Apostolorum successores |
"Pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri, secondo Dio; non per vile interesse, ma di buon animo; non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge.
E quando apparirà il pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce" ( 1 Pt 5,2-4 ).
Nello svolgimento del ministero episcopale, il Vescovo diocesano si lascerà guidare da alcuni principi fondamentali che caratterizzano il suo modo di agire ed informano la sua stessa vita.
Tali principi restano validi al di là delle circostanze di luogo e di tempo e sono il segno della sollecitudine pastorale del Vescovo verso la Chiesa particolare che gli è stata affidata e verso la Chiesa universale di cui è corresponsabile, in quanto membro del Collegio dei Vescovi con a capo il Romano Pontefice.
Il Vescovo non dimentica che è stato posto a reggere la Chiesa di Dio nel nome del Padre, del quale rende presente l'immagine; nel nome di Gesù Cristo suo Figlio, dal quale è stato costituito maestro, sacerdote e pastore; nel nome dello Spirito Santo che dà vita alla Chiesa.140
Lo Spirito Santo sostiene costantemente la sua missione pastorale141 e salvaguarda l'unica sovranità di Cristo.
Rendendo presente il Signore, attuando la sua parola, la sua grazia, la sua legge, il ministero del Vescovo è un servizio agli uomini che aiuta a conoscere e a seguire la volontà dell'unico Signore di tutti.
In quanto maestro e dottore autentico della fede, il Vescovo fa della verità rivelata il centro della sua azione pastorale ed il primo criterio con il quale valuta opinioni e proposte che emergono sia nella comunità cristiana che nella società civile e, nello stesso tempo, con la luce della verità illumina il cammino della comunità umana, donando speranza e certezze.
La Parola di Dio ed il Magistero della tradizione viva della Chiesa sono punti irrinunciabili di riferimento non solo per l'insegnamento del Vescovo, ma anche per il suo governo pastorale.
Il buon governo chiede al Vescovo di ricercare personalmente con tutte le sue forze la verità e di impegnarsi a perfezionare il suo insegnamento e a curare, più che la quantità, la qualità dei suoi pronunciamenti.
In tal modo eviterà il rischio di adottare soluzioni pastorali che sono solamente formali ma non rispondenti all'essenza e alla realtà dei problemi.
La pastorale è autentica quando è ancorata alla verità.
Nell'esercitare il ministero pastorale, il Vescovo si sente e si comporta come "visibile principio e fondamento"142 dell'unità della sua diocesi, ma sempre con l'animo e con l'azione rivolti all'unità dell'intera Chiesa cattolica.
Egli promuoverà l'unità di fede, di amore e di disciplina, in modo che la diocesi si senta parte viva dell'intero Popolo di Dio.
La promozione e la ricerca dell'unità, sarà proposta non come sterile uniformità, ma insieme alla legittima varietà, che il Vescovo è pure chiamato a tutelare e a promuovere.
La comunione ecclesiale condurrà il Vescovo a ricercare sempre il bene comune della diocesi, ricordando che questo è subordinato a quello della Chiesa universale e che, a sua volta, il bene della diocesi prevale su quello delle comunità particolari.
Per non ostacolare il legittimo bene particolare, il Vescovo si preoccupi di avere un'esatta conoscenza del bene comune della Chiesa particolare: conoscenza continuamente da aggiornare e verificare attraverso la frequentazione del Popolo di Dio affidatogli, la conoscenza delle persone, lo studio, le indagini socio-religiose, i consigli di persone prudenti, il dialogo costante con i fedeli, giacché le situazioni oggi sono soggette a rapidi mutamenti.
L'ecclesiologia di comunione impegna il Vescovo a promuovere la partecipazione di tutti i membri del popolo cristiano all'unica missione della Chiesa; infatti tutti i cristiani, sia singolarmente sia associati tra loro, hanno il diritto e il dovere di collaborare, ciascuno secondo la propria vocazione particolare e secondo i doni ricevuti dallo Spirito Santo, alla missione che Cristo ha affidato alla Chiesa.143
I battezzati godono di una giusta libertà di opinione e di azione nelle cose non necessarie al bene comune.
Nel governare la diocesi il Vescovo volentieri riconosca e rispetti questo sano pluralismo di responsabilità e questa giusta libertà sia delle persone sia delle associazioni particolari.
Volentieri egli partecipi agli altri il senso della responsabilità individuale e comunitaria, e lo stimoli in coloro che occupano uffici e incarichi ecclesiali, manifestando loro tutta la sua fiducia: così essi assumeranno consapevolezza e adempiranno con zelo i compiti loro spettanti per vocazione o per disposizione dei sacri canoni.
Il Vescovo, nel guidare la Chiesa particolare, attuerà il principio secondo il quale ciò che altri possono svolgere bene il Vescovo ordinariamente non lo accentra nelle sue mani; anzi, si mostra rispettoso delle legittime competenze altrui, concede ai collaboratori le opportune facoltà e favorisce le giuste iniziative, sia individuali sia associate, dei fedeli.
Il Vescovo ritenga suo dovere non solo stimolare, incoraggiare e accrescere le forze che operano nella diocesi, ma anche coordinarle tra loro, salvi sempre la libertà e i diritti legittimi dei fedeli; così si evitano dannose dispersioni, inutili doppioni, deleterie discordie.
Quando nel proprio territorio diocesano concorrano altre giurisdizioni ecclesiastiche di tipo personale, sia di rito latino ( es. ordinariati militari, ecc. ), sia di rito orientale, il Vescovo diocesano mostrerà il rispetto per le competenze delle altre autorità ecclesiastiche e la piena disponibilità per un fruttuoso coordinamento con esse, nello spirito pastorale e di collegialità affettiva.
Nel conferire gli uffici all'interno della diocesi, il Vescovo sia guidato unicamente da criteri soprannaturali e dal solo bene pastorale della Chiesa particolare.
Perciò egli guardi anzitutto al bene delle anime, rispetti la dignità delle persone e ne utilizzi le capacità, nel modo più idoneo e utile possibile, a servizio della comunità, assegnando sempre la persona giusta al posto giusto.
Il Vescovo nel guidare la diocesi si atterrà al principio di giustizia e di legalità, sapendo che il rispetto dei diritti di tutti nella Chiesa esige la sottomissione di tutti, incluso egli stesso, alle leggi canoniche.
I fedeli infatti hanno il diritto di essere guidati tenendo presenti i diritti fondamentali della persona, quelli dei fedeli e la disciplina comune della Chiesa, a tutela del bene comune e di quello dei singoli battezzati.
Tale esempio del Vescovo condurrà i fedeli ad assolvere meglio i doveri di ciascuno nei confronti degli altri e della stessa Chiesa.
Egli eviterà di governare secondo visioni e schemi personalistici riguardanti la realtà ecclesiale.
Alla cura pastorale del Vescovo, coadiuvato dal suo presbiterio, è affidata la diocesi che presiede con la sacra potestà, quale maestro di dottrina, sacerdote del culto e ministro del governo.144
Il Vescovo diocesano,145 nell'esercitare la sacra potestà abbia sempre dinanzi a sé l'esempio di Cristo e assuma l'autentico spirito di servizio evangelico, nei confronti della porzione del Popolo di Dio che gli è stata affidata.146
Nello svolgimento della sua missione, il Vescovo diocesano tenga costantemente presente che la comunità che presiede è una comunità di fede, che necessita di essere alimentata dalla Parola di Dio; una comunità di grazia, che viene continuamente edificata dal sacrificio eucaristico e dalla celebrazione degli altri sacramenti, attraverso i quali il popolo sacerdotale eleva a Dio il sacrificio della Chiesa e la sua lode.
Una comunità di carità, spirituale e materiale, che sgorga dalla fonte dell'Eucaristia.
Una comunità di apostolato, nella quale tutti i figli di Dio sono chiamati a diffondere le insondabili ricchezze di Cristo, manifestate in modo individuale o associati in gruppo.
La diversità delle vocazioni e dei ministeri che struttura la Chiesa particolare chiede al Vescovo di esercitare il ministero della comunità non isolatamente, ma insieme ai suoi collaboratori, presbiteri e diaconi, con l'apporto dei membri degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica, che arricchiscono la Chiesa particolare con la fecondità dei carismi e la testimonianza della santità, della carità, della fraternità e della missione.
Il Vescovo avrà la viva coscienza di essere nella diocesi il fondamento ed il visibile principio di unità della Chiesa particolare.
Egli deve promuovere e tutelare continuamente la comunione ecclesiale nel presbiterio diocesano, in modo che il suo esempio di dedizione, di accoglienza, di bontà, di giustizia e di comunione effettiva ed affettiva con il Papa ed i confratelli nell'Episcopato, unisca sempre più i presbiteri tra loro e con lui e nessun presbitero si senta escluso dalla paternità, dalla fraternità e dall'amicizia del Vescovo.
Questo spirito di comunione del Vescovo, incoraggerà i presbiteri nella sollecitudine pastorale per condurre alla comunione con Cristo e nell'unità della Chiesa particolare il popolo che è affidato alle loro cure pastorali.
Verso i fedeli laici, il Vescovo si farà promotore di comunione inserendoli nell'unità della Chiesa particolare, secondo la vocazione e la missione loro propria, riconoscendone la giusta autonomia, ascoltandone il consiglio e valutandone con ogni sollecitudine le legittime richieste in ordine ai beni spirituali di cui necessitano.147
Accoglierà le aggregazioni laicali nella pastorale organica della diocesi, nel rispetto sempre dell'identità propria di ciascuna, valutandone i criteri di ecclesialità indicati dalla Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles Laici,148 in modo che i membri delle associazioni, dei movimenti e dei gruppi ecclesiali uniti tra loro e con il Vescovo, collaborino con il presbiterio e con le istanze della diocesi all'avvento del regno di Dio nella società dove sono chiamati a immettere la novità del Vangelo e orientarla secondo Dio.
L'origine divina, la comunione e la missione ecclesiale caratterizzano la potestà episcopale rispetto a quella esercitata in ogni altra società umana.
Essa ha un'indole e un fine pastorale per promuovere l'unità della fede, dei sacramenti e della disciplina ecclesiale, nonché per ordinare adeguatamente la stessa Chiesa particolare, secondo le proprie finalità.
Per compiere la sua missione il Vescovo diocesano esercita, in nome di Cristo, una potestà che, in quanto al diritto è annessa all'ufficio conferito con la missione canonica.
Tale potestà è propria, ordinaria ed immediata, quantunque il suo esercizio sia regolato in definitiva dalla suprema autorità della Chiesa e quindi dal Romano Pontefice possa essere circoscritta entro certi limiti per il bene della Chiesa o dei fedeli.149
In virtù di questa potestà, i Vescovi hanno il sacro diritto, e davanti a Dio il dovere, di legiferare sui propri fedeli, di emettere giudizi e di regolare tutto quanto riguardi l'organizzazione del culto e dell'apostolato.150
Da qui la distinzione tra le funzioni legislativa, giudiziale ed esecutiva della stessa potestà episcopale.151
Le funzioni di insegnare, santificare e governare sono intimamente congiunte e tutto il ministero del Vescovo è diretto, sull'esempio del Buon Pastore, al servizio di Dio e dei fratelli.152
Per compiere la sua missione, il Vescovo si serva dell'insegnamento, del consiglio e della persuasione, ma anche dell'autorità e della sacra potestà quando lo richieda l'edificazione dei fedeli.153
Infatti, pure il corretto uso degli strumenti giuridici è in se stesso un'attività pastorale, giacché le leggi canoniche nella società ecclesiale sono al servizio di un ordine giusto dove l'amore, la grazia e i carismi possono svilupparsi armoniosamente.154
Nel trattare i problemi e nel prendere le decisioni, la salvezza delle anime è legge suprema e canone inderogabile.155
Coerente quindi con questo principio, il Vescovo eserciti la sua autorità in modo che i fedeli della sua diocesi l'accettino come aiuto paterno e non già come giogo oppressivo: egli offra al suo gregge una guida dinamica e al tempo stesso discreta, che non impone pesi non necessari e insopportabili ( cf. Mt 23,4 ) ma esige soltanto ciò che Cristo e la sua Chiesa prescrivono, e ciò che è veramente necessario o molto utile alla salvaguardia dei vincoli della carità e della comunione.
Come giudice prudente, il Vescovo giudicherà secondo quella sapiente equità canonica che è intrinseca a tutto l'ordinamento della Chiesa, avendo davanti agli occhi la persona, che in ogni circostanza va aiutata a raggiungere il suo bene soprannaturale, e il bene comune della Chiesa, per cui con animo misericordioso e benigno, ma anche fermo, sarà sempre al di sopra degli interessi personali e, alieno da ogni precipitazione o spirito di parte, attenderà di ascoltare gli interessati prima di giudicarne i comportamenti.
Il Vescovo nell'esercitare la potestà episcopale ricordi che essa è principalmente un ministero, infatti, "questo incarico che il Signore affidò ai pastori del suo popolo è un vero servizio, che la Sacra Scrittura chiama a ragione diaconia, cioè ministero ( cf. At 1,17.25; At 21,19; Rm 11,13; 1 Tm 1,12 )".156
Il Vescovo consapevole che, oltre ad essere padre e capo della Chiesa particolare, è anche fratello in Cristo e fedele cristiano, non si comporti come se fosse al di sopra della legge, bensì si attenga alla stessa regola di giustizia che impone agli altri.157
In forza della dimensione diaconale del suo ufficio, il Vescovo eviti le maniere autoritarie nell'esercizio della sua potestà e sia pronto ad ascoltare i fedeli e a cercarne la collaborazione e il consiglio, attraverso i canali e gli organi stabiliti dalla disciplina canonica.
C'è infatti una reciprocità, come una circolarità, tra il Vescovo e tutti i fedeli.
Questi, in virtù del loro battesimo sono responsabili dell'edificazione del Corpo di Cristo, quindi del bene della Chiesa particolare,158 per cui il Vescovo, cogliendo le istanze che sorgono dalla porzione del Popolo di Dio che gli è affidata, in modo autoritativo propone ciò che coopera alla realizzazione della vocazione di ciascuno.159
Il Vescovo riconosca ed accetti la diversità multiforme dei fedeli, con le diverse vocazioni e carismi, e per questo sia attento a non imporre una forzata uniformità ed eviti inutili costrizioni o autoritarismi; il che non esclude – ma anzi presuppone – l'esercizio dell'autorità, unito al consiglio e all'esortazione, affinché le funzioni e le attività di ciascuno siano rispettate dagli altri e rettamente ordinate al bene comune.
Nell'esercizio della funzione legislativa, il Vescovo diocesano terrà presenti alcuni principi basilari:
a) Il carattere personale: la potestà legislativa nell'ambito diocesano appartiene esclusivamente al Vescovo diocesano.
Tale grave responsabilità non impedisce, anzi comporta, che il Vescovo ascolti il consiglio e ricerchi la collaborazione degli organi e dei consigli diocesani prima di emanare norme o direttive generali per la diocesi.
Il Sinodo diocesano è lo strumento per eccellenza per prestare aiuto al Vescovo nel determinare l'ordinamento canonico della Chiesa diocesana.160
b) Autonomia: come conseguenza della natura stessa della Chiesa particolare, il significato della potestà legislativa non si esaurisce nella determinazione o applicazione locale delle norme emanate dalla Santa Sede o dalla Conferenza Episcopale, quando esse siano norme giuridicamente vincolanti, ma si estende anche alla regolazione di qualunque materia pastorale di ambito diocesano che non sia riservata alla suprema o ad altra autorità ecclesiastica.161
Cionondimeno, la potestà legislativa sia sempre esercitata con discrezione, in modo che le norme rispondano sempre a una reale necessità pastorale.
c) Soggezione al diritto superiore: il Pastore diocesano sa bene che la sua potestà è soggetta alla suprema autorità della Chiesa e alle norme del Diritto Canonico.
Per questo, nel disporre quanto convenga al bene della diocesi, deve sempre assicurare la necessaria armonia tra le disposizioni e gli orientamenti pastorali locali e la disciplina canonica universale e particolare determinata dalla Conferenza Episcopale o dal Concilio Particolare.162
d) Cura nel redigere le leggi: Il Vescovo avrà cura che i testi legislativi e i testi canonici siano redatti con precisione e rigore tecnico-giuridico evitando le contraddizioni, le ripetizioni inutili o la moltiplicazione di disposizioni su una stessa materia; porrà anche attenzione alla necessaria chiarezza affinché sia evidente la natura obbligatoria o orientativa delle norme e si conosca con certezza quali condotte vengono prescritte o proibite.
A questo fine si avvarrà della competenza di specialisti in Diritto Canonico, che non dovranno mai mancare nella Chiesa particolare.
Inoltre, per regolare come conviene un aspetto della vita diocesana, è condizione previa la precisa informazione sulla situazione della diocesi e le condizioni dei fedeli, giacché tale contesto ha un'influenza non indifferente nel modo di pensare e di agire dei cristiani.
Nell' esercitare la funzione giudiziale, il Vescovo potrà avvalersi dei seguenti criteri generali:
a) Purché ciò non comporti pregiudizio della giustizia, il Vescovo deve fare in modo che i fedeli risolvano in maniera pacifica le loro controversie e si riconcilino quanto prima, anche se il processo canonico fosse già iniziato, evitando così le permanenti animosità alle quali le cause giudiziarie sogliono dar luogo.163
b) Il Vescovo osservi e faccia osservare le norme di procedura stabilite per l'esercizio della potestà giudiziale, poiché sa bene che tali regole, lungi dall'essere un ostacolo meramente formale, sono un mezzo necessario per la verifica dei fatti e il conseguimento della giustizia.164
c) Se ha notizia di comportamenti che nuocciano gravemente al bene comune ecclesiale, il Vescovo deve investigare con discrezione, da solo o per mezzo di un delegato, sui fatti e la responsabilità del loro autore.165
Quando reputi di aver raccolto prove sufficienti dei fatti che hanno dato origine allo scandalo, proceda a riprendere o ammonire formalmente l'interessato.166
Ma ove ciò non bastasse per riparare lo scandalo, ristabilire la giustizia e conseguire l'emendazione della persona, il Vescovo dia inizio al procedimento per l'imposizione di pene, cosa che potrà fare in due modi:167
– mediante un regolare processo penale, nel caso in cui, per la gravità della pena, la legge canonica lo esiga o il Vescovo lo ritenga più prudente;168
– mediante un decreto extragiudiziale, conforme al procedimento stabilito nella legge canonica.169
d) Il Vescovo, conscio del fatto che il tribunale della diocesi esercita la sua stessa potestà giudiziaria, vigilerà affinché l'operato del suo tribunale si svolga secondo i principi dell'amministrazione della giustizia nella Chiesa.
In particolare, tenuto conto della singolare importanza e rilevanza pastorale delle sentenze riguardanti la validità o nullità del matrimonio, dedicherà una particolare cura a tale settore, in sintonia con le indicazioni della Santa Sede, e all'occorrenza attuerà tutti i provvedimenti necessari per far si che cessino eventuali abusi, specialmente quelli che implichino il tentativo di introdurre una mentalità divorzista nella Chiesa.
Eserciterà la sua parte di responsabilità anche nei riguardi dei tribunali costituiti per varie diocesi.
Nell'esercizio della funzione esecutiva, il Vescovo terrà presenti i seguenti criteri:
a) Verso i propri fedeli, può porre gli atti amministrativi anche se si trova fuori dal proprio territorio, o vi si trovino i fedeli stessi, a meno che non consti altro dalla natura della cosa o dalle disposizioni del diritto.170
b) Verso i forestieri, può porre gli atti amministrativi se si trovano nel territorio di sua competenza, qualora si tratti di concessioni di favori o di eseguire leggi, universali o particolari, che provvedono all'ordine pubblico, determinano formalità degli atti, o riguardano immobili situati nel territorio.171
c) La potestà esecutiva, non solo quando è ordinaria, ma anche quando è delegata per un insieme di casi, deve essere interpretata in senso largo.
Quando è delegata per singoli casi, deve essere interpretata in senso stretto.172
d) Al delegato si intendono concesse quelle facoltà senza le quali la stessa funzione non può essere esercitata.173
e) Quando più soggetti sono competenti a compiere un atto, il fatto che ci si rivolga ad uno di essi non sospende la potestà degli altri, sia essa ordinaria o delegata.174
f) Quando un fedele deferisce il caso ad un'autorità superiore, l'inferiore non si deve intromettere nella questione, se non per una causa grave ed urgente.
In tal caso egli deve avvertire immediatamente il superiore, per evitare che vi siano contraddizioni nelle decisioni.175
g) Quando si tratta di adottare provvedimenti straordinari di governo, in casi singolari, il Vescovo, prima di ogni altra cosa, cerchi le informazioni e le prove necessarie e, soprattutto nel limite del possibile si premuri di ascoltare gli interessati alla questione.176
A meno che non si frapponga causa gravissima, la decisione del Vescovo dovrà essere redatta per scritto e consegnata all'interessato.
Nell'atto, senza ledere la buona fama delle persone, dovranno risultare con precisione i motivi, sia per giustificare la decisione, sia per evitare ogni apparenza di arbitrarietà ed eventualmente, per permettere all'interessato di ricorrere contro la decisione.177
h) Nei casi delle nomine ad tempus, scaduto il termine stabilito, sia per la certezza delle persone che per quella giuridica, il Vescovo deve provvedere con la massima sollecitudine o rinnovando formalmente la nomina del titolare allo stesso ufficio, o prorogandola per un periodo più breve di quello previsto, o comunicando la cessazione dall'ufficio e nominando il titolare ad un nuovo incarico.
i) Il rapido disbrigo delle questioni è norma di ordinata amministrazione e anche di giustizia verso i fedeli.178
Quando la legge prescrive che il Vescovo prenda provvedimenti in una determinata questione o se l'interessato presenta legittimamente un'istanza o un ricorso, il decreto deve essere emesso entro tre mesi.179
l) Nell'uso delle sue ampie facoltà di dispensa dalle leggi ecclesiastiche, il Vescovo favorisca sempre il bene dei fedeli e dell'intera comunità ecclesiale, senza ombra di arbitrii o favoritismi.180
Il Vescovo Ausiliare, che è dato per raggiungere più efficacemente il bene delle anime in una diocesi troppo estesa o con un elevato numero di abitanti o per altri motivi di apostolato, è il principale collaboratore del Vescovo diocesano nel governo della diocesi.
Per questo egli consideri il Vescovo Ausiliare come fratello e lo renda partecipe dei suoi progetti pastorali, dei provvedimenti e di tutte le iniziative diocesane, affinché nel reciproco scambio di opinioni procedano in unità di intenti e in armonia di impegno.
A sua volta il Vescovo Ausiliare, consapevole della sua funzione in seno alla diocesi, agirà sempre in piena obbedienza al Vescovo diocesano, rispettandone l'autorità.
a) Il Vescovo diocesano, che intende avvalersi di un Vescovo Ausiliare, deve presentare motivata domanda alla Santa Sede quando lo richieda la reale necessità della diocesi.
La richiesta non deve essere dettata da semplici ragioni di onore e di prestigio.
b) Quando sia possibile provvedere adeguatamente ai bisogni della diocesi con la nomina di Vicari Generali o episcopali senza carattere vescovile, il Vescovo diocesano ricorra ad essi, anziché chiedere la nomina del Vescovo Ausiliare.
c) Nella domanda per la concessione di un Vescovo Ausiliare, il Vescovo diocesano deve presentare una descrizione dettagliata degli uffici e dei compiti che egli intende affidare all'Ausiliare, anche quando si tratta di sostituire un Vescovo Ausiliare trasferito o dimissionario, assumendosi in prima persona l'impegno a valorizzare opportunamente il suo servizio episcopale per il bene dell'intera diocesi.
Il Vescovo diocesano non deve affidare al Vescovo Ausiliare la cura d'anime in una parrocchia e incarichi solo marginali o occasionali.
d) Il Vescovo Ausiliare, di norma, sarà costituito Vicario Generale, o almeno Vicario Episcopale, in modo che dipenda soltanto dall'autorità del Vescovo diocesano, il quale affiderà preferibilmente a lui la trattazione di questioni, che a norma del diritto, richiedano un mandato speciale.181
In circostanze particolarmente gravi, anche di carattere personale, la Santa Sede può nominare un Vescovo Ausiliare munito di facoltà speciali.182
Quando le circostanze lo ritengano opportuno, la Santa Sede può nominare un Vescovo Coadiutore.183
Il Vescovo diocesano lo accoglierà volentieri e con spirito di fede e promuoverà un'effettiva comunione in forza della comune corresponsabilità episcopale instaurando autentici rapporti che con il Coadiutore devono essere ancora più intensi e fraterni, per il bene della diocesi.
Il Vescovo diocesano terrà costantemente presente che il Vescovo Coadiutore ha il diritto di successione184 e quindi attuerà le proprie iniziative in pieno accordo con lui, in modo che resti facilmente aperta la via al futuro esercizio del ministero pastorale del proprio Coadiutore.
Il Vescovo diocesano dimostrerà lo stesso accordo anche con l'Ausiliare munito di facoltà speciali.185
In circostanze particolari la Santa Sede può straordinariamente disporre che ad una diocesi che ha il proprio Vescovo sia preposto un Amministratore Apostolico.
In tal caso il Vescovo diocesano collabora, per quanto gli compete, al pieno, libero e sereno espletamento del mandato dell'Amministratore Apostolico.
Oltre che osservare quanto è previsto dal Codice di Diritto Canonico per il compimento del 75° anno di età, il Vescovo, quando per il venir meno delle forze o per una grande difficoltà di adattarsi alle nuove situazioni o per altro motivo diventi meno atto a compiere il proprio ufficio, voglia affrettarsi a presentare la rinuncia allo scopo di promuovere il bene delle anime e della Chiesa particolare.186
Nell'esercizio della cura delle anime la principale responsabilità spetta ai presbiteri diocesani che, in forza dell'incardinazione o della dedizione ad una Chiesa particolare, sono consacrati interamente al suo servizio per pascere una medesima porzione del gregge del Signore.
I presbiteri diocesani, infatti, sono i principali ed insostituibili collaboratori dell'ordine episcopale, insigniti dell'unico ed identico sacerdozio ministeriale di cui il Vescovo possiede la pienezza.
Il Vescovo e i presbiteri sono costituiti ministri della missione apostolica; il Vescovo li associa alla sua sollecitudine e responsabilità, in modo che coltivino sempre il senso della diocesi, fomentando, allo stesso tempo, il senso universalistico della Chiesa.187
Come Gesù manifestò il suo amore verso gli Apostoli, così anche il Vescovo, padre della famiglia presbiterale, per mezzo del quale il Signore Gesù Cristo Supremo Pontefice è presente fra i credenti, sa che è suo dovere rivolgere il suo amore e la sua sollecitudine particolare verso i sacerdoti e i candidati al sacro ministero.188
Guidato da una carità sincera e indefettibile, il Vescovo si preoccupi di aiutare in tutti i modi i suoi sacerdoti, perché apprezzino la sublime vocazione sacerdotale, la vivano con serenità, la diffondano intorno a sé con gioia e svolgano fedelmente i loro compiti e la difendano con decisione.189
I rapporti tra il Vescovo e il presbiterio debbono essere ispirati e alimentati dalla carità e da una visione di fede, in modo che gli stessi vincoli giuridici, derivanti dalla costituzione divina della Chiesa, appaiano come la naturale conseguenza della comunione spirituale di ciascuno con Dio ( cf. Gv 13,35 ).
In questo modo sarà anche più fruttuoso il lavoro apostolico dei sacerdoti, giacché l'unione di volontà e di intenti con il Vescovo approfondisce l'unione con Cristo, che continua il suo ministero di capo invisibile della Chiesa per mezzo della Gerarchia visibile.190
Nell'esercizio del suo ministero, il Vescovo si comporti con i suoi sacerdoti non tanto come un mero governante con i propri sudditi, ma piuttosto come un padre e un amico.191
Si impegni totalmente nel favorire un clima di affetto e di fiducia in modo che i suoi presbiteri rispondano con un'obbedienza convinta, gradita e sicura.192
L'esercizio dell'obbedienza viene reso più soave, e non già indebolito, se il Vescovo, per quanto è possibile e salve sempre la giustizia e la carità, manifesta agli interessati i motivi delle sue disposizioni.
Abbia uguali premure ed attenzioni verso ciascun presbitero, perché tutti i sacerdoti, benché dotati di attitudini e capacità diverse, sono ugualmente ministri al servizio del Signore e membri del medesimo presbiterio.
Il Vescovo favorisca lo spirito di iniziativa dei suoi sacerdoti, evitando che l'obbedienza venga intesa in maniera passiva e irresponsabile.
Si adoperi affinché ciascuno dia il meglio di sé e si doni con generosità, mettendo in gioco le proprie capacità al servizio di Dio e della Chiesa, con la maturità di figli di Dio.193
Il Vescovo consideri suo sacrosanto dovere conoscere i presbiteri diocesani, nel carattere e nelle attitudini e aspirazioni, il loro livello di vita spirituale, lo zelo e gli ideali, lo stato di salute e le condizioni economiche, le loro famiglie e tutto ciò che li riguardi.
E li conosca non soltanto in gruppo ( come per esempio avviene negli incontri con il clero di tutta la diocesi o di una vicaria ) e in seno agli organismi pastorali, ma anche individualmente e, per quanto possibile, nel luogo di lavoro.
A questo scopo è diretta la visita pastorale, durante la quale dev'essere dato tutto il tempo necessario agli incontri personali, più che alle questioni di carattere amministrativo o burocratico, che possono essere adempiute anche da un chierico delegato dal Vescovo.194
Con animo paterno e con semplice familiarità faciliti il dialogo trattando quanto è nel loro interesse, degli incarichi ad essi affidati, dei problemi relativi alla vita diocesana.
A questo scopo il Vescovo faciliterà la mutua conoscenza tra le diverse generazioni di sacerdoti, inculcando nei giovani il rispetto e la venerazione per i sacerdoti anziani e negli anziani l'accompagnamento e il sostegno per i sacerdoti giovani, cosicché tutto il presbiterio si senta unito al Vescovo, davvero corresponsabile della Chiesa particolare.
Egli nutra e manifesti pubblicamente la propria stima per i presbiteri, dimostrando fiducia e lodandoli se lo meritano; rispetti e faccia rispettare i loro diritti e li difenda da critiche infondate;195 dirima prontamente le controversie, per evitare che inquietudini prolungate possano offuscare la fraterna carità e danneggiare il ministero pastorale.
L'attività dei presbiteri deve essere ordinata guardando prima di tutto al bene delle anime e alle necessità della diocesi, senza trascurare anche le diverse attitudini e legittime inclinazioni di ciascuno, nel rispetto della dignità umana e sacerdotale.
Tale prudenza nel governare si manifesta tra l'altro:
– Nella provvista degli uffici, il Vescovo agirà con la massima prudenza, per evitare il pur minimo sospetto di arbitrio, favoritismo o pressione indebita.
A tal fine, solleciti sempre il parere di persone prudenti, ed accerti l'idoneità dei candidati anche mediante un esame.196
– Nel conferimento degli incarichi, il Vescovo giudichi con equità la capacità di ciascuno e non sovraccarichi nessuno di impegni che, per numero o importanza, potrebbero superare le possibilità dei singoli e anche danneggiarne la vita interiore.197
Non è bene collocare in un ministero troppo impegnativo i presbiteri subito appena terminata la formazione in seminario, bensí gradualmente e dopo un'opportuna preparazione ed una appropriata esperienza pastorale, affidandoli a Parroci idonei, affinché nei primi anni di sacerdozio possano ulteriormente sviluppare e rafforzare sapientemente la propria identità.
– Il Vescovo non trascuri di rammentare ai presbiteri che tutto ciò che compiono per mandato del Vescovo, anche ove non comporti la cura diretta delle anime, può a ragione chiamarsi ministero pastorale ed è rivestito di dignità, di merito soprannaturale ed efficacia per il bene dei fedeli.
Anche i presbiteri che, con il consenso dell'autorità competente, svolgono funzioni sovradiocesane o lavorano in organismi a livello nazionale ( come, per esempio, i superiori o i professori dei seminari interdiocesani o delle facoltà ecclesiastiche e gli officiali della Conferenza Episcopale ), collaborano con i Vescovi con una valida attività pastorale che merita una speciale attenzione da parte della Chiesa.198
Procuri, infine, che i sacerdoti si dedichino completamente a quanto è proprio del loro ministero,199 poiché sono molte le necessità della Chiesa ( cf. Mt 9,37-38 ).3
Tutti i presbiteri, in quanto partecipi dell'unico sacerdozio di Cristo e chiamati a cooperare alla medesima opera, sono fra loro uniti da particolari vincoli di fraternità.200
È dunque opportuno che il Vescovo favorisca, per quanto possibile, la vita in comune dei presbiteri, che risponde alla forma collegiale del ministero sacramentale201 e riprende la tradizione della vita apostolica per una maggiore fecondità del ministero; i ministri si sentiranno così sostenuti nel loro impegno sacerdotale e nel generoso esercizio del ministero: questo aspetto ha una speciale applicazione nel caso di coloro i quali sono impegnati in una stessa attività pastorale.202
Il Vescovo promuova altresì le relazioni fra tutti i presbiteri, tanto secolari che religiosi o appartenenti alle Società di vita apostolica, poiché tutti appartengono all'unico ordine sacerdotale ed esercitano il proprio ministero per il bene della Chiesa particolare.
Ciò si potrà ottenere mediante incontri periodici a livello di vicaria o di raggruppamenti analoghi di parrocchie in cui sia divisa la diocesi, per motivo di studio, di preghiera e di gioiosa condivisione.203
Un mezzo che si è dimostrato idoneo a favorire gli incontri sacerdotali è la cosiddetta "casa del clero".
Il Vescovo appoggi ed apprezzi quelle associazioni di presbiteri eventualmente esistenti in diocesi che, sulla base di statuti riconosciuti dalla competente autorità ecclesiastica, per mezzo di un programma idoneo di vita e di aiuto fraterno, sostengono la santificazione del clero nell'esercizio del ministero e rafforzano i vincoli che legano il sacerdote al Vescovo e alla Chiesa particolare della quale fanno parte.204
I presbiteri non debbono mancare di quanto si addice ad un tenore di vita decoroso e degno e i fedeli della diocesi debbono essere consapevoli che ad essi spetta il dovere di venire incontro a tale necessità.
In primo luogo sotto questo aspetto il Vescovo deve occuparsi della loro rimunerazione, che deve essere adeguata alla loro condizione, "considerando tanto la natura dell'ufficio da essi svolto come le circostanze di luogo e di tempo", ma sempre assicurando anche che possano provvedere alle proprie necessità e alla giusta rimunerazione di chi presta loro servizio.205
In questo modo non si vedranno costretti a cercare un sostegno supplementare esercitando attività estranee al loro ministero, cosa che può offuscare il significato della propria scelta e una riduzione dell'attività pastorale e spirituale.
Occorre altresì fare in modo che possano usufruire dell'assistenza sociale, "mediante la quale si provvede adeguatamente alle loro necessità in caso di malattia, invalidità o vecchiaia".206
Questa giusta esigenza dei chierici potrà essere soddisfatta anche tramite istituzioni interdiocesane, nazionali207 e internazionali.
Il Vescovo vigili sulla correttezza nel vestire dei presbiteri, anche religiosi, secondo la legge universale della Chiesa e le norme della Conferenza Episcopale,208 in modo che risulti sempre palese la loro condizione sacerdotale e siano anche nell'abito testimoni viventi delle realtà soprannaturali che sono chiamati a comunicare agli uomini.209
Il Vescovo sarà di esempio portando fedelmente e con dignità la veste talare ( filettata o semplicemente nera ), o, in certe circostanze, almeno il clergyman con colletto romano.
Con animo paterno il Vescovo vigili con discrezione sulla dignità dell'alloggio e l'assistenza domestica, aiutando ad evitare anche l'apparenza di trascuratezza, o di stranezza, o di negligenza nel tenore di vita personale, cosa che arrecherebbe danno alla salute spirituale dei presbiteri.
Non tralasci di esortarli ad utilizzare il tempo libero per sani svaghi e letture culturalmente formative, facendo un uso moderato e prudente dei mezzi di comunicazione sociale e degli spettacoli.
Favorisca inoltre che ogni anno possano godere di un sufficiente periodo di vacanze.210
Il Vescovo, anche mediante il vicario di zona, cerchi di prevenire e rimediare alle difficoltà di ordine umano e spirituale in cui possono imbattersi i presbiteri.
Venga amorevolmente in soccorso di chi può trovarsi in una situazione difficile, dei malati, degli anziani, dei poveri, affinché tutti sentano la gioia della loro vocazione e la gratitudine verso i propri pastori.
Quando si ammalano, il Vescovo li conforti con una sua visita o almeno con un suo scritto o una telefonata e si assicuri che siano ben assistiti sia in senso materiale che spirituale; quando muoiono ne celebri le esequie personalmente, se possibile, o per mezzo di un suo rappresentante.
Occorre poi fare attenzione ad alcuni casi specifici:
a) È necessario prevenire la solitudine e l'isolamento dei sacerdoti, soprattutto se sono giovani ed esercitano il ministero in località piccole e poco popolate.
Per risolvere eventuali difficoltà, converrà procurare l'aiuto di un sacerdote zelante ed esperto e favorire frequenti contatti con i confratelli nel sacerdozio,211 anche mediante possibili modalità di vita in comune.
b) Occorre fare attenzione al pericolo dell'abitudine e della stanchezza che gli anni di lavoro o le difficoltà inerenti al ministero possono provocare.
Secondo le possibilità della diocesi, il Vescovo studi, caso per caso, il modo di recupero spirituale, intellettuale e fisico, che aiuti a riprendere il ministero con rinnovata energia.
Tra tali forme, in qualche caso eccezionale si può considerare anche il periodo detto "sabbatico".212
c) Il Vescovo si prodighi con paterno affetto verso quei sacerdoti che per affaticamento o per infermità si trovano in una situazione di debolezza o stanchezza morale, destinandoli ad attività che risultino più invitanti e facili da compiere nel loro stato, facendo in modo di evitare l'isolamento in cui possono trovarsi e infine assistendoli con comprensione e pazienza perché si sentano umanamente utili e scoprano l'efficacia soprannaturale - per l'unione con la Croce di nostro Signore - della loro presente condizione.213
d) Dal Vescovo siano trattati con animo paterno anche i presbiteri che abbandonano il servizio divino,214 sforzandosi di ottenere la loro conversione interiore e facendo sì che rimuovano la causa che li ha condotti al distacco, perché possano così tornare alla vita sacerdotale, o almeno regolarizzino la loro situazione nella Chiesa.215
A norma dello stesso rescritto di dimissione dallo stato clericale, li terrà lontani da quelle attività che presuppongono un incarico assegnato dalla gerarchia,216 evitando così scandalo tra i fedeli e confusione in diocesi.
e) Di fronte a comportamenti scandalosi, il Vescovo intervenga con carità ma con fermezza e decisione: sia con ammonizioni o rimproveri sia procedendo alla rimozione o al trasferimento ad altro ufficio in cui non esistano le circostanze che favoriscano quei comportamenti.217
Se tali misure risultassero inutili o insufficienti, di fronte alla gravità della condotta e alla contumacia del chierico, imponga la pena di sospensione secondo il diritto o, nei casi estremi previsti dalla norma canonica, dia inizio al processo penale per la dimissione dello stato clericale.218
Affinché i sacerdoti mantengano castamente il loro impegno con Dio e con la Chiesa, è necessario che il Vescovo abbia a cuore che il celibato sia presentato nella sua piena ricchezza biblica, teologica e spirituale.219
Si adoperi per suscitare in tutti una profonda vita spirituale, che colmi il loro cuore di amore per Cristo e attragga l'aiuto divino.
Il Vescovo rafforzi i vincoli di fraternità e di amicizia tra i sacerdoti, e non manchi di mostrare il senso positivo che la solitudine esteriore può avere per la loro vita interiore e per la loro maturità umana e sacerdotale, e di presentarsi loro come amico fedele e confidente al quale possano aprirsi in cerca di comprensione e di consiglio.
Il Vescovo è consapevole degli ostacoli reali che, oggi più di ieri, si oppongono al celibato sacerdotale.
Dovrà perciò esortare i presbiteri all'esercizio di una prudenza soprannaturale ed umana, insegnando che un comportamento riservato e discreto nel trattare con le donne è conforme alla loro consacrazione celibataria e che una male interpretata naturalezza in questi rapporti può degenerare in attaccamento sentimentale.
Se necessario, avverta o ammonisca chi possa trovarsi in una situazione rischiosa.
Secondo le circostanze, converrà stabilire norme concrete che facilitino l'osservanza degli impegni connessi con l'Ordinazione sacerdotale.220
Il Vescovo educherà i sacerdoti di ogni età e condizione all'adempimento del loro dovere di formazione permanente e provvederà ad organizzarla,221 affinché l'entusiasmo per il ministero non diminuisca, ma anzi aumenti e maturi con il trascorrere degli anni, rendendo più vivo ed efficace il sublime dono ricevuto ( cf. 2 Tm 1,6 ).
Già negli anni del seminario occorre inculcare ai futuri sacerdoti la necessità di continuare e approfondire la formazione anche dopo l'Ordinazione sacerdotale, in maniera che la fine degli studi istituzionali e della vita comunitaria non significhi un'interruzione rispetto a questo.
È inoltre, necessario favorire nei sacerdoti più anziani quella giovinezza d'animo che si manifesta nel permanente interesse verso una crescita costante per raggiungere "in pienezza la statura di Cristo" ( Ef 4,13 ), aiutandoli a vincere le eventuali resistenze - dovute all'influenza della routine, alla stanchezza, ad un esagerato attivismo o ad un'eccessiva fiducia nelle proprie possibilità - in relazione ai mezzi di formazione permanente che la diocesi offre loro.222
Il Vescovo offrirà ai suoi presbiteri un valido esempio se, per quanto gli risulti possibile, insieme a loro, suoi più intimi collaboratori, parteciperà attivamente agli incontri formativi.223
Il Vescovo consideri come elemento integrante e primario per la formazione permanente del presbiterio gli esercizi spirituali annuali, organizzati in modo tale che siano per ciascuno un tempo di autentico e personale incontro con Dio e di revisione della propria vita personale e ministeriale.
Nei programmi e nelle iniziative per la formazione dei sacerdoti, il Vescovo non tralasci di servirsi del Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, che compendia la dottrina e la disciplina ecclesiale sull'identità sacerdotale e la funzione del sacerdote nella Chiesa, così come il modo di rapportarsi alle altre categorie di fedeli cristiani.
Nel medesimo Direttorio, il Vescovo troverà anche indicazioni ed utili orientamenti per l'organizzazione e la direzione dei diversi mezzi di formazione permanente.
Fra tutte le istituzioni diocesane il Vescovo consideri come primissima il seminario e ne faccia oggetto delle cure più intense e assidue del suo ufficio pastorale, perché dai Seminari dipendono in gran parte la continuità e la fecondità del ministero sacerdotale della Chiesa.224
Il Vescovo insista decisamente e con convinzione sulla necessità del seminario maggiore quale strumento privilegiato per la formazione sacerdotale225 e si adoperi affinché la diocesi abbia un seminario maggiore proprio, come espressione della pastorale vocazionale della Chiesa particolare e nello stesso tempo come comunità ecclesiale peculiare che forma i futuri presbiteri ad immagine di Gesù Cristo, Buon Pastore.
L'istituzione del seminario maggiore diocesano è condizionata dalla possibilità della diocesi di offrire una profonda formazione umana, spirituale, culturale e pastorale ai candidati al sacerdozio.
A tale scopo il Vescovo cercherà di favorire la formazione dei formatori e dei futuri professori al più alto livello accademico possibile.
Se la diocesi non è in condizioni di avere un seminario proprio, il Vescovo unisca le sue forze con quelle di altre diocesi vicine per dar vita a un seminario interdiocesano, o invii i candidati nel seminario più vicino alla diocesi.226
La Santa Sede, appurata la reale difficoltà che ogni diocesi abbia il suo seminario maggiore, dà l'approvazione per l'erezione di un seminario interdiocesano.
Ne approva pure gli statuti.
I Vescovi interessati dovranno concordare le norme del regolamento ed è responsabilità di ciascuno visitare personalmente i propri alunni e interessarsi alla loro formazione per venire a conoscenza, dai superiori, di quanto gli possa essere utile per valutare se sussistano le condizioni per l'ammissione al sacerdozio.227
La possibilità di ridurre la permanenza prescritta dei seminaristi nel seminario è da considerarsi un'eccezione per singoli casi specifici.228
Oltre al seminario maggiore il Vescovo si preoccuperà, laddove è possibile, di costituire il seminario minore o di sostenerlo dove è già presente.229
Tale seminario dovrà essere inteso come una peculiare comunità di ragazzi dove vengono custoditi e sviluppati i germi della vocazione sacerdotale.
Il Vescovo diocesano imposti il seminario minore secondo un tenore di vita conveniente all'età, allo sviluppo degli adolescenti e secondo le norme di una sana psicologia e pedagogia sempre nel rispetto della libertà dei giovani nella scelta di vita.
Il Vescovo, inoltre, sia consapevole che questo tipo di comunità necessita della continua circolarità educativa della comunità educante del seminario, dei genitori dei ragazzi e della scuola.230
Per la sua natura e la sua missione, sarebbe bene che il seminario minore divenisse nella diocesi un valido punto di riferimento della pastorale vocazionale, con opportune esperienze formative per ragazzi che sono alla ricerca del senso della loro vita, della vocazione o che sono già decisi a intraprendere la strada del sacerdozio ministeriale, ma non possono ancora iniziare un vero cammino formativo.
Il Vescovo promuova un'intensa collaborazione tra la comunità educativa del seminario maggiore e quella del seminario minore in modo che non vi sia discontinuità nelle linee di fondo della formazione e quest'ultimo offra un'adeguata e solida base a coloro che dovranno continuare il cammino vocazionale nel seminario maggiore.231
Sarà necessario che il seminario minore offra agli alunni un corso di studi equivalente a quello previsto dal curriculum statale, possibilmente riconosciuto dallo Stato stesso.232
Analogamente alla cura che il Vescovo dovrà avere verso i germi di vocazione degli adolescenti e dei giovani, così dovrà provvedere alla formazione delle vocazioni adulte, disponendo a tal fine adeguati istituti o un programma formativo adeguato all'età e alla condizione di vita del candidato al sacerdozio.233
L'attuale e assai problematica situazione dell'universo giovanile richiede specialmente dal Vescovo che si operi un attento discernimento dei candidati al momento della loro ammissione in seminario.
In alcuni casi difficili, nella selezione dei candidati per l'ammissione al seminario, sarà opportuno sottoporre i giovani a test psicologici, ma soltanto "si casus ferat",234 perché il ricorso a tali mezzi non può essere generalizzato e lo si deve fare con grande prudenza, per non violare il diritto della persona a conservare la propria intimità.235
In questo contesto si deve anche prestare una grande attenzione all'ammissione in seminario di candidati al sacerdozio provenienti da altri seminari o da famiglie religiose.
In questi casi, l'obbligo del Vescovo è quello di applicare scrupolosamente le norme previste dalla disciplina della Chiesa circa l'ammissione in seminario degli ex seminaristi e degli ex religiosi e membri delle Società di vita apostolica.236
Come manifestazione della sua primaria responsabilità nella formazione dei candidati al sacerdozio, il Vescovo visiti spesso il seminario, o gli alunni della propria diocesi che risiedono nel seminario interdiocesano o in altro seminario, intrattenendosi cordialmente con loro in modo che essi possano stare con lui.
Il Vescovo riterrà tale visita come uno dei momenti importanti della sua missione episcopale, in quanto la sua presenza in seminario aiuta ad inserire questa peculiare comunità nella Chiesa particolare, la sprona a conseguire la finalità pastorale della formazione e a dare il senso di Chiesa ai giovani candidati al sacerdozio.237
In tale visita il Vescovo cercherà un incontro diretto e informale con gli alunni in modo da conoscerli personalmente, alimentando il senso della familiarità e dell'amicizia con loro per poter valutare le inclinazioni, le attitudini, le doti umane ed intellettuali di ciascuno ed anche gli aspetti della loro personalità che necessitano di una maggior cura educativa.
Questo rapporto familiare permetterà al Vescovo di poter valutare meglio l'idoneità dei candidati al sacerdozio e di confrontare il suo giudizio con quello dei superiori del seminario che è alla base della promozione al sacramento dell'ordine.
Infatti, sul Vescovo ricade l'ultima responsabilità dell'ammissione dei candidati agli ordini sacri.
La loro idoneità gli deve risultare provata con argomenti positivi, per cui, se per precise ragioni dovesse avere dei dubbi, non ammetta all'ordinazione.238
Il Vescovo si preoccupi di inviare presbiteri intellettualmente dotati a continuare gli studi nelle università ecclesiastiche, per assicurare alla diocesi un clero accademicamente formato, un insegnamento teologico di qualità e disporre inoltre di persone ben preparate all'esercizio dei ministeri che esigono una particolare competenza.
Per ottenere maggior frutto dalla loro esperienza di studi, può risultare in genere spesso conveniente che questi sacerdoti facciano prima un periodo di esercizio del ministero.239
Il Vescovo scelga con particolare cura il Rettore, il Direttore Spirituale, i Superiori e i Confessori del seminario, i quali debbono essere i migliori tra i sacerdoti della diocesi, eccellere in devozione e sana dottrina, conveniente esperienza pastorale, zelo per le anime e speciale attitudine formativa e pedagogica; e se non ne dispone, li richiede ad altre diocesi meglio provviste.
È opportuno che i formatori godano di una qualche stabilità ed abbiano residenza abituale nella comunità del seminario.
Al Vescovo spetta anche un'attenzione e una sollecitudine del tutto particolari per la loro preparazione speciale, che sia veramente tecnica, pedagogica, spirituale, umana e teologica.240
Mentre avanza il percorso formativo, il Vescovo solleciti i superiori del seminario a fornire informazioni precise circa la situazione e il profitto degli alunni.
Con prudente anticipo, si assicuri mediante scrutini che ciascuno dei candidati sia idoneo per i sacri ordini e pienamente deciso a vivere le esigenze del sacerdozio cattolico.
Non agisca mai con precipitazione in una materia così delicata e, nei casi di dubbio, piuttosto differisca la sua approvazione, finché non si sia dissipata ogni ombra di mancanza di idoneità.
Qualora il candidato non venga ritenuto idoneo a ricevere i sacri ordini, gli si comunichi per tempo la valutazione di non idoneità.241
Sono parimenti responsabili della formazione integrale al sacerdozio tutti i professori del seminario, anche chi si occupa di materie non strettamente teologiche, e per tale incarico debbono essere nominati soltanto coloro che si distinguano per una sicura dottrina e abbiano sufficiente preparazione accademica e capacità pedagogica.
Il Vescovo vigili attentamente affinché compiano con diligenza il loro compito e se qualcuno si discosta dalla dottrina della Chiesa o dà cattivo esempio agli alunni, lo allontani con decisione dal seminario.242
In casi particolari, e secondo la natura della disciplina scientifica, l'incarico di professore del seminario può essere affidato anche a laici che siano competenti e diano esempio di autentica vita cristiana.243
Con i responsabili del seminario, il Vescovo mantenga frequenti contatti personali, in segno di fiducia, per animarli nel loro operato e far sì che tra loro regni uno spirito di piena armonia, di comunione e di collaborazione.
È competenza del Vescovo approvare il Progetto Formativo del seminario e il Regolamento.
Tale progetto dovrà essere articolato secondo i principi stabiliti dalla Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis data dalla Congr. per l'Educazione Cattolica, dagli altri documenti della Santa Sede e dalla Ratio Institutionis Sacerdotalis data dalla Conferenza Episcopale, nonché dalle necessità concrete della Chiesa particolare.244
L'obiettivo fondamentale del progetto formativo avrà come nucleo centrale la configurazione dei seminaristi a Cristo capo e pastore, nell'esercizio della carità pastorale.
Tale obiettivo sarà raggiunto mediante:
a) la formazione umana attraverso l'educazione a quelle virtù, che consentano ai seminaristi di sviluppare una personalità armonica e di accrescere la propria efficacia apostolica;
b) la formazione spirituale, che disponga gli alunni a conseguire la santità cristiana attraverso il ministero sacerdotale, esercitato con fede viva e amore per le anime;245
c) la formazione dottrinale, in modo che gli alunni raggiungano una conoscenza integrale della dottrina cristiana che sostenga la loro vita spirituale e li aiuti nel ministero dell'insegnamento.246
A tal fine, il Vescovo dovrà vigilare sulla retta dottrina dei professori, così come dei manuali e degli altri libri utilizzati nel seminario;
d) la formazione pastorale, con la quale si cerchi di inserire i seminaristi nelle diverse attività apostoliche della diocesi e nell'esperienza pastorale diretta, tramite modalità concrete determinate dal Vescovo.
Questa formazione abbia una naturale continuità specialmente durante i primi anni dell'esercizio del ministero presbiterale, in conformità con quanto disponga il piano di formazione sacerdotale nazionale;247
e) la formazione missionaria, che è esigita dalla natura universalistica del ministero sacro,248 fa sì che i seminaristi sentano sollecitudine non solo per la propria Chiesa particolare, ma anche per la Chiesa universale e siano pronti a offrire la propria opera a quelle Chiese particolari che si trovano in gravi necessità.
Quelli tra i seminaristi che mostrassero il desiderio di esercitare il loro ministero in altre Chiese siano incoraggiati e ricevano una formazione speciale.249
La pastorale vocazionale, strettamente connessa alla pastorale dei giovani, trova il suo nucleo ed organo specifico nell'opera diocesana per le vocazioni.
Converrà perciò costituire nella diocesi, sotto la guida di un sacerdote, un servizio comune per tutte le vocazioni, per coordinare le diverse iniziative, sempre nel rispetto dell'autonomia propria di ogni istituzione ecclesiale.250
Se può risultare utile, il Vescovo crei "piani operativi" diocesani a breve e lungo termine.
In particolare, è dovere prioritario dei Vescovi provvedere alla sufficienza numerica dei sacri ministri, sostenendo le opere già esistenti a tale scopo e promuovendo altre iniziative.251
Il Vescovo abbia a cuore di istruire tutti i fedeli circa l'importanza del sacro ministero insegnando loro la responsabilità di suscitare vocazioni per il servizio dei fratelli e l'edificazione del Popolo di Dio.
Ciò è stato sempre un compito necessario, ma oggi è divenuto un dovere più grave e più urgente.
Il Vescovo non tralasci di fomentare nei sacerdoti l'impegno per dare continuità alla loro missione divina, come naturale conseguenza dello spirito apostolico e dell'amore alla Chiesa.
Soprattutto i parroci hanno un ruolo del tutto speciale nella promozione delle vocazioni al ministero sacro, per cui dovranno premurosamente seguire i bambini e i ragazzi che dimostrino una particolare attitudine al servizio dell'altare, dando loro una guida spirituale conforme all'età, e frequentando anche i genitori.252
Il Concilio Vaticano II, secondo la venerabile tradizione ecclesiale, ha definito il diaconato un "ministero della liturgia, della parola e della carità".253
Il diacono, pertanto, partecipa secondo un modo proprio delle tre funzioni di insegnare, santificare e governare, che corrispondono ai membri della Gerarchia.
Egli proclama e illustra la Parola di Dio; amministra il Battesimo, la Comunione e i Sacramentali; anima la comunità cristiana, principalmente in ciò che si riferisce all'esercizio della carità e all'amministrazione dei beni.
Il ministero di questi chierici, nei suoi differenti aspetti, è penetrato dal senso di servizio che dà nome all'ordine "diaconale".
Come nel caso di qualunque altro ministro sacro, il servizio diaconale si rivolge in primo luogo a Dio, e, in nome di Dio, ai fratelli; ma la diaconia è anche servizio all'episcopato e al presbiterato, ai quali l'ordine diaconale è legato da vincoli di obbedienza e di comunione, secondo le modalità stabilite dalla disciplina canonica.
In questo modo, tutto il ministero diaconale costituisce un'unità al servizio del piano divino di redenzione, i cui distinti ambiti sono saldamente connessi tra loro: il ministero della parola conduce al ministero dell'altare, che a sua volta comporta l'esercizio della carità.
Pertanto, il Vescovo deve adoperarsi affinché tutti i fedeli, e in particolare i presbiteri, apprezzino e stimino il ministero dei diaconi, per il servizio che esercitano ( liturgico, catechetico, socio-caritativo, pastorale, amministrativo, ecc. ), per l'edificazione della Chiesa e perché essi suppliscono all'eventuale scarsità di sacerdoti.
È molto importante disporre le cose in modo che i diaconi possano, nella misura delle proprie possibilità, svolgere in pienezza il loro ministero: predicazione, liturgia, carità.254
I diaconi debbono comprendere che i loro differenti incarichi non sono un insieme di attività diverse, bensì sono strettamente legate grazie al sacramento ricevuto, e che tali compiti, benché alcuni di essi possano essere espletati anche da laici, sono sempre diaconali, perché è un diacono a realizzarli, in nome della Chiesa, sostenuto dalla grazia del sacramento.255
Per questo motivo, qualunque incarico di supplenza della presenza del presbitero deve essere affidato preferibilmente a un diacono piuttosto che a un laico, soprattutto ove si tratti di collaborare stabilmente alla guida di una comunità cristiana carente di presbitero o di assistere, in nome del Vescovo o del parroco, a gruppi dispersi di cristiani.256
Ma allo stesso tempo, occorre fare in modo che i diaconi esercitino le attività proprie, senza essere relegati alla sola funzione di supplenza dei presbiteri.
Come i Vescovi e i presbiteri, i diaconi costituiscono un ordine di fedeli uniti da vincoli di solidarietà nell'esercizio di un'attività comune.
Per questo, il Vescovo deve favorire le relazioni umane e spirituali dei diaconi, che li portino a gustare una speciale fraternità sacramentale.
Ciò potrà realizzarsi utilizzando i mezzi di formazione diaconale permanente e anche tramite riunioni periodiche, convocate dal Vescovo per valutare l'esercizio del ministero, scambiarsi esperienze e avere un sostegno per perseverare nella chiamata ricevuta.
I diaconi, come gli altri fedeli e gli altri chierici, hanno il diritto di associarsi con altri fedeli e con altri chierici per accrescere la propria vita spirituale ed esercitare opere di carità o di apostolato conformi allo stato clericale e non contrarie all'adempimento dei loro propri doveri.257
Tuttavia, tale diritto associativo non sfocia in un corporativismo per la tutela dei comuni interessi, il che sarebbe un'imitazione impropria dei modelli civili, inconciliabile con i vincoli sacramentali che legano i diaconi tra loro, con il Vescovo e con gli altri membri dell'Ordine sacro.258
Il ministero diaconale è compatibile con l'esercizio di una professione o di un incarico civile.
Secondo le circostanze di luogo ed il ministero affidato al singolo diacono, è auspicabile che egli abbia un proprio lavoro ed una propria professione, così da poter avere il necessario per vivere.259
Tuttavia, l'esercizio di compiti secolari non trasforma il diacono in laico.
Quei diaconi che esercitano una professione debbono saper dare a tutti un esempio di onestà e di spirito di servizio e prendere avvio dai rapporti professionali e umani per avvicinare le persone a Dio e alla Chiesa.
Dovranno impegnarsi per conformare il loro operato alle norme della morale individuale e sociale, per cui non tralasceranno di consultare il proprio Pastore quando l'esercizio della professione diventi più un ostacolo che un mezzo di santificazione.260
I diaconi possono esercitare qualunque professione o attività onesta, purché non ne siano impediti, per principio, dai divieti che la disciplina canonica stabilisce per gli altri chierici.261
Ciononostante, sarebbe opportuno fare in modo che i diaconi svolgano quelle attività professionali più strettamente vincolate alla trasmissione della verità evangelica e al servizio dei fratelli: come l'insegnamento - principalmente della religione -, i diversi servizi sociali, i mezzi di comunicazione sociale, alcuni settori di ricerca e di applicazione della medicina, ecc.
Il diacono sposato dà testimonianza di fedeltà alla Chiesa e della sua vocazione di servizio anche mediante la vita familiare.
Ne consegue che si rivela necessario il consenso della moglie per l'ordinazione del marito262 e che occorre riservare una particolare attenzione pastorale alla famiglia del diacono, in maniera che possa vivere con gioia l'impegno del marito e del padre e sostenerlo nel suo ministero.
Tuttavia, non vanno affidate alla consorte o ai figli del diacono funzioni e attività proprie del ministero, perché la condizione diaconale è propria ed esclusiva della persona: ciò naturalmente non impedisce ai familiari di prestare aiuto al diacono nello svolgimento dei suoi compiti.
Del resto, l'esperienza di vita familiare conferisce ai diaconi sposati una speciale idoneità per la pastorale familiare, diocesana e parrocchiale, per la quale occorre siano convenientemente preparati.
La formazione dei diaconi, tanto iniziale quanto permanente, ha una considerevole importanza per la loro vita e il loro ministero.
Per determinare quanto riguarda la formazione degli aspiranti al diaconato permanente occorre osservare le norme emanate dalla Santa Sede e dalla Conferenza Episcopale.
È bene che i Diaconi permanenti non siano troppo giovani ma abbiano maturità anche umana, oltre che spirituale, e che siano formati in un'apposita comunità per tre anni, a meno che in qualche singolo caso gravi motivazioni non consiglino diversamente.263
Tale formazione comprende i medesimi ambiti di quella dei presbiteri, con alcune peculiarità:
– la formazione spirituale del diacono264 tende a favorire la santità cristiana di questi ministri, e deve essere realizzata ponendo in particolare risalto quanto distingue il suo ministero, cioè lo spirito di servizio.
Evitando, perciò, ogni sospetto di mentalità "burocratica" o una frattura tra la vocazione e l'operato, è necessario inculcare al diacono l'anelito di conformare la sua intera esistenza a Cristo, che tutti ama e serve;
– l'esercizio del ministero, in particolare per ciò che riguarda la predicazione e l'insegnamento della Parola di Dio, suppone una continua formazione dottrinale, impartita con la dovuta competenza;
– occorre prestare speciale attenzione al sostegno personalizzato di ogni diacono, cosicché sia in grado di affrontare le sue peculiari condizioni di vita: i suoi rapporti con gli altri membri del Popolo di Dio, il suo lavoro professionale, i suoi legami familiari, ecc.
Il Vescovo, come padre e pastore della Chiesa particolare in tutte le sue componenti, accoglie le varie espressioni della vita consacrata come una grazia.
Sarà pertanto suo impegno sostenere le persone consacrate, in modo che queste, rimanendo fedeli all'ispirazione fondazionale, si aprano ad una sempre più fruttuosa collaborazione spirituale e pastorale corrispondente alle esigenze della diocesi.265
In questo modo gli istituti di vita consacrata, le società di vita apostolica, nonché gli Eremiti e le Vergini consacrate fanno parte a pieno titolo della famiglia diocesana perché hanno in essa la loro residenza e, con la testimonianza esemplare della propria vita e del proprio lavoro apostolico, le prestano un beneficio inestimabile.
I sacerdoti debbono essere considerati parte del presbiterio della diocesi, con il cui Pastore collaborano nella cura delle anime.266
Il Vescovo diocesano consideri lo stato consacrato come un dono divino che, "sebbene non appartenga alla struttura gerarchica della Chiesa, tuttavia appartiene, in maniera indiscutibile, alla sua vita e santità",267 ed apprezzi la specificità del suo modo di essere nella Chiesa e la grande energia missionaria ed evangelizzatrice derivante dall'essere consacrato che esso procura alla diocesi.
Per queste ragioni, il Vescovo lo accoglie con profondo sentimento di gratitudine, lo sostiene, ne valorizza i carismi mettendoli a servizio della Chiesa particolare.268
Come naturale conseguenza dei vincoli che legano i fedeli consacrati agli altri figli della Chiesa, il Vescovo si impegni affinché:
a) i membri degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica si sentano parte viva della comunità diocesana, disposti a prestare ai Pastori la maggior collaborazione possibile.269
A tal fine, cerchi di conoscere bene il carisma di ciascun Istituto e Società descritto nelle loro Costituzioni, incontri personalmente i Superiori e le comunità verificando il loro stato, le loro preoccupazioni e le loro speranze apostoliche;
b) il Vescovo faccia in modo che la vita consacrata sia conosciuta ed apprezzata dai fedeli e, in particolare, provveda perché clero e seminaristi, tramite i rispettivi mezzi di formazione, siano istruiti sulla teologia e sulla spiritualità della vita consacrata,270 e giungano ad apprezzare sinceramente le persone consacrate, non soltanto per la collaborazione che esse possono offrire alla pastorale diocesana, ma soprattutto per la forza della loro testimonianza di vita consacrata e per la ricchezza introdotta nella Chiesa, universale e particolare, dalla loro vocazione e dal loro stile di vita;
c) i rapporti tra il clero diocesano e i chierici degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica siano improntati ad uno spirito di fraterna collaborazione.271
Il Vescovo promuova la partecipazione dei presbiteri religiosi alle riunioni dei chierici della diocesi, per esempio quelle che si tengono a livello vicariale, perché possano così conoscersi, accrescere la reciproca stima e dare ai fedeli esempio di unità e di carità.
Procuri anche, se per loro risulta opportuno, che partecipino ai mezzi di formazione del clero della diocesi;
d) gli organismi consultivi diocesani riflettano adeguatamente la presenza della vita consacrata nella diocesi, nella varietà dei suoi carismi,272 stabilendo norme opportune al riguardo: disponendo, per esempio, che i membri degli Istituti partecipino secondo l'attività apostolica espletata da ciascuno, assicurando al tempo stesso una presenza dei diversi carismi.
Nel caso del Consiglio Presbiterale, va consentito ai sacerdoti elettori ( religiosi e secolari ) di scegliere liberamente membri di Istituti che li rappresentino.
Le persone consacrate, insieme agli altri membri del Popolo di Dio, sono soggette all'autorità pastorale del Vescovo in quanto maestro della fede e responsabile dell'osservanza della disciplina ecclesiastica universale, custode della vita liturgica e moderatore di tutto il ministero della parola.273
Il Vescovo, mentre tutela con grande zelo - anche di fronte agli stessi consacrati - la disciplina comune,274 rispetti e faccia rispettare la giusta autonomia degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica,275 senza interferire nella loro vita e nel loro governo e senza farsi autorevole interprete del loro carisma di fondazione.
In tutti i consacrati rafforzi lo spirito di santità, ravvivando in essi l'obbligo che hanno, anche se immersi nell'apostolato esterno, di essere impregnati dello spirito del proprio carisma e rimanere fedeli all'osservanza della loro regola e alla sottomissione ai superiori,276 giacché il loro contributo specifico all'evangelizzazione consiste principalmente "nella testimonianza di una vita completamente dedicata a Dio e ai fratelli".277
È suo dovere perciò, richiamare l'attenzione dei Superiori quando osservi abusi nelle opere dirette dagli Istituti o nel tenore personale di vita di qualche consacrato.278
Il Vescovo rammenterà alle persone consacrate il dovere e la grazia gioiosa che compete loro, come esigenza della propria vocazione, di dare esempio di adesione al Magistero pontificio ed episcopale.
Quale maestro della verità cattolica nella sua diocesi, si preoccupi in particolare:
a) di esigere con umile fermezza i propri diritti nel campo delle pubblicazioni, mediante opportuni contatti con i Superiori,279 in modo da assicurare l'armonia con il Magistero ecclesiale;
b) di assicurare che le scuole dirette dai diversi Istituti impartiscano una formazione pienamente concorde con la loro identità cattolica, visitandole di tanto in tanto personalmente o tramite un suo rappresentante.280
Il Vescovo, secondo la norma del diritto, riconosca l'esenzione degli Istituti, per la quale "il Romano Pontefice, in virtù del suo primato sulla Chiesa universale, può esentare gli Istituti di vita consacrata dal regime degli Ordinari del luogo e sottoporli esclusivamente a se stesso o ad altra autorità ecclesiastica".281
Tale esenzione, tuttavia non annulla la sottomissione di tutti i consacrati alla potestà del Vescovo ( oltre che ai propri Superiori ) per quanto concerne la cura d'anime, l'esercizio pubblico del culto divino e le opere di apostolato.282
In tali aspetti è necessario che i consacrati, sempre osservando il proprio carisma, diano esempio di comunione e di sintonia con il Vescovo, in ragione della sua autorità pastorale e della necessaria unità e concordia nel lavoro apostolico.283
Per comprendere adeguatamente il regime di ciascuna opera apostolica servita dagli Istituti o dai suoi membri, è necessario distinguere:
a) Le opere proprie, che gli Istituti costituiscono secondo il proprio carisma e che sono dirette dai rispettivi Superiori.
Occorre inserire queste opere nel quadro generale della pastorale diocesana, per cui la loro creazione non deve essere decisa autonomamente, ma sulla base di un accordo tra Vescovo e Superiori, tra i quali deve sussistere un dialogo costante nella direzione di tali opere, senza detrimento dei diritti conferiti a ciascuno dalla disciplina canonica.284
Gli Istituti religiosi e le Società di vita apostolica necessitano del consenso scritto del Vescovo diocesano nei seguenti casi: per l'erezione di una casa nella diocesi, per destinare una casa a opere apostoliche diverse da quelle per le quali fu costituita, per costruire e aprire una chiesa pubblica e per stabilire scuole secondo il proprio carisma.285
Il Vescovo deve essere consultato anche per la chiusura, da parte del Moderatore supremo, di una casa religiosa aperta legittimamente.286
b) Le opere diocesane e le parrocchie affidate ad Istituti religiosi o Società di vita apostolica, restano sotto l'autorità e la direzione del Vescovo, mantenendo comunque la fedeltà del responsabile consacrato alla disciplina del proprio Istituto e la sottomissione ai propri Superiori.
Il Vescovo stipulerà un accordo con l'Istituto o la Società, per determinare chiaramente quanto si riferisce al lavoro che va realizzato, alle persone che vi si dedicheranno e all'aspetto economico.287
c) Inoltre, per affidare un ufficio diocesano ad un religioso, secondo la norma canonica,288 debbono intervenire sia il Vescovo che i Superiori religiosi.
Il Vescovo eviti di chiedere collaborazioni che risultino difficilmente compatibili con le esigenze della vita religiosa ( per esempio, se possono costituire un ostacolo per la vita comune ) e ricordi a tali persone che, qualunque sia l'attività da essi svolta, il loro primo apostolato consiste nella testimonianza della propria vita consacrata.289
La collaborazione tra la diocesi e gli Istituti o i loro membri può interrompersi per iniziativa di una delle parti interessate, tenendo presenti i diritti e gli obblighi stabiliti dalle norme o dalle convenzioni.290
Ma in tal caso occorre assicurare l'opportuna informazione della controparte ( Vescovo o Istituto ), evitando di metterla davanti al fatto compiuto.
In questo modo si potranno prendere i necessari provvedimenti per il bene dei fedeli, come per esempio, sollecitare un'altra istituzione o persona a farsi carico dell'opera o dell'incarico, e studiare anche con la dovuta attenzione gli aspetti umani ed economici che l'abbandono di un'opera può comportare.
Al Vescovo, padre e pastore dell'intera Chiesa particolare, compete promuovere la comunione e il coordinamento nell'esercizio dei diversi legittimi carismi nel rispetto della loro identità.291
Da parte loro, gli Istituti, ciascuno secondo la sua peculiare natura, "sono chiamati ad esprimere una fraternità esemplare, che sia d'esempio agli altri componenti ecclesiali nel quotidiano impegno di testimonianza del Vangelo".292
Per ottenere un migliore coordinamento delle diverse opere e programmi apostolici nel contesto pastorale della diocesi, così come un'adeguata conoscenza e una reciproca stima, conviene che il Vescovo incontri periodicamente i Superiori degli Istituti.
Tali incontri costituiranno un'ottima occasione per individuare, grazie allo scambio di esperienze, obiettivi evangelizzatori e modalità idonee per venire incontro alle necessità dei fedeli, cosicché gli Istituti possano progettare nuove attività apostoliche e migliorare quelle già esistenti.293
Allo stesso modo sarà sua premura incontrare periodicamente i responsabili delle delegazioni diocesane della Conferenza dei Superiori e/o Superiore Maggiori.
Allo scopo di facilitare le relazioni del Vescovo con le diverse comunità, in molti luoghi sarà opportuno costituire un Vicario episcopale per la vita consacrata, dotato di potestà ordinaria esecutiva, che faccia le veci del Vescovo nei riguardi degli Istituti e dei loro membri.
Sarà anche cura del Vicario mantenere i Superiori dovutamente informati sulla vita e sulla pastorale diocesana.
Date le molteplici e puntuali competenze del Vescovo in relazione agli Istituti - diversificate, poi, secondo la natura propria di ciascun istituto converrà che il Vicario sia egli stesso un consacrato o per lo meno buon conoscitore della vita consacrata.
Tanto nei Paesi di salda tradizione cattolica come nei territori di missione, dovranno essere grandemente favoriti gli Istituti di vita contemplativa:294 infatti questi Istituti, specialmente ai giorni nostri, costituiscono una splendida testimonianza della trascendenza del Regno di Dio al di sopra di qualunque realtà terrena e transitoria, che li fa degni della particolare stima del Vescovo, del clero e del popolo cristiano.
Il Vescovo coinvolga religiosi e religiose di vita contemplativa nella missione della Chiesa, sia universale che particolare, anche con il contatto diretto, per esempio confortandoli con visite personali durante le quali li spronerà a perseverare nella fedeltà alla loro vocazione, informandoli delle iniziative diocesane e universali, ed encomiando il profondo valore del loro nascosto apostolato di preghiera e di penitenza per la diffusione del Regno di Dio.
Il Vescovo faccia anche in modo che i fedeli della diocesi possano beneficiare di questa scuola di preghiera costituita dai monasteri e, se fosse conforme alle loro peculiari norme, mantenendo le esigenze della clausura, procuri di favorire la partecipazione alle celebrazioni liturgiche di queste comunità.
Molteplice e prezioso è l'aiuto che la donna consacrata negli Istituti religiosi,295 nelle Società di vita apostolica, negli Istituti secolari296 e nell'Ordine delle Vergini297 sta prestando alle diocesi, e sarà anche maggiore quello che potrà dare in futuro.
Per questo il Vescovo si preoccupi in special modo di procurare idonei e, per quanto possibile, abbondanti sussidi per la loro vita spirituale e per la loro istruzione cristiana, così come per il loro progresso culturale.
Una particolare sollecitudine il Vescovo dovrà averla per l'Ordine delle Vergini, che sono state consacrate a Dio attraverso le sue mani, e sono affidate alla sua cura pastorale, essendo dedicate al servizio della Chiesa.
Consapevole delle attuali necessità formative delle donne consacrate oggi, non inferiori a quelle degli uomini, assegni loro cappellani e confessori tra i migliori, buoni conoscitori della vita consacrata e che si distinguano per pietà, sana dottrina e spirito missionario ed ecumenico.298
Il Vescovo vigili anche affinché alle donne consacrate siano dati adeguati spazi di partecipazione nelle diverse istanze diocesane, come i Consigli pastorali diocesano e parrocchiale, ove esistano; le diverse commissioni e delegazioni diocesane; la direzione di iniziative apostoliche ed educative della diocesi, e siano presenti anche nei processi di elaborazione delle decisioni, soprattutto in ciò che le riguarda, in modo tale da poter mettere al servizio del Popolo di Dio la loro particolare sensibilità e il loro fervore missionario, la loro esperienza e la loro competenza.299
Il Vescovo sarà particolarmente sollecito verso i Monasteri autonomi a lui affidati e alle comunità degli Istituti religiosi di diritto diocesano che hanno la casa nel territorio della sua diocesi, praticando il suo diritto-dovere di visita canonica, anche per quanto riguarda la disciplina religiosa, ed esaminando il loro rendiconto economico.300
Il Vescovo deve seguire con speciale cura pastorale gli eremiti, specialmente coloro che sono riconosciuti dal diritto come tali perché professano pubblicamente i tre consigli evangelici nelle sue mani o sono stati confermati mediante i voti o altro vincolo sacro.
Sotto la sua guida osservino la forma di vita che è loro propria dedicando l'esistenza alla lode di Dio e alla salvezza dell'umanità, nella separazione dal mondo, nel silenzio, nella solitudine, con la preghiera assidua e la penitenza.
Il Vescovo deve anche vigilare per prevenire possibili abusi e inconvenienti.301
Al Vescovo spetta discernere sui nuovi carismi che nascano nella diocesi, in modo da accogliere quelli autentici con gratitudine e gioia, ed evitare che sorgano istituti superflui e carenti di vigore.302
Dovrà quindi curare e valutare i frutti del loro lavoro ( cf. Mt 7,16 ), il che gli consentirà di intravedere l'azione dello Spirito Santo nelle persone.
Esamini concretamente "la testimonianza di vita e l'ortodossia dei fondatori e delle fondatrici di tali comunità, la loro spiritualità, la sensibilità ecclesiale nel compiere la loro missione, i metodi di formazione e le forme di aggregazione alla comunità".303
Per un'approvazione non sarà invece sufficiente una teorica utilità operativa delle attività o, tanto meno, certi fenomeni devozionali, in sé ambigui, che possono verificarsi.
Per accertare la qualità umana, religiosa ed ecclesiale di un gruppo di fedeli, che desiderano costituirsi in una forma di vita consacrata, conviene che incominci con inserirli in diocesi come "Associazione pubblica di fedeli" e solo dopo un periodo di esperienza e aver consultato e ottenuto il nulla-osta della Santa Sede, potrà procedere alla sua erezione formale come Istituto di diritto diocesano, ponendolo così sotto la propria speciale cura.304
L'edificazione del Corpo di Cristo è compito dell'intero Popolo di Dio, perciò il cristiano ha il diritto e il dovere di collaborare, sotto la guida dei Pastori, alla missione della Chiesa, ciascuno secondo la propria vocazione e i doni ricevuti dallo Spirito Santo.305
È quindi un dovere di tutti i ministri ridestare nei fedeli laici il senso della loro vocazione cristiana e della piena appartenenza alla Chiesa, evitando che possano sentirsi sotto qualche aspetto cristiani di seconda categoria.
Sia in prima persona, che per mezzo dei sacerdoti, il Vescovo si preoccupi di far sì che i laici siano consapevoli della loro missione ecclesiale, e li sproni a realizzarla con senso di responsabilità, guardando sempre al bene comune.306
Il Vescovo accetti di buon grado il parere dei laici circa le questioni diocesane, in funzione della loro competenza, saggezza e fedeltà e ne abbia la dovuta considerazione.307
Tenga presente anche le opinioni circa i problemi religiosi o ecclesiali in generale, espressi dai laici tramite i mezzi di comunicazione come giornali, riviste, circoli culturali, ecc.
Inoltre rispetti la libertà di opinione e di azione che loro è propria nella sfera secolare, sempre però nella fedeltà alla dottrina della Chiesa.308
La vocazione universale alla santità, proclamata dal Concilio Vaticano II,309 è strettamente connessa con la vocazione universale alla missione apostolica.310
Ricade pertanto sui laici il peso e l'onore di diffondere il messaggio cristiano con l'esempio e la parola, nei diversi ambiti e rapporti umani in cui si svolge la loro vita: la famiglia, i rapporti di amicizia, di lavoro, il variegato mondo associativo secolare, la cultura, la politica, ecc.
Questa missione laicale non è soltanto una questione di efficacia apostolica, bensì un dovere e un diritto fondato sulla dignità battesimale.311
Lo stesso Concilio ha segnalato la peculiarità di vita per la quale si distinguono i fedeli laici, senza separarli dai sacerdoti e dai religiosi: la secolarità,312 che si esprime nel "cercare di ottenere il Regno di Dio gestendo i problemi temporali e disporli secondo il disegno di Dio",313 in modo tale che le attività secolari divengano ambito di esercizio della missione cristiana e mezzo di santificazione.314
Il Vescovo promuova la collaborazione tra i fedeli laici affinché insieme iscrivano la legge divina nella costruzione della città terrena.
Per raggiungere questo ideale di santità e di apostolato, i fedeli laici debbono saper svolgere le loro occupazioni temporali con competenza, onestà e spirito cristiano.
All'apostolato proprio dei laici oggi si schiudono grandi orizzonti, tanto per la diffusione della Buona Novella di Cristo come per la costruzione dell'ordine temporale secondo l'ordine voluto da Dio.315
I fedeli laici, immersi come sono in tutte le attività secolari, hanno un ruolo importante da esercitare nell'evangelizzazione della cultura "dal di dentro", ricomponendo così la frattura esistente tra cultura e Vangelo, che si avverte ai giorni nostri.316
Tra i settori che hanno maggiormente bisogno della sensibilità del Vescovo verso lo specifico contributo dei laici emergono:
a) La promozione del giusto ordine sociale, che metta in pratica i principi della dottrina sociale della Chiesa.
Specialmente coloro che si occupano in modo professionale di tale ambito debbono essere in grado di dare una risposta cristiana ai problemi più intimamente legati al bene della persona, come:
le questioni di bioetica ( rispetto della vita dell'embrione e del moribondo );
la difesa del matrimonio e della famiglia, dalla cui salute dipende la stessa "umanizzazione" dell'uomo e della società;
la libertà educativa e culturale;
la vita economica e i rapporti di lavoro, che debbono essere sempre improntati al rispetto per l'uomo e per il creato, come alla solidarietà e all'attenzione per i meno fortunati;
l'educazione alla pace e la promozione di un'ordinata partecipazione democratica .317
b) La partecipazione alla politica, alla quale i laici a volte rinunciano, forse indotti dal disprezzo per l'arrivismo, l'idolatria del potere, o la corruzione di determinati personaggi politici, o per la diffusa opinione che la politica sia un luogo di inevitabile pericolo morale.318
Essa è invece un servizio primario ed importante alla società, al proprio Paese e alla Chiesa ed è una forma eminente di carità verso il prossimo.
In questo nobile compito, tuttavia, i laici debbono tener presente che l'applicazione dei principi ai casi concreti può avere modalità diverse, per cui si deve evitare la tentazione di presentare le proprie soluzioni come fossero dottrina della Chiesa.319
Quando l'azione politica si confronta con principi morali fondamentali che non ammettono deroghe, eccezioni o compromesso alcuno, allora l'impegno dei cattolici si fa più evidente e carico di responsabilità, perché dinanzi a queste esigenze etiche fondamentali e irrinunciabili è in gioco l'essenza dell'ordine morale, che riguarda il bene integrale della persona.
È il caso delle leggi civili in materia di aborto, di eutanasia, della protezione dell'embrione umano, di promozione e tutela della famiglia fondata sul matrimonio monogamico tra persone di sesso diverso e protetta nella sua stabilità e unità, nella libertà di educazione da parte dei genitori per i loro figli, delle leggi che tutelano socialmente i minori e liberano le persone dalle moderne forme di schiavitù, come quelle leggi che promuovono un'economia al servizio della persona, la pace e la libertà religiosa individuale e collettiva.
Davanti a questi casi i cattolici hanno il diritto ed il dovere di intervenire per richiamare al senso più profondo della vita e alla responsabilità che tutti possiedono dinanzi ad essa, per tutelare l'esistenza e l'avvenire dei popoli nella formazione della cultura e dei comportamenti sociali.
I cattolici che sono impegnati nelle Assemblee legislative hanno il preciso obbligo di opporsi ad ogni legge che risulti un attentato alla vita umana.
Tuttavia, quando per esempio, l'opposizione all'aborto è chiara e nota a tutti, potrebbero offrire il loro "sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica".320
c) Ai laici spetta anche l'evangelizzazione dei centri di diffusione culturale, come scuole e università, gli ambienti di ricerca scientifica e tecnica, i luoghi di creazione artistica e di riflessione umanistica e, gli strumenti di comunicazione sociale, che occorre dirigere rettamente, in modo che contribuiscano al miglioramento della stessa cultura.321
d) Comportandosi da cittadini a tutti gli effetti, i laici debbono saper difendere la libertà della Chiesa per il compimento del suo proprio fine, non soltanto come enunciato teorico, ma rispettando e apprezzando il grande aiuto che essa presta al giusto ordine sociale.322
Ciò comporta in particolare la libertà associativa e la difesa del diritto ad impartire l'insegnamento secondo i principi cattolici.
In seno alla comunità ecclesiale, i laici prestano una preziosa collaborazione ai Pastori, e senza di essa l'apostolato gerarchico non può avere la sua piena efficacia.323
Tale contributo laicale nelle attività ecclesiali è stato sempre importante e ai giorni nostri è una necessità fortemente avvertita.
I laici possono essere chiamati a collaborare con i Pastori, secondo la propria condizione, in vari ambiti:
– nell'esercizio delle funzioni liturgiche;324
– nella partecipazione alle strutture diocesane e all'attività pastorale;325
– nell'incorporazione alle associazioni erette dall'autorità ecclesiastica;326
– e, singolarmente, nell'opera di catechesi diocesana e parrocchiale.327
Tutte queste forme di partecipazione laicale non solo sono possibili, ma anche necessarie.
Tuttavia occorre evitare che i fedeli abbiano un interesse non preponderante per i servizi e gli impegni ecclesiali, salve le vocazioni speciali, cosa che li allontanerebbe dall'ambito secolare: professionale, sociale, economico, culturale e politico, giacché sono questi gli ambiti della loro responsabilità specifica, in cui la loro azione apostolica è insostituibile.328
La collaborazione dei laici avrà, in genere, l'impronta della gratuità.
Per situazioni specifiche il Vescovo farà in modo che venga assegnata una giusta retribuzione economica ai laici che collaborano con il proprio lavoro professionale in attività ecclesiali, come per esempio i docenti di religione nelle scuole, gli amministratori di beni ecclesiastici, i responsabili di attività socio-caritative, coloro che lavorano nei mezzi di comunicazione sociale della Chiesa, ecc.
La stessa regola di giustizia deve osservarsi quando si tratti di avvalersi temporaneamente dei servizi professionali dei laici.
In situazioni di carenza di sacerdoti e diaconi, il Vescovo potrà sollecitare dei laici particolarmente preparati che svolgano suppletivamente alcuni compiti propri dei ministri sacri.
Questi sono:
l'esercizio del ministero della predicazione ( mai però tenere l'Omelia ),329
la presidenza delle celebrazioni domenicali in assenza del sacerdote,330
il ministero straordinario dell'amministrazione della comunione,331
l'assistenza ai matrimoni,332
l'amministrazione del Battesimo,333
la presidenza delle celebrazioni delle esequie334
e altri.335
Questi compiti dovranno essere svolti secondo i riti prescritti e le norme della legge universale e particolare.
Tale fenomeno, se da un lato è motivo di preoccupazione, poiché è conseguenza dell'insufficienza di ministri sacri, dall'altro evidenzia la generosa disponibilità dei laici, per questo degni di encomio.
Vigili il Vescovo che tali incarichi non creino confusione tra i fedeli rispetto alla natura e al carattere insostituibile del sacerdozio ministeriale, essenzialmente distinto dal sacerdozio comune dei fedeli.
Pertanto, occorrerà evitare che venga di fatto a stabilirsi "una struttura ecclesiale di servizio parallela a quella fondata nel sacramento dell'Ordine"336 o si attribuiscano ai laici termini o categorie che corrispondo soltanto ai chierici, come "cappellano", "pastore", "ministro", ecc.337
A questo scopo il Vescovo vigili attentamente "perché si eviti un facile e abusivo ricorso a presunte "situazioni di emergenza", là dove obiettivamente non esistono o là dove è possibile ovviarvi con una programmazione pastorale più razionale".338
Per l'esercizio di tali funzioni si richiede un mandato straordinario, conferito temporaneamente, secondo la norma del diritto.339
Prima di concederlo, il Vescovo dovrà accertarsi, personalmente o tramite un delegato, che i candidati rientrino nelle condizioni di idoneità.
Ponga ogni cura nella formazione di queste persone, affinché svolgano tali compiti con conoscenza adeguata e piena coscienza della propria dignità.
Provveda inoltre che siano sostenuti dai ministri sacri responsabili della cura delle anime.340
Il Vescovo promuova i ministeri del lettore e dell'accolito, a cui possono essere ammessi i laici di sesso maschile, mediante l'apposito rito liturgico e attese le disposizioni delle diverse Conferenze Episcopali.341
Con tali ministeri istituiti si esprime la consapevole e attiva partecipazione dei fedeli laici alle celebrazioni liturgiche, in modo che lo svolgimento di esse manifesti la Chiesa come assemblea costituita nei suoi diversi ordini e ministeri.
In particolare il Vescovo affidi al lettore, oltre che la lettura della Parola di Dio nell'assemblea liturgica, il compito di preparare gli altri fedeli alla proclamazione della Parola di Dio, nonché ad istruire i fedeli a partecipare degnamente alle celebrazioni sacramentali e a introdurli nella comprensione della Sacra Scrittura mediante particolari incontri.
Il compito dell'accolito è quello di servire all'altare aiutando il diacono e i sacerdoti nelle azioni liturgiche.
Come ministro straordinario della comunione eucaristica, può distribuirla in casi di necessità, inoltre può esporre il SS. Sacramento per l'adorazione dei fedeli senza impartire la benedizione.
Sarà sua cura preparare coloro che servono all'altare.
Il Vescovo non manchi di offrire ai lettori e agli accoliti una appropriata formazione spirituale, teologica e liturgica, affinché possano partecipare alla vita sacramentale della Chiesa con una consapevolezza sempre più profonda.
"La nuova stagione aggregativa dei fedeli laici"342 che si registra oggi, soprattutto grazie al fenomeno dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità, è motivo di gratitudine alla provvidenza di Dio, che non cessa di avvicinare i propri figli ad un crescente e sempre attuale impegno nella missione della Chiesa.
Il Vescovo, riconoscendo il diritto di associazione dei fedeli, in quanto fondato sulla natura umana e sulla condizione battesimale del fedele cristiano, incoraggi con spirito paterno lo sviluppo associativo accogliendo con cordialità i "movimenti ecclesiali" e le nuove comunità per ridare vigore alla vita cristiana e all'evangelizzazione.
Alle nuove realtà aggregative dei fedeli laici, il Vescovo offra il servizio del suo paterno accompagnamento affinché si inseriscano con umiltà nella vita delle Chiese locali e nelle sue strutture diocesane e parrocchiali; inoltre il Vescovo vigili anche perché siano approvati gli statuti come segno del riconoscimento ecclesiale delle realtà aggregative laicali,343 e perché le differenti opere di apostolato associativo presenti nella diocesi siano coordinate sotto la propria direzione, nel modo opportuno per ciascun caso.344
Lo stretto contatto con i direttivi di ciascuna aggregazione laicale offrirà al Vescovo l'occasione di conoscerne e comprenderne lo spirito e gli obiettivi.
Come padre della famiglia diocesana, sarà suo compito promuovere le relazioni di cordiale collaborazione tra i diversi movimenti associativi laicali, evitando dissensi o sospetti che talvolta potrebbero verificarsi.345
Il Vescovo è consapevole che il giudizio circa la autenticità di particolari carismi laicali e il loro esercizio armonico nella comunità ecclesiale, compete ai Pastori della Chiesa, ai quali corrisponde di "non spegnere lo Spirito, ma di esaminare tutto e tenere ciò che è buono" ( 1 Ts 5,12.19-21 ).346
Il Vescovo tenga presente il riconoscimento o l'erezione di associazioni internazionali da parte della Santa Sede per la Chiesa universale.
Il Vescovo provveda affinché nelle iniziative apostoliche dei laici non manchi mai una prudente e assidua assistenza ministeriale consona alle singole caratteristiche di ogni iniziativa.
Per un compito così importante scelga con attenzione chierici veramente idonei per carattere e capacità di adattamento all'ambiente nel quale debbono esercitare questa attività, dopo aver sentito gli stessi laici interessati.
Questi chierici, per quanto possibile, siano esonerati da altri incarichi che risultino difficilmente compatibili con tale ufficio e si provveda al loro opportuno sostentamento.
Gli assistenti ecclesiastici, nel rispetto dei carismi e/o finalità riconosciute e della giusta autonomia che corrisponde alla natura dell'associazione o dell'opera laicale, e alla responsabilità che i fedeli laici assumono in esse, anche a livello di moderazione, debbono saper istruire e aiutare i laici a seguire il Vangelo e la dottrina della Chiesa come norma suprema del proprio pensiero e della propria azione apostolica, e con amabilità e fermezza esigere che mantengano le proprie iniziative conformi alla fede e alla spiritualità cristiana.347
Debbono inoltre trasmettere fedelmente le direttive e il pensiero del Vescovo, che rappresentano, e pertanto favorire le buone relazioni reciproche.
Il Vescovo promuova incontri tra i gli assistenti ecclesiali, per stringere i vincoli di comunione e collaborazione tra questi e il Pastore della diocesi e studiare i mezzi più idonei al loro ministero.
È particolarmente importante che sacerdoti specialmente preparati offrano la loro premurosa assistenza ai giovani, alle famiglie, ai fedeli laici che assumono importanti responsabilità pubbliche, a quelli che sviluppano significative opere di carità e a quelli che rendono testimonianza del Vangelo in ambienti molto secolarizzati o in condizioni di particolari difficoltà.
Dall'importanza dell'azione dei laici oggi scaturisce la necessità di provvedere in larga misura alla loro formazione, che deve essere una delle priorità dei piani e dei programmi diocesani di azione pastorale.348
Il Vescovo saprà provvedere generosamente a questa grande sfida, apprezzando adeguatamente le autonome iniziative di altre istituzioni gerarchiche della Chiesa, degli Istituti di vita consacrata, e delle associazioni, movimenti ed altre realtà ecclesiali, nonché promuovendole direttamente sollecitando la collaborazione di sacerdoti, consacrati, membri di Società di vita apostolica e laici ben preparati in ciascuna area, in modo che tutte le istanze diocesane e gli ambienti formativi si adoperino con generosità e si possa raggiungere capillarmente un gran numero di fedeli: parrocchie, istituzioni educative e culturali cattoliche, associazioni, gruppi e movimenti.
Ci si preoccupi, in primo luogo, con mezzi antichi e nuovi ( esercizi e ritiri spirituali, incontri di spiritualità, ecc. ) della formazione spirituale dei laici, che li induca a considerare le attività della vita ordinaria come occasione di unione con Dio e di adempimento della sua volontà, e anche come servizio agli altri uomini, portandoli alla comunione con Dio in Cristo.
Tramite corsi e conferenze si dia loro una sufficiente formazione dottrinale, che dia una visione il più ampia e profonda possibile del mistero di Dio e dell'uomo, sapendo inserire in quell'orizzonte la formazione morale, compresa l'etica professionale e la dottrina sociale della Chiesa.
Infine, non si perda di vista la formazione nei valori e nelle virtù umane, senza i quali non può esserci neppure una vera vita cristiana, e che saranno prova di fronte agli uomini del carattere salvifico della fede cristiana.
Tutti questi aspetti della formazione dei laici debbono essere orientati a ridestare in loro un profondo senso apostolico, che li porti a trasmettere la fede cristiana con la propria testimonianza spontanea, con franchezza e coraggio.349
Il ministero pastorale e anche il bene comune della società esigono normalmente che il Vescovo mantenga relazioni dirette o indirette con le autorità civili, politiche, socio-economiche, militari, ecc.
Il Vescovo adempia tale compito in modo sempre rispettoso e cortese, ma senza mai compromettere la propria missione spirituale.
Mentre nutre personalmente e trasmette ai fedeli un grande apprezzamento per la funzione pubblica e prega per i rappresentanti della cosa pubblica ( cf. 1 Pt 2,13-17 ), non consenta restrizioni alla propria libertà apostolica di annunciare apertamente il Vangelo e i principi morali e religiosi, anche in materia sociale.
Pronto a lodare l'impegno e gli autentici successi sociali, lo sia altrettanto per condannare ogni offesa pubblica della legge di Dio e della dignità umana, operando sempre in modo da non dare alla comunità la minima impressione di intromettersi in sfere che non gli competono o di approvare interessi particolari.
I presbiteri, i consacrati e i membri delle Società di vita apostolica debbono ricevere dal Vescovo esempio di condotta apostolica, per potere anch'essi mantenere la stessa libertà nel proprio ministero o compito apostolico.
Indice |
140 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 7 |
141 | Cf. Pontificale Romanum. De Ordinatione Episcopi, 35 |
142 | Costituzione dogmatica Lumen Gentium, 23 |
143 | Cf. Costituzione dogmatica
Lumen Gentium, 30;
33; Decreto Apostolicam Actuositatem, 2-3; Codex Iuris Canonici, cann. 208; 211; 216; 225 §§ 1-2 |
144 | Cf. Costituzione dogmatica Lumen Gentium, 20 |
145 | Quanto si afferma per il Vescovo diocesano vale anche per coloro che, a norma del diritto, sono a lui equiparati e dirigono circoscrizioni ecclesiastiche assimilate alla diocesi: cf. Codex Iuris Canonici, cann. 368; 370-371 |
146 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 42-43 |
147 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 212 §§ 2-3 |
148 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles Laici, 30 |
149 | Cf. Costituzione dogmatica
Lumen Gentium, 27; Codex Iuris Canonici, cann. 131 § 1; 381 § 1; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 43 |
150 | Cf. Costituzione dogmatica Lumen Gentium, 27 |
151 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 391 § 1 |
152 | Cf. Decreto
Christus Dominus, 16; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 43 |
153 | Cf. Costituzione dogmatica Lumen Gentium, 27 |
154 | Cf. Giovanni Paolo II, Costituzione apostolica Sacrae Disciplinae Leges, XI |
155 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 1752 |
156 | Costituzione dogmatica
Lumen Gentium, 24; Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 42 |
157 | Cf. San Gregorio Magno, Epist. II, 18 |
158 | Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 208; 204 § 1 |
159 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 10; 44 |
160 | Cf. Codex Iuris Canonici,
can. 460; Congr. per i Vescovi e Congr. per l'Evangelizzazione dei Popoli, Istruzione sui Sinodi diocesani, Appendice |
161 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 381 § 1 |
162 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 135 § 2 |
163 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 1446 |
164 | Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 135 § 3 e 391 |
165 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 1717 |
166 | Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 1339-1340 |
167 | Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 1341 e 1718 |
168 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 1721 |
169 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 1720 |
170 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 136 |
171 | Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 136; 13 § 2, 2° |
172 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 138 |
173 | Cf. Ibidem |
174 | Cf.Codex Iuris Canonici, can. 139 § 1 |
175 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 139 § 2 |
176 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 50 |
177 | Cf. Codex Iuris Canonici,
cann. 51 e
220 Circa i ricorsi contro le decisioni del Vescovo, cf. soprattutto i cann. 1734 e 1737 |
178 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 221 § 1 |
179 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 57 |
180 | Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 87; 88 e 90 |
181 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 406 § 1-2 |
182 | Cf. Ibidem |
183 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 403 § 3 |
184 | Cf. Ibidem |
185 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 403 § 2 |
186 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 401 § 1 |
187 | Cf. Decreto
Presbyterorum Ordinis, 2,
7; Costituzione dogmatica Lumen Gentium, 28; Decreto Christus Dominus, 15; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 47 |
188 | Cf. Decreto
Presbyterorum Ordinis, 7; Codex Iuris Canonici, can. 384 |
189 | Cf. Decreto
Christus Dominus, 28; Decreto Presbyterorum Ordinis, 10; Codex Iuris Canonici, can. 384; Sinodo dei Vescovi, Ultimis Temporibus, Pars altera, II, 1 |
190 | Cf. Decreto Presbyterorum Ordinis, 14-15 |
191 | Cf. Costituzione dogmatica
Lumen Gentium, 28; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 47 |
192 | Cf. Decreto Presbyterorum Ordinis, 15 |
193 | Cf. Ibidem |
194 | Cf. Codex Iuris Canonici,
can. 396; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica postsinodale Pastores Gregis, 46 |
195 | Cf. Ibidem |
196 | Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 149 §§ 1-2; 521 § 3 |
197 | Cf.Codex Iuris Canonici, can. 521 |
198 | Cf. Decreto Christus Dominus, 29 |
199 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 285 |
200 | Cf. Costituzione dogmatica
Lumen Gentium, 28; Codex Iuris Canonici, can. 275 § 1 |
201 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 280 |
202 | Cf. Decreto
Christus Dominus, 30; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Dabo Vobis, 74 e 81; Congr. per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, 49; Lettera circolare Il presbitero maestro della Parola, ministro dei sacramenti e guida della comunità in vista del terzo millennio cristiano |
203 | Cf. Decreto
Christus Dominus, 16; Decreto Presbyterorum Ordinis, 8; Codex Iuris Canonici, can. 275 § 1; Congr. per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, 29 |
204 | Cf. Decreto
Presbyterorum Ordinis, 8; Codex Iuris Canonici, can. 278; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Dabo Vobis, 31; Sinodo dei Vescovi, Ultimis temporibus, Pars altera, II, 2; Congr. per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, 66 |
205 | Cf. Decreto
Christus Dominus, 16; Decreto Presbyterorum Ordinis, 20-21; Codex Iuris Canonici, can. 281 § 1 |
206 | Codex Iuris Canonici, can. 281 § 2 |
207 | Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 1274 e 538 § 3 |
208 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 284 |
209 | Cf. Giovanni Paolo II, Lettera al Cardinale Vicario di Roma, 8 settembre 1982 |
210 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 283 § 2 |
211 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Dabo Vobis, 74 |
212 | Cf. Congr. per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, 83 |
213 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Dabo Vobis, 81 |
214 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 47 |
215 | Cf. Sinodo dei Vescovi, Ultimis temporibus, Pars altera, I, 4d |
216 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 292 |
217 | Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 1339-1340; 190 e 192-193 |
218 | Cf. Codex Iuris Canonici,
cann. 1333;
290; Giovanni Paolo II, Motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela; Congr. per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica De delictis gravioribus |
219 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Europa, 35 |
220 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 277 §§ 2-3 |
221 | Cf. Codex Iuris Canonici,
can. 279 § 2; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Dabo Vobis, 76; Congr. per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, 87-89 |
222 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Dabo Vobis, 71, 76-77 |
223 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Dabo Vobis, cap. III |
224 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 48 |
225 | Cf. Decreto
Optatam Totius, 4; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Dabo Vobis, 60-61 |
226 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 237 §§ 1-2 |
227 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Dabo Vobis, 65 |
228 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 235 |
229 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 234 § 1 |
230 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Dabo Vobis, 63 |
231 | Cf. Ibidem |
232 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 234 § 2 |
233 | Cf. Decreto
Optatam Totius, 3; Codex Iuris Canonici, can. 233 § 2; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Dabo Vobis, 64; Congr. per l'Educazione Cattolica, Lettera circolare ai Presidenti delle Conferenze Episcopali, 14 luglio 1976; Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis, 19 |
234 | Cf. Congr. per l'Educazione Cattolica, Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis, 39 |
235 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 220 |
236 | Cf. Codex Iuris Canonici,
can. 241 § 3; Congr. per l'Educazione Cattolica, Lettera circolare Ci permettiamo; Istruzione Con la presente |
237 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Dabo Vobis, 65-66 |
238 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 1052 §§ 1 e 3 |
239 | Cf. Decreto
Optatam Totius, 18; Congr. per l'Educazione Cattolica, Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis, 82-85 |
240 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale
Pastores Dabo Vobis, 66; Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 48; Congr. per l'Educazione Cattolica, Direttive sulla preparazione degli educatori nei Seminari, 73-75 |
241 | Cf. Congr. per l'Educazione Cattolica, Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis, 40-41 |
242 | Cf. Codex Iuris Canonici,
can. 259 § 2; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Dabo Vobis, 67 |
243 | Cf. Codex Iuris Canonici,
can. 259 § 2; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Dabo Vobis, 66 |
244 | Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 242; 243 |
245 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 245 |
246 | Cf. Codex Iuris Canonici,
can. 252; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica postsinodale Pastores Dabo Vobis, 51-56 |
247 | Cf. Codex Iuris Canonici,
cann. 258 e
1032; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Dabo Vobis, 57-59 |
248 | Cf. Decreto Presbyterorum Ordinis, 10 |
249 | Cf. Decreto
Presbyterorum Ordinis, 10; Codex Iuris Canonici, can. 257 |
250 | Cf. Decreto
Christus Dominus, 15; Decreto Optatam Totius, 2-3; Decreto Perfectae Caritatis, 24; Decreto Presbyterorum Ordinis, 5; Codex Iuris Canonici, can. 385 Circa le vocazioni alla vita consacrata cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Vita Consecrata, 64; Esortazione apostolica postsinodale Pastores Dabo Vobis, 39-41; Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 54 |
251 | Cf. Decreto
Christus Dominus, 15; Decreto Optatam Totius, 2; Decreto Ad Gentes, 38; Codex Iuris Canonici, can. 233 § 1 |
252 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 233 § 1 |
253 | Cf. Costituzione dogmatica Lumen Gentium, 29 |
254 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 49 |
255 | Cf. Decreto Ad Gentes, 16 |
256 | Cf. Codex Iuris Canonici,
cann. 517 §§ 1-2 e
519; Paolo VI, Motu proprio Sacrum Diaconatus Ordinem, V, 22, 10; Congr. per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi permanenti, 11 |
257 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 278 |
258 | Cf. Congr. per il Clero, Dichiarazione Quidam Episcopi, IV; Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi permanenti, 7; n. 11 |
259 | Per quanto si riferisce alla retribuzione da dare al diacono, cf. Codex Iuris Canonici,
can. 281 e Congr. per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi permanenti, 15-20 |
260 | Cf. Congr. per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi permanenti, 12 |
261 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 288 e 285 §§ 3-4 |
262 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 1031 § 2 |
263 | Cf. Codex Iuris Canonici,
can. 236; Congr. per l'Educazione Cattolica, Ratio fundamentalis institutionis diaconorum permanentium |
264 | Cf. Congr. per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi permanenti, p. III-IV |
265 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale
Vita Consecrata, 49; Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 50 |
266 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Dabo Vobis, 31 |
267 | Costituzione dogmatica
Lumen Gentium, 44; Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 207 § 2 e 574 § 1; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Vita Consecrata, 29 |
268 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Vita Consecrata, 48 |
269 | Cf. Decreto
Christus Dominus, 35; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 50 |
270 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Vita Consecrata, 50 |
271 | Cf. Decreto
Christus Dominus, 35; Codex Iuris Canonici, can. 679 |
272 | Cf. Sinodo dei Vescovi, Ultimis temporibus, Pars altera, II, 2 |
273 | Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 392; 756 § 2; 772 § 1 e 835 |
274 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 50 |
275 | Cf. Codex Iuris Canonici,
can. 586 e
can. 732; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Vita Consecrata, 48 |
276 | Cf. Decreto
Christus Dominus, 35; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Vita Consecrata, 35-37 |
277 | Codex Iuris Canonici,
can. 679; Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica postsinodale Vita Consecrata, 76 |
278 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Vita Consecrata, 76 |
279 | Cf. Codex Iuris Canonici,
cann. 823;
824;
826;
827; Congr. per la Dottrina della Fede, Istruzione circa alcuni aspetti degli strumenti delle comunicazioni sociali nella promozione della dottrina della fede, 8 § 2; 16 § 6; 17 § 4; 18; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Vita Consecrata, 46; Congr. per gli Istituti di vita consacrata, Istruzione Ripartire da Cristo, 32 |
280 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 806 § 1 |
281 | Costituzione dogmatica
Lumen Gentium, 45; Cf. Decreto Christus Dominus, 35; Codex Iuris Canonici, can. 591 e can. 732 |
282 | Cf. Decreto
Christus Dominus, 35; Codex Iuris Canonici, cann. 678 e 738 § 2 |
283 | Cf. Costituzione dogmatica
Lumen Gentium, 54; Decreto Christus Dominus, 35; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Vita Consecrata, 49 |
284 | Cf. Decreto
Christus Dominus, 35; Codex Iuris Canonici, cann. 678 e 738 § 2 |
285 | Cf. Codex Iuris Canonici,
cann. 609;
612;
801 e
1215 § 3 Circa le case delle Società di vita apostolica, cf. Codex Iuris Canonici, can. 733 § 1 |
286 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 616 § 1 |
287 | Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 521 e 681 |
288 | Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 682 e 738 § 2 |
289 | Cf. Decreto
Christus Dominus, 35; Codex Iuris Canonici, can. 673; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Vita Consecrata, 32-49 |
290 | Cf. Codex Iuris Canonici,
cann. 681 § 1;
682 § 2;
616 e
733; Pontificia Commissione per l'Interpretazione dei Decreti del Concilio Vaticano II, Responsum del 25.VI.1979, I |
291 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Vita Consecrata, 49 |
292 | Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Vita Consecrata, 52 |
293 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 680 |
294 | Cf. Decreto
Ad Gentes, 40; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Vita Consecrata, 59 |
295 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 607 §§ 1-3 |
296 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 713 § 2 |
297 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 604 § 1 |
298 | Cf. Decreto
Optatam Totius, 19; Decreto Presbyterorum Ordinis, 6; Codex Iuris Canonici, cann. 567 § 1 e 630 § 3; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Vita Consecrata, 58 |
299 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Vita Consecrata, 62 |
300 | Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 628 § 2 e 637 |
301 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 603 §§ 1-2 |
302 | Cf. Costituzione dogmatica
Lumen Gentium, 12; Decreto Perfectae Caritatis, 19 |
303 | Codex Iuris Canonici,
can. 605; Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica postsinodale Vita Consecrata, 62 |
304 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 579; can. 594 e can. 732 |
305 | Cf. Costituzione dogmatica
Lumen Gentium, 30 e
33; Decreto Apostolicam Actuositatem, 2-3; Codex Iuris Canonici, can. 204 § 1 e can. 208 |
306 | Cf. Costituzione dogmatica Lumen Gentium, 37 |
307 | Cf. Decreto
Apostolicam Actuositatem, 26; Codex Iuris Canonici, can. 212 § 3 |
308 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 227 |
309 | Cf. Costituzione dogmatica Lumen Gentium, 40 |
310 | Cf. Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Redemptoris Missio, 90 |
311 | Cf. Decreto
Apostolicam Actuositatem, 16ss.; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles Laici, 14; Lettera enciclica Redemptoris Missio, 71; Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 51; Codex Iuris Canonici, cann. 225-227 |
312 | Cf. Costituzione dogmatica Lumen Gentium, 32 |
313 | Costituzione dogmatica Lumen Gentium, 31 |
314 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles Laici, 15 |
315 | Cf. Decreto
Apostolicam Actuositatem, 16; Codex Iuris Canonici, can. 225 |
316 | Cf. Costituzione dogmatica
Lumen Gentium, 31; Codex Iuris Canonici, can. 225 § 2; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles Laici, 34; Lettera enciclica Redemptoris Missio, 71; Paolo VI, Esortazione apostolica post-sinodale Evangelii Nuntiandi, 20 |
317 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles Laici, 38, 40 e 43 |
318 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles Laici, 42 |
319 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 227 |
320 | Congr. per la Dottrina della Fede,
Nota l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, 4; Cf. Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium Vitae, 73 |
321 | Cf. Giovanni Paolo II, Lettera enciclica
Redemptoris Missio, 37; Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles Laici, 44; Paolo VI, Esortazione apostolica postsinodale Evangelii Nuntiandi, 20 |
322 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles Laici, 39 |
323 | Cf. Costituzione dogmatica
Lumen Gentium, 33; Decreto Apostolicam Actuositatem, 10 |
324 | Cf. Costituzione
Sacrosanctum Concilium, 28; Codex Iuris Canonici, can. 230 |
325 | Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 228; 229 § 3; 317 § 3; 463 § 1 n. 5; 483; 494; 537; 759; 776; 784; 785; 1282; 1421 § 2; 1424; 1428 § 2; 1435; ecc |
326 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 301 |
327 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles Laici, 35 |
328 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles Laici, 44 |
329 | Cf. Codex Iuris Canonici,
can. 766 e
777 Si deve tener presente che i laici non possono tenere l'omelia. Tale norma non è dispensabile dal Vescovo diocesano |
330 | Cf. Congr. per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Direttorio per le celebrazioni domenicali senza il presbitero |
331 | Secondo il Responsum del Pontificio Consiglio per l'Interpretazione dei Testi Legislativi, dell'1.VI.1988, il ministro straordinario dell'Eucaristia non deve amministrare la comunione quando nel luogo della celebrazione vi è presente un ministro sacro che può farlo. Cf. Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Dominicae Coenae |
332 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 1112 |
333 | Cf. Codex Iuris Canonici,
can. 861; Congr. per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Rituale Romano, Ordo Baptismi parvulorum, Praenotanda, 16- 17 |
334 | Cf. Congr. per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Rituale Romano, Ordo exequiarum, Praenotanda, 19 |
335 | Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 230 § 3; 517 § 2; 943 |
336 | Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles Laici, 23 |
337 | Sul significato della supplenza laicale, la relazione con il sacramento dell'Ordine e la corretta interpretazione di alcune disposizioni del Codex Iuris Canonici, cf. l'Istruzione Ecclesiae de mysterio di alcune Congregazioni della Curia Romana |
338 | Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale
Christifideles Laici, 23; Cf. Lettera enciclica Ecclesia de Eucharistia, 29-33; Congr. per il Clero, Lettera circolare Il presbitero maestro della Parola, ministro dei sacramenti e guida della comunità in vista del terzo millennio cristiano |
339 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles Laici, 23 |
340 | Cf. Ibidem |
341 | Cf. Codex Iuris Canonici,
can. 330; Paolo VI, Motu proprio Ministeria quaedam III, VII, XII |
342 | Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles Laici, 29 |
343 | Cf. Decreto
Apostolicam Actuositatem, 18 e
19; Codex Iuris Canonici, cann. 215; 299 § 3; 305 e 314; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica postsinodale Christifideles Laici, 29 e 31; Lettera enciclica Redemptoris Missio, 72 |
344 | Cf. Codex Iuris Canonici, can. 394 § 1 |
345 | Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles Laici, 31 |
346 | Circa i criteri di ecclesialità per garantire l'autenticità dei nuovi carismi e il retto esercizio del diritto di associazione nella Chiesa, cf. Costituzione dogmatica
Lumen Gentium, 12 e Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles Laici, 30 |
347 | Cf. Decreto Apostolicam Actuositatem, 19-20; 24-25 |
348 | Cf. Codex Iuris Canonici,
cann. 217-218;
329 e Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles Laici, 57 |
349 | Cf. Decreto
Apostolicam Actuositatem, 4;
28-32; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles Laici, 17, 60, 62; Lettera enciclica Redemptoris Missio, 42-45; Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 51 |