Male
Insieme alla sofferenza è un angosciante germe d'inquietudini e di obiezioni contro Dio e la sua Provvidenza. Se Dio è buono, perché lo permette? Se Dio è sapiente e potente, perché non ce lo evita? Sono interrogativi che si piantano taglienti nella coscienza quando è attanagliata dal dolore proprio o sconvolta da quello altrui. Sono grida dell'emotività, in buona parte al di fuori della ragione, la quale, se non riesce certo a risolvere il loro problema, è almeno in grado di svelenirlo. E la ragione ci induce a riflettere: 1) che noi siamo creature, e come tali limitate, perché l'infinito è attributo solo di Dio; ora il limite è restrizione, è povertà, è mancanza: e noi avvertiamo quest'insufficienza come un'intima asfissia ( dolore metafisico ); 2) che noi siamo esseri sensibili e quindi esposti a tutte le impressioni: quelle favorevoli e dolci non possono essere avulse da quelle contrarie ed amare: gioia e dolore, lo vide già Socrate, sono inseparabili: preferiremmo essere insensibili come le pietre? ( dolore fisico e psicologico ); 3) che mentre i minerali, i vegetali e gli animali sono condotti con una legge esterna ( eterodiretti ), l'uomo è insignito del libero arbitrio, che, sotto la luce dell'intelligenza, si apre sulla scelta del bene ( libertà ), che ne realizza l'eccellenza, e su quella del male ( licenza ), che ne profana la dignità e diventa fomite dell'infelicità propria ed altrui ( male morale e storico ). La soppressione d'una possibilità comporta inevitabilmente quella dell'altra: bloccare il male, dall'esterno, lasciando libero corso solo al bene? Sarebbe una truccata soppressione del libero arbitrio. La libertà è una somma grandezza e come tale implica anche un grave rischio: l'uomo è arbitro del proprio destino, ma non può sottrarsi alle conseguenze delle sue scelte. Quanto dolore è provocato dall'uomo! Anche agli altri … ma per chi contempla il Cristo crocifisso riesce più agevole capire che dal dolore Dio sa trarre il bene: dalla morte la risurrezione. La Provvidenza sa capovolgere tante malvagità ( vedi Eterogenesi delfìnio. Quante verità gli occhi hanno scoperte mentre erano detersi dal pianto! Pur vivendo in una "valle di lacrime", quanto siamo attaccati alla terra ed ai suoi beni transeunti e deperibili! Cosa avverrebbe se essi non avessero il contravveleno dell'insoddisfazione e della pena? Non si può chiedere conto a Dio del dolore e della morte ponendosi fuori dal suo piano: nell'ottica cristiana essi non sono mali veri, perché sono solo situazioni e tappe che conducono all'incontro con il Padre che ci attende. La morte è un disastro? Dipende se il cimitero ha solo una porta d'entrata o ne ha anche una d'uscita. |
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Nel male l'uomo coglie una smentita della sua sete di senso dell'esistenza e del suo bisogno di felicità e una contraddizione alla sua ricerca di assoluto. Il male è sfida al senso ultimo nel momento stesso in cui lo esige. La riflessione teologica pone in tutta la sua drammaticità il problema del male quando lo mette a confronto con l'affermazione di un Dio unico e buono, creatore e signore dell'universo. Posto che Dio non può essere l'autore del male, come se ne spiega l'esistenza? Perché Dio non lo impedisce? La visione biblica del maleQueste domande si avvertono già sullo sfondo delle prime pagine della Genesi ( Gen 2-3 ), nelle quali il racconto degli inizi è pure cifra della comprensione della fine: la storia umana sta nel quadro di un principio/fine, dal cui ideale si sperimenta però profondamente diversa. Il racconto della tentazione del serpente e del peccato di Adamo e di Eva è posto nel contesto dell'alleanza tra Dio e l'uomo. Mentre i miti delle antiche religioni indicano lo spazio della libertà umana nella tensione tra il caos e il cosmo, tra il disordine e il mondo ordinato, la Bibbia indica lo spazio della libertà umana nella tensione tra santità divina e peccato umano. Il senso del racconto va oltre il bisogno, pur reale, di discolpare Dio da ogni responsabilità circa il male: indica che il bene dell'uomo non è la cosmicità, ma quella santità che sconfigge e cancella il suo peccato. Mostrando che il caos cosmico si riproduce nel mondo umano attraverso il caos del peccato, la Bibbia suggerisce che, come il Dio creatore ha vinto il caos cosmico, così ha pure sconfitto il peccato umano. La promessa di speranza è affidata al monito di Dio al serpente-satana
( Gen
3,15 ): "Porrò inimicizia In questo modo le Scritture rispondono alla domanda sul perché del peccato e si muovono verso la sua cancellazione. Il male non è il destino dell'uomo: questi è per il bene e per la felicità. Il testo di Genesi 3 narra la storia della libertà umana come storia dell'alternativa tra peccato e santità: la tentazione è la presentazione di un Dio geloso dell'uomo, mentre il peccato, rifiuto della santità e di un Dio santificatore, è visto come legame tra colpa e sofferenza che cominciano insieme. Il risultato di questa visione è la dimensione etico-religiosa della libertà: attraverso l'esercizio della propria libertà l'uomo può perdersi o salvarsi, può realizzare o mancare quella beatitudine di vita che si esprime nella confessione della santità di Dio e nella pratica della propria santificazione. Questa visione biblica ha inciso profondamente sulla concezione cristiana: per secoli, nonostante la protesta di Giobbe, figura esemplare della sofferenza del giusto, il male rimane legato alla libertà dell'uomo e la stessa sofferenza è vista come pena e punizione del peccato. È solo con s. Tommaso d'Aquino che si comincia a distinguere tra peccato e sofferenza: distinguendo tra castighi diretti e castighi indiretti ( a questi secondi appartiene la sofferenza ), Tommaso riteneva di poter mantenere la sofferenza nel quadro del peccato senza legarla strettamente a esso. Questo sfondo complesso permette di inquadrare la tematica del male. Agostino distingue tra il male che subiamo e quello che facciamo. Leibniz parla di mali metafisico, fisico e morale: il male metafisico consiste nell'imperfezione e nella finitezza creaturale, il male fisico nella sofferenza e quello morale nel peccato. Kant riconduce il male alla coscienza: solo nella coscienza del male la libertà umana sperimenta un tale scarto tra il dover essere e la realtà da sentirsene personalmente interpellata. Per la concezione cristiana il vero male è quello morale; la finitudine creaturale non è, a rigor di termini, un male. Solo il peccato si oppone recisamente alla santità divina: il peccato è il solo vero male. La Croce, vittoria sul maleIl dato nuovo, oggi, è che al centro degli interessi teologici non sta tanto un Dio onnipotente, ma un Dio crocifisso. Pensato in termini cristologici, Dio non è il Tutt'Altro, ma è colui che, nel suo gratuito amore, non vuoi essere senza l'uomo, senza misurarsi con il suo divenire storico. Questo Dio crocifisso dialoga in modo nuovo con la protesta di Giobbe ed entra in dialogo in modo nuovo con il grido di dolore che sale dal mondo: questo grido di dolore è in sintonia con l'evento della Croce. Letto alla luce della Croce, il male svela la maschera di Satana, la realtà di una storia che sta sotto il segno dell'Avversario e che sfida Dio. La Croce di Cristo presenta un Dio che rende ragione alla creazione non nella forma gloriosa, ma in quella sofferta della condivisione, che da dentro apre la strada alla liberazione. Dalla Croce di Cristo in poi sarà impossibile lasciare che il dolore umano vada per la sua strada: il volto crocifisso di Dio smentisce tutti i tentativi tatti per rendere il male accettabile o, comunque, giustificabile. Nel Servo che si offre alla morte, nell'amore e nella misericordia di Dio, ritroviamo riproposto quel disegno che dispone e fonda il posto e il fine della libertà umana. La Croce illumina la gravita del male e la vastità della sua influenza sull'umanità; nello stesso tempo Gesù ci mostra che l'autentica vocazione dell'umanità è di sottrarsi a questo disastroso dominio del male. Con la Croce il Dio cristiano guadagna la sua verità solo nella devastazione: il Crocifisso è potenza vittoriosa non come positivo che non si da cura del negativo, ma come quel positivo che dimora presso il negativo e lo volge a novità di vita. Non si tratta di strumentalizzare il male per qualcosa di più grande, ma di vincere il peccato dall'interno. Quando descriviamo la vittoria della Croce, l'annientamento del male, dovremmo sempre badare a non oscurare indebitamente il senso autentico della Croce, come ha fatto l'ottimismo ingenuo di certa teologia della creazione. La Croce rinuncia a una presentazione metafisica di Dio, per legare la trascendenza divina alla carità, la sua sovranità alla compassione: questo identificarsi con il dolore e la morte vince il male dall'interno e proclama a tutti la speranza dell'amore divino. La teologia e l'antropologia entrano in un mutuo scambio proprio con la Croce: assumendo il dolore e l'empietà della nostra storia, Dio ci sospinge verso una nuova antropologia, più conforme a lui. Nella prossimità di Dio a un mondo empio, la questione del male è totalmente superata: Dio, infatti, non rimane indifferente nel suo trascendente aldilà, ma si china sul peccato e, tramite la sua Croce, lo riconcilia a sé. Nasce così la speranza impegnativa di una nuova creazione. |
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Il male: un'ipotesi su DioAndiamo a righe non lette delle antiche pagine, perché oscurate talora persino dalle nostre domande presuntivamente teologiche. Domandiamoci come ha fatto la sua comparsa questa radicale interrogazione. La figura del male, della cosa ingiusta, della cosa che non si deve fare, dell'aggressione che ti colpisce a tradimento e di cui qualcuno deve rispondere, come è nata? Interroghiamoci a proposito di prima della mela. Dopo la mela, si sa quale figura può avere il peccato, ma cerchiamo di vedere prima della mela, in quale forma si faccia strada l'esperienza del male nel cuore dell'uomo. Si fa strada nella forma di un'ipotesi su Dio, totalmente priva di fondamento. O, per lo meno, un fondamento l'avrebbe: la proibizione di mangiare un funghetto. Quello che noi facciamo con i nostri bambini allorché diciamo loro: questo/a morire, quest'altro fa venire il mal di pancia ( siamo nell'ordine del simbolo ); sappiamo bene che fin da piccoli i nostri bambini darebbero tutto il mondo ), noi compresi, pur di avere proprio quello che è stato proibito. L'ipotesi è: perché mi vuoi male, lo fa. Ma, di per sé, non è deducibile dal funghetto. C'è tutto il resto a smentire. Uno potrebbe dire: va bene, manca il funghetto e però c'è tutto il resto! L'ipotesi tuttavia è implacabile: questo è abbastanza per dimostrare che mi vuole male. È l'ipotesi del serpente: "Lui" ha qualche cosa di nascosto, molto più dei beni che tu vedi sotto i Suoi occhi, ci sarebbe molto di più e c'è un'invidia originaria che tè lo sottrae. Questa è la comparsa del male sulla faccia della terra. "È male ", pensa Adamo, "questa sopraffazione, è male questa viltà, questo approfittare di una maggiore conoscenza per privarmi di ciò che potrei avere, è male frustrare il mio desiderio soltanto perché sono un uomo ". Ecco in quale modo l'uomo si immagina il male: come prevaricazione, della quale Dio sarebbe il soggetto, che d'un tratto cancella un intero mondo, accreditando l'ipotesi che esso, anche nelle sue cose buone, sia frutto di un inganno: hai visto come cerca di nasconderci la verità, come cerca di dirottare il nostro desiderio? Hai visto come tiene al riparo i suoi beni dal nostro desiderio? Il desiderio che sperimenta questo sospetto è destinato a venire alla luce come desiderio mortificato, semplicemente. L'uomo ha seguito una pura ipotesi e su di essa ha basato la propria nozione di ciò che è cattivo. Così, il male fa la sua. comparsa sulla terra, sotto forma di un sospetto gratuitamente elevato verso Dio. A conferma di questo, lasciamoci provocare da quella piccola frase insignificante che io, in quella piccola ma non esigua porzione di vita cristiana che mi ritrovo ad aver vissuto, non ho ancora sentito commentare. Prima di mandare Adamo ed Eva fuori dal famoso giardino ( simbolo di come apparirebbe il mondo a chi, a dispetto di tutto, fosse innamorato delle cose che vi trova e non divenisse sospettoso di trascendenti invidie ), Dio cucì dei vestiti per Adamo ed Eva ( Gen 3,21 ). Questa frase sottrae l'intero testo a tutta la drammaturgia granguignolesca, terrificante, che lo vede come luogo sintomatico nel quale veniamo istruiti sulla maledizione che grava sul genere umano, a cominciare dalla donna! Dio cucì dei vestiti, perché sapeva che con quella foglia di fico non sarebbero andati lontano. Tale gesto vale, da solo, la tenerezza di tutte le madri del mondo! E nelle istruzioni che Dio da agli uomini a proposito del come si comporteranno maschi e femmine, lasciati a loro stessi, c'è tutta la gravita, la serità e la sobrietà delle istruzioni che si danno ai figli che, nonostante tutto, come è giusto, fanno il loro cammino, chiedono la loro parte ed escono per fare la loro esperienza. Nondimeno, vengono istruiti su ciò che accade, perché possano proteggersi. Dove non possono proteggersi da soli, Dio cuce, appunto, dei vestiti per loro. Da ultimo, perché non resti ambiguità per i maschi futuri, dichiara al serpente - che è il vero soggetto della maledizione perché ha sedotto l'uomo con un'ipotesi inverificabile -: i cuccioli della donna ti schiacceranno il capo, tanto perché tu abbia a ricordare che cosa significa la benedizione che c'è sugli uomini, che non può venire ritirata nemmeno nel momento in cui essi, a motivo della loro incredulità, fanno l'esperienza tragica di un desiderio vorace e mortificato, nella forma della sofferenza e del patire e della nudità e dell'essere indifesi. Questo è il senso radicale: restituire ogni volta la vita alla sua promessa; non una promessa nuova, inedita, da dimostrare metafisicamente, da inventare emotivamente, da ricostruire dopo quello che è successo. Alla sua promessa. Questa è la storia della fede biblico-cristiana: lo sforzo di restituire, a dispetto della voracità dell'umano desiderare, e quindi delle conseguenze dell'umana incredulità, la promessa della vita a se stessa. |
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Schedario biblico |
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Problema del male | F 3 |
Sofferenza | F 4 |
Sofferenza educatrice | F 5 |
Morte | F 6 |
Magistero |
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Ma un senso oscuro ed inestinguibile d'indegnità e d'incapacità subentra nello spirito di chi agisce senza più riferirsi a Dio; e tanto dovrebbe bastare per non disdegnare, anzi per accogliere con ineffabile gioia l'incontro con Cristo, che dà simultaneamente la coscienza del peccato e quella della sua misericordiosa e vittoriosa riparazione. Quei mali, che hanno annientato la vita terrestre di Cristo, l'empietà, l'ipocrisia, l'ingiustizia, la cattiveria, la delinquenza, la crudeltà, la viltà, la debolezza umana, ecc., sono ancora là; anch'essi, come sono messi in evidenza dalla Passione di Cristo crocifisso, così possono e debbono ricevere un flusso di resipiscenza, di redenzione, di rinascita dal mistero pasquale. |
Catechesi Paolo VI 25-3-1970 |
Catechismo della Chiesa Cattolica |
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Il desiderio di Dio | 29 |
La fede - inizio della vita eterna | 164 |
Il mistero dell'apparente impotenza di Dio | 272ss |
La Provvidenza e lo scandalo del male | 309ss |
La caduta | 385 |
L'ultima prova della Chiesa | 677 |
Un solo Battesimo per la remissione dei peccati | 979 |
Come risuscitano i morti? | 998 |
La conversione dei battezzati | 1427 |
La penitenza interiore | 1431 |
Il malato di fronte a Dio | 1502 |
Il matrimonio sotto il regime del peccato | 1606 |
L'uomo immagine di Dio | 1706ss |
Libertà e responsabilità | 1732 |
Le fonti della moralità | 1751 |
Le passioni | 1765 |
Il giudizio della coscienza | 1777 |
Scegliere secondo coscienza | 1789ss |
La definizione di peccato | 1850 |
La conversione e la società | 1889 |
Il rispetto della persona umana | 1933 |
La legge morale | 1950 |
La Legge antica | 1962 |
Il nome del Signore è santo | 2148 |
Il rispetto dell'anima altrui: lo scandalo | 2284 |
La pace | 2302 |
L'amore degli sposi | 2362 |
Il dono del figlio | 2379 |
Il disordine delle cupidigie | 2539 |
Nell'Antico Testamento | 2568 |
La preghiera dell'Ora di Gesù | 2750 |
Ma liberaci dal Male | 2850ss |
Comp. 57-58; 108; 359; 363; 372; 375; 376; 416; 597 | |
v. Bene | |
Compendio della dottrina sociale |
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Domande di fondo e presenza del male |
14 |
Peccato delle origini, radice di tutti i mali |
27 |
Rerum novarum, errori e male sociale | 89 |
Divini Redemptoris e rimedio ai mali | 92 |
Discernimento del bene e del male | 114; 136 |
Peccato e speranza, più grande di ogni male |
121 |
Verità circa il male e giudizio delle coscienze | 139 |
Libertà e male | 143 |
Solidarietà e mali di tante persone | 193 |
Albero della conoscenza del bene e del male |
256 |
Lavoro e liberazione dal male |
261 |
Un male la povertà degli oppressi | 323 |
Beni economici e l'uomo liberato dal male |
325 |
Attaccamento al denaro, radice di tutti i mali |
328 |
Autorità e condanna di chi opera il male |
380 |
Difficoltà della comunicazione e mali sociali | 416 |
Mondo percepito non come un male | 451 |
La violenza è male | 496 |
Ricorso alle armi e mali più gravi | 500 |
Dio e possibilità di superare il male | 578 |
Speranza cristiana e spiriti del male | 579 |
Summa Teologica | |
In sé | I, q. 48 |
La causa del male | I, q. 49 |
Conosciuto da Dio | I, q. 14, a. 10 |