Croce
La morte in croce di Cristo è l'evento centrale ( insieme con la Risurrezione ) della fede cristiana, che professa la redenzione e la salvezza dell'uomo e del mondo in questa morte, secondo l'antichissima formula di fede "Cristo è morto per noi/per i nostri peccati" ( Rm 5,8; Rm 14,15; 1 Cor 6,11; 2 Cor 5,14-15 e in riferimento alla Risurrezione 1 Cor 15,3 ). L'arditezza della formula attribuisce la morte di croce al soggetto che non è semplicemente Gesù, ma il Messia: essa non descrive solo un fatto storico ( la pena capitale dei romani per i reati gravissimi comminata a un non romano ), ma fornisce insieme la sua spiegazione ( il suo significato redentivo per tutti ). Per questo Paolo parlerà del "Messia crocifisso" come "scandalo per i giudei e follia per i pagani" ( 1 Cor 1,23 ). Ciò trasgredisce le attese dell'Antico Testamento: non è possibile coniugare il Messia, l'unto di Dio, il santo, con la maledizione del patibolo della croce. La croce di Cristo può essere compresa a partire dalla riflessione critica sul rifiuto della Croce da parte di un filone del pensiero moderno; dalla collocazione della Croce nel suo contesto storico, dispiegandone il valore salvifico. Il rifiuto della Croce del moderno nichilismo.Il rifiuto della Croce da parte di un importante filone del pensiero moderno è espresso in forma lucidissima in Nietzsche nell'Anticristo: "Come Dio poteva permettere questa morte? La piccola comunità vi trovò una risposta di un'assurdità veramente terribile. Dio da il suo Figlio in sacrificio. Ah, come d'un colpo l'evangelo fu finito! Il sacrificio espiatorio e questo sotto la forma più ripugnante, la più barbara, il sacrificio dell'innocente per gli errori dei peccatori, che spaventoso paganesimo!" […] "Il cristianesimo ha preso le parti di tutto ciò che è debole, abietto e mal riuscito; della contraddizione contro gli istinti della vita forte ha fatto un ideale; ha guastato persino la ragione delle nature intellettualmente più forti, insegnando a sentire i supremi valori dell'intellettualità come peccaminosi, come fonti di traviamento, come tentazioni". Con linguaggio tagliente Nietzsche reagisce all'immaginario diffuso circa la Croce come sacrificio della vittima innocente, voluto da Dio per riparare il peccato, e ne denuncia il carattere antievangelico. Egli, però, fa risalire il travisamento molto più indietro, addirittura ai primi cristiani. La morte di Gesù sarebbe stata subito fraintesa: il suo morire è diventato mercé di scambio di fronte a un Dio vendicativo. Secondo Nietzsche, ciò sarebbe all'origine della "mistica della Croce" che ha fatto del cristianesimo la religione dei disprezzati, degli ultimi, dei poveri, degli emarginati, con l'esito di sublimare la loro situazione più che di mutare la loro condizione. Il cristianesimo viene inteso come la religione che consacra la sofferenza, che infiora il dolore, che è all'origine di una vita remissiva, rassegnata, passiva. Addirittura esso insegna una ricerca attiva della sofferenza, della penitenza, dell'umiliazione, dell'abnegazione, in vista del premio eterno. Di qui la reazione, la proposizione di una vita forte, vigorosa, l'esaltazione delle infinite possibilità della libertà; e la tendenza a eliminare le situazioni di disagio, di sofferenza, di insoddisfazione. Infatti, l'uomo moderno è contrassegnato dal rifiuto della Croce come consacrazione del dolore, dalla rimozione delle cause del male. Ne deriva una specie di mistica contraria, quella dell'evoluzione, del progresso indefinito, della valorizzazione delle risorse dell'uomo, di una speranza che trascende sempre più se stessa. La Risurrezione diventa la cifra sintetica per dire il senso della fede cristiana: e, se v'è ancora un richiamo alla Croce, questa è ricuperata per il suo carattere di "ricordo pericoloso", di lotta al potere, di riserva critica di fronte ai progetti totalitari, di reazione a ogni forma di dolore e sofferenza, fosse pure quella inflitta in nome di un Dio. Anzi, la Croce di Gesù diventa il luogo della resistenza alla visione di Dio propria della religione istituita, e il luogo della morte del Dio del potere, delle norme, delle obbligazioni, a favore della liberazione che Gesù ci ha portato. In questa contrapposizione sembra oscurarsi il significato autentico del morire di Gesù, della sua singolarissima morte. Occorre ritornare al contesto storico e al significato dirompente che ha avuto la morte sulla croce di Cristo. Il senso storico della morte di croceLa realtà storica e il senso della morte di Gesù possono essere tratteggiati rispondendo a tre domande. Il significato del supplizio della croceLa prima si chiede come fu intesa la morte di Gesù. La morte di croce di Gesù è il tentativo di attribuire alla missione di Gesù, da parte dei capi giudei, un aspetto politico e ambiguo, poiché l'accusa di sobillatore politico era l'unica che potesse realmente interessare ai romani. Infatti, la croce è una forma di pena orientale, passata in Occidente attraverso i persiani, e molto utilizzata da cartaginesi e romani. Temuta come pena crudele ( Origene la definì mors turpissima crucis: morte infame, vergognosissima, di croce ) era riservata agli schiavi e ai non romani. La croce di Cristo era o la crux commissa a forma di T o la crux immissa a forma di pugnale. Il fatto che Matteo ( Mt 27,37 ) parli del titolo di condanna posto sopra la croce fa pensare alla forma a pugnale. La croce portata da Gesù, secondo la prassi consueta, non doveva essere l'intera croce ma il palo trasversale, che veniva innalzato sul palo verticale, dopo che il condannato vi era fissato con chiodi e corde. La maggior parte del corpo era sorretta da un sostegno ( sedile ) sporgente sul palo verticale: questo non è menzionato nel Nuovo Testamento, ma è attestato dagli scrittori antichi. Il condannato era crocifisso nudo, perché le vesti erano bottino dei soldati ( Mt 27,35 ). La morte veniva affrettata a volte spezzando le gambe del condannato ( come per i due ladroni crocefissi con Gesù ); nel testo del Nuovo Testamento i soldati sono sorpresi del fatto che Gesù morisse così presto. Dietro il tentativo dei capi giudei si cela un'altra intenzione: quella di falsificare la pretesa di Gesù. Se Gesù muore in croce, egli non può essere il Messia, l'ultimo profeta inviato da Dio ( è questo il senso della morte in croce secondo Dt 21,23: è la morte del maledetto da Dio ). La morte in croce, se riferita solo all'intenzione del gruppo al potere, può essere intesa come avversione al potere da parte di Gesù, come resistenza ai capi del popolo, come contestazione della loro falsa immagine di Dio. Questo significato della morte di Gesù descrive, però, solo la sua figura esteriore, dice come fu visto morire, come fu presentato perché fosse soggetto al supplizio della croce. I capi e i personaggi influenti del popolo cercarono di far morire Gesù così. Il motivo socio-politico e il motivo religioso si sovrappongono. Gesù, tuttavia, si sottopone all'ambiguità, non la smaschera, non fa valere storicamente la sua pretesa. Gesù previde la sua morte?Una seconda domanda chiede se Gesù ha previsto la sua morte. L'esegeta protestante Bultmann ha presentato la morte di Gesù come un "caso storico", un "tragico destino", un "malinteso grossolano" tra giudei e romani, come un evento che si è abbattuto su un Gesù impreparato. Gli autori successivi ( per esempio Schurmann ) hanno tentato di raggiungere una certezza sul fatto che Gesù sapeva e accettò volontariamente di morire. Infatti, possiamo almeno affermare che Gesù metteva in conto una fine tragica. L'annuncio del Regno che comporta conversione, il suo messaggio e la sua prassi hanno visto crescere una larga ondata di avversione alla sua missione di "rappresentante di Dio". Gli scontri con i farisei e la classe dirigente facevano presumere l'eventualità di una fine violenta, soprattutto nella seconda fase del suo ministero. L'evento della morte era presente alla coscienza di Gesù ed egli ha dovuto in qualche modo integrarlo nel senso della sua missione e spiegarlo ai suoi discepoli. Come Gesù ha spiegato la sua morteLa terza domanda riguarda il fatto se Gesù ha spiegato la sua morte. Oltre ai gesti e ai detti profetici di Gesù, la morte in croce ha trovato nell'Ultima Cena il luogo della sua illuminazione anticipata. L'Ultima Cena propone una tensione tra la comunione/presenza definitiva di Gesù, offerta nel gesto del pane e del vino, memoriale della Pasqua, e la sua prossima separazione dai discepoli. Gesù propone un gesto sconvolgente: la pretesa della sua assoluta rappresentanza di Dio, presente nella comunione al suo corpo offerto ai discepoli, e la morte/separazione già intravista come negazione della sua pretesa. Qui si ritrova il modo con cui Gesù ha compreso e spiegato la sua morte: il suo morire, e il morire sulla croce, è visto come la condizione di una dedizione incondizionata di sé, di una solidarietà assoluta che si realizza precisamente nel non far valere la propria pretesa, ma nell'affidarla radicalmente nelle mani di Dio, il Padre suo. Il significato teologico della CroceA partire dal senso che Gesù ha attribuito alla sua morte, i Vangeli sinottici, Paolo e il Vangelo di Giovanni non faranno altro che rileggere questo significato ricuperando le grandi immagini dell'Antico Testamento; la morte di Gesù è la "redenzione" ( v. ), il "sacrificio" ( v. ), il "riscatto". La morte sulla croce manifesta un'eccedenza che rivela una verità più profonda di ciò che appare. Sono tre gli aspetti che definiscono il senso profondo della morte in croce: essa rivela definitivamente chi è Gesù, chi è Dio e il destino dell'uomo. Anzitutto, la morte di croce dice chi è Gesù: egli si rivela come colui che è completamente rivolto verso il Padre ( Gv 1,18 ). L'abbandono fiducioso a Dio sulla croce dice che Cristo si definisce per la sua relazione al Padre: egli e il Figlio. Soprattutto nel momento in cui sembra messa in discussione la sua pretesa, la sua missione, la connessione tra il suo messaggio e la sua persona, egli non si fa valere neppure col pretesto di essere il profeta ultimo, ma si affida in radicale abbandono al Padre suo, assumendo la violenza e il rifiuto peccaminoso degli uomini. Il rifiuto di Dio si colloca così nel cuore della sua manifestazione. Ciò, però, non sconvolge il disegno di Dio, ma Dio assume, perdona, salva dal di dentro la stessa negazione degli uomini. Dio non scambia il peccato degli uomini con l'innocenza di Cristo. Dio, il Padre, assume questo rifiuto, lo porta su di sé; mandando il Figlio, viene egli stesso come il Padre suo, e lo stabilisce come luogo del perdono e della riconciliazione. In secondo luogo, la morte di croce manifesta e comunica chi è Dio. La verità di Dio è la verità stessa della carità di Dio. La dedizione insuperabile e senza condizioni con cui Gesù si affida al Padre rivela che Dio è colui che è rivolto all'uomo, a cui comunica la sua vita stessa, donandogli il suo bene più prezioso: il Figlio suo ( Rm 8,32 ). La struggente attesa di Israele di vedere il volto di Dio, di entrare nell'intimità della sua alleanza, nella Croce è svelata sul volto sfigurato di Gesù morente, proprio nel momento e nell'evento che è il frutto del suo più radicale rifiuto. Infine, la donazione di Dio a Gesù e in Gesù agli uomini è il "luogo" del perdono, della riconciliazione, che supera dal di dentro lo stesso rifiuto di Dio e tutte le forme che lo rappresentano, la non comunione, l'abbandono, il tradimento, l'inimicizia, la violenza e, alla fine, la stessa morte. Gesù muore per tutti, nel duplice senso di "a causa" e di "a vantaggio" del peccato degli uomini, perché portandolo in sé lo riconcilia nel luogo stesso della sua negazione. Forse solo qui può trovare risposta la domanda; perché la Passione e la Croce di Gesù? Perché una morte così? La sofferenza, il dolore, la Croce, sono il prodotto del rifiuto di Dio, la conseguenza della sua negazione da parte della libertà umana. E il Padre in Cristo vi passa attraverso ( e lo Spirito li tiene uniti nella massima separazione ), supera il peccato dal di dentro, ricupera la libertà nel suo punto più intimo. Dio non salva automaticamente, non guarisce magicamente. Egli ricupera la libertà facendola ritornare a ritroso, ed è noto quanto sia oneroso ricostruire una libertà ferita. Fin nel cuore dell'uomo, fin nelle profondità di tutta l'umanità, dal primo uomo fino alla fine dei tempi. |
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Così era chiamato nell'antichità lo strumento più diffuso per le esecuzioni capitali, usato soprattutto nel mondo romano. Alla croce venivano appesi i malfattori, gli schiavi, i ribelli politici, non però i cittadini romani. A partire dalla crocifissione di Gesù, la « croce » comincia ad acquistare un significato di sacrificio, quindi positivo, di rivelazione della speranza nascosta di Dio ( 1 Cor 2 ) e dell'agape straordinaria di Dio rivelata nella donazione di suo Figlio ( Rm 8,32; Gv 3,16; 1 Gv 4,10 ). Fino all'inizio del IV secolo però l'arte cristiana non raffigurò la croce se non in modo simbolico, a testimonianza dell'idea di maledizione, un'idea difficile da superare. |
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Segno delle …È il gesto fatto sul proprio corpo che esprime la professione di fede in Dio, che ha salvato l'uomo mediante la morte in croce di Cristo. Nella tradizione cristiana esprime anche la volontà di consacrare la propria vita a Cristo. |
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Quando sarò elevato da terra: lezione corrente: qualche testimone omette « da terra ». Allusione all'elevazione del Cristo sulla croce ( v 33 ), contemporaneamente alla sua « elevazione » al cielo ( Gv 3,13.14+; Gv 8 ,28; Gv 6,62 ) il giorno della resurrezione ( Gv 20,17+ ), poiché i due avvenimenti sono due aspetti dello stesso mistero ( Gv 13,1+ ). Esaltato alla destra del Padre, nella gloria ( Gv 12,23; Gv 17,5+ ), il Cristo manderà lo Spirito ( Gv 7,39 ) e attraverso di lui estenderà il dominio sul mondo ( Gv 16,14; Gv 3,35+ ). Tutti: D e altri leggono « tutto ». Si registrano anche le varianti: « tutti gli uomini », « ogni uomo ». Elevato sulla croce, Gesù apparirà agli occhi di tutti come il salvatore del mondo ( Gv 19,37 ). È la risposta ai greci pii che cercavano di « vederlo » ( Gv 6,40+) |
Gv 12,32 |
Patimenti di Cristo: Gesù ha sofferto per stabilire il regno di Dio e tutti coloro che condividono la sua opera devono condividere le sue sofferenze. Paolo non pretende certamente di aggiungere qualche cosa al valore propriamente redentivo della croce, a cui non potrebbe mancare nulla; ma si associa alle « prove » di Gesù, cioè alle sue tribolazioni apostoliche ( 2 Cor 1,5; Fil 1,20+ ). Queste prove dell'era messianica ( Mt 24,8+; At 14,22+; 1 Tm 4,1+ ) comportano una misura prevista dal piano divino e che Paolo, in quanto apostolo dei pagani, si sente particolarmente chiamato a colmare. |
Col 1,24 |
Una volta per tutte: quest'offerta unica di Cristo si pone al centro della storia della salvezza ( At 1,7+ ). Alla fine del lungo periodo di preparazione ( Eb 1,1s; Rm 10,4 ), si afferma nella « pienezza dei tempi » ( Mc 1,15+; Gal 4,4+ ), nel « tempo stabilito » ( Rm 3,26+ ) e inaugura l'era escatologica. Benché la manifestazione dell'ultimo giorno ( 1 Cor 1,8+; Rm 2,6+ ) sia ancora differita,a causa di un periodo intermedio ( 2 Cor 6,2+ ) con durata indeterminata ( 1 Ts 5,1+ ), l'essenziale della salvezza è già stato acquisito dal momento in cui, nella persona del Cristo, l'uomo è morto al peccato ed è resuscitato alla vita nuova. Questa efficacia assoluta e definitiva del sacrificio di Cristo è particolarmente sottolineata da Eb: offerto « una sola volta », cioè tutto in una volta e una volta per tutte ( Eb 7,27, Eb 9,12.26.29; Eb 10,10; Rm 6,10; 1 Pt 3,18 ), questo sacrificio unico ( Eb 10,12.14 ) viene contrapposto ai sacrifici dell'antica alleanza, ripetuti indefinitamente perché incapaci di procurare la salvezza. |
Eb 7,27 |
Schedario biblico |
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Croce di Cristo | B 93 |
Croce, albero di vita | B 94 |
Cristo, salvezza del mondo | B 61 |
Vocazione dei gentili | C 19 |
Predicazione | C 55 |
Giudizio finale | E 16 |
Seguire Gesù Cristo | E 19 |
Satana | E 33 |
v. Sacrificio | |
Magistero |
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La Croce è il distintivo, è il segno della nostra religione, la figurazione sensibile e sintetica della nostra fede. |
Catechesi Paolo VI 15-9-1971 |
Amiamo la Croce di Cristo, Fratelli; essa esprime in sintesi il dramma della nostra salvezza. |
Catechesi Paolo VI 10-9-1975 |
Valore che può assumere la sofferenza umana, dell'« utilità » del nostro patire se congiunto idealmente e cordialmente al patire di Cristo. |
Catechesi Paolo VI 26-11-1975 |
Il perché è la Croce, eretta al valico sommo fra la vita presente e quella futura. La Croce non solo fa parte, ma costituisce il centro del mistero d'amore, che abbiamo scelto come vero e totale programma della nostra rinnovata esistenza. |
Catechesi Paolo VI 11-2-1976 |
Come mai la scienza della Croce ( come la chiamarono i Santi ) ha tale potere da far convergere sopra la morte, e quale morte, di Cristo il nodo risolutivo della sua dottrina e della sua missione, così da obbligare chiunque gli vuol essere seguace a conoscerla e a viverla? |
Catechesi Paolo VI 30-3-1977 |
Non sia svuotata la Croce di Cristo, perché se si svuota la Croce di Cristo, l'uomo non ha più radici, non ha più prospettive: è distrutto! |
Discorso Giovanni Paolo II 1-4-1994 |
Per questo il segno della Croce è il gesto fondamentale della preghiera del cristiano. Segnare se stessi con il segno della Croce è pronunciare un sì visibile e pubblico a Colui che è morto per noi e che è risorto, al Dio che nell'umiltà e debolezza del suo amore è l'Onnipotente, più forte di tutta la potenza e l'intelligenza del mondo. |
Angelus Benedetto XVI 11-9-2005 |
Da segno di maledizione, la Croce è stata trasformata in segno di benedizione, da simbolo di morte in simbolo per eccellenza dell'Amore che vince l'odio e la violenza e genera la vita immortale. |
Angelus Benedetto XVI 17-9-2006 |
Prendere la croce significa impegnarsi per sconfiggere il peccato che intralcia il cammino verso Dio, accogliere quotidianamente la volontà del Signore, accrescere la fede soprattutto dinanzi ai problemi, alle difficoltà, alla sofferenza. |
Angelus Benedetto XVI 20-6-2010 |
Sull'albero della croce, invece, c'è la storia di Dio, che « ha voluto assumere la nostra storia e camminare con noi ». |
Meditazione Francesco 14-9-2013 |
Eppure, ha proseguito, come esiste la « regola che il discepolo non è più grande del maestro » - una regola, ha precisato, che si rispetta - così esiste la regola per cui « non c'è redenzione senza l'effusione del sangue », « non c'è lavoro apostolico fecondo senza la croce ». |
Meditazione Francesco 28-9-2013 |
La Croce di Gesù esprime tutt'e due le cose: tutta la forza negativa del male, e tutta la mite onnipotenza della misericordia di Dio. Cioè, noi non esaltiamo le croci, ma la Croce gloriosa di Gesù, segno dell'amore immenso di Dio, segno della nostra salvezza e cammino verso la Risurrezione. |
Angelus Francesco 14-9-2014 |
La guarigione, ha spiegato il Papa, viene solo « guardando la croce », guardando Dio che assume i nostri peccati: « Il mio peccato è lì ». Invece « quanti cristiani muoiono nel deserto della loro tristezza, della loro mormorazione, del loro non volere lo stile di Dio ». |
Meditazione Francesco 24-3-2015 |
Insomma, ha spiegato il Papa, Gesù « ci parla del futuro, della croce che ci aspetta e ci parla dello Spirito, che ci prepara a dare la testimonianza cristiana ». |
Meditazione Francesco 11-5-2015 |
Queste sono le due tentazioni: un Cristo senza croce, cioè un maestro spirituale che ti porta avanti tranquillo, non ci sono le sofferenze o almeno tu scappi dalle sofferenze e vai ». « L'altra tentazione - ha detto Francesco - è la croce senza Cristo, l'angoscia di rimanere giù, abbassati, col peso del peccato, senza speranza. |
Meditazione Francesco 14-9-2017 |
« La nostra vittoria - ha aggiunto Francesco - è la croce di Gesù, la sconfitta di quello che aveva preso su di sé tutti i nostri peccati, era quasi distrutto, tutte le nostre colpe; e la vittoria davanti al nostro nemico, al grande serpente antico, al grande Accusatore ». |
Meditazione Francesco 14-9-2018 |
Concilio Ecumenico Vaticano II |
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Fonte di grazia | Nostra aetate 4 |
Cristo sulla … trae a sé gli uomini e li riconcilia con Dio | Dignitatis humanae 11 |
Gaudium et spes 78 | |
riconcilia Ebrei e pagani | Nostra aetate 4 |
La … libera e trasforma il mondo e le attività umane | Gaudium et spes 2 |
Gaudium et spes 37 | |
Sacrificio della … e sacrificio della Messa | Sacrosanctum concilium 7 |
Lumen gentium 3 | |
Unione di Maria alla … | Lumen gentium 58 |
Amore e conformità alla … nei chierici | Optatam totius 9 |
nei religiosi | Perfectae caritatis 25 |
nei fedeli | Lumen gentium 41 |
Gaudium et spes 58 | |
… e apostolato dei laici | Apostolicam actuositatem 16 |
Il Popolo di Dio percorre la via della … | Ad gentes 1 |
Lo scandalo della … e i missionari | Ad gentes 24 |
Catechismo della Chiesa Cattolica |
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Maria - « Beata colei che ha creduto » | 149 |
La libertà della fede | 160 |
« Tu non l'hai abbandonato in potere della morte » | 410 |
Cristo | 440ss |
I tratti comuni dei Misteri di Gesù | 517 |
« Il Regno di Dio è vicino » | 542 |
I segni del Regno di Dio | 550 |
Un anticipo del Regno: la Trasfigurazione | 555ss |
Gesù e il Tempio | 585 |
Sulla croce, Gesù consuma il suo sacrificio | 616 |
« Gesù salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente » | 662 |
Nel Regno e nell'esilio | 710 |
Comp. 108; 110; 122; 126; 254; 428 | |
= segno della croce | |
Rinnovamento Catechesi |
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La predicazione liturgica | 27 |
Vocazione alla carità | 47 |
Predicare Gesù Cristo, Salvatore e Capo di tutto il creato | 66 |
soprattutto nella celebrazione dell'Eucaristia | 72 |
Ogni atto, implicito o esplicito di fede, ha per termine il "mistero di Cristo" | 73 |
La catechesi sul peccato, alla luce della vocazione soprannaturale dell'uomo | 93 |
La famiglia | 151 |
Summa Teologica |
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III, q. 25, a. 4 | |
III, q. 46, a. 4 |