). Punto di convergenza del procedimento dal basso e dall'alto resta Gesù Cristo proclamato "Signore", titolo che esprime il suo stato glorioso e « presuppone in chi lo porta un grado pari a quello di Dio »:24 da questo centro la riflessione si irradia verso nuove mete, illuminando ciò che Cristo ha fatto per noi durante la sua vita terrena e ciò che egli compie per l'umanità fino al suo ritorno definitivo quando Dio sarà tutto in tutti ( 1 Cor 15,28 ). 2. Gesù Cristo forma vitale dell'esistenza cristianaL'immagine di Gesù Cristo delineata dagli autori del NT accentua l'uno o l'altro aspetto secondo una differente prospettiva teologica: figlio di Dio e figlio dell'uomo ( Marco ), Messia davidico e Signore presente nella comunità ( Matteo ), centro della storia della salvezza ( Luca ), Logos incarnato e portatore di vita ( Giovanni ), Cristo glorificato vivente nella chiesa ( Atti ), testimone fedele e signore dei re della terra ( Apocalisse ), sommo sacerdote ( Lettera agli ebrei ), ecc.25 Ma soprattutto in Giovanni e in Paolo troviamo elaborata in prospettiva mistica l'unità esistente tra Cristo e la comunità e l'influsso salvifico del primo sulla seconda. a. « Cristo in noi » secondo Paolo« La cristologia paolina, che sorge dallo sguardo alla croce e alla risurrezione di Cristo, è orientata soteriologicamente nella maniera più forte… Essa costituisce la risposta alla questione circa la comprensione dell'esistenza e circa la salvezza dell'uomo ».26 Per Paolo, infatti, la croce ha valore di espiazione vicaria per i peccati ( Gal 3,13; 2 Cor 5,14-21 ) e la risurrezione è esplosione di vita per tutti coloro che con il battesimo sono inseriti in Cristo ( 1 Cor 15,45; Rm 8,9-11 ). Questo è il mistero un tempo nascosto agli uomini, ma rivelato poi nello Spirito ( Ef 3,3-10; Col 1,26-27 ) e che permette a Paolo di definire la vita cristiana come « essere in Cristo » o « Cristo in noi ». Secondo il Deissmann la formula « in Cristo », che si trova 164 volte in Paolo, indica la comunione più intima pensabile con il Cristo glorioso: i cristiani sono nel Cristo come in un ambiente che li penetra e li vivifica.27 Oggi gli esegeti si orientano verso una concezione più personale che locale:28 essere in Cristo è entrare in intima comunione con lui, venire incorporati a lui partecipando ai misteri della sua morte e risurrezione ( Rm 6,4 ). I « battezzati in Cristo » ( Gal 3,27 ), immersi e avvolti totalmente in lui, sono tratti dal Cristo nella sua vita personale: egli vive e opera in essi, è divenuto la loro stessa vita ( Gal 2,20; Fil 1,21; Col 3,3 ). Anzi, i cristiani sono in tale intimo rapporto con Cristo da formare con lui « un solo essere » ( Rm 6,5; Gal 3,28 ). È la dottrina paolina della nostra incorporazione a Cristo: « Voi siete il corpo di Cristo e presi isolatamente le membra » ( 1 Cor 12,27; Rm 12,4-5; Ef 5,30 ). Uniti a Cristo nel battesimo, si è liberati dall'uomo antico, dal corpo di morte e dal peccato ( Rm 6,6-11; Gal 5,24 ) e inseriti nella vita risuscitata del Signore: risorti e vivificati con Cristo ( Col 2,11-12 ). La mistica unione con Cristo non è solo una relazione oggettiva di dimensione ontologica, ma è pure una relazione operativa e morale. « Cristo, con cui il battezzato è unificato, è appunto non solo il dispensatore di forze celesti, ma nello stesso tempo un modello morale. La sua morte, in cui il cristiano è stato sepolto, è suprema azione morale, avvenuta per ubbidienza al Padre celeste ( Fil 2,8 )… Perciò la comunione mistica con Cristo è giunta alla sua piena attuazione solo quando è divenuta anche una relazione religioso-morale; per esprimersi paradossalmente: dalla comunione di esistenza, avuta in dono nel battesimo, deve sbocciare una comunione etica di vita ».29 Si comprende così come Paolo insista nell'incitare il cristiano a divenire ciò che è, cioè a condurre una vita secondo la nuova situazione determinata dall'incorporazione a Cristo. Egli pone una serie di imperativi derivanti dall'essere in Cristo:30 Indicativi- Il nostro uomo antico è crocifisso con lui, il corpo del peccato è distrutto ( Rm 6,6; 2 Cor 5,14-17 ). - I battezzati si sono vestiti di Cristo ( Gal 3,27 ). - Cristo abita in voi ( Rm 8,10; Gal 2,20; Fil 1,21; Col 1,27 ). - Siamo trasformati nella sua immagine ( 2 Cor 3,18 ). Imperativi- Spogliatevi dell'uomo antico, con le sue azioni ( Col 3,9; Ef 4,22 ). - Vestitevi del Signore Gesù Cristo ( Rm 13,14 ). - Cristo possa abitare nei vostri cuori ( Ef 4,17 ). - Trasformatevi nella mente ( Rm 12,2 ) e rivestitevi dell'uomo nuovo creato secondo Dio ( Ef 4,24 ). La vita morale è vita di imitazione di Cristo per essere conformi alla sua immagine ( Rm 8,29; Col 3,12-15 ). Si tratta di tradurre nell'esistenza i sentimenti di Cristo ( Col 3,2; Fil 2,5 ), vivendo come Cristo uomo nuovo e primizia della creazione ( 1 Cor 15,20-22 ), quali amati da Dio, eletti e consacrati ( Col 3,10-15 ), soprattutto amando come Cristo ha amato ( Ef 5,1-2 ). La ( v. ) maturità spirituale consiste nel raggiungere l'età perfetta di Cristo, la sua perfezione celeste ( Ef 4,13 ), camminando sul sentiero della verità e dell'amore. L'essere in Cristo appare come uno stadio transitorio della vita mistica. Non è un modo di essere perfetto, perché caratterizzato da uno stato di lotta tra l'uomo vecchio e l'uomo nuovo ( Col 3,9; Ef 4,22; Rm 6,13 ). Il credente resta nella carne che distanzia da Dio: « Finché siamo nel corpo, pellegriniamo lontani dal Signore » ( 2 Cor 5,6 ). Essere in Cristo è un essere dinamicamente protesi verso una comunione con Cristo più perfetta, che Paolo designa con l'espressione: essere con Cristo, abitare col Signore ( Fil 1,23; 2 Cor 5,8 ). Passare all'esistere celeste è per Paolo la cosa di gran lunga migliore: stare con Cristo è l'espansione mistica dell'amicizia. L'uomo nuovo sarà pienamente realizzato quando Cristo « trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso » ( Fil 3,21 ). Allora, sconfitta la morte e rivestiti di immortalità, si potrà esclamare: « Siano rese grazie a Dio che ci da la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo! » ( 1 Cor 15,57 ). b. Cristo « figlio di Dio » e vita del mondo secondo GiovanniCon il IV vangelo l'escatologia si trasforma, più ancora che presso Paolo, in una mistica dove « tutta la vita di Gesù è nel senso più pieno una rivelazione della sua gloria. Ciò che viene di solito attribuito all'opera di Cristo, svolta nella chiesa dopo la risurrezione, viene anticipato alle parole e alle opere che compì mentre era nella carne. Per mezzo di queste, allo stesso modo che per mezzo della morte e della risurrezione, egli portò la vita e la luce al mondo ».31 Come Gesù possa proclamarsi vita per l'umanità si comprende solo se con Giovanni si vede in lui il « figlio di Dio » ( Gv 1,49; Gv 3,18; Gv 5,25; Gv 10,36; Gv 11,4.27; Gv 19,7; Gv 20,31 ) o più semplicemente « il Figlio » ( circa 19 volte ) e « l'unigenito » ( Gv 1,14.18; Gv 3,16.18 ). « Il Cristo di Giovanni - afferma R. Schnackenburg - diventa comprensibile soltanto in quanto è colui che dimorava prima presso il Padre, colui che viene da Dio e parla di Dio ».32 Dal fatto che Gesù è il Figlio, vige un'unione perfetta con il Padre: unione nell'agire, nel volere e nell'essere ( Gv 5,17; Gv 10,38; Gv 14,10-11 ). Fin dall'eternità egli possiede la vita, la gloria, l'amore, attinte alla fonte originaria che è il Padre ( Gv 5,26; Gv 1,14; Gv 17,24 ). La vita di Cristo si configura come una venuta del Figlio di Dio nel mondo per tornare di nuovo al Padre ( Gv 3,13.31; Gv 6,62; Gv 13,1; Gv 16,28 ), dopo aver compiuto la sua missione di salvezza, di rivelazione, di donazione della vita. Se a prima vista il vangelo di Giovanni da l'impressione di un quadro costruttivo e per nulla tragico, esso non ignora tuttavia la situazione di fragilità, di peccato e di morte in cui si trova il mondo ( Gv 3,5; Gv 8,34.36; Gv 5,24 ). « La presenza di Gesù appare come la luce nella notte, l'aiuto insperato nella necessità, il pane nella carestia, la risurrezione e la vita nella morte. Per quanto diversi, tutti i "segni" del vangelo giovanneo convergono verso questa rivelazione: in un mondo sottoposto alla cattura delle tenebre e della morte, la salvezza si presenta nella persona del Cristo ( Gv 3,17; Gv 12,46 )».33 Gesù è il salvatore ( Gv 4,42 ); che con il suo sacrificio redentivo toglie il peccato del mondo ( Gv 1,29 ), libera gli uomini dalla malvagia potenza demoniaca ( Gv 8,44; Gv 13,2 ) e riunisce insieme i dispersi figli di Dio ( Gv 11,52 ). La salvezza del mondo votato alla morte si realizza con la comunicazione della vita: « Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza » ( Gv 10,10 ). Avendo la vita in se stesso fin dall'eternità ( Gv 1,4 ), anzi essendo lui stesso vita e risurrezione ( Gv 11,25 ), Gesù può promettere la vita eterna ( Gv 11,25-26 ). Ma tale vita non è soltanto un bene futuro; già fin d'ora essa è posseduta dal credente: « Chi ascolta la mia parola e crede in colui che mi ha mandato, ha, la vita eterna e non va incontro al giudizio; ma è passato dalla morte alla vita » ( Gv 5,24 ). Si tratta di una nascita dall'alto, che introduce nella figliolanza divina ( Gv 1,12; 1 Gv 3,1 ), mediante la fede, i sacramenti del battesimo e dell'eucaristia e l'amore verso i fratelli ( Gv 3,3-16; Gv 6,35-48; 1 Gv 3,14 ) [ v. Figli di Dio ]. Dando agli uomini bisognosi di redenzione la vita divina perduta, Gesù diventa la manifestazione perfetta di Dio e del suo amore. Egli è la luce che risplende tra le tenebre ( Gv 1,9; Gv 8,12; Gv 9,5 ), il rivelatore del Padre ( Gv 1,18; Gv 14,9 ) e della sua gloria ( Gv 1,14 ). Oltre che via e vita, Gesù è verità ( Gv 14,6 ), che non può essere compresa se non mediante lo Spirito ( Gv 16,13-15 ), il cui compito è di introdurre nella conoscenza della verità, cioè in un'esperienza vitale e coinvolgente tutto l'uomo: « Questa è la vita eterna: che conoscano tè, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo » ( Gv 17,3 ). 3. Atteggiamenti vitali di fronte a Gesù CristoL'incontro con Gesù Cristo provoca nei credenti una presa di posizione e una risposta vitale proporzionata alla coscienza che ognuno acquisisce circa la persona e la funzione dello stesso Gesù Cristo nella storia della salvezza. Come le cristologie, anche gli atteggiamenti vitali di fronte a Cristo presentano una grande varietà sia in se stessi che nella loro espressione. Possiamo tuttavia raggrupparli in alcuni nuclei particolarmente accentuati: a. Credere in Gesù CristoLa fede costituisce il primo passo per giungere a Gesù Cristo e viverne il mistero: è il principio e il cuore dell'esistenza cristiana. Essa implica un credere per vero e riconoscere che Gesù di Nazaret è « il Cristo, il Figlio di Dio vivente » ( Mt 16,16 ), l'inviato di Dio che con la sua vita, morte e risurrezione porta agli uomini i doni del perdono, della giustizia e dello Spirito di santificazione ( At 2,36; At 10,40-42; Rm 1,4; 2 Cor 5,19 ), il Signore e l'unico mediatore nel cui nome si può trovare salvezza ( 1 Cor 12,3; 1 Tm 2,5-6; At 4,12 ). A questo tendono la predicazione apostolica e gli scritti evangelici: a suscitare, purificare e confermare la fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio, perché credendo si abbia la vita nel suo nome ( Gv 20,31 ). La fede implica un atteggiamento di apertura e di accoglienza, ossia di conversione e di disponibilità - come quella dei bambini ( Mc 1,15; Mc 10,15 ) -, senza cui si rischia, come tanti contemporanei di Gesù, di non riceverlo ( Gv 1,11 ). Ma, soprattutto in Giovanni, « credere in Gesù » ( 35 volte ) esige l'impegno fondamentale e decisivo, di una portata escatologica, con il quale l'uomo determina il suo destino, per la luce o per le tenebre, per la vita o per la morte: « Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi rifiuta di credere nel Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio incombe su di lui » ( Gv 3,36 ). Credere è un movimento di adesione alla persona di Gesù, che include rottura con le tenebre, la menzogna e il peccato ( Gv 8,21-24; Gv 9,41; Gv 15,22; Gv 16,8-11 ), opzione fondamentale per Cristo e per la vita ( Gv 5,24 ), e farsi discepolo ( Gv 8,31; Gv 15,8 ) secondo l'ideale del discepolo che Gesù amava, caratterizzato da intimità amante, fedeltà, accoglienza e perspicacia spirituale ( Gv 13,23-25; Gv 19,26-27; Gv 20,8 ). Alla fede, intesa come dono totale di sé, possiamo ricondurre altri atteggiamenti, come l'amore a Cristo ( Gv 14,15-28 ) e l'obbedienza ai suoi comandamenti, concentrati nella carità fraterna ( Gv 3,23; Gv 13,34; 1 Gv 1,7; 1 Gv 3,17; 1 Gv 4,7-8 ). b. Celebrare Gesù CristoLa fede in Gesù Cristo si esprime ben presto nelle prime comunità cristiane in formule di fede, quale risposta alle formule kerigmati che. All'annuncio di Gesù crocifisso e glorificato segue la confessione: « Gesù Cristo è il Signore » ( Rm 10,9; 1 Cor 8,6; 1 Cor 12,3; Col 2,6; Fil 2,11 ), che è il primo credo cristiano. Soprattutto nel contesto delle celebrazioni liturgiche sorgono acclamazioni, dossologie e inni che proclamano Cristo e intuiscono aspetti ancora inediti del suo mistero. Questi canti e risposte non sono suppliche, ma lodi cristologizzate, in quanto elevate a Dio « in nome di Cristo, in Cristo o per mezzo di Cristo » ( Rm 1,8; Fil 4,20; Ef 1,3; Ef 3,21; Eb 13,15; 1 Pt 4,11 ), o in quanto sono atti di omaggio e di riconoscimento della persona e dell'opera di Cristo. In questa seconda categoria vanno recensiti i tre inni di notevole dimensione e di altissimo valore spirituale, che celebrano Cristo capo dell'universo ( Col 1,15-20 ), il suo abbassamento e la sua esaltazione ( Fil 2,5-11 ), il suo ruolo attivo nella creazione e nella salvezza ( Gv 1,16 ). Ma poiché il cristiano è uno « che invoca il nome di Gesù » ( At 2,21; At 9,14; Rm 10,13; 1 Cor 1,2 ) e deve, come ogni creatura, piegare il ginocchio davanti a lui ( Fil 2,10 ), sorge il bisogno di indirizzargli delle preghiere: Stefano prega Gesù di ricevere il suo spirito ( At 7,59 ) e Paolo si rivolge a Gesù per essere liberato dal pungolo della carne ( 2 Cor 12,8 ). Altre volte è la comunità che prega: « Vieni, Signore Gesù » ( Ap 22,20; 1 Cor 16,22 ) o la corte celeste che canta a Cristo, agnello immolato ( Ap 5,9-10; Ap 15,3-4 ). La celebrazione di Cristo trova il suo punto culminante nell'eucaristia, che fa entrare in comunione con il sangue e con il corpo di Cristo ( 1 Cor 10,16 ). La cena eucaristica fa anamnesi di Gesù, in quanto la si celebra per obbedienza al comando del Signore: « Fate questo in memoria di me » ( 1 Cor 11,24; Lc 22,19 ). Secondo studi recenti34 ricordare e commemorare non significano un riandare puramente mentale al passato, ma portare il passato nel presente come forza salvifica: l'evocazione di un avvenimento passato diviene proclamazione di un mistero salvifico realizzato: « Ogni volta che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga » ( 1 Cor 11,26 ). Nel memoriale eucaristico si ricorda anzitutto la morte del Signore, cioè l'atto redentivo di cui beneficiano tutti i partecipanti al banchetto eucaristico. Ma è significativo che « fin dalle origini e consapevolmente l'anamnesi di questa morte non è celebrata il giorno in cui essa ebbe luogo, cioè di venerdì, ma la domenica ( At 20,7 ). Cioè non è possibile, sul terreno neotestamentario, commemorare la morte di Gesù senza commemorare anche la sua risurrezione, o senza commemorare la sua morte alla luce della sua risurrezione ».35 Con l'attualizzazione del mistero pasquale, si entra in contatto salvifico con la persona di Cristo: « Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui » ( Gv 6,56 ). Una comunione e unità fraterna si stabilisce per conseguenza tra tutti coloro che la cena eucaristica unisce a Cristo: « Perché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane » ( 1 Cor 10,17 ). c. Vivere in Gesù CristoDalla dottrina paolina circa l'incorporazione in Cristo ( 1 Cor 1,30; Gal 3,27 ) consegue che i cristiani debbano considerarsi introdotti nell'ambito della sua sovranità personale come in un nuovo spazio vitale dove si attua la salvezza religiosa: « I fedeli sono trasportati, mediante il battesimo, dalla regione di peccato e di morte del primo uomo nella regione di giustizia e di vita del secondo. Da tale immagine originariamente locale è possibile far derivare tutta la fecondità della formula en Christo Jesou e delle formule parallele ».36 L'unità eccezionale dei fedeli con Cristo si comprende meglio con la nozione di "personalità corporativa", che implica un'intima comunanza di destino tra i membri e il personaggio capostipite.37 Cristo è personalità corporativa in quanto capofila e rappresentante dell'umanità ( Mc 10,45; Gal 2,20; Rm 4,25; Rm 5,8 ), che in lui è contenuta, unificata e salvata ( Gal 3,28; Rm 12,4; 1 Cor 12,12; Ef 2,16 ). Il cristiano deve prendere coscienza della situazione derivante dalla sua unione a Cristo e viverne in conseguenza: chi è in Cristo è un eletto e chiamato da Dio ( Rm 8,28-33; Col 3,12; 1 Ts 1,4; 1 Cor 1,9.27 ), è un uomo libero dalla potenza del peccato e del mondo ( Rm 8,2.38-39 ), è una nuova creazione ( Gal 6,15; 2 Cor 5,17 ). Il compito fondamentale del cristiano consiste ormai nello « stare nel Signore » ( Fil 4,1; 1 Ts 3,8 ), accogliendo l'azione salvifica di Dio con fede, speranza e carità ( Gal 1,9; Gal 5,5-6 ). Nel vocabolario giovanneo troviamo un'analoga formula di immanenza: « dimorare in Gesù » ( Gv 6,56; Gv 15,4-7; 1 Gv 2,6.24.28; 1 Gv 3,6.24 ). Mediante l'eucaristia ricevuta nella fede ( Gv 6,56 ), « il discepolo è in qualche modo sottratto a se stesso e decentrato. La sua dimora e il suo centro è ora in Gesù ».38 In realtà solo rimanendo uniti a lui, come il tralcio alla vite, il cristiano può produrre frutti e piacere a Dio ( Gv 15,4-8 ). La dimora in Cristo è un restare non inattive, ma dinamico: « Chi dice di dimorare in Cristo, deve camminare come lui ha camminato » ( 1 Gv 2,6 ). Mediante una vita di fedeltà all'annuncio iniziale, di lontananza dal peccato e di osservanza ai comandamenti di Dio, ci si conferma in Cristo e si acquista sicurezza per il giorno della parusia ( 1 Gv 2,24.28; 1 Gv 3,6.24 ). Il dinamismo della vita cristiana e il cammino nel Signore ( Col 1,6 ) sono espressi da Paolo nell'invito a « crescere » progressivamente in Cristo: « Vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo » ( Ef 4,15 ). Il ministero pastorale di Paolo è rivolto appunto a condurre alla perfezione cristiana, a far raggiungere lo « stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo » ( Ef 4,13 ), a « rendere ciascuno perfetto in Cristo » ( Col 1,28 ). A motivo della presenza del Cristo glorificato nei fedeli ( Gv 6,56; Gv 14,23; Rm 8,10; 2 Cor 13,5 ), la perfezione è proporzionale alla crescita di Cristo nella vita cristiana ( Gal 4,19; Ef 4,13 ) e raggiunge il suo culmine quando l'io carnale è soppiantato da Cristo: « Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» ( Gal 2,20; Fil 1,21 ). In ordine a questa identificazione con Cristo, è necessario sintonizzare con lui, seguirlo [ v. Sequela ], imitarlo nei suoi comportamenti e assumerlo come modello ispiratore di vita. Paolo esorta ad avere « gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù » ( Fil 2,5 ), a camminare nella carità sull'esempio di Cristo ( Ef 5,2 ) e diventare suoi imitatori come lui lo è di Cristo ( 1 Cor 11,1 ). Gesù stesso invita i suoi discepoli a seguirlo nel rinnegamento di se stessi ( Mt 16,24 ), nell'umile servizio del prossimo ( Gv 13,14-15 ), nel cammino della luce che conduce alla vita: « Io sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita » ( Gv 8,12 ). Questo simbolismo eloquente indica come la sequela non debba essere intesa in senso letterale, ma come un unirsi spiritualmente a Gesù, « che dal mondo celeste della luce e della vita è sceso in questo tenebroso mondo di morte e ora innalza tutti coloro che si uniscono a lui. "Seguirlo" significa in ultima analisi salire dietro a lui e con lui nel mondo celeste ».39 Queste prospettive bibliche circa il mistero di Cristo sono fondamentali: ad esse bisogna riferirsi se vogliamo vivere una spiritualità in cui la figura di Gesù conservi il rilievo ad essa attribuito dalla rivelazione neotestamentaria. III - Per un incontro vivo con Gesù Cristo nel nostro tempoDopo l'approccio biblico che ha disvelato al nostro sguardo le insondabili ricchezze del mistero di Cristo ( Ef 3,8 ), possiamo limitarci alle immagini che di lui si veicolano nell'odierna cultura occidentale [ sopra I ]? Se vogliamo essere fedeli al kerigma dei primi testimoni, dobbiamo mettere in questione le varie elaborazioni culturali della figura di Cristo, perché facilmente si rivelano unilaterali e insufficienti in ordine a un incontro vivo con il vero Gesù del NT. Tuttavia il confronto con il Cristo biblico non deve farci dimenticare l'odierno orizzonte di comprensione, che ci spinge a scoprire un volto di Gesù significativo per l'uomo d'oggi ( 1 ). È giusto infine che ci domandiamo come tentare un'esperienza di Cristo nel nostro tempo, analoga a quella compiuta dai cristiani nei vari secoli e che caratterizzi indelebilmente l'intero arco del cammino spirituale ( 2 ). 1. Recupero e inserimento del Cristo della rivelazione nell'odierna vita spiritualeSe ogni cultura o sottocultura ha il diritto di incarnare in modo ad essa congeniale la figura di Cristo [ v. Spiritualità contemporanea II ], non le è tuttavia consentito di contentarsi di un Cristo ritagliato a proprio uso e consumo. Nel passato ci si è fermati talvolta a un Gesù intimistico e devozionale, oppure, con Renan, si è inneggiato a lui come al « personaggio eminente che, con l'audace sua iniziativa e con l'amore che seppe ispirare, creò l'oggetto e fissò il punto di partenza alla futura fede dell'umanità ».40 Oggi si pensa a Gesù piuttosto secondo i moduli secolarista e misticheggiante, che convengono nel richiamarsi a lui come al prototipo dell'uomo nell'impegno di liberazione oppure nell'irradiazione dell'amicizia, del sorriso e della fraternità. L'accento sulla dimensione umana del Cristo, dopo un considerevole periodo di sfocatura monofisita della sua figura,41 è quanto mai opportuno per ridare a lui quell'attrattiva e quella carica di umanità che caratterizzò la sua vicenda terrena e che lo rende vicino alla nostra generazione. Con intima esultanza il cristiano prende atto che per molti giovani Gesù è una presenza amica e un modello di comportamento, che tanti uomini del nostro tempo accettano e fanno propri i valori e la causa di Gesù, e che non poche persone di varie aree culturali sottoscrivono alla testimonianza di Gandhi: « Gesù occupa nel mio cuore il posto di un grande maestro dell'umanità che ha notevolmente influito sulla mia vita ». Pur ritenendo gli aspetti positivi del « fenomeno Gesù », la verifica derivante dal confronto con la rivelazione biblica orienta a riconoscere alcune dimensioni essenziali, e rispondenti alle odierne esigenze, della figura di Gesù Cristo: a. Gesù Cristo il determinante assolutoIl fatto che per molti nostri contemporanei Gesù sia considerato nella sua umanità ( a patto, però, che nel contempo non si metta fra parentesi tutto il resto: « Non posso, non devo, non voglio chiamarti figlio di Dio, ma figlio dell'uomo » - canta De Andre ), come modello di vita estremamente provocante con il suo senso di libertà, la sua coerenza e la sua capacità di amare, non è da considerare negativamente: l'approccio a Gesù partendo dalla sua realtà storica e dalla sua dimensione umana è legittimo e corrisponde sia al cammino dei primi discepoli, sia al pensiero prevalentemente storico dell'uomo d'oggi. L'incontro con Gesù di Nazaret nella sua umanità esemplare e nel suo messaggio è quanto mai benefico per il nostro tempo, perché fa uscire la figura di Cristo dalla nebulosa dell'indeterminazione e dalle sottigliezze teologiche e la rende interpellante per una totale disponibilità verso l'uomo e i suoi autentici valori. L'errore subentrerebbe, come si è accennato, quando l'umanità di Gesù cessasse di rappresentare un trampolino di lancio verso il riconoscimento della dimensione unica e trascendente dello stesso Gesù, cioè del suo mistero. La riduzione di Cristo alla sfera intramondana attribuirebbe a lui delle qualifiche umane eccezionali, che farebbero di lui una delle guide morali dell'umanità sul tipo di Socrate, Confucio, Buddha, Maometto: Cristo sarebbe uno tra tanti, ma non il salvatore del mondo. Il fatto discriminante e caratterizzante che conferisce a Gesù Cristo un significato unico è l'evento della sua risurrezione, attestata non da una comunità entusiasta e acritica, ma da testimoni che con la massima convinzione e chiarezza hanno fatto l'esperienza di Gesù vivo, mostratosi loro con una presenza inequivocabile e fonte di una nuova comprensione di Gesù stesso e dell'esistenza umana. Alla luce della risurrezione i discepoli di Gesù comprendono che egli aveva ragione, che le sue parole e la sua causa erano vere, poiché Dio risuscitandolo si è dichiarato a suo favore: « Gesù, l'abbandonato da Dio, vive con Dio. Una vita nuova è stata donata a lui, Egli è il vincitore. Il suo messaggio, il suo comportamento, la sua persona sono giustificati. La sua strada è la strada giusta… La sua persona ha, con questo, una significazione definitiva e unica per tutti coloro che si affidano a lui nella fede: Gesù è il Cristo di Dio, il suo inviato e il suo consacrato, la rivelazione definitiva di Dio, la sua Parola diventata carne ».42 Se « senza la pasqua Gesù non è altro che un assassinato innocente, un esaltato fallito: motivo e ragione non già di speranze, bensì di scetticismo e di rassegnazione »,43 con l'evento della risurrezione egli risulta il Figlio di Dio glorificato alla destra del Padre e il mediatore necessario della salvezza ( Rm 8,34; Mc 16,19; At 4,12; 1 Tm 2,5 ). Questa realtà è tradotta dai primi cristiani nella formula « Gesù Cristo è il Signore » ( Fil 2,11 ): «È dunque il regno attuale del Cristo inaugurato dalla sua risurrezione e dalla sua elevazione alla destra del Padre, che è al centro della fede del cristianesimo primitivo. L'affermazione secondo cui il Cristo regna presentemente sull'universo intero, che ogni potere gli è dato in cielo e sulla terra: ecco il nucleo storico e dogmatico della confessione cristiana… ».44 Questa proclamazione di fede compie un salto di qualità rispetto ai riferimenti umanistici a Gesù, in quanto riconosce in lui il « Dio con noi » ( Mt 1,23 ), l'autore della vita, il salvatore necessario, il valore decisivo e unificante dell'esistenza umana ( At 3,15; At 5,31; Eb 2,10-12; Gal 2,20 ); « Il tratto peculiare, assolutamente specifico del cristianesimo consiste appunto nel considerare questo Gesù essenziale, normativo, determinante per le relazioni dell'uomo con Dio, col prossimo, con la società: nel considerarlo secondo la formula pregnante biblica, come "Gesù Cristo" ».45 È dunque indispensabile all'uomo d'oggi seguire il tragitto dei primi cristiani: dal Gesù della storia al Cristo della fede, riconoscendo in Gesù Cristo il centro del disegno salvifico di Dio. Una mera "gesuologia" è insufficiente a rendere conto della rilevanza unica di Gesù Cristo, vero uomo e vero Dio, nel cuore della storia. b. Gesù Cristo il vivente nella chiesaÈ sintomatico, dell'odierno impatto con Cristo, lo slogan « Gesù sì, chiesa no » : esso indica un'adesione a Gesù di Nazaret prescindendo dall'annuncio ecclesiale o talora in posizione polemica con la chiesa istituzionalizzata, ritenuta schermo piuttosto che diafania del suo fondatore. Indubbiamente la chiesa si riconosce peccatrice e bisognosa di continua riforma; essa ha talvolta, nei suoi figli e nei suoi ordinamenti, piuttosto nascosto che rivelato il vero volto di Cristo, per cui si può con Teilhard de Chardin sentire l'urgenza di « salvare Cristo dalle mani della burocrazia ecclesiastica affinché il mondo sia salvo ». Ma come lo stesso autore occorre sentire il « bisogno del Cristo della chiesa » e « accettarlo così come la chiesa lo presenta »,46 nonostante i limiti di tale annuncio. In realtà l'approccio a Cristo non può eludere il riferimento alla chiesa, sia perché la fede in lui è permanentemente legata alla testimonianza apostolica, tramandata e attualizzata nella comunità ecclesiale, sia perché Cristo è inseparabile dalla sua chiesa. Dalla s. scrittura si evince in modo palmare che Gesù non soltanto è nostro fratello e maestro di vita, ma anche principio della nostra giustificazione e capo della chiesa. Nella sua vita terrena, egli si circonda di una cerchia di discepoli, tra cui i "dodici", e dichiara che è piaciuto al Padre dare il regno proprio a questo « piccolo gregge » ( Lc 12,32 ). Ad essi, chiamati talvolta la « mia chiesa » ( Mt 16,18 ), Gesù rivela i misteri del regno ( Mt 13,10-17 ), a questa chiesa dona dei responsabili con ampi poteri ( Mt 16,18-19; Mt 18,18 ) e con l'incarico speciale di insegnare, battezzare, rimettere i peccati e perpetuare la cena pasquale ( Mt 28,19; Gv 20,23; Lc 22,20 ). Egli si identifica con loro: « Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me » ( Lc 10,16 ) e assicura ad essi la sua presenza perenne: « Ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo » ( Mt 28,20 ). Gesù prega per l'unità dei suoi discepoli ( Gv 17,20-21 ) e muore per radunare i dispersi figli di Dio ( Gv 11,52 ). Riflettendo sulle prime comunità cristiane e in continuità con il pensiero di Cristo e degli apostoli ( At 5,11; At 8,3 ), Paolo descrive la chiesa come popolo di Dio ( Rm 9,25-26; 2 Cor 6,16 ), corpo di Cristo ( Col 1,22-24; 1 Cor 12,12-27; Rm 12,5; Ef 1,22-23 ) e tempio dello Spirito santo ( 2 Cor 6,16; Ef 2,22 ). In rapporto a Cristo, la chiesa è definita come « il suo corpo» ( Ef 1,23 ), ricolmato delle ricchezze della vita divina; correlativamente Cristo è presentato come « il capo del corpo, cioè della chiesa» ( Col 1,18 ). Ne consegue un indissolubile rapporto tra Cristo e la chiesa: Cristo è presente nella chiesa in modo particolare, perché riversa su di essa vita e salvezza nello Spirito, e fa tutt'uno con essa; da parte sua la chiesa è l'incorporazione della presenza di Cristo nel mondo e pertanto è inscindibile da lui. A nessuno perciò è dato di separare Cristo dalla sua chiesa, ma piuttosto i cristiani, « battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo » ( 1 Cor 12,13 ), devono conservare « l'unità nello Spirito per mezzo del vincolo della pace » ( Ef 4,3 ). Riassumendo, l'esistenza dei cristiani è essenzialmente comunitaria e va vissuta nella chiesa. Sotto questa luce si comprende come molti cristiani alla domanda: « Perché restare nella chiesa? », sanno trovare nel piano di Dio e nella storia le ragioni per rimanervi. H. U. von Balthasar risponde di rimanere nella chiesa attuale, perché in essa si scorge tutt'ora il volto dell'antica catholica, con i suoi doni di grazia e le sue umiliazioni; perché « essa sola, quale chiesa degli apostoli…, può porgermi il pane e il vino della vita »; perché « essa è la chiesa dei santi », i quali dimostrano la possibilità della totalitarietà cristiana; piuttosto che fermarsi a una critica esibizionista, « tocca a me, a noi, - conclude von Balthasar - fare in modo che la chiesa corrisponda meglio alla sua reale natura ».47 Anche per H. Küng è necessario restare nella chiesa, perché « le alternative - un'altra chiesa, senza chiesa - non convincono: evasioni di qualsiasi natura sfociano in un isolamento del singolo oppure in una nuova istituzionalizzazione »; ma soprattutto « perché la causa di Gesù Cristo convince e perché la comunità ecclesiale è rimasta e deve rimanere al servizio della causa di Gesù Cristo ».48 Dal momento che Cristo è fondatore e capo della chiesa, non dobbiamo isolare il primo dalla seconda, ma vivere invece la nostra relazione di fede, di amore e di vita con Cristo nella comunità dei fratelli, resa dal Risorto la sua più vistosa mediazione storica e « come un sacramento o segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano » ( LG 1 ). c. Gesù Cristo il significante plenarioNon è solo un Cristo avvolto nella gloria della risurrezione e costituito capo della chiesa che noi troviamo nei libri neotestamentari. Se si ricorre ad essi partendo dall'esistenza umana globale con i suoi problemi, esigenze e attese, si scopre che Gesù condensa nella sua persona una tale ricchezza di significati da esaudire i desideri umani più profondi e da offrire un largo ventaglio di stimoli, interpellanze, ispirazioni. Indubbiamente qui si apre il campo a interpretazioni varie, talvolta fondate e in qualche caso stravaganti. Le cristologie moderne presentano Gesù come « il nuovo essere » ( Tillich ), « il centro della storia della salvezza » ( Cullmann ), « l'abbandonato dal Padre » ( Pannenberg ), l'« essere-per-gli-altri » ( Bonhoefler ), « il volto umano di Dio » ( Robinson ); ma esistono pure tentativi di attualizzare Cristo in veste di rivoluzionario politico o di riformatore sociale, con evidente estrapolazione dall'immagine biblica. Basta una minima conoscenza del vangelo per concludere « che un fucile nella mano del redentore del mondo non sarebbe un sacramento appropriato ».49 Ma a parte queste esagerazioni, è legittimo appurare come e in quale misura Gesù è significante per l'uomo d'oggi e per la soluzione dei suoi problemi individuali e sociali. Chi si accosta con animo disponibile ai testi del NT scopre con gioia che Gesù di Nazaret non offre risposte parziali risolutive di questioni contingenti, ma prospettive che coinvolgono tutta la vita nelle sue dimensioni di fondo e le conferiscono un significato globale. Tali prospettive possono essere così formulate: - Per mezzo di Gesù l'uomo scopre l'autentico volto di Dio. Il desiderio di varcare l'inaccessibilità di Dio e di poterlo conoscere in modo autentico, riceve da Cristo la risposta definitiva: « Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato » ( Gv 1,18 ). Gesù fa penetrare nei segreti della vita intima divina, rivelando che Dio non è solitario, ma donazione in pienezza e comunione d'amore tra Padre, Figlio e Spirito santo. Il Dio di Gesù Cristo è un Dio che ama senza discriminazioni e perdona i figli sbandati: « Di fronte a un Dio sottoposto, senza possibilità d'uscita, all'ordinamento minuzioso della legge,… a un Dio tutto rinchiuso nelle dipendenze del tempo e in balia delle prescrizioni ritualistiche, Gesù apre nuovi orizzonti: egli è venuto ad annunciare… un Dio che è vicino e familiare, che può essere invocato dall'uomo con una fiducia illimitata ( Abbà ), che vuole incontrarsi con ciascuno nell'amore e nella fraternità… ».50 Il Dio di Gesù Cristo è un Dio che interviene nella storia, inviando il suo Figlio tra gli uomini per inaugurare il regno dei cieli e risuscitandolo dai morti dopo averlo sostenuto con potenza nel suo itinerario terreno. Il Dio di Gesù Cristo è un Dio di futuro, che giudica sull'amore ai fratelli più piccoli e prepara ai suoi figli un regno eterno. Con questo Dio, che ama e tutto può, la vita acquista il più saldo punto di riferimento e si trasforma in un cammino verso le braccia di un Padre. - In Gesù l'uomo percorre la traiettoria del suo supremo destino. « Gesù di Nazaret non espone un trattato su quel che è l'uomo. Col suo modo di trattarlo, con la rivelazione dei suoi rapporti con Dio, con l'ideale che addita per i rapporti degli uomini tra loro, manifesta quel che l'uomo è nella considerazione di Dio la quale, secondo la prospettiva biblica, è l'unica che valga pienamente quando si tratta di definire quel che l'uomo è in sé ».51 Gesù sottolinea il valore dell'uomo e il suo posto centrale negli ordinamenti umani: Dio si preoccupa, si prende cura degli uomini ( Lc 12,22-34 ), li ascolta indipendentemente dalla loro bontà o malizia ( Mt 5,43-48 ), vuole che essi non siano strumentalizzati, ma che ogni legge sia volta a loro favore ( Mc 2,23-28; Mc 7,1-23 ). Gesù tuttavia non chiude gli occhi di fronte alla condizione umana, conosce le miserie dell'uomo, le sue infermità, oppressioni e colpe, la sua destinazione alla morte; si china su di lui e gli offre comprensione, guarigione, perdono e immortalità. Egli è per la vita e la crescita dell'uomo, e ai materialisti del suo tempo proclama che il vero Dio è il Dio dei viventi ( Mt 22,30 ). Ma è soprattutto nella vicenda di Gesù che l'uomo percorre la traiettoria della salvezza definitiva: una vita, concepita come missione di amore e di servizio, che passa attraverso la crisi e la morte e perviene alla glorificazione finale nel regno eterno. In Gesù il cuore umano si apre a un orizzonte di immortale speranza. - Con Gesù l'uomo assume impegni di solidarietà e di liberazione. Il ricordo di Gesù agisce sempre come crogiolo purificatore: è una « memoria sovversiva » ( J. B. Metz ), in quanto evoca la storia di un emarginato che per l'azione di Dio si libera dalla morte e vince definitivamente le forze del male. Tutta la vita di Gesù costituisce un grido di libertà e un impegno di liberazione ( Lc 4,16-30 ): egli è il "liberatore" e "l'uomo solidale" che proclama l'uguaglianza dei figli di Dio, rifiuta ogni discriminazione, emancipa la coscienza oppressa dal peso delle prescrizioni legali, sana gli infermi, perdona i peccati, converte i peccatori snidandoli dal loro egoismo, promette liberazione dalla morte. Conduce una lotta diuturna contro una religione confinata nel culto e apre a un atteggiamento di amore concreto e scomodante nei riguardi del prossimo bisognoso. Egli gode di stare "in cattiva compagnia" e accosta pubblicani, prostitute, samaritani e lebbrosi per dimostrare che tutti gli uomini sono destinatari della salvezza liberatrice. Questa realtà, che supera l'immagine di un Gesù ridotto a pura interiorità e chiuso in una pietà individualistica, rappresenta per i cristiani un elemento di perenne critica e provocazione: « La critica alla chiesa dall'interno è Gesù stesso. Egli è la critica alla sua non-verità, poiché è l'origine della sua verità… Per decidere se in una società divisa, oppressiva e alienante la chiesa si faccia o non si faccia anch'essa alienata, divisa e complice dell'oppressione di altri uomini, il criterio primissimo e ultimo consiste nell'acclarare se Gesù le sia estraneo, o se invece sia il Signore che ne determina e specifica l'esistenza e la struttura ».52 Gesù Cristo che lotta contro l'ipocrisia e si impegna instancabilmente per l'uomo diventa sfida e appello a compromettersi con lui per liberare il mondo da ogni miseria e ingiustizia, e per stabilirvi la fraternità e la pace. 2. Esperienza di Gesù Cristo oggiSe dei grandi uomini rimangono i ricordi, l'esempio e la dottrina « di Gesù rimane più che un messaggio e una testimonianza: rimane una presenza, una presenza viva, continua, inquietante ».53 La singolarità storica di Cristo consiste nel fatto che « egli è stato sempre presente in migliaia di coscienze. Ha suscitato in ogni generazione degli esseri che erano più attaccati a lui che a se stessi e che avevano in lui il principio della loro vita. Chiamiamo questi esseri con il nome usuale di santi. Stando alle apparenze - continua J. Guitton - credo che si possa dire che Gesù nella storia è il solo essere che abbia avuto il privilegio di generare dei santi ».54 I santi hanno avuto una profonda esperienza di Cristo: i martiri offrirono la loro vita per lui e i mistici giunsero a celebrare uno sposalizio spirituale con lui. La loro consacrazione totale a Gesù Cristo e la loro identificazione con lui riempie di ammirazione per i traguardi spirituali raggiunti e gli influssi umanitari operati. Tuttavia l'esperienza dei santi è spesso accompagnata da fenomeni straordinari o estatici, che appaiono lontani dall'orizzonte quotidiano attuale. Quando leggiamo che Gesù scambia con s. Caterina da Siena il cuore e la volontà o che s. Ignazio di Loyola fu introdotto nel mistero di Cristo mediante molte visioni corporali, si attiva in noi il sentimento dell'ammirazione piuttosto che il desiderio dell'imitazione. Più accessibile ci appare invece quell'esperienza di Cristo che si attua mediante l'amore e l'osservanza dei comandamenti ( Gv 14,20-21 ) e che può essere compiuta dalla comunità: « Non riconoscete [ = conoscenza esperienziale ] forse che Gesù Cristo abita in voi? » ( 2 Cor 13,5 ). Ora, se per esperienza si intende « l'insieme degli atti che costituiscono la presa di possesso di un oggetto, la realizzazione di una presenza, l'acquisizione di una struttura vissuta »,55 ne consegue che si potrà attuare un'esperienza di Cristo solo se si riesce a stabilire un'attività di contatto e di comunione con la sua presenza. Qui si propone con rinnovata insistenza il problema: « Dove possiamo incontrare il Cristo oggi? ». È chiaro che la risposta può essere data solo dalla fede, dalla quale siamo edotti circa le mediazioni storiche scelte da Cristo stesso per rendere possibile il contatto esperienziale con lui. In linea generale si può affermare che, essendo Cristo direttamente implicato nella creazione, l'universo è in certo senso il suo sacramento: ogni essere porta la sua impronta e lo rivela, e tutta « la storia è gravida di Cristo » ( s. Agostino ). Nell'ampiezza di questo contesto è possibile accentuare l'una o l'altra realtà, scegliere questo o quel mezzo per realizzare l'incontro con Cristo, senza peraltro pregiudicare la gerarchia dei valori proposti autoritativamente dalla rivelazione. A noi sembra che l'esperienza di Cristo rimarrebbe impoverita qualora non si attuasse in alcune mediazioni particolarmente significative e attuali: a. Nella comunità ecclesiale e nei sacramentiSe Cristo è presente nel suo corpo che è la chiesa ( Ef 1,23 ), è in seno a questa comunità di amore e di preghiera che si può fare esperienza di lui. In essa infatti si trova una serie di mediazioni che rendono plausibile un incontro spirituale con Cristo: la preghiera in comune che attira Gesù in mezzo all'assemblea ( Mt 18,20 ), le persone dei ministri che agiscono in nome di Cristo ( Lc 10,16; Lc 22,20 ), i sacramenti e soprattutto l'eucaristia in cui Gesù è realmente presente ( Mt 26,26-28; Gv 6,53-58 ). La struttura cristologica dei sacramenti fa sì che essi non debbano essere considerati solo mezzi di salvezza, ma incontro personale con il Cristo che prolunga nel tempo i suoi gesti salvifici di liberazione dal peccato, di perdono, di donazione dello Spirito, di comunicazione di vita o di conforto. Da queste prospettive scaturisce una spiritualità ecclesiale il cui traguardo è di condurre a un'unione intima, perseverante e sentita con Cristo. b. Nella Parola di DioDa quando i vangeli e gli scritti apostolici sono stati accolti nella chiesa come parola di Dio, il ricorso ad essi è divenuto prassi abituale dei cristiani. La frequente lettura biblica è un accesso alla « sublime scienza di Gesù Cristo » ( Fil 3,8 ), poiché « l'ignoranza delle scritture è ignoranza di Cristo » ( s. Girolamo ). La meditazione della vita di Gesù è stata spesso un tramite per percepirlo interiormente, imitarlo e identificarsi con lui. La tensione verso Gesù modello di vita, concretizzato storicamente nel più noto libro di edificazione: L'imitazione di Cristo, rimane un compito primario del cristiano; ma l'imitazione deve essere liberata da ogni concezione mimetizzante o materialmente ripetitiva. La vera imitazione di Cristo - precisa pertinentemente K. Rahner - « consiste nel riprodurre l'ordine interno della sua vita in una situazione sempre nuova e diversa da persona a persona. Solo quando cerchiamo di vivere realmente la sua vita e non solo di moltiplicarla, assumendo in noi solo lineamenti stemperati, l'imitazione di Cristo è degna di essere vissuta ».56 c. Nell'uomo tempio di CristoSe Cristo è il tempio di Dio, in cui abita la pienezza della divinità corporalmente ( Col 2,9 ), anche il cristiano, anzi ogni uomo, è tempio di Dio e dello Spirito, ed anche dimora di Cristo ( 1 Cor 3,16-17; 1 Cor 6,9; At 10,45-47; Gv 14,23 ). La famosa scena del giudizio finale dimostra che il prossimo è sacramento di Cristo, in quanto questi si identifica con i fratelli più piccoli e ritiene fatto a se stesso ogni atto di amore rivolto loro. Ne consegue che « incontriamo il Signore nei nostri incontri con gli uomini, in particolare con i più poveri, gli emarginati e gli sfruttati dagli uomini ».57 Nel quotidiano esercizio dell'amore fraterno, potremo anche noi ravvisare nel prossimo bisognoso il volto di Cristo e percepirne la presenza, come i discepoli di Emmaus riconobbero il Signore nel pellegrino che spezzava il pane con loro ( Lc 24,31 ). d. Nella mediazione cosmicaNon si può restringere all'uomo la presenza di Cristo, se « tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui » ( Col 1,16 ) e se con la sua risurrezione egli ha superato le limitazioni spaziali estendendo una presenza più intima nell'universo ( Ef 1,9-10; Col 1,13-20; Rm 8,28-30 ), Teilhard de Chardin ha potuto parlare del "Cristo cosmico" come meta dell'evoluzione naturale dell'essere; ma pure senza entrare nella sua prospettiva specifica, il cristiano deve professare Cristo come principio, fine e sostegno di tutte le cose, e cercare di entrare in comunione con lui anche mediante il cosmo. È significativo che l'antico vangelo apocrifo di Tommaso metta sulle labbra di Cristo risorto queste parole: « Io sono la luce che sta su tutte le cose. Io sono l'universo. L'universo uscì da me e l'universo è ritornato a me. Spezza un pezzo di legno, e là dentro ci sono io; solleva una pietra, e sotto ci sono io ».58 In consonanza con questa prospettiva, i monaci del monte Athos sogliono applicare l'orecchio al pavimento della chiesa per ascoltare i palpiti del cuore di Cristo e affermare la signoria cosmica. Meno soggetta alla materializzazione e più attuale della precedente, può apparire la tecnica offerta dallo Zen cristiano: invece di una meditazione legata ad immagini e concetti, esso propone un approccio intuitivo al Cristo cosmico, che rimane un mistero e una realtà che sfugge alle rappresentazioni. Fede, amore e silenzio mistico possono meglio percepirlo. 3. ConclusioneQuesti orientamenti pongono le basi per l'elaborazione di una spiritualità specificamente cristiana, nella quale il rapporto con Gesù Cristo costituisca il nucleo essenziale e la caratteristica permanente. Qui si ferma la trattazione generica per lasciare spazio ad una ristrutturazione della vita cristiana che tenga conto del posto centrale di Gesù Cristo e dei carismi delle singole persone. Spetta ad ognuno accogliere Cristo nella propria esistenza, penetrare progressivamente nel suo mistero, identificarsi sempre più intimamente con la sua persona. In questo cammino coestensivo alla vita, molteplici mezzi o condizioni favoriscono l'incontro con Cristo; alle mediazioni riferite sopra [ III,2 ] se ne aggiungono altre, valorizzate nel passato o riscoperte oggi, che aprono un varco all'esperienza cristiana: la contemplazione credente delle icone del Cristo [ v. Immagine ], il pronunciare il nome di Gesù secondo la tradizione orientale, la devozione a ( v. ) Maria e la preghiera mariano-cristologica del rosario, l'esercizio della « Via crucis » [ v. Esercizi di pietà ], il ritiro [ v. Esercizi spirituali ] o il ( v. ) deserto, ecc. Ma a base di tutte queste mediazioni va posta l'opera dello Spirito santo, da accogliere con docilità: a lui spetta di farci comprendere le parole di Gesù ( Gv 14,25; Gv 16,13-15 ), di promuovere in noi la vita filiale in Cristo ( Rm 7,6; 1 Cor 6,17; Gal 5,16-25 ), di renderci sempre più conformi al Signore ( 2 Cor 3,18 ) fino a vivificare i nostri corpi mortali ( Rm 8,11 ). Spiritualità cristiana, oggi più che mai, data l'odierna crisi di identità, deve significare, in modo inequivocabile e attualizzato, un incontro personale, intimo, perseverante, esperienziale con Gesù Cristo, il Signore glorificato, capo della chiesa e presente nell'universo, il determinante assoluto e il significante plenario per l'uomo in cammino verso Dio, realtà suprema che appaga il suo cuore inquieto. |
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Cristocentrismo | |
Sequela | |
La sua personalità | Figli III,2a |
Figli IV,1 | |
Itinerario II,1 | |
Itinerario III,3 | |
Uomo sp. I | |
Uomo sp. IV | |
Sua spiritualità | Amicizia V |
Carità IV,3 | |
Consigli II,1a | |
Contemplazione III,1 | |
Esperienza sp. Bib. I,5c | |
Sofferente II | |
Tentazione IX | |
Umiltà II,3 | |
In rapporto a noi | Comunità II |
Deserto II,5d | |
Figli IV,3b | |
Fraternità I,1 | |
Nella Chiesa | Amicizia VIII |
Apostolato VII,1 | |
Celebrazione I,2b | |
Celebrazione II,2 | |
Chiesa II,1b | |
Diacono I | |
Esperiena sp. Bib. I,3c | |
Eucaristia III,2 | |
Santo I | |
Storia IV | |
Unione con Dio in Cristo | Deserto III,3 |
Escatologia II,2 | |
Preghiera III | |
Santo I | |
Vocazione II,2 | |
Rivelazione di Dio | Carità IV,3 |
Esperienza sp. Bib. II,5 | |
Simboli IV | |
Veggente III,3 | |
Volontà II,2 | |
… della storia e della fede | Artista VIII |
Celebrazione I,1 | |
Sequela II | |
… poesia di Dio | Artista VIII |
Artista VIII | |
… evangelizzatore | Apostolato I |
… sofferente | Ascesi III,2 |
… sacerdote | Ministero II,2 |
… maestro di sapienza | Consigli II,2a |
… inserzione massima di Dio nella storia | Credente III |
Esperienza sp. Bib. II,4 | |
Segni V,7 | |
… servo di Jahve e degli uomini | Diacono I |
… esorcista | Diavolo V |
… Signore | Discernimento III |
Neocatecumenato VI,2 | |
… vero uomo | Espereinza sp. Bib. II,5c |
Uomo religioso e solidale | Esperienza sp. Bib. II |
Modelli II,3 | |
Amen del Padre | Eucaristia II |
… clown | Tempo III |
… nuovo Mosè | Itinerario II,2 |
Fratello universale | Fraternità III,1a |
Immagine di Dio | Immagine I |
Via nuova e vivente | Giornalista II |
Profeta | Profeti I |
Profeti II | |
La croce nella sua vita | Croce I |
Mistero II | |
Neocatecumenato VI,1b | |
Sofferente II | |
Sua risurrezione | Mistero II,2 |
Morte II,2 | |
Speranza II | |
Sua esperienza di Dio | Senso III |
Sua umiltà | Umiltà II,3 |
Sua filiazione divina | Figli IV |
Sua opera spirituale | Uomo sp. IV |
Sue tentazioni | Crisi II,2 |
Tentazione IX | |
Sua opzione fondamentale | Meditazione I,3 |
Sue immagini | Immagine II |
Maturità in … | Itinerario II,1a |
Maturità I | |
Mistero IV,4 | |
Sapere esperienziale | Esperienza III |
Nell'ecumenismo | Ecumenismo III |
Nelle comunità del NT | Esperienza sp. Bib. II,2 |
… e contemplazione | Contemplazione III,2 |
… e l'apostolato | Apostolato VII |
Predicare … | Apostolato III |
Nostro deserto | Deserto II,6 |
"Preghiera di Gesù" in Oriente | Deserto III,3 |
Oriente III | |
Discernere Cristo e in Cristo | Discernimento II |
Discernimento III | |
Esperienza sp Bib. II,4c | |
Esperienza sp. Bib. II,5 | |
Segni III,7 | |
… e salmi | Salmi II |
Centro di simbolismo | Simboli II,4 |
… e contestazione profetica | Contestazione I,2 |
Profeti II | |
… e contemplazione | Contemplazione III,2 |
Veggente II | |
… e pietà mariana | Maria I,3 |
Maria IV | |
Negli esercizi spirituali | Esercizi sp. II,3 |
Mercificazione del … | Tempo I,2 |
S. G. B. de La Salle |
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Misteri di Gesù Cristo |
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Incarnazione: |
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Annunciazione della Beata Vergine Maria | MF 112 |
Chi istruisce i giovani ha l'obbligo di essere molto zelante, se vuole compiere bene la sua santa missione | MR 201,3 |
Natività: |
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Vigilia di Natale | MF 85 |
Festa del Santo Natale | MF 86 |
Circoncisione di Nostro Signore Gesù Cristo | MF 93 |
Adorazione dei Re | MF 96 |
Trasfigurazione: |
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Trasfigurazione di Nostro Signore | MF 152 |
Passione e Croce: |
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I Giudei decidono di far morire Gesù | MD 23-28 |
Purificazione della Vergine Maria | MF 104 |
Ritrovamento della s. Croce | MF 121 |
San Filippo Neri | MF 129 |
San Giacomo il Maggiore | MF 145 |
Trasfigurazione di Nostro Signore | MF 152 |
Esaltazione della Santa Croce | MF 165 |
Chi educa i giovani coopera con Gesù Cristo alla salvezza delle anime | MR 195,1 |
Risurrezione e Ascensione: |
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La risurrezione del Signore | MD 29-32 |
Ascensione di N. S. Gesù Cristo | MD 40 |
Santa Maria Maddalena | MF 144,3 |
Mediazione: |
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IX domenica dopo Pentecoste | MD 62 |
Annunciazione della Beata Vergine Maria | MF 112 |
1 | Card. de Béruffle, Oeuvres, Migne, 161. Testo citato da R. Lack, Mariologie et christocentrisme in Etudes mariales 21 (1964), 18-19, dove l'autore conduce un'inchiesta sull'origine della parola cristocentrismo, concludendo che essa è stata lanciata nel 1921-1922 da H. Bremond in un contesto,di spiritualità |
2 | Per una panoramica dell'evoluzione storica della figura di Cristo, cf J. A. Jungmann, La predicazione alla luce del vangelo, Roma, Edizioni Paoline 1965, 49-81, 119-142 |
3 | E. Balducci, Cristo e la coscienza dell'uomo d'oggi in Ragguaglio dell'attività culturale e artistica dei cattolici in Italia 1961,Milano, IPL 1962, 52-53 |
4 | L. Boff, Gesù Cristo liberatore, Assisi, Cittadella 1973, 32-33 |
5 | Il manifesto apparso su un giornale underground degli USA è del seguente tenore: « Wanted (è ricercato): Gesù Cristo, detto anche Messia, Figlio di Dio, re dei re. Signore dei signori, principe della pace, ecc., pericoloso capo d'un movimento clandestino di liberazione. Reo dei seguenti crimini: esercita senza licenza l'arte del medico, del fabbricante di vino, del distributore di viveri; viene alle mani coi mercanti installati nel tempio; mantiene rapporti con noti criminali, radicali, sovversivi, prostitute e gente di strada; pretende di aver autorità di trasformare gli uomini in figli di Dio. Aspetto esteriore: tipicamente hippy: capelli lunghi, barba, tunica, sandali; gironzola volentieri per i quartieri più poveri e malfamati, ha alcuni amici ricchi, si nasconde spesso nel deserto. Attenzione! Quest'uomo è estremamente pericoloso. Agli influssi del suo elettrizzante messaggio sono particolarmente esposti quei giovani ai quali non si è ancora insegnato a ignorarlo. Egli cambia gli uomini, affermando di liberarli. Avviso: è tuttora a piede libero » (W. Kroll, Gesù viene!, Bari, Edizioni Paoline 19732, 17) |
6 | S. Zavoli, I figli del labirinto, Torino. SEI 1974,156 |
7 | In nome del Figlio, Torino, SEI, 1972, 185 |
8 | D. Porzio, Incontri e scontri col Cristo, Milano, Ferro 1971, 234 |
9 | Ivi, 137-138 |
10 | L. Lombardo-Radice, Figlio dell'uomo in Marxisti di fronte a Gesù (a cura di I. Fetscher-M. Machovec), Brescia, Queriniana 1976, 27 |
11 | Ivi, 23 |
12 | In Le Monde, 24-12-1969 |
13 | R. Garaudy in Evangile aujourd'hui, L'Homme de Nazareth, 1969, 12 |
14 | R. Garaudy, Fede e rivoluzione in Marxisti di fronte a Gesù, (nota 10), 41 |
15 | K. Farner, Gesù l'incendiario - Cristo l'estintore d'incendi, ivi, 79-81 |
16 | M. Machovec, La "causa di Gesù" e l'autoriflessione marxista, ivi, 134 |
17 | F. Belo, Lecture matérialiste de l'évangile de Mare. Récit, pratique, ideologie, Parigi, Cerf 1974 |
18 | G. Ungaretti, Mio fiume anche tu, cit. in Enciclopedia cristologica (a cura di G. Bardy-A. Tricot), Alba, Edizioni Paoline 1960, 1137-1138 |
19 | J. Ramos-Regidor, La figura di Gesù e i cristiani marxisti in I problemi di Ulisse 30 (1976), n. 81: La figura di Gesù Cristo, 137-157 |
20 | I. Silone, L'eredità cristiana in L'avventura d'un povero cristiano, Milano, Mondadori 1976, 36 |
21 | I due saggi da cui attingiamo la documentazione di questo paragrafo: M. Meligrana, Quando Cristo andava per il mondo… in Idoc internazionale, maggio 1976, 30-40; L. Lombardi Satriani-M. Meligrana. La presenza di Cristo nella cultura popolare meridionale in I problemi di Ulisse (nota 19), 158-175 |
22 | A. Nesti, "Gesù socialista". Una tradizione popolare italiana (1880-1920), Torino, Claudiana 1974, 2 |
23 | R. Schnackenburg, Cristologia del NT in MS 8 (III/l), 19712, 344-345 |
24 | W. Poster, Kyrios in GLNT 5, 1470 |
25 | G. Schneider, Cristologia del NT, Brescia, Paideia 1975, 43-54; B. Papa, La cristologia dei Sinottici e degli Atti degli apostoli [s. 1.], Ecumenica editrice 1972; cf soprattutto l'ampia trattazione di R. Schnackenburg, Cristologia del NT (nota 23), 289-491 |
26 | R. Schnackenburg, ivi, 411 |
27 | A. Deissmann, Die neutestamentliche Formel "in Christo Jesu", Marburg 1892 |
28 | L. Cerfaux, La. théologie de l'église suivant st Paul, Parigi, Cerf 1965, 189-190; F. Jurgensmeier, Il corpo mistico di Cristo come principio dell'ascetica, Brescia, Morcelliana 1962, 20-28; A. Wikenhauser, La mistica di s. Paolo, Brescia, Morcelliana 1958 |
29 | A. Wikenhauser, ivi, 123 |
30 | Ivi, 125-126 |
31 | H. Dodd, La predicazione apostolica e il suo sviluppo, Brescia, Paideia 1973, 78 |
32 | Cristologia del NT (nota 23), 430 |
33 | D. Mollai, Jean l'évangeliste (saint) in DSp S, 198 |
34 | J. Jeremias, Die Abendmahisworte Jesu, Gottinga 1960, 229-246; B. van Jersel, Alcuni fondamenti biblici dei sacramenti cristiani in Con 4 (1968) 1, 21-29 |
35 | J.-J. von Allmen, Saggio sulla cena del Signore, Roma, Ave 1968, 60 |
36 | A. Oepke, en in GLNT III, 572-573 |
37 | J. de Fraine, Adamo e la sua discendenza. La concezione della personalità corporativa nella dialettica biblica dell'individuale e del collettivo, Roma, Città nuova 1968, 23-57 |
38 | D. Mollai, Jean l'évangeliste (saint) in DSp 8, 235 |
39 | R. Schnackenburg, L'esistenza cristiana secondo il NT, Modena, Edizioni Paoline 1971, 82 |
40 | E. Renan. Vita di Gesù, Milano, Dall'Oglio 1975, 5 |
41 | Y. M. Congar, Cristo, Maria, la chiesa, Torino, Boria 1964, 63-75 |
42 | H. Kung, Qual è il messaggio cristiano? in Aa. Vv., L'avvenire della chiesa. Bruxelles 1970. Il libro del congresso, Brescia, Queriniana 1970, 119-120 |
43 | W. Kasper, Gesù il Cristo e la sua fede oggi. Problemi e fondamenti dell'odierna cristologia in W. Kasper-J. Moltmann, Gesù sì, chiesa no?, Brescia, Queriniana 1974, 30 |
44 | O. Cullmann, La fede e il culto della chiesa primitiva, Roma, Ave 1975, 116 |
45 | H. Kùng, Essere cristiani [s. I.], Mondadori 1976, 128 |
46 | Lettera di Teilhard de Chardin a P. Valensin, da Hong-Kong, 25-2-1929, cit. da A. Lappie, Gesù di Nazaret, Bari, Edizioni Paoline 1974, 148 |
47 | H. U. von Balthasar, Punti fermi, Milano, Rusconi - 1972, 321-332 |
48 | H. Kung, Essere cristiani (nota 45), 594-595 |
49 | W. Breuning, Was bedeutet Jesus den Menschen von heute? in Lebendiges Zeugnis, ott. 1971, 10 |
50 | J.-R. Guerrero, L'altro Gesù. Per un annuncio di Gesù di Nazaret oggi, Roma, Boria 1977, 166 |
51 | L. R. Moran. Cristo nella storia della salvezza, Assisi, Cittadella 1969, 214 |
52 | J. Moltmann, Gesù e la chiesa in W. Kasper-J. Moltmann, Gesù sì, chiesa no? (nota 43), 52 |
53 | E. Ancilli. Gesù Cristo mistero e presenza in Aa. Vv., Gesù Cristo mistero e presenza, Roma, Teresianum 1971, 13 |
54 | Gesù, Torino, Marietti 1964, 283 |
55 | J. Mouroux, L'esperienza cristiana. Introduzione a una teologia, Broscia, Morcelliana 1956, 8 |
56 | K. Rahner, Elevazioni sugli Esercizi di s. Ignavo, Roma, Edizioni Paoline 1967, 183 |
57 | G. Gutiérrez, Teologia della liberazione. Prospettive, Brescia, Queriniana 1972, 200 |
58 | Vangelo di Tommaso, Logion 77, cit. in L. Boff, Gesù Cristo liberatore, Assisi, Cittadella 1973, 206 |