Assemblea
1) Riunione di più persone per discutere di questioni di comune interesse
Sinonimo: adunanza
2) dir. Organo deliberativo
a. costituente, che ha il compito di preparare una nuova costituzione
3) mar. Sulle navi militari e nelle caserme di marina, adunata
Nella Bibbia e nella liturgia, è il popolo di Dio riunito.
Si tratta di un elemento fondamentale: Dio si sceglie un popolo; in funzione di questo popolo, sono scelti i personaggi che svolgono funzioni importanti, come Abramo, Mosè, i profeti.
La salvezza si realizza dentro quel popolo, che oggi è la Chiesa, sebbene l'appartenenza alla Chiesa non sia esclusività di coloro che appartengono all'istituzione ecclesiale.
Non esiste propriamente assemblea se non quando l'insieme delle persone riunite è animato da un comune spirito di fratellanza.
Questa comunione ( carità ) è la ragione per la quale l'assemblea e lo spirito assembleare sono così importanti e imprescindibili nei membri del popolo di Dio e particolarmente nel culto.
* * *
L'assemblea liturgica è la comunità cristiana concreta che si riunisce per celebrare il culto.
Il termine " assemblea " è stato riscoperto col Vaticano II: prima, si parlava piuttosto di " assistenza " agli uffici.
L'assemblea è il segno principale della Chiesa a cui si uniscno i battezzati e formano una unità per l'Eucaristia.
Siccome l'assemblea è un fenomeno umano, essa è studiata da varie scienze umane.
In ogni assemblea, c'è in primo luogo un gruppo sociale che si riunisce per uno scambio di comunicazioni con l'intento di giungere ad alcune decisioni secondo un ordine del giorno o di riunione.
Di solito, ogni assemblea ha un moderatore o presidente.
L'assemblea liturgica deve avere le caratteristiche costitutive di ogni associazione umana:
una presidenza ordinata,
una comunicazione scorrevole,
un'efficacia collaudata,
un compito educativo,
un ritmo adeguato e
l'appartenenza o affiliazione dei membri che la compongono.
Troppe volte, la liturgia non si celebra sotto forma di assemblea, ma per mezzo di un conglomerato o raggruppamento umano, cioè, un gruppo di persone che non hanno relazioni interpersonali.
L'assemblea liturgica cristiana ha i suoi precedenti nell'assemblea ebraica.
Il Popolo di Dio si riuniva in assemblee memorabili per celebrare l'alleanza.
Tra le più note ed importanti sono le assemblee del Sinai ( Es 19; Es 24; Es 34 ), di Sichem ( Gs 24 ) e di Esdra ( Ne 8-9 ).
In tutte queste assemblee, si possono osservare quattro elementi costitutivi:
la riunione del popolo convocato dai suoi rappresentanti ( Mosè, Giosuè, ecc. ),
la proclamazione della Parola di Dio,
l'adesione del popolo a questa Parola,
un gesto per sigillare il patto di alleanza.
Il popolo di Dio si riuniva quindi per rinnovare l'alleanza.
Questa riunione era chiamata in ebraico qahal JHWH, ossia, " assemblea del Signore ".
La parola qahal comporta l'idea di convocazione.
Fu tradotta in greco col termine ekklesìa che significa: convocazione e assemblea.
Riunirsi è fare Chiesa.
La finalità dell'assemblea cristiana deriva dall'atteggiamento convocatore di Gesù con l'intento di riunire i figli dispersi ( Mt 23,37 ), dare la sua vita in nome dell'unità e rendere gli uomini partecipi al banchetto del Regno ( Lc 14,16ss ).
Proprio il giorno di Pentecoste, " si trovavano tutti insieme nello stesso luogo " e ricevettero lo Spirito Santo.
Nell'udire il fragore, la folla si radunò.
La predicazione di Pietrò convertì molte persone.
" Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati " ( At 2 ).
L'assemblea è fondamentale per la celebrazione liturgica.
Ogni celebrazione comincia con una riunione dei membri credenti, coi vincoli comuni che provengono dalla fede, l'amore e l'impegno di tutti.
Alla riunione o assemblea cristiana partecipano tutti i credenti battezzati.
Non è una faccenda che riguarda solo il sacerdote, il chierichetto e alcuni pochi presenti.
È un'azione collettiva di tutti i convocati.
È un'assemblea aperta o eterogenea, composta di peccatori, organizzata e attiva, in cui tutti sono fondamentalmente " fratelli ".
Nell'assemblea, i cristiani si riuniscono per celebrare.
Questo esige accoglienza reciproca come persone e come credenti, preparazione dell'atto e del luogo, ripartizione delle funzioni, parole e simboli adeguati, preghiera in comune.
Non dimentichiamo che nell'assemblea liturgica, proprio quando è viva, si verificano certe tensioni fra l'unità e la diversità, tra le esigenze e la passività, tra la purezza liturgica e la tendenza devozionale, tra la missione nel mondo e il ritiro nel santuario, tra l'impegno e la festa, tra l'apertura indiscriminata e le esigenze di scelta e di partecipazione.
L'assemblea esige, pertanto, una pastorale adeguata.
* * *
La liturgia rivela il mistero di Cristo e la natura umano-divina della Chiesa ( SC 2 ).
L'assemblea poi manifesta più direttamente l'unità sacramentale del Signore con la Chiesa nel loro ufficio sacerdotale ( cf. SC 7 ): diventa segno della Chiesa sacramento di salvezza nel mondo e a favore di tutti gli uomini ( cf. LG 1; LG 8-9; SC 2; SC 5; SC 26; GS 40 ).
Lo Spirito che discese sull'assemblea dei discepoli nel giorno di pentecoste, di continuo chiama la Chiesa, per poter render presente Cristo parola nella celebrazione.
Dalla pentecoste l'assemblea liturgica è il luogo dell'incarnazione della parola.
Come nell'annuncio del Signore a Maria, il Verbo si è fatto carne nel suo seno, così la Parola viene ad abitare nel seno dell'assemblea.
L'assemblea è il segno privilegiato della presenza reale, personale e agente di Cristo nella liturgia.
Non solo egli « è presente quando la Chiesa prega e loda » ( SC 7 ), ma è già « realmente presente nell'assemblea dei fedeli riunita in suo nome » ( PNMR 7; cf. EM 9 ).
Anzi « una comunità riunita nella fede e nella carità è il primo sacramento della presenza del Signore tra i suoi » ( GdS 9 ).
I primi cristiani erano conosciuti come coloro che « si riunivano » nella fedeltà al Signore risorto.
Essi erano ben consapevoli che « dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro » ( Mt 18,20 ) e che il Signore non li avrebbe lasciati orfani ( Gv 14,18 ).
Le manifestazioni dopo la risurrezione, dal tono chiaramente liturgico, rappresentano il compimento della promessa divina: « Io sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo » ( Mt 28,20 ).
Terminato il periodo delle manifestazioni, la fedeltà alle assemblee sarà una costante della comunità: il riunirsi è segno del Signore presente tra i suoi ( At 1,14; At 2,1.42; At 4,24ss.32 ).
Per cui chi vede l'assemblea vede Cristo.
Il raduno dei credenti si fonda sul progetto di Dio che ha scelto i fedeli prima della creazione del mondo per essere suoi figli diletti in Cristo ( Ef 1,4-5 ).
Questo mistero, rivelato e manifestato nell'umanità del Figlio, si perpetua nel tempo salvifico attraverso i segni liturgici.
Il primo dei quali è l'assemblea celebrante, la quale già per la sua stessa esistenza rappresenta la salvezza definitiva che Dio ha fondato in Gesù.
La liturgia, opera del popolo, presuppone un'assemblea che si renda presente al Signore ( cf. Ap 22,17.20 ).
Senza questo segno non sarebbe possibile porre neppure gli altri segni liturgici.
L'assemblea, « santa convocazione » ( Rm 1,7; 1 Cor 1,2; 2 Cor 1,1 ), è santa e santificatrice.
Difatti, nel celebrare, prende consapevolezza di essere la comunità dei salvati, il popolo messianico ed escatologico, il tempio dello Spirito e della Chiesa.
Come il tempio di Gerusalemme era il luogo dove Dio abitava, così ora l'assemblea forma il vero tempio del Dio vivente ( 1 Cor 3,16-17; 1 Cor 6,19-20; 2 Cor 6,16; Ef 2,19-22; 1 Pt 2,5; cf. Sal 114,2; Sal 78,69; Es 19,3-6; Es 15,17; Es 39,42; Dt 29,13-14 ).
Essa « edifica quelli che sono nella Chiesa in tempio santo del Signore, in abitazione di Dio nello Spirito » ( SC 2 ).
Quanti partecipano alla cena dell'Agnello formano il nuovo tempio, la dimora di Dio con gli uomini ( Ap 19,6-9; Ap 21,1ss.22 ).
L'assemblea costituisce pure il tempio in cui la comunità offre al Padre il sacrificio di Cristo.
Ivi essa diventa l'altare dell'offerta, Si comprende allora l'esortazione di Ignazio di Antiochia: « Accorrete tutti insieme, come a un unico tempio di Dio, come a un solo altare, a un solo Gesù Cristo, che procede da un solo Padre »
« Ogni volta che la Chiesa annunzia e proclama la parola di Dio, sa di essere il nuovo popolo, nel quale l'alleanza, sancita negli antichi tempi, diventa finalmente piena e completa » ( OLM 7 ).
Il vincolo dell'alleanza trova il suo culmine nella comunione eucaristica, dove la comunità, bevendo al calice del sangue di Cristo versato come segno della nuova ed eterna alleanza, si scopre quale popolo riconciliato e proprietà esclusiva del Signore ( 1 Pt 2,9; cf. Es 19,5 ).
Prefigurata nell'assemblea del deserto ( Es 19; Es 24 ), nella terra promessa ( Gs 24 ) e dopo l'esilio ( Ne 8-9 ), l'assemblea nel NT appare subito dopo la risurrezione di Cristo e l'effusione dello Spirito ( At 2,42-47; At 4,32-35; At 5,12-16; ecc ).
Guidata da Cristo risorto e sostenuta dallo Spirito, l'assemblea fa esodo dal deserto e dall'esilio verso il regno glorioso del Padre.
Nei primi secoli questa coscienza era molto forte.
I Padri invitavano a non disertare le assemblee per non vanificare la venuta del Signore e non diminuire il suo corpo redento.
Nella celebrazione l'assemblea viene pasqualizzata ( At 2,1-11 ).
Forma persone divinizzate e in grado di agire divinamente.
Festosa e lodante, siede permanentemente attorno al suo sposo glorificato e realizza l'incontro nuziale con lui fino a diventare carne della sua carne e madre vergine di figli santificati.
La storia salvifica è tutta punteggiata dagli interventi di Dio che convoca il suo popolo.
Israele, comunità dell'adunanza, si raduna in assemblea per iniziativa del Signore ( Dt 4,9-13 ), il quale dà appuntamenti e convoca assemblee ( Es 19,24; 1 Sam 7; 2 Cr 29,33ss; 2 Cr 30,2ss; Ne 8 ).
Anche Cristo risorto convoca i suoi discepoli in Galilea per intrattenersi con loro ( Mt 28,7.10 ).
Il termine « Chiesa » fondamentalmente vuoi dire « chiamare da », « condurre insieme »; significa convocazione, sinassi, assemblea ( cf. LRI 22 ).
Il ritrovarsi insieme rivela le seguenti realtà:
la Chiesa celebrante è investita di Dio e depositaria dei suoi eventi divini;
la liturgia realizza il fine per il quale Dio ha voluto la Chiesa, ossia il culto al Padre e la salvezza degli uomini;
la celebrazione sarebbe radicalmente falsata se nell'assemblea vi fosse un'accozzaglia di persone, anziché una comunità riunita nella fede e in grado di vivere il mistero del Signore;
infine se l'assemblea è convocata e non si autoconvoca, non è sorgente della celebrazione.
Nel convergere dei fedeli « verso lo stesso luogo per diventare il soggetto attivo dell'unica azione, il mistero della chiesa trova una manifestazione sensibile, e insieme l'attuazione più piena.
Lì si vede che la chiesa ... è "popolo radunato nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito santo"» ( ECC 36; LG 4).
Da questo deriva che senza assemblea non c'è Chiesa e che la fisionomia di una celebrazione discende dal modo con cui si raduna un popolo.
Ciò è espresso in modo evidente dalla colletta conclusiva dei riti introduttivi dell'eucaristia.
Ma ogni azione liturgica contempla i riti di ingresso, quale momento iniziale per formare l'assemblea come popolo convocato dal Signore.
La Chiesa è « congregata » e « congregante », radunata e radunante, convocata e convocante.
Essa ha colto l'invito del Signore recandosi all'appuntamento con lui ogni otto giorni ( Gv 20,19-26 ).
Oggi chiama i suoi figli e li prepara all'incontro con Cristo mediante il mistero dell'assemblea.
Invita pure i popoli del mondo affinché entrino a far parte della sua assemblea.
« In quel popolo non si nasce, si entra.
Nessuno ne fa parte di diritto, ma tutti sono chiamati ad entrarvi ».
« Le azioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa, che è "sacramento di unità"» ( SC 26 ).
La celebrazione comunitaria, da preferire assolutamente a quella privata ( SC 27 ), è norma e rito normale.
« La celebrazione della Messa, per sua natura, ha carattere "comunitario"» ( PNMR 14 ): ha inizio solo « dopo aver radunato il popolo » ( PNMR 25 ).
Il rito prevede anzitutto la « Messa con il popolo » ( PNMR 77-152 ) e le Messe concelebrate ( PNMR 153-208 ).
Abitualmente il presidente usa il plurale: « Preghiamo, offriamo, rendiamo grazie ».
Egli offre la cena con l'assemblea offerente con lui.
L'attore della liturgia non è il presbitero in quanto tale e per tale ragione non è corretto parlare di « chi celebra » ma di « chi presiede ».
La liturgia privata non è una forma naturale di celebrazione.
Solo in secondo momento è prevista la Messa « senza il popolo » ( PNMR 209-231 ), la quale mantiene la sua « efficacia e dignità che le sono proprie, in quanto è azione di Cristo e della Chiesa, e il sacerdote vi agisce sempre per la salvezza del popolo » ( PNMR 4 ).
Anche in tal caso egli rappresenta la Chiesa in forza della sua ordinazione.
Ma l'eucaristia senza popolo deve rimanere un caso limite, poiché risulta impoverita nel segno primario dell'assemblea: infatti, mancando la partecipazione dei fedeli, non si realizza pienamente il fatto liturgico, opera della comunità.
Anche per gli altri sacramenti si prevede la celebrazione comunitaria: battesimo ( RBB 27 ) e cresima ( RC 4 ); è raccomandata nella penitenza ( RP 22-35 ); così l'unzione dei malati celebrata in una grande assemblea ( UI 97 ).
Per il matrimonio non si prevede la celebrazione contemporanea di più coppie, però vi è la partecipazione della comunità ( cf. SM 7 ).
La mediazione dell'assemblea è indispensabile.
Nessuno può raggiungere il Signore se non nella Chiesa, segno della sua salvezza e della sua presenza nel mondo.
L'assemblea rimane il luogo di incontro del fedele con Dio e realizza la comunione del fedele con Dio. L'ndividualismo che in vari modi sopravvive indisturbato, non predispone certo ad entrare in un'assemblea.
È questo un grosso problema per le nostre celebrazioni che tuttavia deve alimentare lo sforzo pastorale ad orientarsi sempre più contro la « privatizzazione » della liturgia.
Il termine Ekklesia sovente si riferisce alla singola comunità localmente delimitata o alla comunità domestica.
Il culto assume il volto proprio di ogni comunità e così si parla dell'assemblea di Gerusalemme ( At 1-6 ), di Antiochia ( At 13,1-3 ), di Troade ( At 20,7-11 ), di Corinto ( 1 Cor 11; 1 Cor 14 ), ecc.
Per natura sua la liturgia si attua in una comunità locale ( LG 26; LRI 26 ), radunata in un momento storico ben determinato.
Nel culto « la comunità, destinataria e protagonista di ogni celebrazione, esprime ed edifica se stessa » ( RLI 10 ).
L'assemblea è autorivelazione che rende visibile la Chiesa a se stessa e nel contempo ne manifesta l'immagine concreta al mondo ( cf. VQA 9 ).
Tra i molti segni, l'assemblea parrocchiale si presenta quale volto normale della Chiesa e ne rappresenta il volto più vicino e familiare.
L'assemblea manifesta la Chiesa locale, considerata non tanto come parte della Chiesa universale, quanto quale realizzazione della Chiesa come tale, poiché in essa si ha come l'« avvenimento » ecclesiale stesso.
Tante caratteristiche applicate alla Chiesa, anzitutto sono proprie dell'assemblea e vengono riferite ad essa in quanto la Chiesa si identifica con l'assemblea.
L'assemblea è pure immagine e sacramento della Chiesa universale.
Nonostante i suoi limiti, esprime l'icona più splendida e completa della Chiesa: vedendo le persone nell'esercizio delle loro funzioni specifiche, reciproche e complementari, si comprende il mistero della Chiesa, comunità orante ( SC 41-42 ), tesa a divenire un cuor solo ed un'anima sola ( At 4,32 ), presente nel mondo, tuttavia pellegrina ( InD, Conclus ).
L'assemblea è pervasa da tensioni e antinomie di ordine teologico e antropologico, le quali evidenziano il suo essere specifico e la sua assoluta originalità.
L'assemblea è insieme indissolubilmente invisibile e visibile.
Essa è discendente nel senso che procede verticalmente dall'alto e si inserisce orizzontalmente nella storia; ma è altresì ascendente e per questo va verso l'alto.
Prima di tutto però è verticale, in quanto procede dalla Trinità e trae motivo dalla paternità unica di Dio; ma anche orizzontale, poiché raduna tutti coloro che sulla terra accolgono l'invito del Signore; tra i fedeli produce fraternità in Cristo, comunione universale e servizio evangelico.
La gioia della pasqua non esclude la prova del deserto.
L'assemblea vive già della risurrezione, ma è ancora lontana dalla patria.
È arrivata alla meta, ma ancora in cammino.
Si riunisce per celebrare i prodigi che Dio ha compiuto per il suo popolo, ma è accompagnata dalla croce quotidiana e dal dramma dell'esistenza umana.
La salvezza si è compiuta totalmente sotto l'aspetto divino; non ancora del tutto per quanto riguarda la collaborazione dei fedeli.
L'assemblea è portata nell'eternità del cielo, ma nello stesso tempo vive la precarietà del tempo umano.
Già presente in essa, il Signore è invocato come colui che deve venire.
La proposta del Signore è ispirata all'amore fedele.
La risposta della comunità è quella di una libertà fragile e talora infedele.
Se Dio è sempre fedele, l'uomo, a causa della sua inadempienza, può sempre tradire il Signore.
È assemblea convertita, ma permanentemente penitente.
L'assemblea è la forma privilegiata della manifestazione della Chiesa, ma rimane l'immagine sempre imperfetta e lontana da Cristo suo capo.
Mentre avverte di essere popolo perdonato e santo ( 1 Pt 2,9 ), l'assemblea si scopre popolo dalla « dura cervice » ( Dt 9,13 ) e lento a convertirsi.
L'assemblea locale resta l'immagine parziale della Chiesa universale.
Mai potrà esaurire la densità liturgica della comunità celeste, vera assemblea permanente e orante.
I carismi possono apparire come un privilegio degli uni che mortifica gli altri.
In realtà si traducono in ministeri che dovrebbero agevolare l'azione protagonista dei singoli partecipanti.
L'assemblea si presenta gerarchica per poter riconoscere meglio i carismi dei singoli e assicurare a tutti un servizio di carità.
Senza popolo carismatico non esisterebbe assemblea gerarchica, come senza quest'ultima non si sarebbe in grado di celebrare secondo la pienezza del mistero divino.
Titolare della celebrazione, l'assemblea è presieduta da un ministro ordinato o designato.
Egli è congiunto in modo vitale con essa.
L'uno non sta senza l'altra.
Il capo dice relazione alle membra e queste agiscono con quello.
Siccome l'unità non elimina la molteplicità, talora l'assemblea appare unita e unitaria proprio nella diversità dei suoi partecipanti.
Altre volte è pressoché impossibile - deve rimanere comunque fattore di unificazione - rispettare la dialettica tra unità e pluralità, omogeneità ed eterogeneità: o prevale l'una o l'altra.
Sovente non è facile superare le tensioni tra l'« io » soggettivo della persona e il « noi » oggettivo della comunità.
Mortificare il singolo andrebbe contro l'economia celebrativa; coltivare le divisioni sarebbe suicidio.
La mediazione dell'assemblea resta insostituibile, ma non è l'unica.
Rimangono le relazioni personali con il Signore, maestro di preghiera privata ( Mt 6,5-6; cf. Lc 6,12; SC 12 ) e l'impegno fraterno che precede e segue la celebrazione.
L'assemblea si raduna nel tempio abbandonando il mondo; esce dal tempio per ritornare nel mondo.
È elevata al cielo, ma è rinviata ai fratelli sulla terra.
L'assemblea liturgica è profondamente originale: non trova alcun riscontro sul piano umano.
Non scaturisce da un consenso o da un'intesa, né dalla volontà della base, come abitualmente avviene in qualunque associazione o in un partito politico.
« Leggere » in senso democratico la natura dell'assemblea sarebbe misconoscerne la peculiarità, anche se forme democratiche particolari possono, senz'altro, far parte della sua struttura concreta ed essere idonee alla realizzazione della sua missione.
Costitutivamente la comunità non è una democrazia - nel senso dell'attuale concezione ed intelligenza del termine - che vive della volontà popolare, dell'accordo universale e quindi della sovranità popolare.
Mentre erano radunati nel deserto: alla lettera « nell'assemblea del deserto ». La parola greca corrispondente ekklêsia è passata nel nostro linguaggio come ecclesia, chiesa ( At 5,11+; Mt 16,18+ ). In Dt 4,10+ è usata per indicare l'assemblea del popolo santo nel deserto. Cf. la « adunanza sacra » ( Es 12,16; Lv 23,3; Nm 29,1 ). La chiesa, nuovo popolo dei santi ( At 9,13+ ) è l'erede del popolo antico. |
At 7,38 |
Schedario biblico |
|
Assemblea del deserto | C 11 |
Chiesa, riunione | C 33 |
Assemblea | D 38 |
Caduta di Gerusalemme | C 64 |
Festa di Pentecoste | D 55 |
Concilio Ecumenico Vaticano II |
|
… Liturgica |
|
Origine e scopi fin dai primi tempi della Chiesa | SC 6 |
SC 106 | |
È lo scopo del lavoro apostolico | SC 10 |
Presenza di Cristo | SC 7 |
Parte attiva dei fedeli | SC 28 |
SC 114 | |
Presieduta dal sacerdote in persona di Cristo | SC 33 |
PO 5 | |
… territoriale dei vescovi |
|
Loro autorità in materia liturgica | SC 22 § 2 |
SC 36 § 3 | |
SC 39 | |
SC 44 | |
Catechismo della Chiesa Cattolica |
|
Professione di fede nell'assemblea | 167 |
Chiesa come assemblea di uomini | 541 |
-- I nomi e le immagini della Chiesa | 751-52 |
-- La Chiesa - insieme visibile e spirituale | 771 |
-- | 777-78 |
Assemblea liturgica | 752 |
-- Lo Spirito Santo prepara ad accogliere Cristo | 1097 |
-- | 1102 |
-- | 1144 |
-- | 1167 |
-- | 1193 |
-- | 2760 |
Assemblea dei santi | 946 |
-- Il memoriale del sacrificio di Cristo e del suo Corpo, la Chiesa | 1372 |
-- | 2006 |
Spirito Santo operante nell'assemblea | 1092 |
-- | 1112 |
Preparazione e disposizione dell'assemblea alla liturgia | 1098 |
-- | 1112 |
-- | 1154 |
-- | 1236 |
-- | 1688 |
Partecipazione all'assemblea | 1141 |
-- | 1372 |
-- L'Eucaristia domenicale | 2178 |
Assemblea domenicale | 1167 |
-- La Liturgia delle Ore | 1174 |
-- | 2188 |
Guidare e presiedere l'assemblea | 1184 |
-- Lo svolgimento della celebrazione | 1348 |
Assemblea eucaristica | 1329 |
-- | 1348 |
-- Il banchetto pasquale | 1383 |
-- | 1566 |
-- | 2777 |
Assemblea umana | 1880 |
Preghiera e assemblea | 2585-86 |
-- | 2589 |
Codice Diritto Canonico |
|
dei Vescovi della provincia, competenze ( tasse e offerte ) | 1264 |